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Il Sogno tra qui'-e-ora e la'-e-allora

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Il Sogno tra qui'-e-ora e la'-e-allora

L'articolo "Il Sogno tra qui'-e-ora e la'-e-allora" é tratto dalla rubrica Spazio Psicoanalisi.

Nell'articolo si parla di:

  • Il sogno ed il "qui'-e-ora" e "la'-e-allora";
  • Il sogno e l'oggettivazione;
  • Il sogno, l'ascolto e la reazione dell'Analista....
Psico-Pratika:
Numero 21 Anno 2006

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Articolo: 'Il Sogno tra qui'-e-ora e la'-e-allora'

A cura di: Romano Biancoli
    Il Sogno tra qui'-e-ora e la'-e-allora
  • Introduzione
  • Implicazioni della visione interpersonale in Psicoanalisi. Lo spostamento dell'accento dal "La'-e-allora" al "Qui-e-ora"
  • L'oggettivare psicoanalitico
  • "Qui-e-ora". Racconto di un sogno e suo contesto. Il Transfert
  • L'ascolto
  • Il "La'-e-allora" del sogno
  • I ponti del sogno
  • La reazione dell'analista al racconto di un sogno
  • Note conclusive sul sogno in Analisi, sull'analisi "DEL" e sull'analisi "NEL" Qui-e-Ora
  • Bibliografia

Introduzione

Al fine di indagare sui movimenti di pensieri e affetti durante la seduta di analisi, ricorro ai termini "qui-e-ora" e "la'-e-allora" presentati dalla letteratura psicoanalitica (Wolstein, 1959; Fiscalini, 1995; Hirsch, 1995; Imber, 1995; Mitchell, 1997). A me sembra che i due termini designino non tanto due concetti quanto due esperienze complesse, comprensive dell'aspetto intellettuale.
Si tratta di una distinzione esperienziale riconoscibile intellettualmente ma non rispettata dall'inconscio, che miscela variamente le due classi dai mobilissimi accenti.

Ho rapportato la mia indagine al fenomeno del racconto di un sogno perche' a me sembra che il sogno in analisi arricchisca piu' di altre creazioni inconscie la dialettica tra qui-e-ora e la'-e-allora. La conseguente maggiore complessita' del tema pone delle difficolta' che spero contribuiscano a sventare il rischio di una visione riduttiva e semplicistica.
Vorrei cioe' evitare la tentazione di stringere in formule squadrabili con l'esattezza delle scienze nomotetiche l'inafferrabile movimento di accorrere alla chiamata qui al presente sfuggendo altrove, nel passato.

Il mio punto fermo principale e' l'umanesimo nel suo rapportarsi alla psicoanalisi.
Nel tema in esame, i valori dell'umanesimo, che rimandano ad aspetti permanenti della natura umana, si intrecciano con una visione relazionale del rapporto psicoanalitico. Il punto di vista qui adottato si basa sull'opera omnia di Erich Fromm, in particolare sui suoi principi di clinica psicoanalitica e sulla sua teoria del simbolo.
Fondamentale per me e' anche la teoria dell'alienazione secondo Fromm (1955a, 1960, 1961, 1962, 1968a) e secondo il giovane Marx (1844).
Faccio riferimento ad essa quando cerco di distinguere nel lavoro psicoanalitico tra un'oggettivazione alienante e un'oggettivazione non alienante ma liberamente attivabile e liberamente revocabile.

Implicazioni della visione interpersonale in Psicoanalisi. Lo spostamento dell'accento dal "La'-e-allora" al "Qui-e-ora"

La seguente proposizione di Mitchell (1997) esprime con efficace sintesi l'aspetto clinico principale della visione interpersonale:

"... the central feature defining the interpersonal tradition, in contrast to mainstream Freudian psychoanalysis, became an emphasis on the here-and-now rather than the there-and-then" (p. 84).

Attorno ad un concetto base di Sullivan (1953), espresso e praticato fin dagli ultimi anni '30, il concetto che l'analista e' un "partecipant observer", ruota gran parte del dibattito clinico interpersonale. Anche Fromm (1960) si esprime su questo concetto. Lo apprezza ma non lo ritiene sufficiente: "... to 'partecipate' is still to be outside. The knowledge of another person requires being inside of him, to be him" (p. 332).

Nella prospettiva interpersonale l'analisi, anche l'analisi dei sogni, e' considerata come un dialogo tra analista e analizzando, volto a stabilire chi e' quest'ultimo e perche' e' cosi' (Silva-Garcia, 1988). Il dialogo si basa su risposte e reazioni emotive comunicate reciprocamente. A cio' che esprime l'analizzando l'analista reagisce emotivamente ed esprime la propria reazione (Fromm, 1968b). La comprensione insorge nell'analista come sua risposta a cio' che l'analizzando gli comunica. Attivando un dialogo, l'analista propone cio' che ha compreso.

Hirsch (1995) pensa che Fromm "more than anyone else, helped move the position of the Interpersonal analyst from outside to inside the consulting room ... Fromm viewed himself as an expert in 'I-Thou' interpersonal relations" (p. 652).

