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Covid e psicologi: come gestire il blocco della progettualità che i clienti portano in studio?
L'articolo " Covid e psicologi: come gestire il blocco della progettualità che i clienti portano in studio?", parla di:
- Pandemia e difficoltà a darsi obiettivi per il futuro
Distinguere le emozioni e il valore dell'autoempatia Trovare un piano d'azione
Covid e psicologi: come gestire il blocco della progettualità che i clienti portano in studio?
A domanda HT Risponde: 'Covid e psicologi: come gestire il blocco della progettualità che i clienti portano in studio?'
- Covid e psicologi: come gestire il blocco della progettualità che i clienti portano in studio?
Domanda pervenuta in redazione il 15 dicembre 2020 alle 09:45
- Uno tra i blocchi che più frequentemente mi capita di incontrare in questo periodo nelle consulenze che faccio è quello riconducibile
al blocco della progettualità; la difficoltà a darsi obiettivi per il futuro. Un po' come essere incastrati nel presente.
Ho incontrato persone che hanno perso il lavoro, persone che hanno perso il loro ruolo, persone che si sono ritrovare a lavorare in smart working
per gran parte del loro tempo nell'attesa di tornare a quelle vecchie abitudini che chissà quando e se torneranno.
Qualche studente universitario (e non solo) sta vivendo molto male la didattica a distanza al punto di sentir vacillare la propria motivazione allo
studio.
Qualcun altro ha preso contatto in questo periodo di quanto scontento fosse del lavoro che aveva sempre svolto; anche questo può portare a
un blocco: pianifico i miei obiettivi futuri dentro o fuori dall'azienda in cui ho sempre lavorato?
In altre parole, molti dei cambiamenti che la pandemia da Covid-19 ha portato nelle nostre vite possono aver impattato sulla progettualità
futura. Infatti, darsi obiettivi nell'imprevedibilità e nell'incertezza non è affatto scontato, specie per quelle persone che
presentavano già (magari senza saperlo), insicurezze precedentemente alla pandemia da Covid-19.
Penso, ad esempio, ad un ragazzo che non aveva alcun problema all'università prima dell'arrivo della pandemia e adesso si trova a fare i
conti con una perdita di concentrazione che gli impedisce di studiare. Nel definire quali siano i pensieri verso cui si muove la sua mente mentre
studia, emerge sempre più forte l'ansia di non sapere quando e se potrà tornare a studiare insieme ai suoi amici come faceva prima;
si interroga su come sarà il giorno della sua laurea: "il pensiero di dover studiare per poi ritrovarmi a discutere la tesi davanti al
PC senza nessuna persona cara e senza festeggiamenti mi getta nello sconforto; quando vedevo le persone laurearsi prima di me fra cori e corone
di alloro sognavo quel momento con impazienza".
Ci si trova di fronte alla difficoltà di dare un significato alle proprie scelte o azioni quotidiane; "Lo faccio ma perché? Per
arrivare dove e a fare cosa?". Le domande che la persona si fa, scavando, spesso sono queste.
Le domande di approfondimento che possiamo fare noi quando una persona ci porta un problema legato al blocco della progettualità possono essere:
- Cosa le manca di più delle sue vecchie abitudini?
- Quali sono quelle cose che sente esserle state portate via dai cambiamenti di vita legati al Covid-19?
- Quali progetti avrebbe voluto realizzare e ora sente bloccati?
- Qual è lo scenario futuro che teme di più per il suo futuro (professionale, formativo ecc)?
- Ci sono degli aspetti della sua vita che sono invece migliorati rispetto a prima?
- Cosa la rende scontenta, ad esempio, della sua vita lavorativa adesso?
Queste domande possono esserci di aiuto per definire con più precisione la natura del blocco.
Può inoltre essere molto utile chiedere alla persona di raccontare il suo "film" della pandemia, narrando passo per passo tutti gli eventi
che si sono succeduti nella sua vita dall'inizio della pandemia ad oggi chiedendo di soffermarsi sui momenti emotivamente più difficili. La
narrazione può già di per sé essere un ottimo strumento per "fare ordine mentale" abbassare i livelli di tensione e restituire
senso di controllo sulla propria vita.
I vissuti
Quando una persona sperimenta un blocco della progettualità, uno dei vissuti che porta con più frequenza è sicuramente quello
di ansia. Proviamo ad andare oltre; se ci pensate l'ansia fa da padrona in moltissime situazioni tra le più disparate. Di per sé,
per noi psicologi, non è quindi un'emozione così informativa in questi casi.
Proviamo a "zoomare" sull'emozione e capire se c'è qualcos'altro oltre l'ansia.
Ad esempio, qualcuno potrà portare in seduta la rabbia per il senso di ingiustizia percepito (magari aveva appena cambiato lavoro o aperto
la partita IVA), qualcuno la paura di perdere le proprie certezze, qualcuno il rimpianto di non veder realizzato un progetto a cui lavorava da
molto tempo.
Distinguere un'emozione da un'altra è un aspetto cruciale perché aiuta le persone a fare chiarezza rispetto ai propri bisogni e alle
proprie aspirazioni.
