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Psicologia scolastica: parole per dire parole per essere

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Psicologia scolastica: parole per dire parole per essere

scritto da:
Dott. Luciano Provenzano

psicologo e psicoterapeuta
formazione quadriennale in gestalt terapia orientata al processo

- HT Page Luciano Provenzano

articolo tratto da psico-pratika - Numero 1 Anno 2002

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Articolo: 'Psicologia scolastica: parole per dire parole per essere'


PSICOLOGIA SCOLASTICA: PAROLE PER DIRE PAROLE PER ESSERE

Confrontarsi. Parlarsi. Avviare un dialogo. Per capire meglio i propri ruoli, per agire con la necessaria consapevolezza, per condividere la finalita' educativa e intendersi sui comportamenti, sugli atteggiamenti, sui perche, sul come. Scuola e famiglia insieme nelle rispettive specificita' ma impegnate in maniera forte e responsabile a sintonizzare i rispettivi interventi per ridurre scarti e contraddizioni lungo il difficile percorso della formazione dei nostri ragazzi.
Il Progetto genitori ha voluto riprendere il filo di un discorso che da sempre ha caratterizzato la cultura delle scuole di Neviano.
La mediazione e' stata affidata ad uno psicologo attento come il Dott. Luciano PROVENZANO.
Il gradimento degli interventi espressi dai genitori che vi hanno partecipato e' la risposta migliore all'iniziativa.
Per consentire a tutti un momento di riflessione riteniamo utile proporre le riflessioni che il Dott. Provenzano ha raccolto sotto forma di dialogo.
Un grazie per l'attenzione.
Giuseppe A. IMPERIALE
Dirigente Scolastico

Nei tre incontri realizzati nel maggio scorso con un gruppo di genitori presso questo Istituto Comprensivo e' nato un dialogo sui temi della genitorialita' e degli armonici rapporti in famiglia, dell'apprendimento, della capacita' per prevenire il disagio.
Si vorrebbe estendere, attraverso questo quaderno, l'opportunita' di potersi avvalersi delle riflessioni e delle proposte sviluppate in tali incontri anche a chi non ha avuto modo di partecipare.
Per favorire un approccio maggiormente agevole ci si affida al metodo di un dialogo immaginario con un gruppo di genitori interessati alle tematiche trattate. Verranno intercalati, a tratti, anche degli interventi di altri Autori di cui si sono valorizzati dei brani durante gli incontri svolti.

Genitore - Un tempo abbiamo frequentato la scuola come alunni; ora ci chiamano ancora a fare degli incontri per i nostri figli; forse e' perche' non si finisce mai d'imparare?
Romano Guardini - La piu' potente forza di educazione consiste nel fatto che io stesso in prima persona mi protendo in avanti e cerco di crescere. E' proprio il fatto che io cerco di migliorarmi cio' che da' credibilita' alla mia sollecitudine pedagogica per l'altro. Non ci e' lecito ritenerci mai soddisfatti di noi stessi e credere di essere gia' formati. Deve sempre rimanere viva una positiva, santa insoddisfazione. Siamo figure incompiute, soltanto abbozzate. Siamo credibili solo nella misura in cui ci rendiamo conto che un'identica verifica etica attende anche me, insieme a colui che dev'essere educato.

Genitore: Eppure sentiamo tanti discorsi anche in televisione; non potrebbero bastare questi per apprendere cose nuove?
Psicologo: La televisione ci rende tutti spettatori di cio' a cui assistiamo; mentre occorre diventare i protagonisti di esperienze di cambiamento. Questi incontri a scuola servono a partecipare come soggetti attivi alle riflessioni e alle proposte per dei possibili cambiamenti del proprio modo di essere.

Genitore: Molti parlano male della televisione ma poi tutti la guardiamo.
G. Paglia e S. Agresta: Popper chiama la televisione "cattiva maestra". La verita' e' che non bisogna permettere che la televisione sia maestra, ne' buona ne' cattiva. Prima di mettere sotto accusa la TV per la sua invadenza, bisogna che tutti facciamo l'esame di coscienza, adulti, famiglie, scuole, parrocchie, per chiederci quanto spazio educativo abbiamo lasciato vuoto, quanto abbiamo rinunciato a essere maestri e quanto abbiamo delegato alla TV.