Fromm alterna nel lavoro psicoanalitico un punto di vista psicogenetico a un punto di vista funzionale (1968b).
Il primo prende in considerazione la storia di una persona e la psicogenesi dei suoi aspetti attuali.
Il secondo e' trasversale e guarda alla totalita' funzionante di una persona, alla sua complessita' in atto in un dato momento.
Conoscere la psicogenesi e' utile, come e' utile ogni informazione, ma e' col punto di vista funzionale che ogni aspetto della personalita' emerge in relazione a tutti gli altri aspetti, e' colto nella sua funzione attiva. e' come vedere ai raggi X una personalita' nella sua umanita' globale attuale. Cioe', rispetto all'"allora", che pure non e' trascurato, Fromm privilegia l'"ora".

Fromm afferma anche che bisogna sperimentare cio' che il paziente sta sperimentando, porsi al centro di lui, cosi' da vederne la totalita' che vive come totalita' funzionante, il movimento interno che esprime le manifestazioni esterne (1968b). Questo rende possibile all'analista di sentire in se' quel che il paziente sente ma non e' ancora consapevole di sentire.
Vedere un'altra persona dal di dentro e' un paradosso, perche' bisogna diventare lei e al tempo stesso rimanere se medesimi. Si tratta di sperimentare quel che sta sperimentando un altro individuo.

Non basta sapere delle cose sul paziente, esplorare la sua periferia (1968b). Detto in altri termini, l'indagine sul "la'" e' utile, pero' l'accento principale del lavoro analitico va posto sul "qui". Anche se si cerca di vedere oggettivamente una persona, di raccogliere molte informazioni su di essa e di collegarle in una ricostruzione ipotetica della sua vita, il nucleo, il "center" di questa persona puo' rimanere inaccessibile.
Infatti, le informazioni sul paziente, la conoscenza della sua periferia possono preparare il terreno alla sua comprensione come totalita' in atto, pero', da sole, non portano a vedere la vivente persona globale che e' davanti a noi, nel senso di "to see a person as the hero of a drama, of a Shakespearean drama, or a Greek drama, or of a Balzac novel" (Fromm, 1959, p. 26).

Freud considera il sogno la "Royal Road to the unconscious", e anche Fromm (1951), il quale ricorda quanto dice il Talmud: "Dreams which are not interpreted are like letters which have not been opened" (p. 176).
Infatti, l'interezza di ogni individuo comporta che egli riconosca come sue le produzioni oniriche della notte e le faccia dialogare coi pensieri diurni.

Fromm (1951) propone di comprendere i sogni piu' attraverso la lettura dei simboli che non cercando il contenuto latente attraverso le associazioni del sognatore, come invece insegnava Freud (1899), il quale riteneva il chiarimento dei simboli una via sussidiaria. Sono validi ed utili entrambi i metodi, pero' i loro effetti sulla conduzione della seduta sono diversi. Le libere associazioni comportano una produzione verbale che rischia di ridursi a un gioco di parole che favorisce le resistenze (Fromm, 1955b). Con le libere associazioni molto lavora il paziente.
La "evenly hovering attention" (Freud, 1912) dell'analista e' un atteggiamento corretto e utile, pero' non sufficiente secondo Fromm (1955b, 1968b).
L'analista deve anche concentrarsi, per creare un clima intenso e vitale nella seduta.
Il paziente deve sentire la partecipazione dell'analista, sentire che l'analista sente.

L'ascolto dell'analista non e' solo ascolto di parole, ma un modo di essere presente, che implica anche un "ascoltare con gli occhi", per cogliere le comunicazioni non verbali.
Oltre all'atteggiamento di evenly hovering attention raccomandato da Freud, occorre un'attitudine vitalizzante da parte dell'analista, che crei un clima di interesse. Una interpretazione, per quanto profonda, e' priva di effetto se l'atmosfera in cui ha luogo il trattamento e' gravosa, noiosa (Fromm, 1976). Quando l'analista propone una lettura dei simboli presenti in un sogno l'atmosfera della seduta si ravviva. La ragione non sta solo nel fatto che l'analista si esprime e si espone, ma anche nel tipo di coinvolgimento provocato dal simbolo, il quale tende a rivolgersi alle persone nella loro interezza e a interpellarle con sfuggenti e ambigue intensita'.

L'oggettivare psicoanalitico

Come vuole l'etimologia (analisi viene dal greco "analyo", io sciolgo), in tutti i campi della conoscenza umana analizzare comporta l'operazione di oggettivare cio' che si sta analizzando e di scomporlo nelle sue parti (Lalande, 1926; Abbagnano, 1971). Si procede di scomposizione in scomposizione, fino a risolvere ogni complessita' nei suoi componenti elementari non ulteriormente scomponibili. Anche analizzare un sogno comporta un'attivita' di sua oggettivazione e di sua scomposizione in parti, come Freud (1899) insegna.

Il sogno e' pero' una esperienza della vita ed e' vivo, in quanto "spoken portrait" (Silva-Garcia, 1982) del sognatore.
Penso che oggettivarlo possa significare due cose completamente diverse tra loro. Cioe' assumo che possa significare renderlo un oggetto cristallizzato nelle parole che lo esprimono, vederlo staccato dal sognatore e dall'analista. In questo senso, l'oggettivazione sarebbe un'alienazione: un contenuto che un soggetto esprime rivolgendolo ad un altro soggetto verrebbe gelato e privato del suo palpito comunicativo, e bloccato in un discorso chiuso. Assumo anche che sia invece possibile un'"oggettivazione in funzione del soggetto", non alienata, deliberatamente posta e liberamente revocabile, un'oggettivazione come espressione del soggetto e da esso governata e non subita.
L'analista in questo caso ascolta il sogno dell'analizzando, osserva il suo "spoken portrait", cerca di obiettivarlo, di prenderlo come un racconto, di raffigurarselo nella mente. Lo fa come suo contributo al rapporto in atto tra loro due. L'analista cerca di animare dentro di se' lo "spoken portrait" del sognatore, per potervi rispondere qui ed ora.

