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Siamo tutti psicologi!

Libero pensiero: Siamo tutti psicologi!

Scritto da: Fabiana alle ore 19:34 del 22/03/2013

Mannaggia, non so se capita anche a voi, ma la maggior parte delle volte che mi presento a qualcuno, che svolge un lavoro che lo porta a diretto contatto con il pubblico, la risposta che mi sento dare più spesso è "Ah è psicologa, sa… anche io sono un po' psicologa".

Ieri poi parlando con un'amica, che frequenta una scuola per diventare estetista, mi ha detto che alcune insegnati (che non sono psicologhe ci tengo a chiarirlo) richiamano l'attenzione delle allieve sul fatto che anche loro sono un po' psicologhe, che le clienti preferiscono andare dall'estetista piuttosto che dallo psicologo. Mah... che bell'insegnamento, no comment!

Ergo, quindi chiunque lavori a contatto con il pubblico, dal salumiere, all'impiegato delle poste, dal barista, all'estetista, può dunque "dirsi" psicologo?

Sappiamo bene che non è così. Però, al di là della stizza che provo, che giuro va oltre le ferite narcisistiche, la domanda che mi pongo è: ma se tutti quindi sono un po' psicologi... qual è l'immagine che diamo e che arriva ai "cittadini" del mestiere che svolgiamo?

Quando chiedo, "ma scusi, in che senso anche lei è un po' psicologo?" "Ma si dottoressa, perché le persone quando vengono da me mi parlano dei loro problemi, e io li ascolto e gli do consigli, è un po' quello che fate anche voi psicologi".

Giuro questa è la risposta che mi danno tutti: la mia parrucchiera, la barista, l'edicolante, il mio bancario... e l'elenco può allungarsi di molto.

Certo capisco che sia anche una forma di difesa mettersi sullo stesso piano, ma siamo sicuri sia solo questo?

In che modo noi contribuiamo a creare questa immagine, quasi oracolare per altro: lo psicologo è colui che ascolta e che dà consigli per risolvere i problemi.
Certo è possibile che nel nostro mestiere ci si trovi anche ad applicare tecniche psico educazionali, ma non possiamo certo definirci dispensatori di ascolto e di dritte risolutive!

Quindi? Com'è che la percezione comune di cosa fa lo psicologo è appunto questa, cosa fa si che si formi tale immagine?
Qual è la nostra parte in tutto ciò? In che modo contribuiamo alla diffusione di questo stereotipo che personalmente trovo svilente e riduttivo?
E Voi? Vi riconoscente in questa definizione?

Commenti: 26
1 Carla Foletto alle ore 17:09 del 03/04/2013

la differenza fra psicologia popolare e scientifica la conoscono solo gli psicologi perche' hanno studiato per questo, per esempio noi psicologi sappiamo cos'e' il transfert, e non facciamo manipolazioni, il transfert, detto piu' scientificamente " effetto neuroni a specchio" , se non viene riconosciuto si attua in termini di relazione, e tutti sanno relazionarsi. Il riconoscimento del transfer distingue la mia ideazione, vita emotiva, vita affettiva da quella dell'altro, questa e' la prassi dello psicoterapeuta, necessita di conoscenze (laurea)ed esperienza per potersi tradurre in azione di prassi psicoterapeutica , il riconoscimento del transefert e' uno dei molti esempi.

2 psy T. alle ore 17:39 del 03/04/2013

Ciao Fabiana,

condivido le tue perplessità....

Una delle possibili cause a mio avviso è proprio da attribuire alla diffusione della psicologia 'spiccia'... i media (tivù, riviste, internet) svendono nozioni e tecniche a chiunque, senza riflettere sulle conseguenze... Molti lettori dopo aver letto un articolo di psicologia credono di aver acquisito le competenze per poter interpretare un qualsiasi problema di un altro, ecc... Faccio appello ai colleghi che lavorano in questi canali : siate cauti, perchè davvero non si può svendere un sapere, una tecnica, in poche righe! Per non parlare poi delle figure 'altre' quali coach,consulenti, counsellor che cercano di simulare il nostro lavoro e offrendosi sul mercato come figure professionali parallele alla nostraArrabbiatoLa gente comune difficilmente sa la differenza tra lo psicologo e in counsellor, alla geste basta trovare le risposte al problema, poco importa la fonte...Per questo sono contraria ad una divulgazione sregolata della psicologia attraverso i media.