Dirigente Scolastico: al tema della TV abbiano dedicato un altro seminario insieme ai genitori, ed e' stato molto interessante.
Groppo e Locatelli: e' molto importante sviluppare questo tipo di incontri a scuola perche' favoriscono il senso critico: la scuola non deve collocarsi in un'ottica di concorrenza o peggio ancora di imitazione dei mass-media, ma deve piuttosto differenziarsene ponendosi come l'ambito in cui si forma e si esercita un pensiero critico e serio, capace di leggere correttamente la realta' e di distinguerla dalla fiction multimediale.

Genitore: Parlare della TV non serve molto, bisognerebbe iniziare a spegnerla piu' spesso, ma come si fa se in ogni casa ce ne sono due, tre ed anche piu'?
G. Paglia e S. Agresta: Quel che mi sembra piu' importante e' imparare a criticare, discutere e valutare tutto quello che si vede e non accettare nulla passivamente, nemmeno il modo di far cronaca con le immagini. Bisogna in un certo senso smontare il gioco, scomporlo nelle sue parti, nei suoi processi tecnici, economici, politici, espressivi. Quanto piu' si demitizza il televisore, quanto piu' questo 're' della casa sara' messo a nudo, tanto meno sara' potente. Il suo potere infatti e' favorito dalla nostra arrendevolezza e dalla nostra ignoranza. Smontando il gioco impareremo invece a misurare la distanza tra la realta' e la sua rappresentazione e si capira' quanto grande sara' questa distanza fino agli estremi della manipolazione.