Questa mia impostazione deriva dalla teoria frommiana dell'alienazione ( Fromm, 1955a, 1960, 1961, 1962, 1968a) ed ha le sue coordinate filosofiche nella problematica del rapporto tra oggettivazione e alienazione (Hyppolite, 1955, pp.84-113). Se per Hegel (1807) l'oggettivazione e' alienazione in ogni caso, Feurbach (1841) e Marx (1844) distinguono l'oggettivazione dall'alienazione, che ne e' un modo particolare (Dal Pra, 1965). Cioe', io qui assumo la possibilita' di una oggettivazione attivata dal soggetto che ne resta il signore, la pone e la toglie e se ne serve a fini conoscitivi propri.

La coppia analitica puo' parlare e normalmente parla d'altro che di se' e questo altro e' oggetto della sua attenzione. Se tale oggetto sembra presentarsi autonomo e staccato da chi parla e da chi ascolta, senza la consapevolezza del suo porsi qui e ora tra analista e analizzando, perde un connotato essenziale del suo senso interpersonale dato dalla sua origine specifica nel dialogo analitico. Cioe il discorso si dissocia dal contesto vivo in cui sorge, si aliena e si dipana secondo un percorso che non ritorna piu' qui da dove era partito. Se invece l'analista non perde la consapevolezza che cio' di cui si sta parlando si e' proposto all'interno del rapporto analitico, e che puo' talvolta essere una sua metafora, rimane aperta la possibilita' che il materiale analizzato si ricomponga in funzione del "qui-e-ora" della coppia analitica. Questo vale per l'analisi in generale e dunque anche per l'analisi dei sogni.

"Qui-e-ora". Racconto di un sogno e suo contesto. Il Transfert

Il qui-e-ora e' insieme un concetto, una percezione, un modo di sentire, cioe' un'esperienza globale. E' importante il sentimento dell'estensione del qui-e-ora (Biancoli, 2002b). Questa situazione in questo momento puo' essere pensata e sentita in molti modi.
L'estensione del qui-e-ora e' una produzione soggettiva che puo' essere inconscia e che puo' variare di momento in momento. Si puo' pensare che faccia parte del dialogo analitico anche il reciproco adattarsi di analista e analizzando sulla percezione del qui-e-ora e che dilatarne l'ambito esperito sia una sottile difesa da una immediata situazione a due nell'attimo presente. Un qui-e-ora esteso, non importa quanto, anche poco, anche solo il qui della stanza dell'analista e l'ora di questa seduta, puo' essere analizzato.

Cioe' io penso che il qui-e-ora si possa analizzare se presenta un'estensione. Se invece l'ampiezza del qui si ritrae fino a renderlo puntiforme e la lunghezza dell'ora si riduce all'attimo, il qui-e-ora diventa un punto limite dello spazio e del tempo, vi rientra e vi si sottrae, in particolare si sottrae al governo del tempo (Fromm, 1976, p. 361), e non puo' essere sperimentato in un atteggiamento analitico. La situazione presente puo' avere una sua vastita', anche se rientra in questo luogo qui e non si trova in quel luogo la', lontano nello spazio. Il presente e' un tempo misurabile con il calendario, o con l'orologio se e' oggi, questa seduta. Anche se non consideriamo solo il tempo cronologico, il tempo obiettivo, anche se ci riferiamo al tempo vissuto, al tempo come durata interiore (Bergson, 1903), al tempo soggettivo, il presente puo' durare, estendersi. Piu' il qui-e-ora si estende piu' e' analizzabile, piu' si raccoglie e contrae nella situazione dell'attimo presente piu' si presta all'esperienza intuitiva, non analitica, mistica. Cioe' un'esperienza di unita' che non esclude nessuna facolta' intellettuale, ma subordina l'analisi alla visione di sintesi, la logica formale alla logica paradossale (Tauber, 1979, p. 207-8).

Il racconto del sogno avviene nel qui-e-ora ed e' un evento essenzialmente relazionale.
Tra sogno sognato e sogno raccontato vi e' un divario che non e' dato solo dalla elaborazione secondaria (Freud, 1899), ma risente anche della presenza e del ruolo di chi ascolta. Se il sognatore scrivesse il suo sogno e leggesse la medesima stesura in vari contesti umani, le inflessioni della sua voce e gli aspetti non verbali della sua comunicazione offrirebbero tanti messaggi diversi quanti sono i contesti.
Ogni racconto di un sogno, anche di uno stesso sogno, e' unico, perche' ogni qui-e-ora e' sempre unico.

Riguardo al transfert, esso si puo' vedere come l'intrusione incontrollata di un la'-e-allora ripetitivo, di raggrumate figure del passato, in un qui-e-ora che per tale motivo si scolora in parte nei suoi tratti inediti. Il transfert ha come effetto quello di distorcere il qui-e-ora nel tentativo di renderlo una versione di replica di un la'-e-allora dell'analizzando. Questi introietto' in passato quel la'-e-allora ed ora lo proietta in seduta. La proiezione sull'analista di figure ed esperienze che la'-e-allora ebbero importanza per l'analizzando introduce un dato rigido nel fluire del rapporto analitico momento per momento. Silva-Garcia (1982) pensa che gia' dal primo sogno portato in analisi possiamo arguire qualche aspetto potenziale dell'incipiente transfert. Se egli si riferisce al testo verbalizzato del sogno, io aggiungerei che anche il come viene raccontato il sogno, la voce che lo racconta, i gesti e la mimica che accompagnano la voce, il come sono gli occhi e il come guardano, la postura sulla poltrona, il tono muscolare parlano del transfert.

