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Psicologia e Covid: come posso aiutare le persone a vedere la crisi come un'opportunità?

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Psicologia e Covid: come posso aiutare le persone a vedere la crisi come un'opportunità?

L'articolo "Psicologia e Covid: come posso aiutare le persone a vedere la crisi come un'opportunità?", parla di:

  • Pandemia e crisi nella sfera lavorativa
  • La pianificazione del cambiamento
  • Mettere in conto il fallimento e superarlo
Psico-Pratika:
Numero 171 Anno 2020

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Psicologia e Covid: come posso aiutare le persone a vedere la crisi come un'opportunità?

A cura di: Luisa Fossati
A domanda HT Risponde: 'Psicologia e Covid: come posso aiutare le persone a vedere la crisi come un'opportunità?'
Psicologia e Covid: come posso aiutare le persone a vedere la crisi come un'opportunità?
Domanda pervenuta in redazione il 30 ottobre 2020 alle 18:05
Siamo in una fase storica che inevitabilmente sarà ricordata come un momento di grande crisi; ci siamo resi e ci stiamo rendendo conto di quanto una pandemia incida su molti aspetti delle vite delle persone, come il lavoro, gli spostamenti, la vita sociale, la vita familiare, le vacanze, le abitudini.
Quando si parla di crisi è facile scorgere la sfaccettatura negativa che questa ha e si possono osservare numerosi comportamenti legati, ad esempio, ai vissuti di panico, paura e tristezza: perdita del sonno a causa di preoccupazioni, veri e propri attacchi di panico, irritabilità, senso di stanchezza.

Il 6/10/2020, l'Organizzazione Mondiale della Sanità ha pubblicato una ricerca che mette in relazione gli effetti del Covid-19 ed è emersa una presenza forte di malesseri legati alla dimensione ansiosa e depressiva. Questo vale, chiaramente, per i pazienti ricoverati a causa del Covid-19 ma anche per chi sta "solo" subendo gli effetti sociali ed economici della pandemia.
Ma possono esserci dei risvolti positivi nella crisi? La mia esperienza di questi mesi mi dice di sì.
La crisi può diventare, infatti, un momento in cui le persone hanno la possibilità di fare il punto di sé in diverse aree di vita tra cui quella professionale.
Il lavoro
Molte delle preoccupazioni che le persone hanno possono essere ricondotte alla sfera professionale: paura di perdere il lavoro, paura della perdita di abitudini lavorative (ad esempio qualcuno ha smesso di andare in trasferta e questo ha avuto una ripercussione sull'identità professionale), paura di spostamenti di ruolo ecc. Questo è senz'altro vero. Tuttavia, c'è una parte "sommersa" fatta di tante persone che nel loro lavoro, per motivi diversi, non ci stavano bene o così bene già prima della pandemia. La crisi diventa quindi l'occasione per uscire allo scoperto, almeno con sé stessi.

