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Confine tra psichico e spirituale

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Confine tra psichico e spirituale

Libero pensiero: Confine tra psichico e spirituale

Scritto da: Giovanna alle ore 14:12 del 24/04/2015

Secondo voi sui problemi legati al "senso dell'esistenza" di una persona dov'è (se c'è) il confine tra l'ambito psicologico e quello spirituale?
Dove si ferma il campo d'intervento dello psicologo e dove inizia quello dell'assistente o guida spirituale (o figure simili)?

Mi riferisco proprio alla linea di confine tra i due ambiti (e eventualmente anche alla vostra considerazione della differenza/identità tra psiche e anima).

Commenti: 17
1 Monica alle ore 12:51 del 09/05/2015

Cara Giovanna,

sollevi una questione molto importante dal mio punto di vista, sulla quale provo con piacere a esprimere la mia opinione.

Nel momento in cui accolgo una persona in stato di sofferenza psicologica, offrendo la mia professionalità e la mia esperienza nel tentativo di essere d'aiuto, non credo possibile immaginare e introdurre nella relazione che insieme ci impegnamo a costruire, artificiali "linee di confine" che non appartengono alla realtà dell'esperienza psicologica umana.

Come potremmo pensare di individuare e separare, per esempio, ciò che appartiene alla mente, da ciò che appartiene allo "spirito"? Esiste questa linea di demarcazione? Parlare della propria esperienza infantile con i genitori è diverso dal porsi domande sull'esistenza di Dio? Come potremmo evitare di affrontare insieme al nostro cliente temi importanti come "il senso della vita", "la paura della morte", le domande sul significato dell'esistenza, che rappresentano per ogni essere umano dimensioni fondamentali della sua esperienza di vita? 

Questo naturalmente non significa "indottrinare" la persona che chiede il nostro aiuto con le convinzioni o le idee che possediamo su tali dimensioni, siamo psicoterapeuti, non figure religiose, ma ritengo nostro assoluto dovere accompagnare la persona con la quale siamo in relazione terapeutica nell'esplorazione della sua "esperienza di vita", qualunque sia, in qualunque momento, il territorio da lei  scelto.

Vedo il nostro ruolo sostanzialmente come "accompagnatori e facilitatori" di consapevolezza e conoscenza di sé, per le persone che proviamo ad aiutare, consapevolezza e conoscenza che, secondo me, non possono escludere alcun ambito dell'esperienza esistenziale.

Cari saluti e grazie per questo spunto di riflessione.

2 Francesca alle ore 18:02 del 12/05/2015

Cara Giovanna,

apprezzo molto questo tuo libero pensiero. Mi trovo generalmente d'accordo con quanto ha già scritto Monica, ma vorrei aggiungere alcune cose.

Premetto che sono una psicoterapeuta e che nella mia esperienza clinica mi capita praticamente sempre di affrontare tali temi, un po' per il tipo di pazienti che mi sono arrivati, un po' perchè è un ambito del quale mi sono molto a lungo interessata, poichè seguo un percorso spirituale da molti anni. 

Non penso che possa esistere una linea di demarcazione tra l'ambito psicologico e quello spirituale, ma penso che esista e che debba esisterne una tra l'ambito psicologico e quello religioso: nel senso che, proprio come diceva Monica sopra, dobbiamo stare molto attenti a rispettare le credenze che il paziente ha su queste questioni.

3 Francesca alle ore 18:03 del 12/05/2015

Continuo...

Quello che però si può fare, anche in questo caso, soprattutto quando siamo in presenza di una persona che ha un'esperienza religiosa (e tutti ce la hanno prima o poi nella vita o almeno ci si confrontano, anche perchè la nostra cultura è imbevuta di cattolicesimo e praticamente tutti hanno fatto catechismo) è quella di pensare di poter trattare il rapporto che il paziente ha con la sua vita spirituale e religiosa come una relazione. Pari (e tendenzialmente uguale) a tutte le altre che ha.

Ognuno di noi ha un rapporto con Dio, o con l'Altro se vogliamo dirlo in modo più neutro, che poi lo chiami Dio, Buddha, Universo o qualsiasi altra cosa non ha nessuna importanza, ma tutti abbiamo un qualche tipo di rapporto con le domande profonde dell'esistenza.