Dall'altra parte, se nel controtransfert opera una difesa dalla presenza qui-e-ora dell'analizzando, l'analista potra' accogliere solo il contenuto verbale del sogno raccontato. Almeno, deve disporre di un sistema teorico aperto e volto all'ascolto e alla comprensione molto piu' che alla interpretazione e procedere per letture mai definitive, in modo da lasciar parlare i simboli e le figure enigmatiche senza chiuderli in uno schema predefinito. Pero', al tempo stesso, l'inconscio non deve essere assolutizzato o deificato, ne' i sogni considerati oracoli, verita' rivelate.

L'ascolto

L'ascolto e' inteso qui come attivita' interiore. Mentre l'attivita' esteriore e' manifesta ed evidente, quella interiore consiste in un vigile lavorio intimo di ricezione e reazione, come quando ci si siede davanti a un quadro e lo si guarda a lungo o si ascolta una musica.

L'attivita' di ascolto di un sogno consiste nel lasciarsi penetrare da ogni aspetto della comunicazione del sognatore, dai dati sensoriali alle figure retoriche della narrazione e ai simboli che essa porge o evoca. In questa fase, parte dell'attivita' interiore dell'analista consiste nel cercare di tenere a freno i suoi schemi mentali e le sue teorie che tendono a interferire sulla ricezione del messaggio totale del sognatore. La cattura intellettuale di un significato puo' precludere comprensioni piu' profonde o piu' fini.

L'analista dispone di un'attrezzatura d'ascolto che include i punti fermi del suo schema teorico. Il suo addestramento dovrebbe anche comportare la consapevolezza che il suo apparato di conoscenze influenza non solo l'ascolto ma anche il modo in cui il sognatore espone il sogno, poiche' l'analizzando consciamente o inconsciamente coglie le convinzioni teoriche implicite nella comunicazione dell'analista. Non e' facile mantenere una simile consapevolezza, specialmente nelle situazioni assai cariche di dipendenza e aspettativa dell'analizzando.
Il sogno apre una finestra sull'inconscio, a patto che noi lo lasciamo parlare nella sua lingua specifica, che non e' la lingua diurna. L'ascolto di un sogno assomiglia all'ascolto di un mito (Biancoli, 1998a) e credo che anche per il sogno valga il parallelo posto da Kerényi (Kerényi & Jung, 1951) tra ascolto del mito e ascolto della musica.

Il "La'-e-allora" del sogno

Da un punto di vista statico, potremmo definire il la'-e-allora per esclusione rispetto ad un concetto di qui-e-ora. Il senso del la'-e-allora sarebbe quello di tutte le esperienze, di tutte le persone, le situazioni, gli accadimenti, le fantasie del passato, in altre realta' che non sono questa di noi due in seduta. Sarebbe un non qui-e-non-ora. Ma non si tratta solo di due concetti, poiche' sono due esperienze complesse, intellettuali ed emotive insieme, in parte non verbalizzabili. Inoltre, il movimento della psicogenesi porta il passato nel presente e i complessi incroci e nessi causali della psicodinamica portano il la' qui. Cosi', se anche il la'-e-allora e' un'esperienza, lo e' pero' solo ora e qui.

Lavorare nel qui-e-ora comporta vagliare continuamente elementi del la'-e-allora che premono per entrare nella situazione presente del rapporto analista-analizzando. A volte tali elementi vengono deliberatamente chiamati, perche' ci si vuole raffigurare un contenuto o un'immagine ponendoli in una o piu' prospettive particolari. Si tratta di "oggettivazioni in funzione del soggetto", di un lavoro analitico volto a rendere piu' chiaro qualche aspetto della vita dell'analizzando, rievocandolo dal passato o considerandolo per come si pone nel presente in contesti diversi da quello della seduta analitica.

Altre volte elementi del la'-e-allora si porgono spontaneamente e chiedono di entrare. Altre volte ancora intrudono subdolamente o violentemente. La situazione a due si popola delle rappresentazioni interne di entrambi. Tali rappresentazioni interne personificano non solo figure importanti della vita di ognuno dei due, ma anche loro due che si rappresentano internamente a vicenda, incrociando i loro reciproci transfert.

Il racconto di un sogno fa fluire nel qui-e-ora dei la'-e-allora del sognatore, figure del suo passato o contesti vari della vita presente. E' molto facile che l'attenzione dell'analista e quella dell'analizzando corrano "la'", la' cerchino spiegazioni entrambi, o che il passato evocato dal sogno catturi le emozioni di entrambi. Ci sono sogni di forte impatto sul qui-e-ora, lo inondano e anche lo portano via, lo trascinano la', altrove, e in un altro tempo. A sciogliere l'ancoraggio al qui-e-ora e' spesso il controtransfert evocato dalla corrente degli affetti. Il concetto di controtransfert e' proposto in questa sede in un senso ristretto (Biancoli,1998b, 2002a), cioe' nel senso di transfert da parte dell'analista. Qui-e-ora e la'-e-allora sono esperienze in movimento, si compenetrano, l'uno entra nell'altro.