3 Oscar alle ore 17:46 del 03/04/2013

Gli psicologi "non manipolano"?!??? Ma se gli utenti vanno là e si affidano a loro proprio per farsi manipolare!?!! In positivo, ovviamente. A meno che non si intenda per manipolazione la persuasione occulta, ben lungi dall'intervento professionale, che però molti credono sia tale.

Inoltre, un minimo di transfert c'è in tante relazioni d'aiuto, e molti non professionisti la sanno intuire, riconoscere e gestire bene.

Rispetto a Fabiana, per quanto si possa lavorare per modificare l'immagine collettiva che si ha dello psicologo, occorre riconoscere che i media lavorano per distorcere continuamente quanto di buono si fa. Io lavorerei su sceneggiature di film e fiction in primis e su ogni altro elemento riproducibile dai media come modello corretto. 

4 Elisabetta Ciaccia alle ore 18:53 del 03/04/2013

Cari Colleghi

Io penso che una possibile spiegazione che spesso mi do rispetto a simili affermazioni della gente comune è che nessuno ha voglia di pensare e di usare strutture cerebrali profonde, nessuno vuole far fatica. Questo una psicoterapia di qualsiasi tipo di orientamento lo richiede. Credo inoltre che facciamo i conti con una tale varietà di offerta commerciale e di massa all'insegna della canalizzazione e dispersione del conflitto, dell'ansia es. palestre, centri benessere, massaggi, chirurgia plastica ecc.dove è molto meglio andare perchè da immediato piacere e lo fanno tutti. L'interesse di queste attività è banalizzare, normalizzare e elargire consigli standard, ma è quello che vuole la gente. Uscire dallo standard del banale, del conformismo è stare fuori da un sistema fa sentire il vuoto. Personalmente ritengo che ci sia un dilagante crescere di disagi psicologici nevrotici che vengono continuamente rimossi, negati, normati grazie a tutto questo che nel corso del tempo si strutturano e diventano psicotici. Ho modo di lavorare in un centro pubblico e vi garantisco che quello che vedo è all'insegna di una indifferenza, prendere tempo verso un indicazione psicoterapeutica adeguta che potrebbe avere buoni risultati e nel tempo assisto a un pellegrinaggio tra tentativi farmacologici che non dimentichiamo sono anch'essi di facilissimo uso e abuso e costano niente o poco e tentativi di psicoterapie che si interrompono perchè si vogliono risultati subito, presto e costano. Come se un massaggio che costa 50 euro non sia un costo.  Viviamo in una società dove credo ci confrontiamo con la difficoltà di far capire che la psicoterapia è efficace, ma serve un tempo che non è del terapeuta, ma del paziente. Pensare, forse non è più di moda.

5 Massimo alle ore 19:01 del 03/04/2013

Mah, io penso che la psicologia sia nata apposta perchè serviva tanto un colloquio più strutturato rispetto a quello che, normalmente, si può avere con amici, estetiste, barbieri, etc. Poichè l'istinto di condivisione è quasi genetico e, in particolari periodi di sofferenza, si ha il bisogno di parlare con qualcuno, si è portati a credere che parlare con un terapeuta ed un amico sia la stessa cosa, ovvero una chiaccherata a scopo di sfogo. In realtà l'Ordine degli Psicologi non aiuta ad offrire una immagine della nostra professione che sia diversa da quella di una interazione amicale. Fortunatamente mi sembra che, piano piano piano piano, le cose stiano cambiando, e la figura dello psicologo comincia ad emergere rispetto alle altre e rispetto ai benefici del suo lavoro che non è più visto solo come un contenitore di sfoghi. Questo lo sto vedendo particolarmente rispetto all'analisi della domanda di questi ultimissimi anni: prima si veniva quasi fosse l'ultima spiaggia dopo aver tentato tutte le altre strade, ora lo psicoterapeuta è tra le primissime figure consultate. Naturalmente ci vorrà ancora qualche lustro prima che la nostra figura sia assimilata, più o meno da tutti, ad uno specialista del benessere o della sofferenza, pari a tutte le altre tipologie di specialisti.