Genitore: Il problema della televisione e' connesso con quella che puo' essere la situazione complessiva in una famiglia: se c'e' armonia e se vi sono stimoli affettivi positivi la televisione non avra' la predominanza. Il problema quindi e': come fare in modo che si crei un clima favorevole nelle famiglie?
Psicologo: Parlare di famiglia significa fondamentalmente parlare di amore reciproco nella coppia, fra genitori e figli e di relazioni favorevoli con l'ambiente circostante.
Genitore: L'amore c'e' sempre, di solito, ma poi a volte e' come se si smarrisse, come se si verificano delle intemperie nella relazione.
Psicologo: I momenti di difficolta' e di crisi vanno messi in conto, pero' occorrerebbe che restassero, appunto, 'dei momenti'. Trascinarsi le difficolta', far durare a lungo le crisi, questo e' estremamente deleterio.
Genitore: Facile a dirsi ma difficile a farsi!
Psicologo: Dipende dall'ottica da cui si osservano le situazioni: la crescita e la maturazione dovrebbero favorire una capacita' di differenziare sempre se stessi dalle situazioni, anche se siamo profondamente immersi in esse.
Genitore: Anche questo, facile a dirsi ma ...
Psicologo: Ci sono dei traguardi da perseguire nella vita, uno essenzialissimo e' quello di nascere completamente.
Genitore: Perche' c'e' pericolo che cio' non avvenga?
Psicologo: Ci sono talvolta dei legami indebiti che possono restare attivi fra madre e figlio, e talvolta anche fra padre e figlio, non solo dopo la nascita ma anche quando uno si fa grande.
Genitore: Meraviglia sentire queste cose, pero' a pensarci e' vero! Come e' possibile ovviare a questi problemi?
Psicologo: Occorre diventare delle persone affettivamente compensate. Un adulto non puo', consciamente o inconsciamente, giustificare le proprie eventuali lacune di personalita' con eventuali traumi infantili subiti o carenze affettive o discriminazioni rispetto ad un fratello o sorella.
Genitore: Questo diventa un discorso prettamente psicologico; dovremmo tutti sottoporci alla psicoterapia?
Psicologo: La funzione della psicologia e' quella di dilatare il respiro, intendendo sia la funzione in se' dell'assumere aria dall'ambiente, utilizzarla ed espirarla, ma respiro anche come paradigma del contatto fra se' e il mondo. Anche a livello linguistico, "avere una buona o cattiva aria" indica l'avere una buona o cattiva modalita' interattiva, lo stato dell'umore.
Genitore: Possiamo diventare tutti psicologi?
Psicologo: Non siamo tutti matematici, ma sapere le operazioni e quanto altro puo' servire per il disbrigo quotidiano e' essenziale. Anche a livello psicologico e' bene sapere quel tanto che e' necessario per conoscere se stessi.
Genitore: In un mondo in cui c'e' gia' tanto da fare, gli impegni ci sovrastano, questo diventa un ulteriore impegno.
Psicologo: Imparare a vivere, imparare a conoscersi determina la qualita' della nostra vita, dipende che cosa ne vogliamo fare di questa. Essere genitori significa offrire la vita ad altri esseri umani che vengono al mondo. Un tempo vi erano dei valori assoluti e nessuno o pochi si ponevano l'interrogativo sul senso del vivere. Ora si tratta invece di riscoprirli dal basso quei valori e di sapere offrirne il significato ai propri figli.
Genitore: E da cosa si puo' partire per questa riscoperta dei valori?
Psicologo: Dalla comunicazione: saper comunicare e' saper vivere. Comunicare significa manifestare, nei tempi e nei modi piu' opportuni, cio' che si sviluppa interiormente a se stessi e al contempo saper ascoltare quanto chi ci e' vicino ha da esprimerci.
Genitore: Detto fatto, sembra un gioco! se cosi' fosse non staremmo pero' a parlarne.
Psicologo: Le difficolta' di comunicazione possono essere di vario tipo, fondamentalmente di tipo percettivo ed espressivo. Un esempio di difficolta' percettiva e' quella di assuefarsi a dei rumori, ad esempio alla TV accesa in casa, anche se non la si sta seguendo, o al traffico in strada. Va tenuto conto che la mente, anche se noi non facciamo caso, risponde anche ai rumori e questo la affatica comunque. Un esempio di difficolta' espressiva puo' essere quello di tendere a bloccare le emozioni, determinando una tensione emozionale che a lungo andare puo' diventare pericolosa.
Genitore: Che tipo di pericoli?
Psicologo: I tanti pericoli insiti nella vita quotidiana oggi: gli incidenti domestici, quelli stradali, i rischi di conflitti relazionali senza risoluzione, le crisi personali con rilevanze psichiatriche, il restare intrappolati in forme di dipendenza da stupefacenti, alcol, tabacco, le malattie psicosomatiche, ogni aspetto che puo' giungere a compromettere in maniera rilevante l'equilibrio vitale.
Genitore: C'e' da spaventarsi a sentirli nominati insieme tutti questi pericoli! Che proposte ci sono per evitarli o per fronteggiarli al meglio?