La distinzione tra qui-e-ora e la'-e-allora e' una distinzione conscia. Nelle produzioni inconscie noi troviamo le piu' varie miscele delle due esperienze. I sogni raccontati in analisi costruiscono ponti tra passato e presente e tra quel contesto la' e questo contesto qui.

I ponti del sogno

I ponti del sogno sono percorribili nei due sensi, avanti e indietro nel tempo, verso qui e verso la'. I ponti passato-presente e periferia-centro incrociano quelli che collegano il relativo culturale all'universale umano. Secondo Fromm (1962), l'individuo e' membro sia della societa' in cui vive che del genere umano. Questa duplice appartenenza dell'individuo, l'appartenenza cioe' sia a una cultura particolare sia al genere umano, si puo' riscontrare nel corso del lavoro analitico.

La parte conscia della psiche individuale e' in gran parte un dato sociale, un relativo storico. Sono inconsciamente attivi dei filtri (Fromm, 1960, p. 321-326) che lasciano passare solo i contenuti psichici compatibili con le esigenze di funzionamento della societa'. Conscio e inconscio sono qualita' dei contenuti della psiche dovute per lo piu' a processi sociali, essi stessi inconsci. In tal modo, l'area conscia dell'individuo medio e' prevalentemente un'illusione condivisa e prodotta collettivamente. Restano inconscie le componenti umane universali, l'interezza biologica, psichica e spirituale dell'uomo, "rooted in the Cosmos".

La non-coscienza rappresenta nell'uomo la pianta, l'animale, lo spirito. In qualunque cultura, "man ... has all the potentialities; he is the archaic man, the beast of prey, the cannibal, the idolater, and he is the being with the capacity for reason, for love, for justice" (Id., p. 328).
Lo "whole man", dal piu' lontano passato al futuro potenziale, resta inconscio. Piu' frequentemente di altri prodotti dell'inconscio, i sogni possono proporre temi universali dell'umanita'. Il lavoro sui sogni aiuta il processo di integrazione tra aspetti del relativo sociale e aspetti del generale umano. In questa prospettiva, assume rilievo il lavoro sui simboli. Riferisco percio' brevemente la teoria dei simboli in Fromm.

Fromm (1951) distingue tre tipi di simboli: il simbolo convenzionale, quello accidentale e quello universale.
Il simbolo convenzionale e' comunemente comprensibile, perche' il suo rapporto con l'oggetto simbolizzato e' posto da una convenzione, come nel caso del simbolo linguistico o di quello segnaletico. All'opposto, il simbolo e' accidentale se vale per una sola persona, la quale lo abbia associato a una data cosa o esperienza. In entrambi i casi manca una relazione intrinseca tra simbolo e cosa simbolizzata, che invece caratterizza il simbolo universale, fondato sull'"experience of the affinity between an emotion or thought, on the one hand, and a sensory experience, on the other" (1951).

I simboli universali consentono al sogno di collegare le due appartenenze del sognatore: quella ad una data societa' e quella al genere umano. Durante il sogno contenuti rimossi irrompono nella scena travestendosi in vari modi di qualche tratto socialmente accettato e riconoscibile che non toglie alla loro manifestazione il senso dell'enigmatico e del non coerente. A livello logico-formale il linguaggio onirico e' spesso inesplicabile, non senso. Talora un senso si trova in simboli universali che lo rendono sostanzialmente comune a piu' epoche e piu' culture, proprio perche' lo stato di sonno consente il distacco dal contingente, dalla relativita' ambientale, e puo' lasciare esprimere attivita' psichiche che nella veglia tacciono e percio' restano inconscie.
"The forgotten language" (Fromm, 1951) e' il linguaggio dei simboli universali, comuni agli esseri umani di tutte le civilta'.

"Yet this language has been forgotten by modern man. Not when he is asleep, but when he is awake (...) I believe that symbolic language is the one foreign language that each of us must learn" (Ibid., pp. 175-176).

Il linguaggio simbolico ha una sua grammatica e una sua sintassi, con una logica diversa quella convenzionale, nella quale le categorie del tempo e dello spazio sono meno importanti di quelle dell'intensita' e dell'associazione.

La definizione di simbolo come "something that stands for something else" richiede l'esame della correlazione tra il simbolo e cio' che viene simbolizzato. Questa correlazione comporta che l'attivita' dei sensi, come il vedere, l'udire, l'odorare, il toccare, stanno al posto di un'esperienza interiore, un'emozione, un sentimento, un pensiero.
"Symbolic language is a language in which inner experiences, feelings and thought are expressed as if they were sensory experiences, events in the outer world" (Fromm, 1951, p. 174).
Dunque il corpo e' chiamato in causa dai simboli e dai sogni animati da simboli. Il corpo si fa sentire e si fa sentire qui-e-ora. Nel rapporto analitico, qui-e-ora, ci sono l'analista e l'analizzando coi loro corpi.