6 francesca alle ore 23:23 del 03/04/2013

Nessuno psicologo che si rispetti dà consigli, sarebbe manipolazione.... il ruolo dello psicologo è quello dell'aiutare a ragionare su se stessi. Forti delle conoscenze  della psicologia dello sviluppo,  della personalità e sulle emozioni , (oltre che, mi auguro, del nostro modo di essere, per non rischiare di proiettare i nostri vissuti sull'altra persona) supportiamo chi ci consulta in un processo che è molto difficile: la conoscenza di loro stessi. Chi dice che è un pò psicologo, confonde il nostro lavoro con l'attitudine di molti a dispensare consigli che il più delle vote rispecchiano la visione delle cose di chi li dà piuttosto che essere in sintonia con chi (suo malgrado) li riceve oppure, ancora peggio, pieni di dannosissimi luoghi comuni.  L'immagine della nostra professione la diamo noi stessi, con la nostra professionalità. chi viene da noi deve ricevere qualcosa che nè un amico nè il parrucchiere o l'estetista possono dare. 

7 silviagoi alle ore 08:42 del 04/04/2013

E il filosofo, allora? Si passa dalle nozioni magiche sulle pietre runiche al nuovo indirizzo della fisica termonucleare...e si sostiene l'unità del soggetto...e l'insegnante di lettere?! Peggio che andar di notte, 'chiaramente' un'insipiente tecno-scientifico che deve improvvisarsi geostorico, filolo-filosofo, astronomo e naturalmente guaritore di dinamiche fisiopsichiche....dapprima regressivo, i il poveretto si fa poi  forza, si erge in tutti i suoi centimetri di altezza, fronteggia il nuovo leggendo a man bassa e per fendere le folle d'oggigiorno, attirando l'interesse almeno Imbarazzatodei più miti, si lascia andare ad un sussurro:'Sì, sai...sono un po' psicologo, e...'. Cade la lama della ghigliottina teorica. Ach!   

8 silviagoi alle ore 08:44 del 04/04/2013

'Un po' psicologo'....minimalismo puro.

9 Giovanna alle ore 10:13 del 04/04/2013

E' VERO che comunque tutti sono UN PO' psicologi....... La differenza sostanziale sta nell'esserlo un po' ed esserlo del tutto. Io sono un po' parrrucchiera quando taglio i capelli ai miei famigliari o semplicemente pettino mia figlia, sono un po' barista quando preparo la spremuta, sono un pò sarta quando attacco un bottone, sono un pò ragioniera quando faccio i conti delle spese.... Sarebbe bello rispondere a chi ci dice "Anch'io sono un po' psicologo" : "E tu che cosa sei?" ...."Ah! Anch'io sono un po' ......". Tanto siamo tutti un po' qualsiasi cosa.

10 silviagoi alle ore 10:43 del 04/04/2013

Ma è una vecchia querelle, no? Con le specializzazioni ulteriori acquisite, diventa una vera buriana mettere mano alle etichette specifiche...i timidi finiscono con il non riconoscere sè, gli spavaldi ( uso una banale definizione) ne sfoggiano a valanghe...cosa che poteva avere un senso forte

perché la psicologia avesse spazio in tempi avversi...ma ora, che tutti devono avere un biglietto da visita di doppia lunghezza, diventa una polemica da sollevare per esercizio, non certo a cui dar corso in modo aggressivo...E poi, non so...la psicologia è nata for common people and for everybody, per spiegare cosa avveniva DAVVERO nella stanza mentre le persone si grattavano l'orecchio leggendo rari manoscritti...ed ha trovato che la ragione spesso non stava nel manoscritto raro!

Bocca sigillataMi zittiscono...aagh...

