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È possibile modificare ricordi o indurre una falsa memoria?

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È possibile modificare ricordi o indurre una falsa memoria?
Giappone-USA. Alcuni ricercatori hanno rivelato un'insospettata flessibilità dei circuiti neurali nella formazione della memoria.

L'articolo "È possibile modificare ricordi o indurre una falsa memoria?" parla di:

  • Sperimentazione optogenetica su amigdala e ippocampo
  • Riattivazione neuronale e creazione di una falsa memoria
  • Possibili implicazioni per i disturbi emotivi e post traumatici
Psico-Pratika:
Numero 111 Anno 2014

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A cura di: Redazione - Pubblicato il 4 Novembre 2014

È possibile modificare ricordi o indurre una falsa memoria?
Giappone-USA. Alcuni ricercatori hanno rivelato un'insospettata flessibilità dei circuiti neurali nella formazione della memoria.

La valenza dei ricordi è malleabile a causa della proprietà ricostruttiva intrinseca della memoria. Tale proprietà viene già impiegata ai fini terapeutici per agire dei cambiamenti sui comportamenti disadattivi, ma non è ancora del tutto chiaro come funzionino i meccanismi cerebrali alla base delle variazioni nella connotazione (positiva/adattiva - negativa/disfuzionale) della memoria.

I ricercatori del RIKEN-MIT Center for Neural Circuit Genetics e del Howard Hughes Medical Institute di Cambridge (*) hanno cercato di capire se sia possibile invertire la valenza emotiva di un ricordo da positiva a negativa e viceversa «applicando una tecnica di recente sviluppo di manipolazione delle cellule engramma della memoria» (*).

La sperimentazione - trattata sul periodico Nature dello scorso agosto - è stata condotta su alcuni topolini da laboratorio e si è concentrata su due parti del cervello:
il giro dentato dorsale dell'ippocampo (DG da dentate gyrus) e a livello dell'amigdala blasolaterale (BLA da basolateral amygdala).

I ricercatori «hanno mostrato il percorso del cervello che collega gli eventi esterni allo stato emotivo interno, formando la memoria attraverso il coinvolgimento di differenti aree del cervello» e «dimostrato che il valore emotivo positivo o negativo del ricordo può essere invertito durante il successivo richiamo della memoria» (*).

Il team del RIKEN-MIT (*) era interessato a scoprire il meccanismo in cui amigdala e ippocampo collaborano per formare la memoria. In particolare volevano capire se i valori emotivi - positivi o negativi - associati a un ricordo sono "immagazzinati" nella stessa area cerebrale in cui è memorizzato l'evento che ha scatenato quelle emozioni.

Hanno quindi cercato di capire se l'engramma (*) era libero di associarsi a valenze emotive positive o negative oppure se era fisso rispetto all'emozione, e in quale punto esatto dei collegamenti la valenza emotiva dell'engramma fosse assegnata, nell'ipoccampo o nell'amigdala. Per farlo, hanno posto alcuni topolini in un ambiente dove hanno ricevuto una leggera scossa (stimolo negativo), e altri in un ambiente dove interagire con topi femmina (stimolo positivo).

Hanno etichettato geneticamente le due aree del cervello con proteine fosforescenti e hanno individuato le reti neurali che si attivavano durante la formazione di ogni specifica memoria. Quindi hanno innescato l'attività di gruppi di neuroni utilizzando l'optogenetica, tecnica che permette di controllare in maniera precisa l'attività di specifiche cellule cerebrali e riattivare a piacere i ricordi, usando impulsi di luce.

Ne è risultato che era possibile riattivare la memoria associata alla paura anche in un ambiente precedentemente esperito come sicuro: sotto l'impulso che rievocava la paura, i topi reagivano irrigidendosi e interrompendo la loro interazione piacevole con le femmine.

In seguito hanno fatto l'esperimento inverso: sotto l'impulso che rievocava l'esperienza appagante con le topoline, i topi mostravano atteggiamenti di esplorazione nell'ambiente in cui avevano ricevuto la scossa. I ricercatori sono quindi riusciti a dare ai topolini una nuova esperienza: una falsa memoria di valenza opposta rispetto al contesto reale.

«Ma cosa è successo alla memoria originaria di paura?
È ancora lì o se ne è andata?»
(*), si domanda Susumu Tonegawa, membro del team di ricerca e premio Nobel per la Medicina 1987 (*).

Tonegawa ha concluso che i collegamenti fra le cellule che memorizzano gli elementi contestuali e le cellule che trattengono le componenti emotive di quella memoria sono transitori o malleabili.

Mentre la memoria dell'amigdala è direttamente collegata a esperienze negative o positive, la memoria dell'ippocampo è neutrale quindi può essere facilmente associata a emozioni positive o negative.

Tonegawa precisa che la tecnica non può essere sperimentata sulle persone, almeno allo stato attuale, tuttavia la flessibilità dei circuiti neurali che collegano il giro dentato dorsale dell'ippocampo (DG) e l'amigdala blasolaterale (BLA) - dimostrata nell'esperimento - potrebbe aiutare a sviluppare nuove terapie per disordini emotivi, disturbi post traumatici e fobie.

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