Psicologo: E' importante questa distinzione presente nella domanda, fra il poterli evitare, cioe' prevenirli in anticipo, e qualora qualche situazione di difficolta' s'instaura, come poterla fronteggiare al meglio. La parola 'coraggio' penso che riassuma l'atteggiamento che puo' aiutare sia a prevenire che a fronteggiare le situazioni di difficolta' o di crisi. 'Coraggio' significa fare in modo che il cuore possa svolgere la sua azione agevolmente. Ogni situazione di vita ha insito un suo peso, una sua difficolta', e anche quando non ve ne fossero, talvolta l'essere umano riesce a rovinarsi anche dei momenti che potrebbero essere sereni presagendo timori e paure per il futuro. Come dire che si puo' avere sempre un buon motivo per rovinarsi la vita. Non sono da sottovalutare le varie difficolta' in se' che possono insorgere in una data esperienza di vita ma l'entita' della difficolta' e' in stretta correlazione con lo spirito con cui la si affronta. Una grande difficolta' affrontata con animo preparato e disponibile ad interagire adeguatamente con essa la smussera' potendo eventualmente giungere a renderla anche innocua; una piccola difficolta' affrontata in maniera inadeguata puo' invece stabilizzarsi potendo anche giungere in maniera deleteria a complicarsi fino a incancrenirsi. Nell'impatto con una certa difficolta' cio' che danneggia molto spesso e', quindi, da un lato la difficolta' in se', il momento difficile, la crisi intervenuta, ma dall'altro a creare ulteriore difficolta' possono contribuire degli atteggiamenti di carattere non adeguati, ad esempio la tendenza di tipo esplosivo o quella rinunciataria, cioe' il restare bloccati o dalla rabbia o dalla passivita'.
Genitore: Ci sono pero' a volte dei problemi molto difficili e a volte anche non risolvibili; per cui in questi casi sono comprensibili delle reazioni di rabbia o di rassegnazione passiva da parte di chi viene toccato da fatti del genere.
Psicologo: Possiamo capire ma non giustificare le reazioni emotive estreme di fronte a eventi gravi della vita. Se la rabbia esplosiva o la rassegnazione passiva portassero un contributo pur minimo nella situazione che consideriamo gia' problematica in se' sarebbero da valorizzare anche tali atteggiamenti, ma di fatto si sa bene come questi sono ulteriormente deleteri per la situazione in atto.
Genitore: Questo significa che dovremmo imparare a controllarci un po' meglio?
Psicologo: Imparare a conoscersi meglio, questo si'. Il controllo come imposizione coercitiva su se stessi arreca piu' male che bene; e' utile invece il controllo che deriva dal conoscere maggiormente se stessi. E' molto importante rendersi conto, ad esempio, di quando, in certe situazioni di tensione, il respiro diventa fievole, o si contraggono in maniera inopinata parti del corpo, dita, gambe, spalla, ecc.
Genitore: Queste forme di reazione sarebbero da ritenere normali pero' se vi e' una situazione di tensione.
Psicologo: E invece non sono affatto normali: un respiro che si affievolisce in una situazione di stress o di paura non aiuta affatto il soggetto ad affrontare quella certa situazione, anzi sicuramente la peggiorera': aumentera' lo stress, aumentera' la paura.
Genitore: E siamo a quel solito 'che fare?'
Psicologo: Teniamo conto di due fattori: uno e' relativo alla storia personale di ogni soggetto, con incluse le tante difficolta', stress e paure vissute lungo il corso della crescita e dello sviluppo; l'altro e' relativo alla difficolta' che la situazione del momento sta determinando. Di solito succede che la difficolta' del momento agisce anzitutto come una chiave che va ad aprire il deposito emozionale determinato dalle paure e difficolta' passate. Per cui, pur inavvertitamente, ci si ritrova, in questi casi, a dover fare i conti oltre che con la difficolta' di questo momento col vissuto complessivo che la propria storia pone.
Genitore: Come si possono tenere distinte le esperienze attuali dal bagaglio delle altre esperienze vissute?
Psicologo: 'Bagaglio' e' un termine appropriato perche' da' il senso della distinzione fra oggetti diversi; occorre far diventare sempre piu' 'bagaglio' le esperienze passate, sottraendole a quell'accumulo indistinto che le trasformerebbe invece in 'massa'.
Genitore: Cosa permette questa modalita' diversa di conservazione delle esperienze fatte, ovvero l'imbagagliarle correttamente o il massificarle indistintamente?
Psicologo: La capacita', la volonta', l'opportunita' di trasformarle in comunicazione. Quanto piu' si riescono a manifestare le esperienze vissute facendole diventare comunicazione, espressione, discorso tanto meglio esse si riuscira' a conservarle distinte, e si eviteranno gli accumuli massificati e indistinti. Se in tali accumuli sono confluite esperienze spiacevoli o critiche, essi possono trasformarsi in delle vere e proprie mine vaganti nella personalita' di chi tende ad organizzarli in quanto tali, per propria scelta o molto piu' spesso per abitudine contratta a livello educativo.
Genitore: E se a livello educativo si e' stati abituati a esprimersi poco, a tendere cioe' all'introversione?
Psicologo: Occorre distinguere fra una tendenza all'introversione e una introversione stabilizzata. La 'tendenza' non e' di per se' un problema, anche se talvolta lo puo' diventare. Una introversione stabilizzata va invece considerata come problema psicologico a tutti gli effetti. Rispetto allo specifico della domanda occorre dire che essendo gli interlocutori in questo dialogo dei genitori, non vi sono attenuanti di nessun genere: quando si diventa adulti occorre diventarlo quanto piu' completamente possibile; le scusanti per come si e' cresciuti, per le difficolta' incontrate, per le cattive abitudini a cui si e' stati sottoposti servono a ben poco. Queste possono essere ragioni per capire e da cui far nascere un cambiamento, ma non per giustificare le lacune o le intemperanze improprie che possono emergere.
Genitore: Non si sta parlando per caso del genitore perfetto?