11 Oscar alle ore 11:18 del 04/04/2013

Ragazzi, è questione stravecchia. Senza dolersi per le ferite narcisistiche come dice Fabiana, non confondiamo la condizione col problema. La capacità della categoria degli psicoterapeuti di mutare da soli lo stereotipo è assai debole. Utilissimo attivarsi, ma senza stare a preoccuparsi più di tanto. Altrimenti dimostreremmo di non saper gestire... la ferita! Gli iscritti e gli ordini facciano quel possono, seguendo le indicazioni degli ordini stessi in merito alla questione. Tutto l'oltre danneggia soltanto.

Sorridente

12 Daniela alle ore 12:17 del 04/04/2013

Buongiorno a tt! Sono Daniela , una parrucchiera e nn psicologa ! Devo ammettere che anche a me spesso viene attribuito questo titolo ... Alle mie spalle c'è un percorso tragico ma consapevole e grazie alla convivenza di due membri della famiglia con gravi disturbi psicologici ho acquisito una certa sensibilità nei confronti della malattia ... Ciò ha sviluppato un sentire più profondo nei confronti dei clienti che sentendosi compresi si rilassano Cambiano il loro atteggiamento nei miei confronti . Nn si confrontano con se stessi ma trovano conforto ! Nessuno può !anzi dovrebbe dare consigli ! Se nn si ha lo studio anche la parola più innocua potrebbe portare ad alimentare una possibile psicosi! Ma nn me la prenderei così x questo se avessi la sicurezza della mia professionalità. Vi ammiro e stimo il vostro lavoro e a differenza dei counselor sono d'accordo con voi che il problema va visto alla radice e su questo punto nascono le perplessità ... Il distacco dal proprio trauma e' doloroso ... E' più doloroso che conviverci! Ecco perché si cerca conforto e nn un vero confronto ! Ad ascoltarti e' un' amica che perseverante ti ascolta da anni senza metterti sottosopra ma dedicandosi completamente a te coccolando e lenendo le ferite! Spero di aver dato un'idea del perché con superficialità viene menzionato il termine psicologo con tanta superficialita'; sono solo la confidente che gioca con l'autostima della cliente , rendendola più bella e serena x qualche ora! A presto. Spero di essere stata un piccolo aiuto ad un piccolo punto interrogativo! PS: sono entrata in questo sito xche' studio l'enneagramma , nn x curiosità! capisco quanto sia importante il vostro supporto e nn il nostro! Daniela

13 Federica alle ore 12:32 del 04/04/2013

il mio analista ci scherzava... il suo studio era proprio di fronte ad uno studio di estetica, e lui diceva che c'era un buon rapporto di convivenza, ci si poteva a volte scambiare la clientela... 

 

14 federica alle ore 12:37 del 04/04/2013

No, la cosa che a me non piace, e che trovo davvero pericolosa per il pubblico in generale, e' la contaminazione che negli ultimi anni si e' avuta fra psicoterapia (come relazione di aiuto) e management (come tecnica di gestione del personale). Gli strumenti di manipolazione e indirizzamento usati da un terapeuta per il beneficio del suo cliente sono qualcosa di positivo, e il cliente impara nel tempo anche a difendersi  e proteggersi, ridimensionando la idealizzazione iniziale del terapeuta. E poi il cliente paga le sedute, che e' un atto di bilanciamento dei poteri di portata non trascurabile.

Ma le stesse tecniche di manipolazione in mano al mio manager, al lavoro, sono soffocanti, opprimenti e immensamente frustranti. Io non so come e' iniziata questa cosa, perche' vent'anni fa non era cosi' marcata. Ora guardi negli occhi una Direttrice del personale  e, cosa vedi? lo stesso atteggiamento un po' distaccato, di osservazione razionale dell'interazione. Ma il bilanciamento dei poteri non c'e' piu'. E i colleghi che non hanno una esperienza di terapia sono totalmente indifesi, non si rednono conto della differenza qualitativa dell'approccio. A me questo davvero fa paura. Ma per  professionisti di HR e' un vantaggio, suppongo.

