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Il vissuto emotivo dell'adozione

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Il vissuto emotivo dell'adozione
I colloqui di idoneità, le aspettative, l'incontro e l'inserimento del bambino.

L'articolo "Il vissuto emotivo dell'adozione" parla di:

  • Motivazioni, aspettative, immaginario e sentimenti
  • Legittimazione dei ruoli e cura della ferita originaria
  • Il patto adottivo e il processo di individuazione
Psico-Pratika:
Numero 68 Anno 2011

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Articolo: 'Il vissuto emotivo dell'adozione
I colloqui di idoneità, le aspettative, l'incontro e l'inserimento del bambino.'

A cura di: Claudia Nissi Collaboratore HT
    INDICE: Il vissuto emotivo dell'adozione
  • Introduzione
  • Adottabilità e idoneità della coppia
  • 1.1 Il colloquio
  • 1.2 Informazioni relative alla persona
  • 1.3 Informazioni relative alla coppia
  • 1.4 Motivazioni
  • 2.1 La Genitorialità
  • 2.2 Idee sul bambino da adottare
  • 2.3 L'età e il patto adottivo
  • 2.4 Le origini etniche, il sesso e la salute
  • 3.1 L'incontro
  • 3.2 L'assestamento
  • 3.3 Fantasie, idee e fantasmi del passato
  • 3.4 Le origini familiari
  • 3.5 Il processo d'individuazione
  • Bibliografia
Introduzione

Parleremo in questo articolo di adozioni.

Il titolo del lavoro, "Il vissuto emotivo dell'adozione", serve a riportare l'attenzione alla valutazione da parte degli operatori, per verificare se, come stabilito dall'articolo 6 della legge 149/2001 sull'adozione, la coppia è "affettivamente idonea" e capace di educare, istruire e mantenere i minori che intende adottare.

Questo compito comporta naturalmente una risposta emotiva da parte delle coppia stessa, che si sente, di colloquio in colloquio, valutata e sotto pressione.

La seconda parte ha invece l'intento di presentare una panoramica sull'iter e sul vissuto emotivo che vive la coppia, partendo dalla genitorialità e dalla decisione di adottare un bambino, all'immaginario dei "nuovi" genitori sul futuro figlio, fino all'adozione vera e propria e ciò che comporta.

Adottabilità e idoneità della coppia

L'articolo 8 della legge 184/1983 dichiara che il Tribunale deve considerare in stato di adottabilità "i minori in situazioni di abbandono perché privi di assistenza morale e materiale da parte dei genitori o dei parenti tenuti a provvedervi, purché la mancanza di assistenza non sia dovuta a forza maggiore di carattere transitorio".

Per le adozioni internazionali è necessario rivolgersi alla CAI (Commissione per le Adozioni Internazionali), che collabora con organizzazioni analoghe in altri paesi. Questa struttura ha il compito di accertare la regolarità dell'adozione; senza il suo permesso nessun bambino può entrare in Italia.

Il Collegio Unico per gli Abbinamenti, una sezione del Tribunale dei Minori, si occupa, invece, delle adozioni a livello nazionale. Il compito di questa struttura, è quello di far incontrare la storia del bambino con quella della coppia, originando una storia unica. La coppia, desiderosa di adottare un bambino, diventa così una risorsa da utilizzare per il piccolo abbandonato.
Tra tutte le domande presentate, il Tribunale dei Minori sceglierà la coppia più adeguata a rispondere ai bisogni del minore.

Nel primo incontro di valutazione psico-sociale, tra la coppia e l'operatore, vengono fornite le informazioni relative alla modalità in cui si svolge l'iter adottivo. Gli incontri di valutazione possono avvenire in presenza di entrambi i coniugi o separatamente.

1.1 Il colloquio

Il tribunale per poter valutare l'idoneità dei coniugi dispone un'indagine di natura psico-sociale, affidandola ai servizi sociali.
L'operatore, psicologo, psicoterapeuta o assistente sociale, scelto per valutare l'idoneità dei coniugi, indaga diversi aspetti:

  • le motivazioni che spingono la coppia all'adozione,
  • le aspettative e i fantasmi relativi alle origini del bambino,
  • l'immaginario legato al bambino da adottare.

I dati esplorati nel colloquio dovrebbero rilevare la capacità della famiglia di affrontare con successo, dopo l'adozione, due specifici compiti evolutivi:

  1. rivelare al bambino la verità sulle origini,
  2. aiutarlo nel percorso d'individuazione.

Normalmente la richiesta delle famiglie è di accorciare i tempi dell'iter adottivo. Tuttavia questo aspetto si scontra con l'esigenza dell'attuale normativa, che prevede vari step. Uno di questi spetta ai Servizi Sociali, che hanno il compito di preparare, sostenere e conoscere la coppia al fine di prevenire il fallimento adottivo, attraverso colloqui.

