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Paziente psicotico

Libero pensiero: Paziente psicotico

Scritto da: Emmanuel alle ore 01:54 del 27/07/2011

Ciao,mi è stato assegnato da un collega un paziente con diagnosi di schizofrenia, io non ho la specializzazione in psicoterapia quindi mi chiedo se da psicologo posso aiutare questa persona o meno, e se è si come fare (so bene che bisogna utilizzare una terapia supportiva) ma essendo il mio primo paziente (certo che patologia più semplice non poteva capitarmi come primo caso) non so bene nella pratica come muovermi, quindi chiedo consigli a chi ha più esperienza di me.
Spero che mi aiuterete grazie

Commenti: 18
1 Sarah Cervi alle ore 07:23 del 04/08/2011

Ciao Emmanuel, a mio parere in caso di diagnosi di schizofrenia (quindi un tipo di disturbo piuttosto grave) il paziente ha bisogno di un supporto psicoterapeuitico e non solo psicologico, se non anche psichiatrico. Quindi ti suggerisco di non caricarti di questo impegno, ma di inviare subito il paziente dopo un primo colloquio di accoglienza. Credo sarebbe oltrechè adeguato anche etico, e giusto per il paziente.

 

un saluto

Sarah Cervi

2 Cristina alle ore 09:39 del 04/08/2011

Ciao Emmanuel,

capisco che ci si possa sentire d'aiuto anche se non si è completata la formazione, ma convengo con la collega di prima nel dirti che dovresti capire chi segue questa persona nei servizi pubblici (dipartimento di salute mentale) ed eventualmente coordinare una tua presenza insieme allo psichiatra e a terapeuti più esperti nel prendere in esame questo caso! Il tuo contributo potrebbe essere sicuramente importante in un coordinamento generale potendoti anche tu avvalere di una consulenza esperta in caso di bisogno! Ovviamente è sempre importante chiarire tutto quello che sei e tutto quello che non sei! Ricordati sempre che abbiamo a che fare con la "pelle" della gente e non ci si scherza!

Ultima cosa: studia, formati, fai tanto volontariato e tirocinio e poi in bocca al lupo!

Cri

3 Paola alle ore 09:58 del 04/08/2011

Ciao Emmanuel,

Ho collaborato in tirocinio per un anno con pz. psicotici, un esperienza bellissima e anche tanto impegnativa.

Con loro è necessaria una preparazione approfondita e sicuramente l'esperienza, se ti capitasse di avere la possibilità di lavorare insieme ad un équipe ti arricchirebbe, prendere in carico un pz. da solo in quanto psicologo, è troppo risschioso per entrambi.

Ti abbraccio paola

4 Alba alle ore 11:21 del 04/08/2011

ciao Emmanuel,

nella pratica con il tuo paziente sarà indispensabile muoverti attraverso il lavoro in èquipe multidisciplinare sia nella programmazione dell'attività clinica e riabilitativa e dell'assistenza familiare. Ogni intervento andrà definito nelle sue modalità di esplicitazione, durata e obiettivi da raggiungere e lo concorderete con il paziente e la sua famiglia. Devi tener   conto dell'età dell'esordio, meno il tuo paziente ha acquisito abilità (ha completato gli studi? lavora? è sposato?...) più è fragile. Quindi primo passo: avvia la collaborazione con i servizi di salute mentale, mantieni particolare riguardo per la prevenzione e gestione delle ricadute. Secondo passo: collabora con i familiari, riconoscine il ruolo attivo ed il valore. (E' noto che un ambiente ad alta espressività emotiva verso il paziente, insieme a un atteggiamento pressante e critico predispone alle ricadute e compromette tutti gli forzi terapeutici) Per i familiari infine potrà esere utile  l' avvio ai gruppi di auto-aiuto o l'avvicinarsi alle associazioni dei familiari....

ciao e buon lavoro

Alba

5 viviana alle ore 11:45 del 04/08/2011

Ciao Emmanuel,

Ti consiglio un invio presso il servizio territoriale di pertinenza, la gestione  e la presa in carico di un paziente in generale (ma ancor di più se è presente diagnosi in area psicotica) non è cosa da fare alla carlona. A meno che tu non sia in formazione come psicoterapeuta o collabori presso una qualche struittura, in modo che ti sia  garantita una opportuna supervisione.

In ogni caso, investi sulla formazione  se pensi di lavorare come psicologo clinico.

Buon lavoro 

Viviana  

6 Brigida alle ore 12:21 del 04/08/2011

Ciao Emmanuel

concordo con i colleghi che consigliano di essere supportato sia dal servizio territoriale sia dalla possibilità di trattare il caso in equipe. Tengo a sottolineare che se così fosse e dunque sia già stata valutata l'assegnazione  del caso, credo  sia una buona opportunità per poter affrontare questo tuo timore e per intraprendere un esperienza con questa tipologia di utenza. dico questo per non alimentare un etichetta "negativa" del paziente psicotico e sostenere l'interesse verso quel mondo consapevole della delicatezza necessaria nel trattamento.