15 silvia alle ore 12:45 del 04/04/2013

Penso che sia giunto l'effetto-eco di ciò che provarono 'gli altri', i 'modelli obsoleti', i  potenziali pazienti?, quando l'insistenza della lettura psicologica venne calcata anche negli ambiti pubblici....Sorpreso

16 Oscar alle ore 13:49 del 04/04/2013

FEDERICA, certamente fa paura il sentirsi in balia di un responsabile HR manipolante, ma se non c'è consenso da parte del sottoposto, questi non è telecomandabile come appare. 25 anni fa si iniziò dalla facilità d'apprendimento della PNL, che se insegnata senza espistemologia e responsabilità etica (ovvero sempre), creò manipolatori consapevoli. Il presunto vantaggio dei manager però è apparente e di breve durata. Il loro delirio d'onnipotenza e i conflitti interiori derivati, l'eccesso di turnover derivante dall'eccesso di loro richieste ha reso non produttivo come appare il manipolatore. Stressare i dipendendenti non paga come sembra, nè creando doppi legami ad arte e nemmeno operando su criteri, valori e submodalità sensoriali. E' già vantaggio il credere di avere un vantaggio, autoavverando le proprie convinzioni, ma un passo avanti lo face fare sia la grammatica trasformazionale, per ridurre le distorsioni comunicative sia interiori che tra collaboratori, che qualche nozione sulla motivazione. I manager che hanno usato con finalità positive questi strumenti hanno arricchito la propria e altrui anima. E anche le aziende. Quelli in mala fede, alla lunga hanno visto ritorcersi contro di loro ciò che pensavano potesse essere usato CONTRO gli altri come superpotere. Più potente è la capacità e lo strumento, più veloce è la propria involuzione o evoluzione.

17 federica alle ore 22:18 del 04/04/2013

Oscar, hai ragione, proprio di PNL si tratta! Pero' seondo me tu stai idealizzando il processo, cercando di dividere i buoni dai cattivi,. Non funziona davvero cosi'.

Un manager moderno sa essere estremamente supportivo con una persona ed ostile, demotivante con un'altra. E non e' in mala fede: e' conscienzioso e convinto di fare il bene dell'azienda in entrambi i casi. Fa il suo lavoro, come gli hanno insegnato. 

I giovani quadri vengono allenati ed iniziati al metodo progressivamente, e se ne puo' seguire l'evoluzione comportamentale. Inizialmente c'e' una fase di estrema durezza ed ostilita', che dura qualche settimana. Poi subentra quella sorta di serenita' artificiale (che io spontaneamente associo al comportamento dell'analista), mentre scompare la manifestazione naturale delle emozioni. Fa impressione, davvero, vedere come cambiano le persone nel giro di pochi mesi. Vedi, io non ho avuto nessu training del genere, osservo queste cose dall'esterno, Fa impressione, davvero.

Non e' un problema di mala fede, secondo me. E io non auguro ulcere duodenali a nessuno, per carita'. Ma il superpotere, come tu lo chiami, esiste. Viene usato con dovizia, con finalita' positive, negative o neutre, da un gruppo ristretto di persone che hanno ricevuto un training molto particolare. Gli altri (quelli senza training) sono totalmente indifesi, vengono tenuti volontariamente nell'ignoranza delle tecniche. 

Abbiamo discusso finora dei manager. Ma chi davvero puo' dimostrare scientificamente che questo modo di procedere non danneggi la personalita' degli indifesi? di quelli che subiscono la programmazione senza aver neppure dato un consenso informato al trattamento? Siamo ancora nel campo del contratto "manodopera contro salario", oppure si sta chiedendo ai sottoposti un prezzo piu' alto?  