Psicologo: Neanche per sogno, proprio il contrario: del genitore capace di accorgersi dei propri limiti e, grazie a questa consapevolezza, di provare a farvi fronte.
Genitore: Cosa dovrebbe fare un genitore che si accorge di avere dei limiti, di non avere le risposte alle domande dei figli, di non sapere se e' bene accontentarli sempre o quando si e quando no?
Psicologo: A proposito di limiti, uno insito in questa domanda e' l'uso del singolare parlando di 'genitore'. Il reale soggetto genitoriale e' plurale, ovvero, i genitori. Cio' che fa la vera differenza nella riuscita di un qualsivoglia progetto educativo e' proprio la possibilita' di tenere quanto piu' vivo possibile questo riferimento plurale.
Genitore: Ci sono genitori che non possono; ad esempio dove uno dei due, il piu' delle volte il padre, lavora molte ore al giorno o anche fuori, e quindi il peso ricade maggiormente su uno dei due, cioe' sulla madre.
Psicologo: Direi che non e' semplicemente questione di tempo ma di spessore di presenza. Talvolta la questione 'tempo' viene presa a pretesto per evitare di stabilire un legame affettivo maggiormente significativo e profondo. Oggi i padri si coinvolgono senz'altro piu' di un tempo nel ruolo educativo, ma cio' e' ancora poco diffuso rispetto a una prevalenza che tende soprattutto a delegare alla madre la maggiore incombenza educativa.
Genitore: Come si potrebbero coinvolgere maggiormente i padri nella loro responsabilita' educativa?
Psicologo: Anzitutto portando esaustivamente a compimento il proprio sviluppo evolutivo; il che implica il realizzare pienamente il taglio del cordone ombelicale psicologico indebito con la propria madre che, come gia' sopra detto, la nostra cultura diffusa ancora tollera ritenendolo talvolta perfino doveroso. Questo discorso puo' valere anche per la donna, anche se e' intuibile che nel rapporto fra madre e figlia possa essere presente comunque qualcosa di piu' complesso e misterioso, connesso col ciclo vitale, che meriterebbe un'attenzione tutta particolare.
Genitore: Quindi un padre che evita il coinvolgimento profondo nel rapporto educativo vuol dire che non e' diventato adulto completamente?
Psicologo: Proprio cosi': se un uomo non si e' emancipato interiormente, non si e' cioe' affrancato dal legame non dovuto verso la propria madre e' come dire che in qualche modo e' rimasto un po' bambino. Se, in tal senso, il padre e' rimasto un po' bambino lui stesso evidentemente non vedra' di buon occhio ne' potra' stabilire un efficace legame educativo col proprio figlio bambino che gli rimanda l'immagine di qualcosa che lui stesso ancora e' perche' non gli e' stato concesso o non e' riuscito a superare.
Genitore: Eppure sarebbe da ritenere bello e importante intrattenere dei buoni rapporti con i propri genitori, quindi anche fra un figlio e una madre.
Psicologo: Non si mette minimamente in dubbio cio': e'' bello ed e' importante coltivare i rapporti con i propri genitori. Qui si sta parlando di qualcosa di diverso, cioe' di un legame non dovuto fra un figlio e un proprio genitore, il piu' delle volte la madre. Non sono da scandagliare a livello sociologico tali problemi, ma esclusivamente da quello psicologico. Un padre che evita di coinvolgersi profondamente nel suo ruolo educativo genitoriale, e' molto probabile che abbia delle difficolta' irrisolte nel rapporto con una figura originaria, di solito quella materna.
Genitore: Come ci si accorge dell'esistenza di un rapporto non risolto con un proprio genitore?
Psicologo: L'attaccamento indebito con la figura d'origine il piu' delle volte non si manifesta affatto con un'intensita' ulteriore nel rapporto affettivo fra entrambi, anzi sembra prevalere talvolta addirittura un ignorasi reciproco, un non darsi conto uno all'altro, ma cio' solo in apparenza, perche' sotto sotto prevale invece un rigido controllo da parte della figura originaria verso il figlio. In questi casi, in cui comunque l'affrancamento psicologico non c'e' stato, e quindi e' mancata una piena evoluzione nello sviluppo, anche se la figura di riferimento invecchia o giunge a non esserci piu', nel figlio puo' continuare ad agire lo stesso meccanismo, come se la madre sia attiva e presente nel suo ruolo.
Genitore: Non e' eccessiva tale responsabilita' verso le madri?
Psicologo: La maggiore responsabilita', in effetti, sarebbe dei padri. Dove la madre si lega eccessivamente al figlio e' perche', di solito, vi e' una scarsa partecipazione del coniuge alla responsabilita' educativa; cio' costringere la madre ad assumersi un carico di responsabilita' eccessiva che a sua volta determina un legarsi in maniera indibita verso il figlio. Ora in passato cio' era piu' comprensibile, nelle situazioni di emigrazione ad esempio, ma oggi la responsabilita' educativa verso i figli andrebbe piu' equamente condivisa fra entrambi i genitori.
Genitore: Un tema molto importante a livello educativo e' quello della sessualita': che messaggio possiamo dare ai nostri figli su questo terreno?
Psicologo: I figli hanno desiderio e bisogno di conoscere l'amore. La sessualita' e' fondamentalmente amore; bisogna saper parlare e dialogare di sessualita', ma occorre anzitutto che i figli vedano e percepiscono il fluire d'amore fra i genitori. Mille libri sulla sessualita' non insegneranno il sentimento d'amore che invece la carezza, l'abbraccio, il bacio, la gentilezza, l'amore vissuto fra i genitori puo' comunicare ai figli.
