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Covid: 4 italiani su 10 riluttanti ai comportamenti protettivi

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Covid: 4 italiani su 10 riluttanti ai comportamenti protettivi
Ricerca dell'Università Cattolica rivela difficoltà ad adeguare le proprie abitudini alla nuova normalità post lockdown e la forte incidenza dei fattori psicologici

L'articolo "Covid: 4 italiani su 10 riluttanti ai comportamenti protettivi" parla di:

  • Difficoltà ad adattarsi alle protezioni anticovid
  • Chi sono i soggetti più riluttanti
  • Le motivazioni psicologiche
Psico-Pratika:
Numero 169 Anno 2020

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A cura di: Redazione - Pubblicato il 31 Agosto 2020

Covid: 4 italiani su 10 riluttanti ai comportamenti protettivi
Ricerca dell'Università Cattolica rivela difficoltà ad adeguare le proprie abitudini alla nuova normalità post lockdown e la forte incidenza dei fattori psicologici

Italia. Arduo adattarsi alle norme comportamentali di tutela dal coronavirus per oltre un terzo degli italiani. È quanto emerge da uno studio condotto dal centro di ricerca EngageMinds HUB dell'Università Cattolica.
Il desiderio di tornare alla normalità pre-pandemia rende difficile per molti adottare e integrare nella propria quotidianità le norme di prevenzione e protezione, malgrado la capillare campagna di comunicazione del Ministero della Salute volta a responsabilizzare attraverso la paura di essere contagiati o di contagiare. Ma spaventare può generare l'effetto opposto.

I dati. Il rispetto del distanziamento, l'utilizzo della mascherina, igienizzarsi spesso le mani, sono tutt'altro che pratiche consolidate. Il 38% del campione «trova molto difficile cambiare le proprie abitudini di vita, anche se in gioco c'è la tutela dalla pandemia» afferma la professoressa Guendalina Graffigna, direttore di EngageMinds HUB e docente di Psicologia dei consumi.
Lo studio, condotto con metodo Cawi (Computer Assisted Web Interview) ha esaminato un campione rappresentativo di 1.000 individui, incrociando variabili socio-demografiche.
A risentire maggiormente di questa difficoltà sono gli uomini (il 43%, contro la media complessiva del 38%), soprattutto giovani tra i 18 e i 34 anni (44%), residenti al sud e nelle isole (42%) e con reddito medio (47%).
La percentuale sale addirittura al 49% prendendo in considerazione coloro che hanno un titolo di studio più elevato (laurea e oltre).

Le motivazioni. La ricerca non si limita a rilevare il campione, ma approfondisce le ragioni alla base di questa riluttanza, incrociando il dato con i fattori psicologici.
Sono due in particolare gli elementi che influiscono sulla difficoltà a introiettare le misure protettive: il primo è il cosiddetto "patient engagement", ovvero il coinvolgimento psicologico nella prevenzione, misurato tramite un indicatore elaborato e validato scientificamente da EngageMinds HUB; il secondo fattore fa riferimento alla paura del contagio percepita.
Se da un lato gli individui più coinvolti (con un maggiore livello di "engagement") trovano più semplice adattare le proprie abitudini ai comportamenti protettivi, dall'altro emerge che sono proprio le persone più spaventate dal contagio ad avere maggiori difficoltà a mettere in pratica nella loro quotidianità le prescrizioni di prevenzione. Questo fa luce sul livello di complessità psicologica ed emotiva delle reazioni degli italiani in questa Fase 3.

La comunicazione. I dati emersi mettono quindi in discussione l'approccio tradizionale alla comunicazione relativa alla prevenzione, che finora ha fatto leva sull'emozione della paura per sensibilizzare i cittadini e che ha pertanto necessità di essere rivista.
«In questo caso spaventare o assumere toni troppo punitivi e severi» conclude Graffigna «può generare l'effetto opposto, di chiusura e di disattenzione verso il comportamento preventivo predicato. Al contrario veicolare una comunicazione valorizzante la possibilità delle persone di diventare protagoniste nella gestione della propria salute e che coltivi il loro coinvolgimento attivo nella prevenzione, può risultare più efficace».

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Commenti: 1
1 Erminia De Paola alle ore 19:17 del 02/09/2020

L'eccessivo allarmismo o le modalità punitive e coercitive, che non trovano adesione ad una visione del problema realistica e preventiva, producono effetti opposti. È necessario un processo di cambiamento che valuti il rischio reale basandosi su dati oggettivi. Prevenzione vuol dire informazione efficace, sensibilizzazione, educazione alla logica ed all'apprendimento critico. Educare al concetto che la salute personale è una scelta di campo, che  si riflette  sulla salute pubblica.

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