18 Simona alle ore 06:24 del 05/04/2013

...anche a me anni fa capitava di sentirmelo dire (dal salumiere ai parenti stretti)...all'inizio mi infervoravo sottolineando le differenze tra un 'consiglio amichevole', un pat pat sulla spalla, e un intervento psi....ma poi mi sono accorta che il mio infervorarmi era solo un modo per restituire dignità ad una professione su cui appoggiavo il mio valore (e che evidentemente allora nn sentivo molto). Il mio valore (umano e come psi), adesso lo so, c'è a prescindere dal vestitino che mi metto addosso, dall'etichetta che ho. passano gli anni, e guarda un po'....non mi succede più. da un lato ho fatto come Giovanna (post delle ore 10:13 del 04/04/2013) e da un altro ho deciso che nn potevo arrabbiarmi ogni volta che qualcuno insultava la mia professione... se non ti arrabbi, ma educatamente riporti la questione sul campo reale, le situazioni si stemperano da sole (esempio:il salumiere che fa 'bella, la vita, eh? fai ddù chiacchiere e te prendi li soldi!' e io con un sorriso educato 'eh già, mi fa anche un etto di prosciutto?' e basta....la sua affermazione cade nel vuoto, e alla fine l'imbarazzo resta a lui, che il più delle volte chiede scusa e cerca di capire meglio in che ambito lavori o sei specializzato). adesso mi capita il contrario...che il fruttivendolo mi chiede, in disparte, se ciò che sente è preoccupante oppure no... ma soprattutto...non calcolo il mio valore in base alla mia formazione o a quanto i competitors provano a mettersi in mezzo... so solo una cosa: più mi infervoravo, e più toglievo dignità alla mia formazione, almeno agli occhi del profano che avevo di fronte...

19 silviagoi alle ore 08:30 del 05/04/2013

Anche in contesti in cui mi ponevo, al massimo, come osservatore, io ho notato una crescita di fiducia e di competenze in ambito psicologico, e non una diminuzione negli ultimi 20 anni. E' vero che  potrebbe essere un modello autoreferenziale  ( leggo più novità di area psi oggi che un tempo) però è altrettanto vera una crescita dell'interesse editoriale verso l'area, in modo molto meno settoriale che in precedenza. Certo, quando chi frequentava ambienti di psicologi ti dice :' Ho dei lapsus linguae proprio da allora', pensi che non è tutto oro quello circolante - ma anche la precauzione nei confronti delle psicologie da bar è aumentata,  viene offerto uno spazio più riflessivo all'individuo, un peso meno assoluto agli obiter dicta. Ditemi se sbaglio.    

20 Oscar alle ore 13:33 del 05/04/2013

 

 

Federica, i manager che sanno supportare o demotivare quando occorre, sono “buoni” che usano con coscienza le loro capacità senza far danni. Accade in organizzazioni medie e grandi. Per quanta maieutica adottino, il danno dipende sempre da quanto gli è stato permesso di scendere in profondità. Ciò dipende dalla credibilità come aiutanti che sapranno conquistarsi. Ogni ingenuo o ignorante rischia di più, in ogni ambito della vita.

Rispetto al mancato consenso e l'asimmetria informativa tra chi sa e chi ignora, ciò accade in ogni lavoro. Anche i manager manipolatori naturali che non hanno seguito corsi fanno danni, e tanti!

Altro è invece il danno su personalità di indifesi o di chi non conosce tecniche. Qui siamo nel difficilmente definibile in modo oggettivo e semplice, a meno di non far sottoporre a perizie continue ogni dipendente, per misurarne l'evoluzione. Sarebbe troppo bello (e costoso) se accadesse. Lo stesso reato di plagio fu tolto anni fa solo per la non oggettiva identificazione, definizione e misurazione.

Se, come medico con nozioni d’elettronica riparassi una presa di corrente e qualcuno rimanesse semi-fulminato, avrei lo stesso problema. Mi dovrebbe essere impedito di farlo? Si. La responsabilità di chi è? Il danno è più facile da misurare in tal caso. Il problema si sposta quindi in ambito legale, con le difficoltà legate alla misurabilità dei fenomeni.

Piuttosto ti ringrazio perchè non avevo valutato la cosa in questi termini: l'extra-costo del lavoratore depauperato di risorse psicologiche, che non sono percepite in fase di contratto. Come si fa a dire:"lavorando con manager troppo competenti solo in alcuni ambiti della psicologia, che salario in più dovrei chiedere per il rischio danno sulla mia personalità?"

21 silviagoi alle ore 08:38 del 06/04/2013

A proposito di elettricità fulminante....nella sostanza sono d'accordo, naturalmente...ma il fattore rischio nella professione non può essere equiparato a quello. Tutti, anche non professionisti, agiamo in un contesto e  ci serviamo di azioni che possono avere un rebound - ed è anzi un segno di coscienza il volersi informare sull'ambito, per non mettere in atto dinamiche palesemente distruttive. E' 'staccare bollette' che dev'essere chiaramente definito nel suo specifico e nei prerequisiti professionali necessari, specialmente per tutelare chi agisce da una formazione lunghissima e non priva di provocazioni esterne. 