Il colloquio, tra le altre cose, mette in luce anche la capacità della coppia di distinguere tra "desiderio" di avere un figlio e "bisogno" di averlo. A tale differenza è legata la capacità di saper gestire il confronto tra il figlio immaginato e quello reale.

L'operatore deve valutare tutti questi aspetti; i coniugi devono essere consapevoli dei cambiamenti che avverranno nella coppia, dopo l'arrivo del bambino. Inoltre, un fattore di protezione alla riuscita dell'adozione è valutare il livello di comunicazione della coppia, che deve essere aperta ad ascoltare timori e paure dell'altro coniuge. La capacità di essere flessibile, e di saper affrontare determinate difficoltà, è un aspetto importante, per la previsione della riuscita dell'adozione o per l'assolvimento dei compiti specifici.

Più nello specifico, la riuscita del processo adottivo può essere prevista nella valutazione dei seguenti aspetti:

  • l'immagine che la coppia adottiva ha di sé,
  • il rapporto attuale di questa con le stirpi di appartenenza,
  • le attribuzioni nei confronti dei figli adottivi,
  • la disponibilità emotiva a trattare il limite dell'origine,
  • la presenza di legittimazione paterna.

Il colloquio con i genitori può essere un valido strumento nel riconoscere la capacità della coppia di sostenere i compiti che l'adozione stessa richiede. Questo non significa dare al colloquio il potere illimitato di predire il futuro, anche perché nell'articolo non è stato possibile considerare tutte le variabili che entrano in gioco (es. presenza di figli naturali, età dei coniugi, ecc.). Tuttavia possiamo riconoscere l'utilità del colloquio, per reperire informazioni sufficienti a capire se la coppia sia effettivamente disponibile, a livello emotivo, ad elaborare il tema dell'origini differenti e a sostenere il processo d'individuazione.

L'unico aspetto non direttamente considerato nel colloquio è la capacità paterna di legittimare il figlio. Nella famiglia adottiva, tuttavia, è il padre che ha il compito di legittimare, a differenza di quanto avviene nelle famiglie naturali, il ruolo della madre non biologica. Quest'ultimo deve assumersi la responsabilità dell'inserimento del figlio nel contesto sociale, riconoscendo il bambino anche davanti alla società.

La madre, invece, ha il compito specifico di risanare il dolore dell'abbandono. Attraverso il dono materno, di accudimento e protezione, è possibile ri-trattare l'origine. In questo processo un ruolo importante è assunto anche dalle famiglie d'origine, che devono accettare di affidare l'ereditarietà familiare ad un membro geneticamente estraneo.
Questa variabile può essere valutata, secondo me, solo di riflesso, nel recuperare informazioni sulla coppia, e sul modo in cui i due coniugi gestiscono i ruoli.

Il colloquio esplora principalmente il vissuto emotivo dei genitori adottivi. È proprio il vissuto emotivo (motivazioni, aspettative, sentimenti...) che influenza, come si è visto, la riuscita nell'assolvere i compiti presentati. Sia la paura, sia i sentimenti negativi nei genitori adottivi precludono al bambino la possibilità di conoscere la propria storia, in quanto i genitori stessi non sono riusciti ad accettare, come figlio proprio, un bambino nato da altri. Allo stesso modo il processo d'individuazione si blocca se i genitori non riescono ad accogliere i sentimenti di autonomia del bambino.

Tutte le variabili che emergono nel colloquio sono, a mio parere, sufficienti a descrivere come il vissuto emotivo, con il quale i genitori arrivano all'adozione, sia un elemento fondamentale nel predire il fallimento o meno dell'adozione. La creazione del patto adottivo, (che vedremo in seguito), implica la capacità di accettare fino in fondo l'atto generativo, che non può essere ridotto alla procreazione, ma si estende soprattutto alla dimensione, più ampia, del prendersi cura del bambino adottato.

1.2 Informazioni relative alla persona

Le informazioni da considerare sono le seguenti:

  • identificazione dei due coniugi (chi sono? Nome, età, composizione del nucleo familiare...)
  • informazioni sul tipo di educazione ricevuta e valutazione del processo educativo.

Si devono reperire informazioni sul modo in cui ciascun coniuge mantiene i legami familiari con la famiglia di origine e con l'ambiente circostante (amici frequentati, colleghi di lavoro, modalità relazionale...). Inoltre l'operatore ha il compito d'individuare i tratti della personalità di ciascun coniuge. Nelle coppie che intendono adottare un bambino sembra utile privilegiare le seguenti caratteristiche: maturità dal punto di vista affettivo, comunicatività, atteggiamento positivo verso il nuovo e autonomia.

1.3 Informazioni relative alla coppia

L'analisi della coppia porta l'operatore a doversi soffermare su altri tre aspetti significativi:

  1. la scelta del partner
  2. il clima emotivo
  3. l'adattamento reciproco al ruolo

Per quanto riguarda il primo aspetto si devono sottolineare le motivazioni che hanno spinto i due coniugi ad innamorarsi l'uno dell'altro, e quali sono state le ragioni che li hanno portati al matrimonio.

