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Autismo ed empatia: cade lo stereotipo sulla presunta incapacità di provare emozioni

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Autismo ed empatia: cade lo stereotipo sulla presunta incapacità di provare emozioni
Italia - Austria: un nuovo Studio dimostra come anche le persone con un disturbo dello spettro autistico siano capaci di optare per scelte di tipo empatico in particolari situazioni

L'articolo "Autismo ed empatia: cade lo stereotipo sulla presunta incapacità di provare emozioni" parla di:

  • Autismo ed alessitimia
  • Test sui dilemmi morali
  • Scelte utilitaristiche e scelte empatiche
Psico-Pratika:
Numero 126 Anno 2016

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A cura di: Redazione - Pubblicato il 02 Maggio 2016

Autismo ed empatia: cade lo stereotipo sulla presunta incapacità di provare emozioni
Italia - Austria: un nuovo Studio dimostra come anche le persone con un disturbo dello spettro autistico siano capaci di optare per scelte di tipo empatico in particolari situazioni

Trieste. Un team di studiosi composto da membri della SISSA (Scuola Internazionale Superiore di Studi Avanzati) e dell'Università di Vienna ha fatto cadere lo stereotipo secondo il quale le persone affette da autismo sarebbero del tutto incapaci di provare empatia nei confronti degli altri.

Lo Studio dei ricercatori italiani e austriaci – pubblicato lo scorso 29 Marzo 2016 sulla rivista online Scientific Reports – dimostra, infatti, come i soggetti ai quali è stato diagnosticato un disturbo dello spettro autistico non solo siano in grado di provare emozioni e prendere decisioni in base alle stesse, ma abbiano anche una tendenza ad evitare azioni dannose per gli altri più alta della media.

A tale scoperta si è giunti grazie ad una ricerca che ha puntato l'attenzione sulle scelte morali e sul ruolo che in esse rivestono empatia ed alessitimia (cioè la difficoltà nel riconoscere e descrivere le proprie ed altrui emozioni).

Secondo i neuroscienziati, il luogo comune che vede le persone con autismo come individui freddi e insensibili è dovuto ad un equivoco di fondo riguardante proprio l'alessitimia: le sue caratteristiche, infatti, sono state per lungo tempo associate con quelle del disturbo autistico, anche perché la sua presenza è stata riscontrata in circa il 50% dei casi di autismo.

In realtà l'alessitimia può manifestarsi anche in persone non autistiche e – secondo i ricercatori – non corrisponde ad una vero e proprio disturbo, bensì ad una caratteristica subclinica. Per tale motivo, durante lo studio sulle scelte morali sono state utilizzate particolari tecniche statistiche che hanno reso possibile analizzare separatamente gli effetti legati a tratti dell'alessitimia da quelli dovuti all'autismo.

La ricerca ha coinvolto due gruppi:

  • Gruppo ASD (Autism Spectrum Disorder): 17 adulti (6 femmine) con una diagnosi di disturbo dello spettro autistico;
  • Gruppo HC (gruppo di controllo): 17 adulti (4 femmine) che non presentano una storia di abuso di droga, o disturbi neuropsichiatrici.

Nota: i gruppi (ASD e HC) presentavano un livello di QI paragonabile tra loro, mentre il livello medio di istruzione del gruppo di controllo era leggermente superiore.

Entrambi i gruppi sono stati sottoposti ad una serie di test e reattivi presso la Facoltà di Psicologia dell'Università di Vienna.

Argomento principale dei test sono stati i cosiddetti "dilemmi morali", ovvero situazioni in cui una persona deve effettuare una scelta dalla quale dipenderà la vita altrui. Tipico esempio di dilemma morale è quello che vede un individuo costretto a decidere se compiere o meno un'azione che provocherà la morte di una persona ma contemporaneamente salverà la vita di tante altre.
Le opzioni di scelta emerse dai test sono state di due tipi:

  • scelta utilitaristica: la persona opta per un atteggiamento puramente razionale e decide, quindi, di compiere l'azione dannosa. Dunque, di fatto, si rende artefice della morte di un individuo per ottenere un "bene superiore" (salvare altri);
  • scelta empatica: la persona non riesce a compiere quell'azione, non riesce, quindi, a scegliere di uccidere volontariamente chi le sta di fronte.

Un test che è stato utilizzato - ed è importante ai fini della ricerca - è il TAS (Toronto Alexithymia Scale): riesce a misurare il livello dei tratti alessitimici nella persona.

Gli esiti della ricerca hanno condotto gli scienziati a due risultati principali:

  1. la scelta utilitaristica si è mostrata strettamente collegata all'alessitimia, quindi non ad un gruppo specifico ma al risultato del TAS (in quanto le persone alessitimiche, avendo una scarsa risposta empatica, non si sono immedesimate nella vittima dell'azione dannosa);
  2. le persone affette da autismo hanno risposto al dilemma morale con un aumento del proprio livello di stress emotivo, cosa che le ha spinte ad opporsi al primo tipo di scelta e a cercare, quindi, di evitare di compiere l'azione dannosa.

In conclusione: le persone affette da un disturbo dello spettro autistico sono capaci di avere risposte empatiche simili a quelle di chiunque altro.

Fonti
  • Indrajeet Patil, Jens Melsbach, Kristina Hennig-Fast, Giorgia Silani, "Divergent roles of autistic and alexithymic traits in utilitarian moral judgments in adults with autism", articolo pubblicato su Scientific Reports , 29 Marzo 2016, www.nature.com/articles/srep23637
Commenti: 3
1 Laura alle ore 16:07 del 04/05/2016

Ho trovato l'articolo interessantissimo, incoraggiante e per certi versi commovente, oltre che utilissimo nel diffondere informazioni adeguate e a scardinare pregiudizi e stigmatizzazioni infondate rispetto ai ASD.

Un lavoro prezioso quello presentato, soprattutto per chi ignora moltissime cose dell'autismo, come me.

Grazie.

2 Erminia De Paola alle ore 21:59 del 11/12/2017

I pregiudizi sui disturbi mentali e su determinate e specifiche patologie sono il risultato di false credenze, di pensieri soggettivi e di riduzionismo scientifico. Nella relazione interpersonale con persone che soffrono di Disturbo dello Spettro Autistico, per chi ha esperienza diretta, emerge che le emozioni sono intense ed il livello di eccitazione elevato a tal punto che sono necessari meccanismi di difesa per evitare di esserne sopraffatti. L'isolamento, i rituali, i cosiddetti comportamenti bizzari, la chiusura sociale sono necessari per controllare una realtà interiore vissuta come minacciosa e pericolosa. Non si può non comunicare: uno degli assiomi della teoria della pragmatica della comunicazione umana. La positività degli studi e delle ricerche risiede nel cambiare l'approccio anche terapeutico (non solo farmacologico) all'autismo, partendo dal presupposto che  la persona e tutto il mondo interiore di cui è portatrice è il risultato di fattori genetici, fisiologici, psicologici, ambientali, sociali.

3 Laura alle ore 23:14 del 11/12/2017

La ringrazio per il ricco contributo: il mondo interiore è molto ricco, esiste anzi una quantità di energie psichiche che però, ritenute minacciose e pericolose, vengono messe a tacere con quelli che sono solitamente i sintomi dell'autismo, meccanismi di difesa da sé (dire dalle proprie pulsioni sarebbe corretto?).

Quindi Disturbo Autistico come forma di psicosi? Con irruzione parziale di ciò che dovrebbe rimanere inconscio a livello conscio o pre-conscio?

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