7 Emmanuel alle ore 12:42 del 04/08/2011

Grazie per essere intervenuti, volevo chiarire che questo paziente è seguito da uno psichiatra che è anche psicoterapeuta ed io sarò lo psicologo, quindi l'equipe è questa (non sono da solo), inoltre ho già contattato i responsabili di un centro diurno con i quali ho programmato un eventuale inserimento del mio paziente nei gruppi da loro gestiti, per attività pratico/ludiche.

Detto questo ogni altro suggerimento, sul ruolo che lo psicologo può e deve avere all'interno di una equipe del genere in funzione di una diagnosi di area psicotica è ben accetto, considerata la mia inesperienza con tale tipologia di pazienti. Occhiolino

Saluti Emmanuel

8 Federico alle ore 16:19 del 04/08/2011

Ciao Emmanuel,

beh direi che come esordio professionale, non è male Occhiolino

fermo restando quanto detto sopra dalle colleghe, che condivido e sottoscrivo, vorrei aggiungere alcune considerazioni. Ossia cerca di capire se in qta persona ci sono deliri e quali sono e... lasciali stare, così come non toccare le difese. Procedi con estrema cautela, quanto più qta persona "è grave" tanto più il tuo intervento deve essere orientato in senso "pedagogico". Seguilo nei suoi ritmi. Al di là di quanto normalmente durano i collqui, con pz che soffrono di tale disagio occorre essere molto elastici, x cui facile che tu debba mettere in conto colloqui anche di 20/30 mn al massimo. Ultima cosa, se per caso non lo conosci, ti consiglio di leggere un bellissimo testo (almeno per me) di E.Borgna "come se finisse il mondo", ti aiuterà a capire il mondo del tuo paziente. E...cercati un supervisore, lavorare con qti pz può produrre "effetti particolari" per cui mentre ti occupi di lui, non dimenticarti di fare altrettanto con te :).

In bocca al lupo!

Federico

9 Lucia alle ore 16:32 del 04/08/2011

Vorrei conoscere Federico !!!! che splendidi colleghi ci sono tra noi !!!

10 Paola alle ore 21:37 del 04/08/2011

Ho letto il libro di Borgna e merita davvero! Credo che ogni anno venga a Milano e in giro in qualche altro luogo Colemann (non so bene se si scriva così) , lui stesso è psicotico e continua ad "auto-guarirsi"; la sua storia personale e il suo percorso ci informa dei diversi stadi in cui il pz. psicotico, può imparare ad accettare la malattia e come può "coabitare" con le proprie voci. Se ti capita...è un altro buon arricchimento e soprattutto dalla parte di chi questa sofferenza la conosce. Ciao Paola

11 Emmanuel alle ore 04:04 del 06/08/2011

Avrei tante cose da raccontarvi dopo l'ultimo incontro, ma forse è meglio evitare di mettere i particolari dei colloqui nel forum, per ovvii motivi di privacy.

Però questo posso scriverlo, nell'ultimo incontro si è verificato pressapoco ciò che ha scritto Alba, ovvero "E' noto che un ambiente ad alta espressività emotiva verso il paziente, insieme a un atteggiamento pressante e critico da parte dei familiari predispone alle ricadute e compromette tutti gli forzi terapeutici" oggi è venuto fuori tutto il, chiamiamolo........problema madre, non posso aggiungere altro.

Saluti

12 Lucia Modena alle ore 14:42 del 06/08/2011

Caro Emmanuel, nell'intento di poter essere di aiuto con un collega ti riporto il suggerimento del ns dirigente, nell'incontro e nella presa in carico di qualsiasi paziente, lo psicoterapeuta mette in gioco anche se stesso, è un percorso che fai insieme al paziente. Quindi sottoscrivo quanto suggerito dai colleghi. Aggiungerei una valutazione psicologica tramite colloquio semistrutturato sulla madre, ti aiuterà a capire meglio la relazione affettiva spesso ambivalente esistente fra i due e ti darà uno strumento in più per poter lavorare al meglio di te stesso. Tutt'ora presto servizio come psicologo volontario presso la Diagnosi e cura e ogni paziente con qst diagnosi è un mondo a sè stante. In bocca al lupo per il tuo futuro e avanti tutta. Un abbraccio Lucia  

13 tiziana alle ore 23:49 del 07/08/2011

Come prima cosa e ci tengo a sottolinearlo, sono rimasta colpita dal senso di umiltà e sensibilità terapeutica oltre che umana verso la sofferenza da parte di Federico che credo sia stato bravo a trasmetterti un approccio empatico perchè capace egli stesso in questo( in gamba Federico!!) Mi chiamo Tiziana e sono una psicoterapeuta della famiglia con approccio sistemico-relazionale.