Ricordiamo quindi il grande valore dell'autoempatia.
L'autoempatia è un momento che le persone si prendono per rivolgersi a loro stesse e accogliere ciò che accade dentro di
sé. Aiuta a mettere a fuoco:
- Come mi sento?
- Cosa aspiro e cosa voglio in questa situazione?
Si tratta di un momento fondamentale perché senza autoempatia saremmo meno efficaci nel comprendere i nostri bisogni e saremo
più portati a esprimere giudizi (es. colpa del mio capo, colpa dei professori, colpa mia ecc...) restando di fatto bloccati.
Lavorare sulla comprensione a fondo dell'emozione è fondamentale quando le persone si sentono bloccate o confuse perché permette
di comprendersi e acquisire potere personale.
La visione di sé
Anche aiutare la persona a identificare quali sono i modi in cui guarda a se stessa è molto importante perché spesso ci sono proprio
le credenze alla base dei blocchi. Ad esempio, una ragazza con un blocco professionale che si esprimeva con un vissuto di tristezza quasi cronica,
parlava di sé come di una persona impotente in balia degli eventi. Oltre a individuare l'eventuale radice di questa visione di sé
(di solito le credenze su di sé vengono da lontano) è importante facilitare l'altro nell'individuare pensieri alternativi che possano
metterlo nella condizione di pensare a sé in modo diverso. Ci sono diversi modi per fare questo; molto dipende anche dal modello psicologico
con cui ci muoviamo.
Personalmente faccio questo passaggio lavorando sulle risorse positive e sui talenti. Ad esempio, facilito la persona nel mettere a fuoco momenti
passati in cui sono emerse risorse personali che le hanno permesso di risolvere un problema o di affrontare una situazione che riteneva insuperabile.
Ad esempio, quella volta in cui grazie alla mia perseveranza ho risolto un problema che sembrava senza soluzione. Successivamente porto la
persona a riflettere su come quella risorsa (la perseveranza in questo caso) ora possa essere messa a disposizione della propria progettualità.
Certe volte siamo talmente presi dal lavorare sugli elementi fragili che le persone ci portano, da perdere di vista quanto possono fare la differenza
le consapevolezze sulle aree di forza.
La visione dell'altro e della situazione
Questo passaggio è importante perché ci permette di cogliere eventuali visioni rigide. Infatti, a volte capita che le persone riescano
a dare senso a qualcosa solo se quel qualcosa ha determinate caratteristiche.
Es. Andare all'università ha senso per me se posso seguire le lezioni, andare a mensa con i miei compagni di corso e studiare in gruppo.
Quando viene a mancare una o più di queste caratteristiche può esserci una perdita di significato. Un po' come se seguire le lezioni
a distanza da soli fosse una sorta di piano B percepito come inaccettabile.
In questi casi può essere di aiuto facilitare la persona nel mettere a fuoco qual è il senso che attribuisce ad ogni parte del contesto
che vive. Ad esempio, cosa vuol dire per te seguire le lezioni online? Da una domanda di questo tipo possono emergere diverse risposte legate
ai significati personali come, ad esempio, la sensazione di non contare nulla. Una ragazza mi disse: "quando seguo in didattica a distanza ho
la sensazione che i professori facciano lezione per sé senza considerare chi sta dall'altra parte". Chiaramente questo vissuto di
non sentirsi considerata parlava della sua storia di vita passata. Mettere in relazione questo suo sentire nel presente con la sua storia passata
ha permesso alla ragazza di creare un collegamento che l'ha facilitata nel vedere con più chiarezza la natura del suo blocco.
Il piano d'azione
Non sempre si riesce a mettere in pratica nell'immediato un piano d'azione, tuttavia se la persona impara a guardare a se stessa e al problema
che porta in modo diverso e inizia a mettere a fuoco visioni alternative, è più probabile che riesca a trovare delle soluzioni nuove
da sperimentare.
Il rischio che come psicologa a volte sento di sperimentare è quello di colludere con la fretta della persona nel risolvere un problema. Da
un lato essere efficienti, oltre che efficaci, nel nostro lavoro è importante. Dall'altro lato però non dobbiamo dimenticare i tempi
interni delle persone e i tempi che ci vogliono per maturare visioni alternative.
Ricordiamoci infatti che siamo esseri umani e che il nostro cervello tende a sviluppare abitudini. Rompere schemi, abitudini e modi di pensare
può essere tutt'altro che semplice e rapido.
Bibliografia
- Duhigg, C. (2014). Il potere delle abitudini. Come si formano, quanto ci condizionano,come cambiarle. Tea: Milano.
- Di Fabio, A. (2002). Bilancio di competenze e orientamento formativo. Il contributo psicologico. Firenze: Giunti Organizzazioni Speciali.
- Rogers, C. (1994). La Terapia Centrata sul Cliente. Firenze: G. Martinelli.
- Shapiro, F. (2013). Lasciare il passato nel passato. Tecniche di auto-aiuto nell'EMDR. Roma: Astrolabio.
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