Ogni persona che ha fatto catechismo poi ha un rapporto con il Dio raccontato nel cristianesimo e nel cattolicesimo in particolare, e se inizi ad esplorare queste dimensioni con i pazienti, il lavoro psicoterapeutico si arricchirà moltissimo e scoprirai cose che altrimenti non sarebbero mai venute fuori. Perchè tendiamo a pensare che non sono cose di cui si debba parlare o di cui si possa parlare in una psicoterapia (ma anche tendenzilamente quasi mai al di fuori di una Chiesa), se invece mostriamo la nostra curiosità come terapeuti e facciamo domande su questo, premettendo che il nostro intento non è religioso, ma è quello di esplorare la relazione che la persona ha con queste dimensioni, tendono a venire fuori delle cose meravigliose.

Un caro saluto,

Francesca

4 Daniele alle ore 15:14 del 08/06/2015

Cari amici,

io non sono d'accordo, esistono molte linee di demarcazione tra aspetti psicologici, metodi psicologici e aspetti spirituali. Anche se l'uomo è un tutt'uno tra spirito, corpo e psiche.

Il  fatto che non se ne colga la differenza dipende dal fatto che tali confini non sono stati oggetti di studio e di pensiero, così si fa fatica a distinguere ciò che è proprio dello spirito da ciò che è proprio dell'uomo (inoltre la psciologia, come quasi tutta la scienza contemporanea, considera ascientifico lo studio di elementi legati allo spirito, perchè parte dal presupposto che Dio non ha un rapporto con l'uomo, che è il presupposto opposto alla religione cattolica). Questo non vuole dire che l'aspetto spirituale non debba essere considerato e che non sia un utile terreno di crescita, solo sono aspetti diversi, che però richiedono approcci diversi e studi diversi.

Diversi i metodi, i livelli di lettura, i piani di lavoro, gli obiettivi. Spero di poter scrivere un articolo su questo quanto prima (ci sono blog cattolici che parlano molto di questo se me li chiedete ve ne indico alcuni). Cordiali saluti,

Daniele Malerba

5 Giovanna alle ore 01:56 del 22/06/2015

Essendo il senso e la funzione che si attribuiscono al proprio malessere o benessere e il modo di viverli dipendenti da ciò che si crede esserne la fonte (il puro caso, la colpa, la provvidenza, il destino, il volere divino, il karma, la responsabilità propria/altrui o altro) la dimensione spirituale mi sembra fusa con quella psichica. Se ne può dare lettura e trattamento separatamente da ciascuna delle due angolazioni (una della psicologia occidentale e l'altra spirituale). A volte ci può essere sintonia tra le due ottiche, a volte ciò che può intendersi come profondità spirituale può venire psicologicamente interpretato come delirio o segno di disturbo psichico, a volte ciò che può essere visto come salute mentale può essere letto come povertà spirituale...a seconda della fede dello psicoterapeuta ci può essere una diversa stima delle risorse e dell'evoluzione della persona, quindi a mio parere potrebbe esserci in alcuni casi un diverso modo di trattare la situazione del paziente in funzione della posizione spirituale del terapeuta.

6 Daniele alle ore 22:33 del 24/06/2015

Appunto si parte dal presupposto ateo: Dio non esiste e non opera e quindi non può esistere una dimensione spirituale se non come epifenomeno dello psichico. Da questo punto di vista deriva che il paziente non può avere una reale dimensione spirituale, e dunque non vi è separazione spirito/psiche perchè lo spirito non esiste. Va però fatto un ragionamento anche epistemologico: il presupposto ateo (che è una fede) non è neutrale ma è un implicito che nega a priori lo spirituale. Dunque può essere che la posizione spirituale del paziente non sia valutata mentre quella atea del terapeuta guidi questo aspetto perchè non ne coglie le differenze (ma tanto se lo spirito non esiste non possono esserci differenze per definizione). Il problema è dunque prima epistemologico e solo dopo tecnico: non si può dibattere sul piano tecnico se non si risolve prima il piano epistemologico (PS c'è anche una spiritualità occidentale però).

7 Giovanna alle ore 06:48 del 01/08/2015

Ho trovato uno psicologo, James Hillman, che ha un punto di vista che fonde questi due aspetti, su internet se ne parla. Lo indico come spunto di riflessione agli eventuali interessati.

