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Confini del setting

Libero pensiero: Confini del setting

Scritto da: Diana alle ore 21:36 del 04/01/2024

Salve, sono Diana una giovane collega in terapia da 8 anni.
Chiedo a voi delucidazioni su delle questioni. Mi sono accorta da un po’ di tempo che il mio terapeuta mi ritaglia 10/15 minuti dalle sedute.
Non lo fa sempre ma ci sono dei periodi in cui lo fa e lui non è un lacaniano. Lui mi fa entrare in ritardo e non recuperiamo il tempo.
Tempo fa gli ho fatto presente la questione. All’inizio dopo la mia osservazione, è tornato a fare sedute di 45 minuti, e mi ha giustificato la cosa dicendomi che chiude prima la terapia se vede che il processo è chiuso, ma dopo un tot di tempo tornava a farmi durare le sedute 30/35 minuti.
Gli ho rifatto presente la questione e lui si è arrabbiato dicendomi che devo imparare a tollerare la frustrazione. Cosa ne pensate di questo comportamento?

L’altra questione riguarda il fatto che da poco faccio anche supervisione di gruppo con lui (mi ha proposto la supervisione perché da poco lavoro lì nel suo studio, seguo un paziente inviatomi da lui; ho già concluso la scuola di specializzazione l’anno scorso) e mi sta venendo difficilissimo sul piano emotivo vedere il mio terapeuta in un contesto diverso dalla stanza di terapia.
In particolare mi destabilizza emotivamente vedere il mio terapeuta in gruppo che ride alle battute sarcastiche che una collega fa sui pazienti.
Sentire da questa collega del gruppo dare della “poco di buono”(versione educata) ad una paziente borderline promiscua o dire puntualmente ad ogni occasione che lei non sopporta i pazienti manipolativi e che lei li manda a quel paese (versione sempre educata rispetto a come si è espressa in supervisione) quando ne becca uno, mi fa stare male. E mi fa stare ancora più male vedere che il mio terapeuta non la confronta in supervisione su questa cosa ma anzi la stima e la elogia.
Io ho dovuto lavorare tanto sugli aspetti miei di manipolazione ma non ho scelto io di avere questi sintomi e da paziente mi sento stigmatizzata.
Io ho fatto presente queste cose della supervisione al mio terapeuta ma lui mi dice che sono io che cerco i difetti e che devo trovare un pretesto per stare male a tutti i costi.
Proprio nella seduta in cui mi ha detto questa cosa mi ha ritagliato 15 min di terapia.

Sento di perdere la fiducia nei suoi riguardi, ad ogni supervisione ho sintomi ansiosi e depressivi molto forti che si scatenano prima e dopo ogni supervisione, durante la supervisione invece vado in dissociazione.
Sto arrivando al punto di considerare di voler lasciare la terapia e la supervisione ma ho un sacco di paura perché mi sono molto legata al mio terapeuta, ho paura di perderlo e nonostante provo tantissima rabbia nei suoi riguardi gli voglio bene.
Temo che se lascio la terapia e la supervisione mi sto perdendo l’occasione per lavorare su delle questioni mie irrisolte o che non riuscirò a reggere la mancanza del mio terapeuta.
Lui dice che altri suoi pazienti che lavorano e fanno supervisione da lui non hanno i problemi di destabilizzazione che sto riscontrando io .
Mi chiedo se queste emozioni e sintomi che sento e sperimento sono dettate dal fatto che c’è un doppio livello(cioè terapia personale e supervisione con il mio terapeuta) e quindi sono normali oppure se è qualcosa di mio su cui devo lavorare.
Lui mi dice solo che è un problema della nostra relazione.

Vi chiedo un opinione .
Grazie mille!

Commenti: 1
1 Noemi Benetti alle ore 19:43 del 18/03/2024

Ciao Diana,
leggo solo ora il tuo messaggio, è passato del tempo quindi magari la situazione si è modificata.

Penso che sia molto normale e comprensibile quello che senti, ci sono scuole teoriche che non ci vedono nulla di male nel mischiare ruoli e ambiti, ma a parer mio non considerano i processi di transfert (dal punto di vista clinico) e umani (dall'altro). Sentirsi ridimensionati nelle proprie angoscie, con la banalizzazione "agli altri non succede", credo sia un'esperienza dolorosa che non va nella direzione di ampliare la conoscenza di sè ma semplicemente etichetta e riduce al silenzio (e al sintomo).

Capisco la tua difficoltà nell'idea di staccarti, ma secondo me e da collega valuta di prendere lo studio da un'altra parte e trovare un* terapeuta capace di aiutarti ad elaborare questa sovrapposizione di piani estremamente, estremamente confusiva e dannosa per te.

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