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Assessment aziendale online: quali problemi può incontrare lo Psicologo?

L'articolo "Assessment aziendale online: quali problemi può incontrare lo Psicologo?", parla di:

  • Cosa vuol dire fare assessment aziendale
  • Cambiare la prospettiva dell'assessment durante la pandemia
  • Difficoltà e risorse dell'assessment a distanza
Psico-Pratika:
Numero 172 Anno 2020

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Assessment aziendale online: quali problemi può incontrare lo Psicologo?

A cura di: Luisa Fossati
A domanda HT Risponde: 'Assessment aziendale online: quali problemi può incontrare lo Psicologo?'
Assessment aziendale online: quali problemi può incontrare lo Psicologo?
Domanda pervenuta in redazione il 27 novembre 2020 alle 10:12
Viviamo in una fase che ci ha catapultato in metodi completamente nuovi di lavoro; fino a un anno fa alcune attività tipiche del nostro lavoro di psicologi sarebbe stato impensabile immaginare di farle online; pensate ad esempio se ci avessero chiesto di condurre delle dinamiche di gruppo a distanza.
Oggi invece non solo ci siamo dovuti adattare ma abbiamo dovuto rivedere, spesso completamente, i nostri metodi di lavoro.
L'assessment aziendale, ai fini di selezione o di valutazione del potenziale, è una di quelle attività che a mio parere ha richiesto un grande cambiamento dei metodi di lavoro.
Cosa vuol dire fare assessment?
Del Pianto* (2004) definisce l'Assessment come un metodo di valutazione del potenziale basato sull'osservazione dei comportamenti individuali sia nell'interazione con altri soggetti, sia attraverso performance singole. è dunque un procedimento che ci consente di prevedere con una buona approssimazione, il successo o meno di una persona in un determinato ruolo.
Si tratta di un processo di valutazione in cui la persona viene sottoposta a delle prove durante le quali vengono rilevati i comportamenti osservati. Chiaramente il valutatore (detto anche assessor) deve avere una griglia di osservazione che contenga i comportamenti ideali per ciascuna prova.
Ad esempio, se sottopongo un candidato ad una prova per rilevare il problem solving (variabile oggetto di studio), so che posso pensare di valutare se la persona riesce a individuare con chiarezza il problema e si confronta con l'eventuale gruppo di lavoro; se prende in considerazione possibili soluzioni alternative individuando spunti originali e innovativi; se risolve il problema implementando la soluzione più adatta per la persona o per l'organizzazione.
La definizione delle variabili oggetto di studio ci serve per sapere esattamente cosa dobbiamo osservare.

In tempi normali avremmo avuto una cassetta degli attrezzi piena di strumenti (e purtroppo ahimè forse ce ne stiamo rendendo conto solo adesso che possiamo utilizzarla in misura ridotta) tra cui le dinamiche di gruppo declinate nelle loro diverse forme (leaderless group discussion, advocacy case, ecc...), griglie di osservazione rodate, role playing che funzionano bene nella relazione one to one. Ma ora?