Il secondo punto riguarda come la coppia manifesta l'amore reciproco e il sentimento che li lega. Questo aspetto, difficile da descrivere, si può desumere dal modo in cui i coniugi comunicano tra loro.

Infine, il terzo aspetto è l'adattamento reciproco al ruolo, per valutare come ciascun partner è funzionale all'equilibrio della coppia.

Da queste informazioni si può supporre quali conseguenze può avere l'arrivo di un nuovo membro sull'equilibrio familiare.

1.4 Motivazioni

Un altro aspetto da esplorare sono le ragioni che spingono la coppia all'adozione.
Alcune motivazioni rispondono a bisogni individuali (il desiderio di realizzarsi nel ruolo genitoriale e l'esigenza di avere compagnia), mentre altre sono collegate a bisogni eteroindotti, (l'adozione come opera buona o come azione altruistica).
Di per sé, nessuno di questi motivi può essere valutato in senso negativo, ma la focalizzazione eccessiva su un bisogno specifico può essere dannosa.

La sterilità, per esempio, è una delle ragioni principali, che spinge una coppia ad adottare un figlio. Questo desiderio può nascondere una matrice egocentrica, nel caso in cui l'adozione risponda solo alle esigenze dei due coniugi, piuttosto che a quelle del bambino. La coppia deve elaborare l'impossibilità di avere figli naturali. In caso contrario potrebbe usare il bambino per compensare un desiderio narcisistico o per mitigare il senso di colpa di non poter procreare.

Al di là delle motivazioni esterne espresse all'operatore, si possono intuire delle motivazioni interne, connesse al desiderio di adottare un bambino, e spesso risultano contrastanti. Possono sussistere, nello stesso tempo, desideri "egoistici" e altruistici, interessi personali e interessi del bambino.

Nei casi in cui alla base del desiderio di adozione c'è la paura di sentirsi soli, o la volontà di superare il vissuto relativo alla sterilità, oppure l'insoddisfazione di un matrimonio non esaltante, può succedere che la coppia si preoccupi maggiormente di fare del bambino un figlio perfetto, piuttosto di soddisfare pienamente i suoi bisogni.

Winnicott sottolinea che i figli adottati "hanno la capacità di riempire la lacuna formatasi nei bisogni immaginativi che nascono dal matrimonio".
Il bambino adottato in alcuni casi potrebbe essere visto quindi come "diritto di risarcimento sociale", soprattutto nei casi di aborto o perdita prematura del proprio figlio. La diretta conseguenza può essere che l'arrivo di un nuovo bambino non basti a colmare la precedente frustrazione.

2.1 La Genitorialità

La genitorialità rappresenta per molti una meta importante, la risoluzione di un progetto comune e, spesso, anche un sollievo rispetto alla frustrazione di non poter concepire. La felicità di aver raggiunto questa meta compensa le sofferenze, l'attesa, il tempo dedicato, la stanchezza sia fisica, che psicologica.

A questi aspetti, tuttavia, bisogna aggiungere che i genitori che adottano un bambino convivono pur sempre con la consapevolezza di essere genitori adottivi e non biologici. L'iter che porta all'adozione è un percorso molto complesso, che implica un doppio problema: il nodo tra fecondità e generatività, e la differenza di origini tra genitori e figlio.

L'adozione tocca direttamente la sfera intima, sia per il bambino, che ha vissuto la dimensione dell'abbandono, sia per la coppia, che vede l'adozione come opportunità di formare un nucleo familiare.

L'elaborato affronta il tema dell'Adozione da pochi mesi fino all'età scolare.

2.2 Idee sul bambino da adottare

La coppia che adotta un bambino sviluppa, nell'attesa dell'evento, una serie di aspettative relative al bambino da adottare. Solitamente, il bambino immaginato è un neonato con caratteristiche fisiche (colore della pelle, tratti somatici...) simili a quelli della coppia.
L'impossibilità di avere informazioni in merito crea, nei due coniugi, ansie e timori.

L'immagine del bambino, modellata completamente sulle aspettative dei genitori, può essere emotivamente più coinvolgente di quella che si viene formando nel genitore naturale in attesa del figlio, e l'arrivo del bambino "reale" porta inevitabilmente a un confronto con quello immaginato, plasmato sulle esigenze della coppia e sugli stereotipi culturali.
Purtroppo non sempre i bisogni e le aspettative della coppia corrispondono a quelli del bambino. Il bambino abbandonato inoltre è difficile che coincida con il bambino sognato dalla coppia, e in questi casi non ci sono vuoti da colmare, ma piuttosto ricordi da elaborare.

Un giudizio negativo e/o aspettative dei genitori e dell'ambiente molto elevate, rispetto al nuovo arrivato, porteranno infatti il bambino ad una valutazione negativa di sé e questa percezione è aggravata nel caso vi sia l'impossibilità di elaborare il lutto, per essere stato abbandonato.