Il corpo si presta con molta versatilita' a simbolizzare contenuti mentali: le emozioni piu' forti sono riconoscibili dall'espressione corporea. Anche il tono del corpo rivela umori tristi o gioiosi, e cosi' la mimica e gli altri atteggiamenti fisici. Il gesto puo' essere cosi' preciso ed appropriato che gli altri lo intendono meglio di una spiegazione a parole. Anche nelle malattie psicosomatiche il corpo parla un linguaggio simbolico e rivela conflitti psichici. Mentre i contenuti consci, sociali e convenzionali sono veicolati dal linguaggio verbale, quelli inconsci, universali, appartenenti al genere umano, si esprimono spesso in linguaggi simbolici attraverso il corpo e attraverso il sogno.

L'analisi dei sogni, mai conclusiva (Silva-Garcia, 1982), ci puo' portare a visitare terre lontane, agli antipodi della coscienza quotidiana. Questo linguaggio dimenticato parla di temi tanto universali quanto rimossi, a volte cosi' profondamente rimossi che, quando emergono, possono non essere riconosciuti come umani e ritenuti provenienti da realta' non umane. La storia delle religioni documenta le piu' varie credenze sull'intervento nei sogni degli esseri umani di entita' non umane. L'umanesimo radicale invece attribuisce all'uomo ogni esperienza umana, anche solo potenziale, non importa quanto possa sembrare lontana, estranea e strana dal punto di vista della coscienza diurna quotidiana.

L'operazione di portare qui in seduta in questo momento la forza emotiva e di pensiero paradossale di un simbolo, suggerito da un sogno, puo' coinvolgere ed emozionare l'analista non meno dell'analizzando.

La reazione dell'analista al racconto di un sogno

Secondo me (Biancoli, 1998b, 2002a), nel pensiero clinico di Fromm c'e' la distinzione tra controtransfert e reazione umanistica, non distorcente, dell'analista a quanto l'analizzando esprime. Il controtransfert rappresenta un limite dell'analista (Fromm, 1968b). La reazione umanistica e non distorcente e' propria dell'abilita' e della competenza dell'analista nella relazione "center-to-center" (Fromm, 1960; Biancoli, 1995). Fromm afferma che l'analista si deve offrire su due piani: su quello transferale dell'analizzando, che lo investe con le sue distorsioni e i suoi bisogni, e su quello di persona reale che si rivolge alla persona reale che gli sta di fronte (Evans, 1966).

"I think it is a mistake to believe that all that goes on between the analyst and the patient is transference.
This is only one aspect of the relationship; but the more fundamental aspect is: there is a reality of two people talking together (...)
Quite aside from transference and countertransference, the therapeutic relationship is characterized by the fact that there are two real persons involved (...)
I think one very important fact of psychoanalytic technique is that the analyst must constantly, so to speak, scrabble on two tracks: he must offer himself as an object of transference and analysis, but he must offer himself also as a real person and respond as a real person"
(Fromm, 1994, p. 121)

Il sogno dell'analizzando investe l'intera persona dell'analista, i cui modi di reagire possono essere diversi.
Come il sognatore spesso si chiude di fronte al suo sogno e non se lo sa spiegare, cosi' anche l'analista puo' chiudersi e costatare con disappunto che nemmeno lui riesce a comprenderlo. La stranezza, l'illogicita', l'irriconoscibilita' delle figure e situazioni che appaiono nel sogno interpellerebbero contenuti psichici lontani o in conflitto con le strutture costitutive prevalenti dell'identita' riconoscibile riguardo e all'analizzando e all'analista. Per entrambi, la comprensione anche parziale del sogno implicherebbe un lavoro integrativo di riequilibrio interno, con influenze sul loro rapporto. Ma, almeno durante la seduta in cui il sogno e' raccontato, nessuno dei due e' in grado di abbassare le proprie difese ed aprirsi all'emergere dei contenuti interni evocati da tale sogno.

Tuttavia, in questi casi il sogno non dovrebbe essere scartato come inutile, inservibile. Almeno l'analista se lo dovrebbe ricordare. E' probabile che prima o poi, nel corso dell'analisi, magari dopo anni, il sogno incompreso venga accolto per vie impensate nel quadro interattivo del dialogo analitico e trovi una spiegazione che lo integra nel mondo interiore di chi lo sogno' e anche del suo analista. Quest'ultimo poteva essere stato impedito da quel che Freud (1912, p. 329) indicava come "blind spot".
L'analisi, che e' analisi di entrambi i membri della coppia analitica, puo' avere successivamente tolto il blind spot dovuto a "unresolved repressions" (Id.) nell'analista. L'analisi viene cosi' intesa come volta a liberare tanto dal transfert quanto dal controtransfert (Biancoli, 2002a).

Altre volte, l'analista puo' essere interiormente piu' libero di fronte al sogno che gli viene raccontato. Sente reagire la propria umanita' e riconosce i contenuti proposti dal sognatore. In seduta si da' cosi' il caso di un'esperienza viva e concreta di umanesimo. Ogni individuo, in quanto membro del genere umano, e' potenzialmente capace di sperimentare in se' la totalita' delle esperienze umane (Fromm, 1960).
Analista e analizzando appartengono entrambi al genere umano e ne vivono le contraddizioni, l'esperienza dell'uno poteva essere l'esperienza dell'altro, sono innanzitutto due individui a confronto.
Dal sogno, prodotto inconscio dell'analizzando, partono le sue libere associazioni, e le reazioni dell'analista. Nel qui-e-ora si affacciano i la'-e-allora contenuti nel sogno e quelli che essi sollecitano in entrambe le parti. L'analista si impegna in un lavoro creativo di assunzione in se' di tutti i dati che emergono dal suo confronto con il sognatore. I dati offerti dal sognatore trovano echi nel mondo interno dell'analista, che si attiva a comporre mobili quadri interiori, scenari mutevoli in cui si combinano e si rispondono tutti i concetti e affetti espliciti ed impliciti proposti da entrambi. La competenza dell'analista credo stia in gran parte nel restituire al qui-e-ora i la'-e-allora che si affollano nella mente di entrambi.

