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Psicologia dell'invecchiamento: animazione sociale e comunitaria degli anziani

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"Esperienza Transizionale" e "Lebenswelt":
Idee e significati per l'animazione sociale e comunitaria degli anziani

scritto da:

Dott. Paolo Parciasepe

- Psicologo Psicoterapeuta

Parla di:
- Psicologia dell'invecchiamento
- L'anzianita' come "tempo di nuove scoperte"
- Esperienza transizionale e animazione

articolo tratto da psico-pratika - Guarda tutti gli articoli

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"Esperienza Transizionale" e "Lebenswelt":
Idee e significati per l'animazione sociale e comunitaria degli anziani

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Idee e significati per l'animazione sociale degli anziani
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"ESPERIENZA TRANSIZIONALE" E "LEBENSWELT":
IDEE E SIGNIFICATI PER L'ANIMAZIONE SOCIALE E COMUNITARIA DEGLI ANZIANI

Psicologia dell'invecchiamento: Il tempo delle nuove scoperte

Il crescente aumento della proporzione di persone anziane nella nostra attuale popolazione e' un fenomeno che non soltanto comporta pesanti ripercussioni sui meccanismi di redistribuzione economica, di gestione della finanza pubblica e di organizzazione del welfare, ma e' destinato a produrre un forte impatto sociale con possibili effetti qualitativi negli ambiti del costume, della definizione dei ruoli e dell'equilibrio delle relazioni.

Di fronte a questo fenomeno gli assetti sociali e le istituzioni sono poco flessibili e mostrano uno scarso adattamento (1).

Il fenomeno e' infatti affrontato con un'insufficiente preparazione culturale, ovvero con una ancora scarsa consapevolezza circa le trasformazioni che comporta a medio e lungo termine e con un'inadeguatezza degli strumenti di lettura, di comprensione e di decisione che queste stesse trasformazioni richiedono (2).

Il soggetto di questo fenomeno e' una persona ultrasessantacinquenne che rispetto al passato e' generalmente molto piu' attiva, piu' informata, piu' attenta a se stessa e ai propri bisogni (3).
Rispetto al passato non e' tuttavia cambiata una parte consistente della sua considerazione sociale, ancora fortemente legata a una certa rappresentazione stereotipata (4) della fase conclusiva della vita, segnata dai trascorsi, dalla fatica del vivere, dalla solitudine, dalla malattia, dalla disabilita', dall'inutilita'.

L'anziano constata quotidianamente che le sue capacita' e le sue legittime istanze emozionali risultano di fatto quantomeno poco esprimibili nell'attuale contesto sociale che, specialmente nel suo immaginario, lo esclude talora in modo impietoso per celebrare invece in modo compiaciuto e idealizzato i valori e il dinamismo giovanili.

Gli anziani vengono spesso spinti e confinati in "identita' residuali" dal confronto generazionale ma soprattutto dalla privazione di identita' "al presente": diventano con amarezza "quello che resta di una vita", della loro vita trascorsa, perdendo cosi motivazioni e soprattutto riconoscimento.

Il disagio psicologico che vivono, nonostante che le loro condizioni materiali di vita rispetto al passato siano oggettivamente e generalmente migliorate, spesso vanifica sia le possibilita' legate alle ancor valide capacita' da loro possedute sia il raggiungimento di un futuro entro il quale potrebbero esprimersi efficacemente.
Soprattutto vanifica possibilita' di scambio, di mentoring, di osmosi generazionale e, in generale, di partecipazione attiva e consapevole ai processi di cambiamento.

Gli obiettivi di una nuova cultura dell'anziano andrebbero allora compresi nel senso piu' ampio all'interno di una ridefinizione dei ruoli e del modello sociale di anzianita' e in senso stretto, cosa senz'altro piu' praticabile, all'interno di una consapevole trasformazione dell'atteggiamento individuale nei confronti del soggetto anziano.

In entrambi i casi l'anzianita' va riveduta come una tappa evolutiva non meno importante e non meno ricca di altre e comunque come parte integrante e traguardo del progetto esistenziale di ogni individuo.

Appare sensato, inoltre, riconsiderare il processo di invecchiamento secondo criteri di variabilita' soggettiva.
Nell'anziano infatti le differenze individuali tendono ad accentuarsi piu' di quanto comunemente si pensi (5), e tuttavia l'anziano risulta essere il soggetto al quale si attribuisce minore identita' individuale, preferendo pensarlo "al plurale", come una categoria, cioe', di persone generiche e anonime, alle quali l'eta' non puo' che concedere un ruolo passivo e uno spento, disincantato punto di osservazione sul presente.