Le aspettative eccessive sul piano affettivo e su quello del rendimento scolastico-professionale, possono gravare, anche in seguito, sulle possibilità del figlio di essere autonomo; le sue scelte saranno condizionate dalle mete imposte dal genitore.

La valutazione che il bambino fa di sé, in termini positivi o negativi, passa quindi attraverso gli occhi dei genitori. I genitori adottivi dovranno essere in grado di accettare il bambino indipendentemente dall'età, dalla provenienza, dal colore della pelle e dalla sua storia.

In realtà nell'adozione si deve considerare un aspetto più profondo: l'accoglienza del bambino per quello che è, con la sua storia ricca e misteriosa allo stesso tempo.

2.3 L'età e il patto adottivo

Molte coppie che vogliono adottare un bambino, privilegiano la scelta di bambini nei primi mesi di vita, soprattutto perché è più facile sentire un bambino piccolo come proprio. In questo modo, infatti, anche i genitori adottivi, possono compiere il normale ciclo evolutivo, al pari dei genitori naturali.
Tale richiesta corrisponde all'esigenza di "un bambino senza passato", il cui ricordo non è direttamente collegato con il precedente nucleo familiare. Tuttavia queste persone non considerano che, dietro l'abbandono, c'è un dramma anche per il bambino di pochi giorni o pochi mesi.

Alcuni autori, tra cui Yarrow, hanno, infatti dimostrato che il passaggio ad una famiglia adottiva nel periodo precedente ai sei mesi di vita del bambino comporta per il neonato segni di stress solo transitorio e una buona capacità di riorganizzare le proprie richieste filiali, a differenza di quanto avviene se il cambiamento delle figure di accudimento avviene più tardi.

L'età dai sei agli otto mesi rappresenta quindi una fase di criticità rispetto all'adozione, in quanto è proprio in questo periodo che i comportamenti di attaccamento (ricerca di prossimità, comportamenti di richiamo, ricerca di protezione) si organizzano in un sistema coerente, verso una figura specifica, che di solito è la madre. È proprio in questa fase che si ha il passaggio tra il sorriso sociale, indifferenziato del bambino a chiunque si presenti davanti a lui, al sorriso specifico verso la figura di attaccamento primaria.
Il bambino verso gli otto mesi manifesta la paura dell'estraneo e l'angoscia di separazione dalla madre, segno di riconoscimento della principale figura di accudimento del bambino.

L'adozione del bambino a quattro, cinque anni, quindi, è resa critica dal fatto che il bambino inizia a percepire ed elaborare la realtà dell'abbandono. Nei bambini di pochi mesi, invece, la percezione dell'abbandono è mediata da quanto i genitori adottivi gli diranno.

La rottura del legame affettivo, tra i genitori naturali e il bambino, provoca una "ferita originaria", con la quale i genitori adottivi dovranno fare i conti. Tale sofferenza segna il bambino a livello fisico, psicologico, emotivo e spirituale.

Rivelare al bambino la sua condizione di figlio adottato è necessario per instaurare il patto adottivo. Sia il bambino, sia i genitori devono fare i conti con questa realtà ed elaborarla, prima che la relazione tra la coppia e il bambino possa essere compromessa.
Per patto adottivo s'intende un legame etico, che incastra i bisogni di due mancanze, quelli della coppia e quelli del bambino, dando luogo ad un progetto comune.
Quanto più i nuovi genitori saranno in grado di colmare la curiosità del bambino sulle sue origini, tanto più l'immagine che il bambino formerà di sé, sarà integrata. Dell'Antonio sottolinea come la percezione che il bambino ha di sé non prescinde da quella che ha dei genitori naturali.

Il bambino adottato vive, infatti, una situazione di paradosso esistenziale. Valutare positivamente i genitori naturali, idealizzandoli, significa valutare negativamente se stesso, in quanto non degno di rimanere con loro. In caso contrario, la percezione negativa dei genitori biologici, gli rimanda un'immagine di sé meno colpevole, ma comunque svalutante. Il giusto equilibrio dovrebbe trovarsi nel non colpevolizzare né se stesso, né i genitori naturali.
I genitori adottivi devono fornire al bambino una chiave interpretativa della sua storia, facendogli comprendere che i genitori naturali, pur avendo sbagliato, non avevano la possibilità e la capacità di accudirlo.

Il periodo in cui il bambino inizia ad andare a scuola, è molto critico per l'adozione. Il confronto con i coetanei, e la paura di fare brutta figura, spinge i genitori a cercare un legame maggiormente orientato al piano coercitivo, per aumentare il rendimento, piuttosto che su quello affettivo.
Inoltre, nell'età scolare, il bambino inizia a rendersi conto del rapporto tra l'essere stati adottati e l'abbandono; è in questo momento che il bambino si pone le prime domande sul perché è stato abbandonato.
La gestione di questo primo periodo è fondamentale nella possibilità successiva del bambino di mettere insieme le parti della sua storia.