Cosa vuol dire fare assessment nel bel mezzo di una pandemia?
In un articolo di Buchanan del 2002 dal titolo: Online assessment: Desirable or dangerous? viene riportato un concetto che è fondamentale per approcciarsi all'assessment online: non possiamo pensare di intendere i costrutti psicologici nel solito modo in cui li intendiamo quando lavoriamo in presenza. Così la prima cosa da fare è riadattare la nostra prospettiva di osservazione.
In primis, infatti, occorre tenere conto che le soft skills che andiamo ad osservare nel mezzo di una pandemia devono essere necessariamente valutate secondo una prospettiva diversa dal solito. Infatti, dobbiamo considerare che le persone, allo stato attuale, devono adattarsi allo smart working, devono operare in contesti di smaterializzazione del lavoro, devono lavorare a contatto con i colleghi pur stando fisicamente distanti. Questo per noi ha un impatto importante in termini di identificazione di comportamenti legati alle soft skills.
Un po' come se dovessi valutare dei marinai che dovranno navigare in acque calme o poco mosse e dei marinai che dovranno navigare in mezzo alla tempesta. Chiaramente mi interessa che entrambi i gruppi siano capaci di spiegare rapidamente una vela e gestire rapidamente i comandi che vengono dati a bordo ma non posso prescindere le acque in cui navigheranno; la comunicazione, la leadership, la gestione dello stress dovranno necessariamente afferire a comportamenti diversi.
Un'altra considerazione che fa Buchanan è quella relativa alla standardizzazione: sappiamo bene che un metodo è efficace se è dimostrato che funziona. Se questo possiamo dirlo per i vari test che utilizziamo, per le dinamiche di gruppi che vengono condotte e sperimentate da anni, non possiamo sempre dire lo stesso per i metodi di lavoro online. Sul piano metodologico dobbiamo fare un bel po' di considerazioni. Ad esempio, quanti dati ci sono in letteratura che dimostrano l'efficacia di una dinamica di gruppo condotta online? O di un role playing online? Quante sono le esperienze professionali di colleghi che le hanno provate e quanti hanno condiviso i risultati raggiunti? Ve lo dico io: non se ne trovano; almeno, non che io sappia.
Qui si apre una questione etica: vado avanti con metodi non validati né scientificamente né empiricamente oppure alzo le mani e non faccio nulla? Di questo se ne parla spesso con i colleghi, tuttavia io come altri non mi sento di dare una risposta certa. Da un lato potrei andare sul sicuro scegliendo di non adeguarmi e non accettare di lavorare con metodi che non hanno qualche tipo di comprovata validità (quantomeno empirica), dall'altro lato anche lasciare i piani di sviluppo delle persone abbandonati a se stessi può essere una scelta discutibile. In questi casi possiamo scegliere di procedere ma sempre in "scienza e coscienza". Questo si traduce con una progettazione dell'assessment più approfondita del solito, con la messa a punto di prove ad hoc che è meglio testare prima e con l'umiltà di sapere che stiamo facendo del nostro meglio consapevoli dei nostri limiti.
Se consideriamo gli elementi di contesto, le caratteristiche del ruolo, le caratteristiche della piattaforma online che utilizzeremo, non è detto che non si riescano a produrre prove che possono esserci di grande aiuto.
Personalmente sto creando una banca dati di role playing che ogni volta perfeziono. E quelli fanno esperienza e l'esperienza dà risultati. Risultati che posso poi portare ad un nuovo committente quando mi esprime dubbi sulla validità degli assessment online. Poi chiaramente la decisione finale spetta a lui.

Parlando di committenti vorrei sottolineare che, in realtà, il problema di adeguare gli strumenti di lavoro al contesto pandemico non è l'ostacolo principale.
L'ostacolo principale è, a mio avviso, proprio il doversi confrontare con aziende committenti che nutrono forti pregiudizi verso l'assessment online e che quindi scelgono a priori di non farlo.
Ci troviamo quindi già a dover risolvere un problema non da poco in fase di proposta successiva all'analisi della domanda. A ciò aggiungiamo anche un altro pregiudizio che questo problema porta con sé: i servizi online devono costare meno. Questo è un altro elemento che spesso ci viene portato. In realtà i costi di progettazione sono spesso più alti perché occorre più tempo, deve essere disponibile una persona che faccia supporto tecnico quando serve, la piattaforma ha un costo ecc.

Essere assessor oggi, nel bel mezzo della smaterializzazione dei setting e nel bel mezzo dell'incertezza ci richiede molta creatività nel riorganizzare le prove; capacità di ascolto e di comunicazione per interfacciarci con committenti scettici; capacità di confrontarci con tecnologie che a volte ci mettono in difficoltà. Non è facile ma, come spesso capita, l'etica, la deontologia, la competenza e la creazione di reti di confronto con i colleghi possono essere già una cassetta degli attrezzi da cui partire.

Bibliografia
  • Buchanan, T. (2002). Online assessment: Desirable or dangerous? Professional Psychology: Research and Practice, 33(2), 148-154
  • Del Pianto, E. (2004). Assessment Center. Tecniche e strumenti per il valutatore. Milano: Franco Angeli
  • Levati, W.; Saraò, M.V. (1998). Il modello delle competenze. Milano: Hoepli
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