In questo momento, ogni altrove lo posso sperimentare solo qui, e ogni passato e ogni futuro esiste come pensiero e sentimento presente.
In senso ontologico, ogni altro tempo e ogni altro luogo possono essere pensati e sentiti solo ora, qui. Cio' non toglie il dato empirico che il la'-e-allora di rado e' un'esperienza docile che si lascia sciogliere nel qui-e-ora. Le immagini intense di un sogno spesso portano lontano. I simboli onirici possono toccare nel profondo l'analista non meno del sognatore. A volte in seduta arrivano forze che ti portano via. Come e anche piu' di altre espressioni inconscie, i sogni mobilitano queste forze centrifughe. L'attenzione conscia viene attratta da figurazioni che partono dal center del sognatore e si fanno rincorrere da entrambi i membri della coppia analitica. Anche all'analista capita di uscire dal suo center credendo di andare a catturare un prodotto onirico e rimanendone invece catturato.

Ritengo che il la'-e-allora non riconosciuto come esistente solo qui-e-ora si possa considerare un'esperienza di alienazione.
Questa esperienza rimane inosservata e inconscia. Essa e' frequentissima e diffusa perche' coperta dal senso comune. Viene spontanea e inconsapevole perche' il senso comune e' strutturato nella coscienza sociale, tanto illusoria o ideologica quanto generalizzata e condivisa. Nemmeno gli analisti vanno esenti da queste comuni impostazioni di coscienza. Almeno nelle societa' occidentali, i meccanismi di difesa dal qui-e-ora sono potentissimi e inconsci. Il pensiero critico e dialettico della filosofia, della sociologia della conoscenza e della psicoanalisi cerca di smascherare i piu' sottili e sfuggenti processi di alienazione.

La "idologic view" del transfert (Fromm, 1992; Biancoli, 1998b, 2002a) conferma queste mie considerazioni.
"The most frequently observable example of the mobilization of the 'idolatric passion' is the phenomenon of 'transference'" (Fromm, 1992, p. 45). Fromm (1955a, pp. 88-109) pone in parallelo idolatria e alienazione e vi vede sostanziali corrispondenze. Dunque, transfert e controtransfert sono alla base dell'intrudere del la'-e-allora nel qui-e-ora o, in altri termini, dell'alienarsi del secondo nel primo.

Il tema del qui-e-ora che si aliena nel la'-e-allora va ben oltre la tecnica psicoanalitica. Esso investe aspetti universali del pensiero umano e la storia della cultura continuamente lo ripropone. Fromm indica nella storia una linea ideale di pensiero che tocca i grandi "maestri" di umanesimo. Egli cita ricorrentemente Isaia, Socrate, Meister Eckhart, Spinoza, Goethe, Albert Schweitzer, e tanti altri. Credo che si possa affermare che l'umanesimo vede vivere la verita' nel qui-e-ora e vede nel la'-e-allora delle illusioni. Le coscienze umanistiche rifiutano ogni forma di idolatria.

Vi sono modalita' finissime e potenti di alienazione che i sogni introducono nella pratica psicoanalitica. Lo fanno sopratutto attraverso i simboli, sui quali l'analista deve possedere teorie critiche che lo aiutino a orientarsi e a mantenere la rotta dell'analisi sul qui-e-ora.
A me sembra che anche su questi temi Fromm offra una base solida. Lo studio dell'opera di Bachofen e il rapporto personale con Groddeck posero Fromm in vivo e diretto contatto col romanticismo, senza pero' scalfirne le posizioni illuministe. Il vitalismo e l'irrazionalismo romantici appartengono alla totalita' dell'esperienza e aiutano a comprendere le potenzialita' umane, a patto che l'uomo sia visto come radice di tutte le sue espressioni, e quindi anche dei sogni, dei simboli, dei miti, delle religioni, dei riti. Quando si pensa che questi prodotti umani siano ispirati da una fonte esterna all'uomo, come accadde sopratutto ai mitologi della cosiddetta "destra tradizionale" (Jesi, 1979), si possono sviluppare teorie non umanistiche o apertamente antiumanistiche, che nelle loro formulazioni piu' estreme diventano nemiche dell'essere umano e finiscono col legittimare la violenza fascista e nazista (Fromm, 1973; Jesi, 1979). Di drammatica attualita' e' l'alone religioso-fondamentalista che ispira e conforta le prassi terroristiche.

In analisi si hanno i riscontri individuali dell'alienazione sociale, delle idolatrie collettive che agitano la storia. Fromm (1979, p. 292) accolse il concetto freudiano di transfert, estendendolo dal rapporto psicoanalitico a vari altri tipi di relazione umana, dall'ambito individuale a quello sociale. Pero' riconobbe nel rapporto analitico un punto d'osservazione privilegiato del fenomeno del transfert, che in analisi puo' essere visto come se fosse sotto una lente d'ingrandimento (1968b).