2.4 Le origini etniche, il sesso e la salute

L'etnia è un altro fattore altamente problematico. La maggior parte dei genitori che chiede di adottare un bambino italiano, immagina il figlio simile a lui.
Nelle adozioni internazionali, invece, il genitore sembra più aperto ad accettare bambini con la pelle di un colore diverso. Molti, tuttavia tendono a non orientarsi verso un bambino di colore pensando (o dicendosi) che possa soffrire vivendo con "genitori diversi da lui". È necessario, in ogni caso, che l'operatore esplori questo aspetto, in quanto alcune delle coppie che accettano un bambino di colore potrebbero effettuare questa scelta per mostrare agli altri qualcosa di diverso, di "esotico", ma non accettano fino in fondo tale diversità.

La differenza etnica tuttavia, non deve essere considerata un fattore di rischio per l'adozione. Come ha sottolineato Cigoli è però importante stabilire il valore che i genitori attribuiscono ai bambini di un'altra etnia, per capire se la coppia è in grado di accogliere un bambino "diverso".

Per quanto riguarda il sesso, la coppia è più incline ad adottare una bambina, che considera più facilmente educabile, e più "fedele" nel tempo ai genitori. Attualmente però, è raro che i genitori esprimano una preferenza sul sesso, per paura che tale richiesta possa inficiare il giudizio sulla loro idoneità. Infine, la possibilità di un bambino con handicap fisico o psichico è scartata dalla maggior parte delle coppie.

3.1 L'incontro

Un bambino adottato si trova a dover affrontare una situazione molto differente da quella del contesto in cui viveva. Infatti mentre la coppia mantiene inalterato il proprio stile di vita, il contesto culturale e l'ambiente in cui vive, il bambino si trova, da un giorno all'altro, calato in una realtà che non gli appartiene.

Il minore adottato rompe il legame di attaccamento primario, cambia il suo cognome ed è sradicato dal posto in cui è nato e vissuto; nel caso di adozione internazionale, inoltre, il bambino si trova in un contesto culturale e sociale diverso. Un ulteriore danno sarebbe per lui perdere la continuità dell'Io, nel taglio netto con le proprie origini e la propria storia. Per questi motivi uno dei compiti fondamentali dei genitori adottivi è oltre quello di accudirlo, di integrare l'immagine che il bambino ha di sé prima e dopo l'abbandono. I nuovi genitori devono sostituire i genitori naturali, fornendo al bambino una base sicura.

Il primo incontro, tra i genitori adottivi e il bambino, comporta notevoli difficoltà. Tra i fattori che sicuramente concorrono alla formazione di questa situazione c'è la reciproca estraneità.

La coppia e il bambino, devono fare i conti con le immagini che hanno creato l'uno dell'altro nell'attesa. I genitori arrivano all'incontro con timori, paure, e con l'immagine mentale del bambino. Allo stesso tempo, il bambino si trova a doversi confrontare con l'immagine dell'adulto dedotta dalla precedente esperienza avuta.
L'adattamento reciproco sarà determinato da una graduale conoscenza e dal confronto della realtà con le immagini che la coppia e il bambino si portano dentro.

La situazione del bambino è molto delicata. L'essere accettato in un nuovo nucleo familiare significa il definitivo abbandono da parte dei genitori naturali. L'esperienza dell'abbandono ha marcato profondamente l'esistenza del bambino che, se pur confortato dall'affetto dei nuovi genitori, sente il bisogno di metterli alla prova.

Il bambino può mettere in atto una serie di comportamenti, naturali in una situazione post-trauma, per verificare la veridicità di quanto effettivamente gli stanno dicendo i nuovi genitori. Potrebbe rivivere il trauma legato alla perdita, nella ritualizzazione del trauma originario, mettendo in atto azioni aggressive, chiusure e provocazioni.
Tuttavia tale comportamento, oltre ad avere una funzione di verifica, può creare nel bambino il senso di colpa e la paura di un ulteriore abbandono. Per questo possono alternarsi comportamenti aggressivi, con richieste esagerate d'affetto. A questo comportamento inoltre potrebbe aggiungersi, se il bambino è abbastanza grande da saper parlare, un continuo riferimento alle proprie origini. Nella situazione di incertezza in cui si trova, il riferimento alle origini è un modo per mantenere integro il legame con il passato.

3.2 L'assestamento

L'adozione rientra in un evento paranormativo, in quanto non fa parte degli eventi che di solito la famiglia si trova ad affrontare. Questo evento richiede una ristrutturazione e riorganizzazione della coppia.

L'entrata di un nuovo membro all'interno di un contesto familiare già strutturato comporta un periodo di assestamento, dopo l'inevitabile rottura. Tale situazione è più o meno marcata a seconda dell'età del bambino. Il superamento di questa fase è possibile nell'accettazione del nuovo venuto, e nell'adeguamento tra i bisogni della coppia e quelli del bambino.