La mancanza di un'autentica cultura dell'anzianita' si accompagna all'isolamento e all'incoerenza anche di pur validi interventi in favore di essa, a errori di strategia, a una scarsa integrazione delle soluzioni formulate e a all'assenza di proposte che superino la semplice assistenza e il rilievo - nondimeno imprescindibile - dato agli aspetti psicopatologici e fisiopatologici della senescenza (6).

Per offrire un contributo alla definizione di una cultura dell'anzianita', abbiamo cercato di immaginare un suggerimento che potesse essere una cornice, sia pure teorica, entro la quale delineare quelle occasioni con le quali consegnare all'anziano - nell'attesa di una vera valorizzazione della risorsa che rappresenta - prima di tutto una dignita' personale e sociale tutta sua e attribuirgli percio' una posizione peculiare e un'identita' fuori dai luoghi comuni.

Il suggerimento che proponiamo, spendibile all'interno di un qualsiasi contesto di relazioni con e tra gli anziani, consiste nel considerare l'anziano un "soggetto del futuro", aperto al nuovo, intendendo il suo patrimonio personale non solo come memoria (come bagaglio, cioe', di trascorse esperienze) ma anche come rinnovata capacita' di acquisizione e di scoperta.

Si tratta pertanto di rapportarsi innanzitutto al presente dell'anziano, al suo "qui e ora", individuando tuttavia "pezzetti di futuro" tangibili e immediati proprio nella dimensione concreta delle scoperte che anch'egli puo' fare, delle nuove acquisizioni a cui puo' avere accesso, dei cambiamenti e delle trasformazioni che gli sono possibili.

Sembra difficile superare la mentalita' che vede nell'anziano - in qualsiasi anziano - una categoria di soggetti incapaci di nuove esperienze e coglie di essi soltanto il passato, la memoria che indubbiamente rappresentano e i ricordi commisti, in mancanza di altri stimoli, con l'esperienza del loro presente quotidiano.

Il nostro suggerimento insiste proprio sul superamento di questa mentalita', nella prospettiva di considerare l'anzianita' come "il tempo delle nuove scoperte"; un'idea forse suggestiva e tuttavia un obiettivo reale, pienamente perseguibile qualora si riuscisse davvero a comprendere (e a far comprendere) che e' "in questo tempo", soprattutto, che l'individuo puo' finalmente ri-emergere come persona; non piu' sollecitato a rispondere continuamente a logiche produttive e prestazionali e alle richieste pressanti della nostra collettivita' organizzata, non piu' chiamato ad adeguarsi a modalita' superficiali, artificiose e conformistiche di espressione, relazione, comunicazione e conoscenza, non piu' costretto ad agire secondo modelli competitivi, performanti e individualistici.

Le "nuove scoperte" dell'anzianita' di conseguenza potrebbero qualificarsi e via via definirsi attraverso un praticabile recupero di "radici primarie" come la creativita' e la fantasia, la spontaneita', l'immaginazione, l'intuizione, la capacita' di accostarsi direttamente, con poche mediazioni ma con molta esperienza, a un Mondo che va compreso - ora piu' che mai - nei suoi significati unitari e globali e nelle sue molteplici e spesso precarie relazioni; la capacita', inoltre, di "giocare con la realta'" (trasformandola secondo azioni e ideazioni alternative), il contatto emozionale profondo con se stessi e con gli altri, che e' sorgente di benessere e di solidarieta'.

E' in questo modo che il "mondo della vita" (Lebenswelt) - dimensione qualitativa suggestivamente tematizzata dalla filosofia fenomenologica, in cui emergono i significati autentici dell'esistenza e della scoperta del Mondo (7) - potrebbe infine giungere e offrirsi pienamente a noi: proprio attraverso l'Anziano, cosi restituito a un ruolo di "portatore di senso".

L'animazione come esperienza transizionale

Da queste riflessioni, possiamo trarre dei riferimenti utili per definire il significato e la finalita' dell'animazione per anziani.

Ma cosa e' l'animazione?

L'importanza dell'animazione e' legata a un suo significato irrinunciabile: l'animazione e' al contempo creazione e godimento di momenti di vita privilegiati, nei quali l'aspetto ludico-ricreativo concorre a determinare nei partecipanti una stabile ricaduta in termini di motivazione e in generale di benessere psicologico.

Nel richiamo ad una delle principali tematiche di Donald Winnicott - tra i maggiori esponenti della scuola psicoanalitica inglese - l'animazione puo' essere interpretata anche come una sorta di "esperienza transizionale", fluttuante tra desiderio ed effettivita', a meta' strada, cioe', tra l'esperienza del mondo basata sull'esame di realta' e su parametri oggettivi e l'esperienza soggettiva e intimistica dei propri sentimenti e delle proprie fantasie.