I fenomeni transferali e controtransferali condizionano la dialettica tra qui-e-ora e la'-e-allora potenziando questo secondo polo.
Credo che l'analisi dei sogni offra i piani piu' inclinati verso oggettivazioni alienanti, specialmente quando essi presentano simboli e figure dell'immaginario che si sottraggono alla confluenza nel qui-e-ora, prodotti umani che tendono a imporre una loro autonomia dagli esseri umani, e anche a governarli, proprio come gli dei dei miti.

L'umanesimo in psicoanalisi, come gia' l'umanesimo di Kerényi in mitologia, non puo' certo essere ingenuo e pretendere che chiavi di lettura riduttive rendano conto delle piu' complesse, inattese e disorientanti figure dell'inconscio e dell'intensita' con cui talora si presentano. Il movimento dialettico che tende a ricondurre al qui-e-ora i piu' restii la'-e-allora dovra' farsi sapiente e suadente, e procedere di apertura in apertura fino a interloquire con i piu' ermetici abitanti dell'inconscio umano.

Note conclusive sul sogno in Analisi, sull'analisi "DEL" e sull'analisi "NEL" Qui-e-Ora

Credo che riportare il sogno al qui-e-ora non significhi interpretarlo forzatamente come metafora della situazione presente in analisi o come trasposizione onirica di qualche aspetto della relazione analitica. La produzione onirica e' piu' libera di quella della veglia dal contingente, da ogni contingente, incluso quello analitico. Puo' certo accadere che il sogno si esprima proprio sul rapporto analitico o sulla persona dell'analista. In tal caso l'analisi del sogno diventa un'analisi del transfert, del controtransfert, se l'analista ha l'orientamento teorico e la disponibilita' affettiva di farlo, e di altri aspetti della relazione suggeriti o evocati direttamente o indirettamente dal sogno. Su questa linea si puo' procedere all'analisi "del" qui-e-ora. Ma questo e' il caso particolare e specifico della coppia analitica che lavora su se stessa in un dato momento. Invece, riportare qualunque sogno al qui-e-ora mi sembra un'operazione di altra natura. Credo che l'analista debba smarrire il meno possibile la consapevolezza che per quanto arcaico, estraneo, strano, "uncanny" (Freud, 1919) sia il contenuto di un sogno, questo contenuto viene raccontato qui e in questo momento. Si da' qui e ora, qui-e-ora viene pensato, sentito.

I guizzi del sentire in analisi, il fulmineo calare di cortine difensive, i depistaggi imaginifici, le serpiformi apparizioni di contenuti che rapidi scivolano nell'inconscio meglio si afferrano in analisi con i movimenti della logica paradossale. Stare qui e insieme andare la' e' un paradosso, come e' un paradosso il principio della clinica frommiana secondo cui l'analista deve essere l'analizzando mentre e' se stesso (Fromm, 1960, p. 332). Siamo qui in due e stiamo sperimentando insieme un la'-e-allora.

Raccontando il suo sogno, il sognatore non sta ripetendo la sua esperienza. Quando sogno' stava dormendo e non raccontando, e non c'era l'analista con lui. Per entrambi e' una prima volta, sia pure in termini diversi. Si va ad analizzare un la'-e-allora ma stando qui ora. Stando qui non solo fisicamente, ma anche col centro di gravita' del proprio essere. E' l'analisi del la'-e-allora "nel" qui-e-ora. Credo che questa attitudine a pensarsi, sentirsi, sperimentarsi nel qui-e-ora mentre si analizza un la'-e-allora appartenga allo specifico della perizia e della competenza dell'analista.

I la'-e-allora sono parziali. Sono degli aspetti di una persona, degli aspetti di qualche suo ambiente passato o presente. Anche lo "spoken portrait" del sogno enfatizza questo o quel tratto del sognatore. Il sogno spesso e' espressionistico, caricaturale. Dilata, intensifica, miniaturizza. Raccontato qui-e-ora, confrontato con l'umanita' dell'analista, esso incontra una sua verita' nel riproporzionarsi e nel correlarsi ad altre componenti della personalita' del sognatore non messe in scena da quel dato sogno.

Nel qui-e-ora si raccoglie il tutto funzionante dell'analizzando e anche dell'analista. Certo occorre analizzare i la'-e-allora per poterli comprendere, conoscere, rivisitare, rivivere. Pero' dovrebbe trattarsi di escursioni che partono da qui e arrivano qui, anzi, vanno e stanno ad un tempo, poiche' il la' esiste solo come rappresentazione nel qui. Anche l'allora e' solo una rappresentazione nel ora.
Propongo di vedere il qui-e-ora come il perno attorno cui gira il lavoro analitico sui vari la'-e-allora evocati, o che si presentano o si impongono.

L'analisi nel qui-e-ora procede anche attivando volute oggettivazioni di la'-e-allora.
Il risultato particolare del lavoro cosi' svolto va restituito al qui-e-ora dove si puo' ricomporre con gli altri aspetti interrelati in un tutto funzionante e vivo. In analisi, ogni esperienza, governata o fuori controllo, ogni pensiero, ogni affetto andrebbero riportati al qui-e-ora, per quanto possibile. A me sembra che questo ricondurre il la' al qui e l'allora all' ora si possa considerare uno dei tratti distintivi specifici del rapporto psicoanalitico in seduta. Cioe' credo che l'analisi si possa vedere come analisi "nel" qui-e-ora, proprio per la considerazione che l'esperienza viva del la'-e-allora si da' solo nel qui-e-ora. L'oscurarsi di questa visione ontologica e' una cosa sola col processo di alienazione.

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