Come si è visto, l'accettazione del nuovo venuto è possibile con la costruzione di un patto adottivo, che affonda le radici in una duplice mancanza: l'assenza di una famiglia da parte del bambino e la mancanza di realizzazione del bisogno di maternità e paternità della coppia.

La reciprocità si connota anche della dimensione dello scambio dei doni: dei genitori verso il figlio e del figlio verso i genitori. Il patto adottivo per essere costruttivo deve riconoscere e assumere le reciproche mancanze, trasformandole nel "progetto-impegno generativo". Inoltre deve valorizzare le differenze, assumendo l'estraneità originaria del figlio, fino alla costruzione della comune appartenenza familiare.

Nella fase d'assestamento, si hanno due compiti fondamentali: raccontare la verità sulle origini e favorire il processo d'individuazione. Il processo di individuazione del bambino è imprescindibile dalla necessità del bambino stesso di essere informato sulla sua condizione di adottato, per integrare la sua storia ed elaborare il trauma dell'abbandono.

3.3 Fantasie, idee e fantasmi del passato

Molte coppie nascondono all'operatore le loro ansie e i loro timori relativi alla famiglia d'origine del bambino. I timori dei due coniugi, sono vissuti in maniera diversa secondo le caratteristiche personali di ciascuno; è molto frequente, tuttavia, che la paura di non poter realizzare le proprie aspettative, non venga comunicata neanche al partner.
È facile immaginare come questo possa compromettere la formazione del nucleo familiare. Tale timore, infatti, si ripercuote anche sulla paura che al bambino sia precluso, per fattori ereditari, o per esperienze vissute nei primi mesi, il normale sviluppo evolutivo.
Si parla di "un'eredità morale", trasmessa dalla famiglia d'origine al minore, che può compromettere il sano rapporto educativo.

In presenza di difficoltà con il bambino infatti, le coppie adottive, all'opposto di quelle biologiche, potrebbero prendere le distanze dalla responsabilità genitoriale e potrebbero attribuire la causa a fattori biologici, ereditari o legati alle prime esperienze di vita del bambino.

L'asse coniugale, quindi, non sembra essere direttamente coinvolto nei problemi del figlio. Si avverte una maggiore coerenza relazionale tra i due coniugi, che nel rapporto genitori-figlio. In queste famiglie può risultare più facile vagliare la possibilità di contrasto con il figlio, piuttosto che scegliere il divorzio, come di solito avviene nelle famiglie con figli naturali.

3.4 Le origini familiari

La legge n.149, del 28 marzo 2001, che apporta le modifiche alla precedente legge n. 184 del 1983, in merito alla "Disciplina dell'adozione e dell'affidamento dei minori", prevede che il minore adottato sia informato della sua condizione e che i genitori adottivi vi provvedano nei modi e termini che essi ritengono più opportuni.

Il bisogno dei genitori adottivi di sentirsi confermati, a pieno titolo, nel ruolo di unici genitori rende difficile il confronto con i genitori biologici.
Necessariamente la famiglia biologica ha un ruolo preminente, nonostante non fisicamente presente. Questo potere è tale che alcuni autori, Sorosky, Baron, Pannor, parlano di "triade" nella famiglia adottiva. Il rapporto a tre è strutturato tra i genitori adottivi, il bambino e i genitori naturali. La necessità di recupero della storia del bambino è necessaria per il suo sviluppo psico-sociale.

Il vissuto relativo all'origine del bambino è spesso un argomento complicato da affrontare. Attualmente molti genitori sanno che il bambino deve essere informato, ma purtroppo, non sempre questo accade. Molte coppie, dopo anni, chiedono consigli sul come farlo, o si lamentano del fatto che il figlio abbia saputo la verità da altre persone.
Esiste "un'intrinseca difficoltà ad accogliere il passato, vissuto come esterno al nucleo familiare". Far crescere il bambino con la consapevolezza della sua origine, invece, permette di percepire l'adozione come evento naturale.
Il modo migliore è quindi informare il bambino da subito, in modo realistico e comprensibile.

I genitori adottivi si sentono però, in molti casi, inferiori ai genitori naturali e nascondono la verità, sperando che, così facendo, il figlio sia veramente proprio, nato al momento stesso dell'adozione. È soprattutto questa ragione che porta molti genitori a negare al proprio figlio la verità sulla sua nascita.

Dietro il bisogno di proteggere il bambino da una notizia difficile da accettare, c'è il desiderio, più o meno cosciente, di rendere il figlio adottivo, proprio a tutti gli effetti. Entra in gioco non solo la volontà di dare una famiglia al bambino abbandonato, ma anche il desiderio che questo bambino conferisca alla famiglia stessa un carattere di "normalità".
Tuttavia, molti genitori non riescono ad accettare l'idea di non poter avere figli propri. Non elaborare l'impossibilità di procreare rende frustrante anche la condizione di genitori adottivi. Continuano a vivere la genitorialità biologica come unico requisito legittimo per diventare genitori. Non elaborare questo aspetto, rende difficile parlare al figlio adottato della sua storia e dell'abbandono.