Nel bambino il passaggio attraverso l'esperienza transizionale segna un percorso evolutivo che lo accompagna dal mondo interiore, dove regna l'onnipotenza della soggettivita', al riconoscimento della realta' esterna e oggettiva con la quale gli e' quotidianamente richiesto il confronto.

Tuttavia, "l'esperienza transizionale non e' semplicemente un interludio dello sviluppo, ma resta un regno teneramente ricordato e altamente valutato nel corso dell'esperienza adulta sana.
E' qui che possiamo lasciare vagabondare i nostri pensieri, senza preoccuparci ne' della logica e della validita' nel mondo reale, ne' del rischio che le nostre fantasticherie ci portino in un regno totalmente soggettivo, solipsistico, facendoci perdere completamente di vista il mondo reale.
L'esperienza transizionale ha le sue radici nella capacita' di gioco del bambino; in forma adulta si esprime come capacita' di giocare con le proprie fantasie e idee, e con le possibilita' del mondo, in una maniera che di continuo apre le porte al sorprendente, all'originale, al nuovo.
Nell'esperienza transizionale manteniamo libero l'accesso alla nostra "miniera" piu' privata di pensieri e di immagini senza sentircene responsabili alla chiara e dura luce della realta' obiettiva
" (8).

L'analogia tra esperienza transizionale e animazione si sviluppa attraverso le caratteristiche stesse della "transizionalita'" e del gioco: l'oggetto transizionale dell'esperienza infantile e' in certo senso "creato" dalla soggettivita' del bambino ma e' riconosciuto dalle figure genitoriali nella sua evidente appartenenza oggettiva; similmente, l'attivita' di animazione nasce dai desideri e dai bisogni soggettivi dei partecipanti ma appartiene ad una riconosciuta realta' quotidiana e ad un contesto fisico e sociale dai contorni oggettivi ben definiti.

Quanto al gioco, sia nel bambino sia nell'adulto, e' da intendersi al contempo come matrice e come espressione dell'esperienza transizionale; il gioco, variamente interpretato, costituisce una delle dimensioni imprescindibili dell'animazione in senso generale.

Se per il bambino il gioco costituisce un'attivita' insospettabilmente seria e impegnativa poiche' in esso simbolizza e rappresenta quegli schemi ideativi e comportamentali che, reinventati e trasformati piu' volte, figureranno come porzioni della struttura personologica e cognitiva con la quale affrontera' il mondo, per l'adulto e' da intendersi, al contrario, come capacita' di sdrammatizzazione, ossia come capacita' di ridimensionare e di controllare con serenita' e distacco le situazioni reali, uscendo fuori dalle quali e' possibile osservarle da altri punti di vista, elaborando soluzioni alternative e introducendovi pertanto quelle variazioni recuperate dal proprio immaginario inteso come patrimonio qualitativo e simbolico.

Da un lato quindi il gioco e' un'attivita di preparazione e prova per la realta' oggettiva, dall'altro invece e' uno scostamento, una deviazione da quest'ultima attraverso il consapevole accesso all'immaginario e alle sue pressoche' infinite possibilita', cui attingere nuove risorse.

L'animazione come esperienza transizionale risulta in questo senso un mezzo utile all'anziano per riappropriarsi degli aspetti caratteristici sia della dimensione inter-soggettiva del "mondo della vita" sia della (ri)scoperta del regno dell'immaginario e della creativita'; aspetti che, come abbiamo detto in precedenza, possono attribuirgli in quanto anziano una peculiare identita', consentendogli di esplicare in modo originale ed efficace quelle potenzialita' altrimenti frustrate se restano collegate a un'espressione di se' socialmente non piu' richiesta e richiedibile.

E' attraverso l'esercizio della creativita' e dell'immaginazione, del gioco e dell'inventiva che questi stessi aspetti vengono recuperati, ma senza che si trasformino in una fuga regressiva.
Questi aspetti rappresentano invece uno stimolo per un "andare avanti", per un cambiamento, una trasformazione nel miglioramento, nel completamento di se stessi, nella piena presa di coscienza della propria esperienza umana e delle proprie risorse.

Non si ritorna bambini nel momento in cui si riscopre la capacita' di giocare; tuttavia si migliora come adulti e, come anziani, si ha la possibilita' di inaugurare un diverso atteggiamento nei confronti della vita, quella di tutti i giorni, esercitando una modalita' piu' stimolante per agire, per pensare, per comprendere (9).