8 Daniele alle ore 08:46 del 01/08/2015

Anche Hilman però parte dall'idea che lo spirito è rappresentazione della psiche, un archetipo simbolico. Non  una relazione con un Dio vivo, presente e agente.

I cattolici dicono che Dio c'è, ma non solo, agisce e opera, e la spiritualità è la relazione con un Dio reale. Mentre Jung e Hilmann parlano del pensiero che gli uomini hanno di Dio, e della elaborazione simbolica di elementi che rimandano all'idea di Dio, come simboli di altro (aspetti prettamente psicologici del nostro pensiero - conscio e inconscio - sulla psiche). Certo è molto utle esplorare tutto questo, ma non è la stessa cosa di una direzione spirituale che altro.

9 Giovanna alle ore 15:20 del 01/08/2015

Qui c'è già qualche spunto di riflessione da dove si può partire per andare lontano...: http://www.scottlondon.com/interviews/hillman_italian.html.

10 Daniele alle ore 18:25 del 01/08/2015

Questo articolo conferma appieno le mie obiezioni, comunque vi sono anche altri autori che trattano questo tema, es Echevaria, vedi per esempio:

psicologiacattolicesimo.blogspot.it, http://giustiziapsichica.blogspot.it/, https://aippcveneto.wordpress.com/

11 Celeste alle ore 22:31 del 18/04/2017

ANIMA= ciò che ci rende vivi e connessi con tutto l'universo. PSICHE= l'insieme della nostra razionalità e della nostra emotività. Aiutare una persona dal punto di vista spirituale è favorirne l'armoniosa connessione e poi fusione con l'Universo eliminando il narcisismo, nutrendo l'umiltà e la fiducia che questa fusione con l'Universo ( o Tutto, o Dio, o Assoluto, o Tao, o Natura, o Vita, o come lo si voglia chiamare) porti ciò di cui essenzialmente si ha bisogno.

12 Celeste alle ore 22:33 del 18/04/2017

...e non c'entra con il lavoro dello psicologo

13 Daniele alle ore 19:14 del 20/04/2017

Celeste ha una visione new age della realtà o forse Buddistica. La fusione con l'universo? che baggianata tremenda! Non c'entra con la psicologia e neppure con lo spirito. Non ha alcun signficato reale. Ma invece c'entra con la psicosi in cui i confini tra se e altro sono eliminati, in altre parole è strada sicura per la pazzia. Sono bugie di una incredibile sfacciataggine e mi stupisce che qualcuno le prenda sul serio senza accorgersi della banalità di idee che nascondono. Ma sono d'accordo sul fatto che percorso spirituale e psicologico sono diversi l'uno dall'altro e vanno separati. MA hanno l'obiettivo comune della ricerca della vera felicità dell'uomo.

14 Celeste alle ore 09:26 del 21/04/2017

La fusione con l'universo l'abbiamo già tutti in quanto ne facciamo parte, quello che cambia sono la percezione, la consapevolezza di questo , il viverlo piú o meno armoniosamente, il senso he si da a questo, le esperienze particolari che accadono quando ci si addentra profondamente nel percorso spirituale e i comportamenti relativi a tutto ciò.

15 daniele alle ore 11:15 del 21/04/2017

Che stupidaggini dice! ma sa che significa il termine "fusione"? e sa cosa significa il termine "universo"? o il termine "monade"? e sa cosa significa "identità"? Ma dove le ha sentite le cose che dce? e mi sa dire almeno una critica filosofica alle sue parole? och ecosa vuol dire "percezione"! mi sa che Lei sia una che si beve tutto ciò che le raccontano! Magari perchè la fanno stare un po' meglio oppure le sembra abbiano un senso, ma non approfondisce molto più in là! Mi auguro veramente che non faccia la psicologa altrimenti poveri pazienti!

16 Giovanna alle ore 14:06 del 21/04/2017

Grazie per tutti i contributi pacifici portati alla questione che ho proposto, quelli intolleranti e giudicanti non mi servono.

17 Daniele alle ore 15:05 del 21/04/2017

Sono d'accordo. Non si deve discutere solo dire si.

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