In altri casi, il non dire niente è legato alla paura di non essere più accettati nel ruolo di genitori e di essere amati meno dei genitori naturali. Il progetto intrinseco della famiglia è la generatività. Questo concetto riassume sia la capacità di procreare, sia quella di produttività e creatività. La famiglia non si limita alla procreazione, ma genera. Tale caratteristica, quindi, non si riferisce solamente a generare figli naturali, ma include anche la possibilità di adottarne uno. Essere genitori non significa solo mettere al mondo un bambino, ma anche prendersi cura di lui.

Nelle famiglie adottive, acquista un ruolo cruciale anche la titolarità intesa come possibilità del genitore di esercitare il suo ruolo, e del figlio di sentirsi erede a tutti gli effetti. La genitorialità adottiva si costruisce, attraverso un processo interiore etico e affettivo, in cui i due coniugi si legittimano come genitori del bambino. Del figlio, devono essere riconosciute le origini, la sua storia e le radici, anche quando sono diverse.

Negli anni la verità nascosta porta genitori e figli a vivere in una dimensione artificiale. Tutto questo interferisce duramente con il processo d'individuazione, in quanto la negazione della verità rimanda al bambino un'identità frammentata con cui ha difficoltà a confrontarsi.

Nonostante le difficoltà, si deve considerare il diritto di ciascuno alla propria identità.
L'identità è un diritto imprescindibile, oltre che una caratteristica necessaria nell'evoluzione della persona, che si sviluppa come essere unico e originale.
I figli adottivi hanno il diritto di sapere la verità sulla propria nascita, per costruirsi un'identità reale e non fittizia.

Il compito del genitore adottivo è aiutare il figlio ad elaborare il fatto di non essere stato accolto dai genitori biologici. I modi e i tempi, in cui si può raccontare la verità, si possono stabilire chiedendo aiuto ad un esperto, ma soprattutto fidandosi del proprio intuito di genitori senza lasciarsi prendere dalla paura.

Raccontare ad esempio al bambino la sua storia permette anche di non turbare la fiducia che il bambino ha nei confronti dei genitori. A volte i bambini esprimeranno l'esigenza di sentire la loro storia molte volte. Trasformare la verità in una storia realistica e aderente alla realtà, permetterà al bambino di comprendere, senza traumi, ciò che i genitori gli stanno dicendo. Raccontare al bambino la sua storia non significa inventare una favola totalmente distante dalla realtà. Il bambino ha bisogno di un racconto aderente al reale, per non perdere la fiducia nei genitori.

Il genitore adottivo deve far capire al bambino che comprende il suo dolore, rispecchiando correttamente la sua esperienza. Bisogna aiutare il bambino ad affrontare i vissuti di stigmatizzazione e d'impotenza, superando i sensi di colpa.
Il bambino rimetterà insieme i pezzi della sua identità, integrando passato e presente, e accetterà l'idea di avere quattro genitori.

La prospettiva di aiutare il figlio adottivo ad accettare la propria storia assume un valore preminente nella possibilità di poter "conoscere, in età adulta, l'identità dei componenti della propria famiglia di origine".

3.5 Il processo d'individuazione

Durante il cammino che i genitori e i figli adottivi dovranno affrontare insieme, il bambino deve proseguire il processo d'individuazione, bloccato con l'abbandono e/o il ricovero in Istituto. Per raggiungere in modo graduale la propria autonomia, il bambino ha bisogno del supporto e dell'aiuto dei nuovi genitori.

Il bambino adottato viene in contatto con una madre e un padre che sono estranei per lui. Nella fase d'assestamento i genitori adottivi tendono a soddisfare il bisogno di attaccamento del bambino, piuttosto che quello di distacco e autonomia. Allo stesso tempo anche il bambino sente l'esigenza di avvicinarsi a queste persone, per renderle familiari.

L'avvicinamento ai nuovi genitori diventa necessario per il processo d'individuazione del bambino adottato, qualsiasi sia la sua età. Tuttavia, questa fase non deve precludere al bambino la necessità di rispondere, in seguito, al bisogno di autonomia.

I genitori, spesso non riescono a cogliere quanto, nel processo di individuazione, sia importante l'autonomia, oltre che il sostegno. Il bambino è così costretto a rinunciare a definire se stesso in modo autonomo. Questo avviene quando i genitori hanno difficoltà a leggere il bisogno di autonomia del bambino come una fase normale, ma ritengono che questa necessità sia legata a fattori ereditari.

La condizione di "abbandonato", in cui il bambino si trova, lo porta ad accettare, nel nucleo adottivo, lo spazio psicologico che gli viene destinato, anche a costo di compromettere il processo d'individuazione.