Da cio' segue che, in generale, la finalita' dell'animazione, in particolare se rivolta agli anziani (soprattutto quando si sviluppa intorno a programmi di contenimento della demenza e della disabilita' cognitiva o a veri e propri interventi riabilitativi (10) e non soltanto intorno alla necessita' della costruzione del tempo libero), consiste nel raggiungimento e soprattutto nel mantenimento di un'impronta motivazionale personalizzata, di un abbozzo concreto, sia pure generico, per iniziative piu' o meno finalizzate, di un canovaccio progettuale fatto di novita', di scoperte e desideri di autorealizzazione, di un accresciuto interesse per se stessi e per il proprio benessere, di un ventaglio di "schemi di gioco", infine, validi per diverse situazioni (11).

Se questo insieme di finalita' e' perseguito attraverso il naturale coinvolgimento di piu' persone e la fattiva collaborazione di un gruppo (come, nel migliore dei casi, puo' avvenire nei centri per anziani, nelle case di riposo, nei reparti di geriatria, nelle comunita' e nelle residenze protette, nei contesti familiari allargati e nei piccoli centri urbani) assume l'ulteriore connotazione della socializzazione, che si esprime in una maggiore attenzione per gli altri.

L'animazione diventa allora animazione sociale nel suo significato piu' autentico.

Note
  1. M. W. Riley e J. W. Riley JR., "Aspetti sociali dell'invecchiamento", in "I disturbi mentali degli anziani", a cura di J. H. Henderson e altri, Organizzazione Mondiale della Sanita', Aldo Primerano Editore, Roma, 1990.
  2. C. Costanzi, "Invecchiamento, disabilita' visiva e qualita' della vita", Istituto "D. Chiossone", Genova, 1994.
  3. Progetto di orientamento del piano regionale sperimentale "Informatica per la terza eta'" - Regione Liguria; a cura di I.A.L. - Liguria e del gruppo di formazione e counselling dell'Associazione Nazionale Terza Eta' Attiva - Genova (P. Parciasepe, F. Badino, L. Guida, V. Rocca, R. Castellana), Ottobre 2001.
  4. Nella lingua inglese i pregiudizi contro l'anzianita' e l'invecchiamento vengono riassunti dal termine "ageism".
  5. J. E. Birren "Psicologia dell'invecchiamento", in "I disturbi mentali degli anziani", a cura di J.H. Henderson e Altri, op. cit.
  6. P. Parciasepe, M. Massari, S. Di Nino, progetto sperimentale di animazione e di valutazione multifunzionale e psicologica per gli ospiti della residenza protetta "S. Giuseppe" in Genova, 1996.
  7. Tali significati sarebbero cioe' anteriori agli adombramenti prodotti dall'esperienza categoriale e predicativa delle cose e riferibili, invece, a un relazionismo che supera ogni alienante separazione tra oggetto e soggetto, tra la "cosa", il suo "dire" e "chi" ad essa si riferisce. Da: A. Salsa "Aspetti e problemi della fenomenologia husserliana", ed. Tilgher, Genova, 1979.
  8. J.R. Greenberg, S. A. Mitchell, "Le relazioni oggettuali nella teoria psicoanalitica", ed. Il Mulino, Bologna, 1986.
  9. E' la tematica taoista del "vecchio-bambino", di "Lao-zi" (o Lao-tzu), di colui, cioe', che, come suggerisce il nome stesso del leggendario Maestro, e' diventato sufficientemente vecchio per poter essere saggio, ma che per esserlo davvero deve, paradossalmente, avere conservato il "Bambino" che e' in lui, ovvero lo stupore e l'innocenza di fronte al Mondo, la vivacita' e la voglia di conoscerlo, la semplicita' di vita e la mancanza di preconcetti.
  10. Secondo corso "Caregiver per malati di Alzheimer" presso cooperativa sociale "Omnibus", Genova-Pegli, maggio 2005; intervento dell'Autore su "Modalita' efficaci di comunicazione e strategie di supporto pratico nel deficit progressivo di memoria".
  11. P. Parciasepe, M. Rigotti, S. Ciceri, "Progetto di animazione sociale per gli ospiti dell'Istituto - David Chiossone - di Genova", vincitore di borsa di studio dell'Istituto "D. Chiossone" di Genova; pubblicato a cura del Comune di Genova, 1994; cit. tesi di laurea in Scienze dell'Educazione di Antonio Musso, Universita' degli Studi di Genova, a.a. 1997/1998.

Dott. Paolo Parciasepe

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