Se da un lato la stabilità economica è fondamentale nel benessere personale, non dobbiamo dare per scontato che sia l'unica cosa importante per una persona o che sia una condizione necessaria per la felicità. In questi mesi mi sono confrontata con persone che timidamente e con lo sguardo basso, quasi vergognandosi, hanno ammesso che quando sono state messe in cassa integrazione una parte di loro era contenta perché il lavoro, per qualche motivo, era fonte di stress negativo.
Altre persone hanno preso consapevolezza, magari sperimentandosi nel fare altro nel periodo di lockdown, del fatto che erano stanche di ricoprire lo stesso ruolo da anni.
Altri ancora, che vivevano la gestione aziendale come poco efficace già prima della pandemia, hanno definitivamente preso contatto con quella parte di sé che non si fida dei vertici aziendali e non se la sente più di affidarsi alla loro leadership specie in un momento di crisi.
Il problema è che molto spesso quando si sperimentano sentimenti negativi connessi al proprio lavoro, c'è quasi la tendenza a vergognarsi da parte di molte persone, perché talvolta i retaggi familiari, culturali e i valori sociali, più o meno marcatamente, mandano il messaggio che "se hai un lavoro devi solo essere contento" e che se ti lamenti del tuo lavoro è perché "non ti accontenti di niente". Senza dimenticare tutte le ramanzine legate al "posto fisso". Mi viene in mente una ragazza che lavora come dipendente e che sta pensando di mettersi in proprio tra mille ostacoli e moniti familiari.
In questo noi possiamo essere di grande aiuto perché, mettendoci in relazione con l'altro senza giudizio e con l'accettazione positiva incondizionata dei vissuti che ci porta, possiamo davvero fare la differenza dando ai diversi vissuti della persona la possibilità di uscire e "portare un messaggio". Questo passaggio è già di grande aiuto per molte persone perché iniziano a vedere più chiaramente cosa sta accadendo loro.
Senza pianificazione non ci sono sogni
I cambiamenti sono momenti che rompono sempre gli equilibri nella vita delle persone; che si tratti di cambiamenti positivi o negativi, c'è sempre qualcosa che prima si faceva e ora si smette di fare o viceversa. Inoltre, il desiderio di cambiamento può nascere dalla presa di consapevolezza di vissuti che spesso sono forti: senso di ingiustizia, magari represso per anni, che si sperimenta nel posto di lavoro; desiderio di una vita più in linea con le proprie attitudini; senso di oppressione da parte dei propri responsabili, rabbia, ansia o irritazione a causa del rapporto con i colleghi ecc. Se le emozioni sono dei "fari" fondamentali che ci guidano nel caos dei cambiamenti, se non sono accompagnate dalle funzioni razionali rischiano di spingere le persone a prendere decisioni avventate apportando alle loro vite cambiamenti troppo radicali; cosa che può rivelarsi un boomerang perché una volta fatta una scelta, ci si pente poi di cose che non erano state prese prima in considerazione per la fretta di cambiare.
Pertanto, come psicologi dobbiamo essere facilitanti nell'aiutare le persone a far emergere i vissuti che portano rispetto alla crisi; tuttavia dobbiamo poi essere di supporto anche nell'incanalare queste consapevolezze in un pensiero organizzato, dando alle persone gli strumenti per costruire un loro piano di azione per il futuro. Occorre infatti, fare i conti con le paure, con le convinzioni bloccanti apprese nel corso della vita (es. "io non sono in grado"; "io non posso farcela") e con le risorse personali di cui la persona dispone (creatività, supporto da parte della famiglia ecc.). Aiutandola a prendere consapevolezza di diversi aspetti di sé possiamo facilitarla nel fare consapevolmente scelte anche molto radicali.
Perseveranza e fallimenti
Qualcuno ci dice esplicitamente o ci fa capire che è disponibile a cambiare solo avendo la quasi certezza di successo. Questo messaggio è molto frequente, specie in quelle persone che presentano tratti ansiosi o che sentono la pressione della famiglia sulle proprie scelte. Questo è un aspetto importante da considerare perché ogni sogno per essere portato avanti richiede moltissimo impegno e implica un'elevata probabilità che le cose, specie all'inizio, non vadano come si vorrebbe. Io faccio sempre l'esempio di Jeffrey Preston Bezos che prima di arrivare a fondare Amazon ha dovuto affrontare fallimenti importanti. La perseveranza gli ha poi permesso di arrivare dove è arrivato.
Se però le persone non vengono aiutate nel mettere in conto insuccessi, fallimenti e, soprattutto, moltissimo impegno, il rischio è davvero quello di iniziare una vita nuova per poi pentirsi perché non si hanno le energie per affrontarla, perché non si è disposti a dedicarci il tempo necessario ecc.

Ho avuto modo di lavorare con diverse colleghe psicologhe che hanno preso il momento di crisi come un'opportunità per mettersi in proprio aprendo uno studio e/o ricevendo online. Chi fa questo mestiere da un po' di tempo lo sa bene; non è che dal momento che si apre lo studio, arrivano persone, il lavoro gira e va tutto liscio. C'è bisogno di mettersi in gioco, fare i conti con le persone che ci chiedono colloqui gratis, i "bidoni", lo studio per acquisire quelle competenze che non sono così solide ecc. Siamo disposti a metterlo in conto? Siamo disposti a stare, almeno per un primo periodo, nell'incertezza? Ecco, così come vale o è valso per noi, lo stesso vale per le persone che desiderano cambiare.

La creatività nasce dall'angoscia come il giorno nasce dalla notte oscura. È nella crisi che sorge l'inventiva, le scoperte e le grandi strategie. Chi supera la crisi supera sé stesso senza essere superato. (A. Einstein)
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Commenti: 1
1 Melania alle ore 11:30 del 03/11/2020

Buongiorno, 

grazie per questo articolo, che ho molto apprezzato!

Io faccio parte della squadra "ho lasciato il lavoro da dipendente a tempo indeterminato per iniziare la libera professione"...durante la quarantena! E sto affrontando esattamente tutte quelle incertezze di cui parlate. 

Il mio obiettivo professionale è proprio quello di supportare e aiutare le persone a realizzare i loro obiettivi professionali, che a volte sono e veri e propri sogni, lasciati in un cassetto per la paura di non farcela o di non poterselo permettere.

E sono assolutamente convinta che questo possa essere un buon momento per ripensare al proprio futuro lavorativo, proprio perchè perchè il mondo fuori è in standby e magari siamo in Cassa Integrazione (come è successo a me) o in una situazione di incertezza e possiamo darci la possibilità di pianificare quel cambiamento tanto desiderato. 

 

 

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