Genitore: Ma un discorso bisogna anche riuscire a farlo con i figli!
Psicologo: E' fondamentale riuscire a instaurare un dialogo verbale con i figli sui temi dell'origine della vita e della sessualita'. Un tale dialogo deve iniziare in tenerissima eta', a quattro, cinque anni: i bambini gia' a quest'eta' si pongono gli interrogativi sul perche' uno e' maschio e una e' femmina, su come nascono i bambini, su come escono dalla pancia della mamma e come hanno fatto ad entravi!
Genitore: Eppure non sempre i figli fanno domande esplicite.
Psicologo: E' compito dei genitori scoprire anche le domande latenti o sottaciute da parte dei figli, e, se ci sono, aiutarli a farle emergere, e offrendo loro un possibile riferimento discorsivo. Le occasioni non mancano: puo' essere un'esperienza in corso in famiglia (una nuova gravidanza) o lo spunto puo' venire guardando qualche trasmissione televisiva o film. imparare ad aprire degli spiragli discorsivi fa crescere la fiducia dei figli verso i genitori.
Genitore: Ma se si informano i figli su tutti gli aspetti della vita intima non si rischia di togliere loro l'entusiasmo delle scoperte che potranno fare da soli crescendo?
Psicologo: Si puo' star certi che sul terreno dell'origine della vita e della sessualita' per ogni svelamento realizzato mille veli rimangono ancora da scoprire. Compito essenziale dei genitori e' porsi anzitutto come riferimento per i figli. Lungo la crescita i ragazzi si confronteranno anche con altri punti di riferimento, su questo terreno, soprattutto i mass-media e i coetanei. Il fatto che i figli adotteranno questi riferimenti non esonera i genitori dall'essere anche loro un valido punto di riferimento per i figli su queste tematiche cosi' delicate e fondamentali.
Genitore: E la scuola?
Psicologo: A scuola di sessualita' se ne dovrebbe parlare moltissimo, sotto il profilo dell'arte, della poesia, della genetica e della fisiologia della riproduzione. Consapevoli che la scuola e' un ambito un po' meno adatto a sviluppare invece l'educazione sessuale propriamente intesa. L'accezione usuale del termine 'educazione' rinvierebbe al significato di 'buone maniere'. Con 'sessuale' il termine 'educazione' si connota invece nella sua accezione piu' densa di significato, ovvero, quello di identita' personale. L'identita', da un punto di vista psicologico e' il volto interiore di una persona, e come tale, unico e irripetibile. Pertanto e' la famiglia l'ambito in cui tale identita' ha origine e si sviluppa. Si puo' vedere pertanto come un tale compito non possa proprio essere delegato alla scuola.
Genitore: Eppure molti vorrebbero che a scuola si parlasse di educazione sessuale; in passato vi sono state anche delle proposte di legge in tal senso.
Psicologo: La scuola, ove e' possibile, sta svolgendo in questi anni un ruolo di supplenza, in quanto sono ancora relativamente pochi i genitori che sviluppano con i figli un dialogo opportuno sui temi della sessualita'. C'e' un evidente scompenso: da un lato crescono innumerevoli e ormai dilaganti gli stimoli di carattere sessuale, il piu' delle volte veicolati da ragioni di carattere economico. Una sessualita' utilizzata e asservita per degli scopi economici viene di fatto gravemente umiliata e svilita nella sua funzione piu' alta e significativa: la gioia e il piacere del conoscersi, dell'incontrarsi profondamente e dello scoprirsi reciprocamente nell'atto d'amore. Una sessualita' asservita agli intenti del mercato rischia di diventare una sessualita' da usare e gettare, come le lattine di birra. In un simile contesto sociale, per compensare il vuoto educativo sui temi della vita sessuale che permane ancora il molte famiglie, la scuola e' chiamata a dare un supporto, un sostegno, a svolgere, una supplenza. Ma cio' con l'auspicio e la speranza di formare delle generazioni di genitori maggiormente preparati ed aperti, capaci di sviluppare un proficuo dialogo in famiglia su questi temi, e quindi da non rendere piu' necessario un ruolo della scuola sul questo specifico terreno.
Genitore: Oltre quanto gia' detto che messaggio resterebbe ancora per i genitori?
Psicologo: Uno fondamentale attiene la discriminante che potra' permettere alla nostra specie di evolversi ulteriormente, potendo superare le risacche dei non indifferenti problemi attuali: imparare a trasformare in linguaggio verbale le emozioni. Ci sono emozioni segrete, misteriose, di cui a volte appena appena percepiamo qualche segnale e che e' molto difficile trasformare in linguaggio; ce ne sono di piu' evidenti e percepibili ma che ugualmente restano incomunicate. A determinare delle condizioni di maggiore benessere, serenita' nel presente e fiducia verso il futuro sara' la capacita' di non tenere bloccate le emozioni ma di trasformarle in linguaggio, nei modi e nei tempi piu' idonei.
Genitore: E come si fa a sapere quando sono i tempi e i modi piu' idonei?
Psicologo: occorre imparare a valutare i modi e i tempi piu' opportuni per esprimersi. Ma la necessita' di questa valutazione non puo' diventare un pretesto per tenere bloccate le emozioni ritenendo che non giunga mai il momento o il modo giusto. Quanto piu' e meglio impariamo ad esprimerci tanto piu' migliorera' la condizione di vita e si disporra' di doti di personalita' maggiormente adeguate ad affrontare le difficolta' che nell'esperienza umana si possono determinare.