La paura di un nuovo abbandono, inoltre, è frequente nei bambini abbandonati, in quanto l'inaffidabilità dei genitori naturali (delle figure di attaccamento) porterà il bambino a percepire con una certa sfiducia e titubanza anche i nuovi genitori.

I genitori devono aiutare il bambino a percepirsi come persona capace di agire autonomamente. Il bambino si percepirà in modo positivo, se i genitori risponderanno ai suoi bisogni di sostegno e autonomia, permettendogli di sperimentare entrambe queste dimensioni.

L'articolo è da riferirsi al contesto Italiano.
Al momento della scrittura dell'articolo le leggi italiane che regolano le procedure di richiesta di un'adozione nazionale o internazionale sono le seguenti
: Legge 149/2001; Legge 476/1998; Legge 184/ 1983.

Bibliografia
  • Attili G., "Attaccamento e costruzione evoluzionistica della mente. Normalità, patologia, terapia", Raffaello Cortina Editore, Milano, 2007
  • Bowlby J., "Attaccamento e perdita", Volume 1: "L'attaccamento alla madre", Bollati Boringhieri, Torino, 1976
  • Bowlby J., "Attaccamento e perdita", Volume 2: "La separazione dalla madre", Bollati Boringhieri, Torino, 1978
  • Bowlby J., "Costruzione e rottura dei legami affettivi", Raffaello Cortina Editore, Milano, 1982
  • Bowlby J., "Attaccamento e perdita", Volume 3: "La perdita della madre", Bollati Boringhieri, Torino, 1983
  • Bowlby J., "Una base sicura. Applicazioni cliniche della teoria dell'attaccamento", Raffaello Cortina Editore, Milano, 1989
  • Cigoli V. - Scabini E., "Il familiare. Legami, simboli e transizioni", Raffaello Cortina Editore, Milano, 2000
  • Castelfranchi L., R. Persichetti , "Crescere insieme. I protagonisti del processo adottivo", Armando Editore, Roma, 1989
  • De Leo G. et al., Il fallimento dell'adozione internazionale: un'indagine esplorativa con gli operatori degli enti autorizzati, in "Terapia Familiare", 79, pagg. 49-78, 2005
  • Dell'Antonio A., "Le problematiche psicologiche dell'adozione nazionale e internazionale", Giuffrè, Milano, 1986
  • Ferranti M., "Adozioni. Troppi pregiudizi e scarsa consapevolezza", Armando Editore, Roma, 2003
  • Iafrate R., Marzotto C., Rosnati R., "L'adozione e l'affidamento familiare. Rassegna bibliografica ragionata", Vita e Pensiero, Milano, 1989
  • Iafrate R., Scabini E., "Psicologia dei legami familiari", Il Mulino, Bologna, 2003
  • Vadilonga F., Abbandono e adozione, in "Terapia Familiare", 74, pagg. 67-95, 2004
  • Winnicott D.W., "La Famiglia e lo sviluppo dell'individuo", Armando Editore, Roma, 1971
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Commenti: 1
1 Claudia Nissi alle ore 01:36 del 03/11/2011

Ho ricevuto in dono il seguente commento all’articolo: 

 

“Importantissimo il patto educativo...è da qui che bisogna iniziare per un progetto comune. E' un patto che dovrebbe stare alla base di ogni relazione...la voglia di amare coincide con la voglia di essere amati!! Ciò che mi manca è ciò che vorrei darti! non negare le origini del bambino significa non negare la sua persona ...la sua straordinaria UNICITA'. Un bambino adottato sarà un uomo UNIVERSALE capace di sentirsi figlio, padre, madre, fratello di ogni individuo e sarà capace di amare in modo incondizionato al di là del vincolo di sangue! Avrei tanto da esprimerti soprattutto riguardo i colloqui per l'idoneità di cui ho un brutto ricordo. Posso dirti che mio figlio mi ha insegnato ad essere genitore...lui mi ha generato come madre. Ho fatto tanti errori e sicuramente vedendomi a posteriori non mi avrebbero mai considerato idonea...L'unica cosa di cui ero convinta e sono convinta è la mia capacità di amare che prescinde l'essere perfetta e include la tendenza alla comprensione!!!!

 

Proprio l'adozione mi ha insegnato il significato della maternità...dare la vita vuol dire dare alla vita...accompagnare un figlio in tutte le sue scelte e renderlo un individuo libero, capace di amare la storia degli altri perché qualcuno ha amato la sua storia; un uomo che trasforma i suoi limiti in punti di forza...e sa vedere il suo "non ancora" come traguardo verso l'infinito. Uno stile di vita in cui la depressione (malattia tipica dei nostri tempi) non trova spazio. Il senso della genitorialità non si limita nel rapporto con i nostri figli ma si concretizza nel desiderio e nella volontà di far nascere ogni istante la persona che hai davanti”.

 

Grazie.

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