Relativamente al tuo paziente ritengo che tu stia già facedno un buon lavoro, che stia usando cautela e senno. Sono una sistemica relazionale e questo mi porta a suggerirti di cercare di costruire un genogramma trigenerazionale, che ti possa permettere di valutare le dinamiche familiari usate nel tempo in casa. La schizofrenia è anche trasmessa come modello relazionale non so che formazione abbia tuo psicoterapeuta- psichiatra. Prendilo come un suggerimento e cioè non fermarti al qui e ora ma prova a ricostruire il sistema in cui è cresciuto lui e la sua famiglia... Ma mi permetto un altro suggerimento: concentrati sulle parti sane e cerca di tentare un supporto ad esse partendo da come funziona quotidianamente anche nelle piccole abitudini. In bocca al lupo collega,Occhiolino vedrai che sarà un' esperienza che ti servirà nel tempo, personalmente ciò che ho imparato da una famiglia schizofrenica mi ha aiutato a svelare i cosidetti giochi psicotici in varie famiglie trattate in terapia. ciao tz

14 hope it helps alle ore 16:26 del 10/08/2011

 

Mi sento di dire: cerca di tenere a mente i SUOI significati. La sua Psicopatologia non è solo malattia, ma racconta qualcosa di lui. Se tieni a mente la sua "malattia" considerandolo però non solo come un malato puoi fare un grosso Lavoro. I suoi deliri e/le sue voci fanno parte del suo linguaggio. Evita di contraddirle, evita di alimentarle ma non minimizzarle, sono altrettanto importanti che la "realtà" delle cose che altri possono raccontarti.

Non farti attanagliare solo dai dubbi perché un terapeuta si inesperto può trovarsi si in mezzo ai casini o combinarne, ma può anche partire da una freschezza ed attenzione che altri colleghi più esperti ed anziani hanno perso con la pratica.

Formati sui libri ma formati anche e molto sul campo e con l'esperienza diretta. Un libro può essere una variante romanzata di realtà, la storia vera ce l'hai davanti in seduta.

Definisci bene i ruoli e i campi all'interno della relazione. La chiarezza è il primo punto di partenza. Evità ambiguità.

 

hope it helps Bocca sigillata

 

 

Ciao ciao !

15 Saruccia alle ore 09:21 del 01/09/2011

Ciao Emmanuel,

in queste situazioni di incertezza e dubbio il codice deontologico è lo strumento guida per

effettuare la scelta corretta sul piano professionale, deontologico e umano.

Ti consiglio di soffermarti sulla lettura dell'art. 37 ( rapporti con i colleghi). 

 

Saluti Sorridente

16 silviag alle ore 09:56 del 20/10/2011

Fatta salva la necessità di una specializzazione che implichi un minimo di formazione psichiatrica, il paziente schizofrenico è anche una persona, che vive nel mondo di tutti, non solo tra i guanti bianchi dei medici d'ospedale. Quindi, se ti hanno assegnato il paziente ( cosa che NON avviene al primo venuto) devi prendere l'occasione per interagire con l'équipe e per formarti su QUELLA patologia.  Che ha un aspetto relazionale più forte di altre, che

va valutata di volta in volta  - anche nella dubbia catalogazione!! Quanti utenti sottoposti

a terapie intensive sarebbero definibili così? Tutte cose sulle quali il tuo punto di vista è

 prezioso, come e più di due facciate di manuale.

La 'schizofrenia' ( termine che non tutti accettano in questa, omnicomprensiva, forma) contiene  più risvolti psicologici di quello che i medici sospettano. Tanto che è da casi catalogati così che nacque una vera contestazione del concetto di malattia mentale, una rottura del confine tra sani e malati...c'è molta psicopatologia della vita quotidiana, per esempio, nella descrizione delle loro vite. (Tavistock Clinic)

Io penserei: E' il primo caso, sarà una forma di specializzazione - un problema risolto, ma difficilmente dimenticabile. Questo non toglie che il paziente può non aver esaurito il suo percorso con te - e con l'équiope a cui farai riferimento.

17 dr.donadej alle ore 16:33 del 05/01/2012

mumble mumble.. uno psicologo non formato in psicoterapia lavora sulle parti sane rafforzandole e sulla coscienza di malattia sollecitandola. se l'ambiente familiare sostiene la patologia va studiato a fondo, spesso 'di nascosto', e anche lì utilizzato nelle sue parti sane.

il rischio più grosso? colpevolizzare (dentro di sè) la famiglia, la mamma, il collega... ecc. e pensare che saremo in grado di ottenere risultati grandiosi. il risultato più interessante che riusciremo ad ottenere sarà - nella più felice delle ipotesi - che si sviluppi una coscenza di malattia, faccia uso dei giusti farmaci, si inserisca in una realtà lavorativa magari protetta e faccia parte di un gruppo di psicoterapia a lui più consono.

marta

18 silviagoi alle ore 13:12 del 06/01/2012

Una riflessione al margine di Marta (dr. Donadej):lo psi 'non formato in psicoterapia  ....lavora sulla coscienza di malattia sollecitandola'. E qui sta il tasto delicato, secondo me ( tanto che ad un orecchio abituato al linguaggio tecnico non può sfuggire la duplicità in uscita). Nel rodaggio personale ci si adegua ( talora è necessario) si è trascinati nello stream of consciousness dei futuri colleghi.

Ma esiste un'azione relazionale che opera nel frammentre, una vita che scorre nonostante l'intervento, ai lati di questo...mi pare che questo punto sia còlto nel messaggio...

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