22 Chiara alle ore 01:32 del 19/04/2013

Anche a me "cadono le braccia" quando qualcuno dice così. Ma allora, io per quale motivo ho speso tanti anni in studio e ancora oggi mi devo continuamente aggiornare? Me lo chiedo spesso, perché mi ritrovo demotivata da tutto ciò... 

23 Oscar alle ore 11:47 del 19/04/2013

Chiara, siamo tutti un pò falegnami, avvocati, baristi, muratori, sarte o tanto altro.  Vale per tante professioni. Ti invito a leggere le risposte di Giovanna e di Simona, pertinenti rispetto il tuo stato. La gestione della tua ferita è parte del tuo lavoro.

24 Federica alle ore 12:09 del 19/04/2013

Beh, ma non stiamo esagerando? a prendersi troppo sul serio?

Anni fa andai a comprare un divano in Brianza. Alla chiusura della negoziazione il venditore disse, con un sorrisone, beh, non siamo mica chimici! intendendo che ci avrebbe favorito sulla qualita' delle stoffe, se non sul prezzo. Io e il mio compagno, entrambi chimici laureati da poco, reagimmo immediatamente, all'unisono: e che male c'e', ha forse qualcosa contro i chimici? ... poi non sapeva piu' come scusarsi, e riuscimmo a metterla sul ridere.

25 Federica alle ore 12:34 del 19/04/2013

Oscar "Il problema si sposta quindi in ambito legale, con le difficoltà legate alla misurabilità dei fenomeni"

... Beh, si vedono succedere porcherie di ogni genere nelle aziende, ma sono tutte molto difficili da provare. E il principale criterio di selezione di un potenziale manager e' proprio l'abilita' di indurre altri a fare, evitando la responsabilita' dell'azione. I fenomeni potrebbero anche essere misurabili, ma sin dall'inizio intenzionalmente si construiscono sistemi financo barocchi, per evitarne la misurabilita'. Fa parte del sistema azienda, dove l'unica verita' oggettiva misurabile e' la prova del mercato.

Oscar: "lavorando con manager troppo competenti solo in alcuni ambiti della psicologia, che salario in più dovrei chiedere per il rischio danno sulla mia personalità?"

Io esprimerei il concetto in modo diverso: quanto mi costa in termini di repressione di creativita', perdita di iniziativa, accresciuta insicurezza, questa continua manipolazione di cui non controllo la finalita', ne' conosco il metodo? Portata avanti negli anni? Introduciamo di nuovo gli incrementi salariali legati all'anzianita' aziendale, non motivati dall'accresciuta competenza, ma per compensare il logoramento psicologico?

Oppure (e sarebbe piu' onesto, secondo me): posso all'assunzione, sul contratto, scegliere se accettare o rifiutare di essere gestito con metodi PNL? Quanto vale, in termini di salario, una scelta del genere, un consenso informato al trattamento? oppure questa scelta non e' ammissibile, perche' gia' indica che il soggetto non e' abbastanza educabile? E tutti quelli che rifiutano non possono quindi venire assunti?

26 silviagoi alle ore 07:59 del 20/04/2013

 

D'accordo, in questa forma è proprio IL problema dell'oggi.

 Mi chiedo però: prima dell'uso pervasivo e cripto della PNL, qual era il modello induttivo prevalente? Perché, che non ne esistessero proprio, mi lascia un po' dubbiosa... Basti pensare alle variazioni di codice relazionale tra un ambiente lavorativo ed un altro: in alcuni contesti la discrasia era immediatamente visibile, appena entrati in contatto.

In secondo luogo mi chiedo perché F. usi come unico riferimento il termine di 'salario' - si tratta Indecisoevidentemente di un'allusione al lavoro dipendente, ma spesso, secondo gergo burocratico, 'di concetto' - sempre che restiamo nell'ambito psi allargato, nella serie di impieghi che psicologi ed affini hanno rivestito.

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