(C) Luciano Provenzano, 2002

Dott. Luciano Provenzano, Psicologo-Psicoterapeuta della la AUSL LE/2 di Maglie, nel Distretto Socio-Sanitario di Casarano, presso il Consultorio Familiare di Parabita. Laurea in Psicologia, Universita' di Padova, 1977, Formazione in Gestalt Terapia orientata al Processo con indirizzo di Comunita', Istituto Alia Milano, 1987. Ha al proprio attivo varie pubblicazioni professionali.
BIBLIOGRAFIA
(Con brevi commenti ripresi dal retro-copertina dei libri scelti)

Deepak Chopra, Le sette leggi spirituali del buon genitore - Come guidare i nostri figli sulla via della felicita' e del successo, Sperling e Kupfer Ed.; "D. Chopra e' uno dei pensatori piu' profondi e originali del nostro tempo. In questo libro rivoluzionario affronta l'educazione infantile, banco di prova per genitori, insegnanti, educatori e teorici... Le sue conclusioni sono affascinanti." (Retro copertina).

Francesco Antinucci, Computer per un figlio - Giocare, apprendere, creare, Ed. Laterza; "Un libro semplice che, attraverso un dialogo, spiega come cambiano i criteri di apprendimento e il modo di pensare la realta'."

Azione Cattolica Ambrosiana (a cura), Pensieri per una buona educazione Essere adulti, educatori, genitori per comunicare il significato della vita, Ed. In Dialogo (Tel. 02.58391.348 - www.indialogo.it): "Il testo scruta la tradizione della riflessione e della prassi pedagogica per mettersi in ascolto di educatori che hanno attuato una 'buona' educazione, consegnando alle pagine dei loro scritti le intuizioni e le convinzioni che li hanno guidati."

Maurizio Battistuta - Marco Iob, Ascoltare il futuro - Il mondo possibile dei preadolescenti, Ed La Meridiana (Tel. 080.3346971); "Il libro si colloca a ragione in quell'area di progettazione pedagogica che in varie parti del nostro Paese mira a restituire visibilita' ai bambini e ai ragazzi, dando loro concreti strumenti di partecipazione."

Filoteo Faros, La natura dell'eros, Servitium Ed., (Tel. 035.791227); "Questo libro si rivela un'utile guida per quanti vogliono riflettere in profondita' sulla natura dell'uomo, che e' natura amorosa, e sull'essenza dell'eros, che brucia l'amante per riscaldare l'amato-a e dare nuova vita ad entrambi."

Giorgio Paglia - Salvatore Agresta, Primi percorsi di auto-formazione nell'uso della TV: lo stato delle cose, nel sito: www.genitori.it

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