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La Valutazione Cognitiva nei Disturbi dell'Apprendimento

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La Valutazione Cognitiva nei Disturbi dell'Apprendimento
Somministrazione e valutazione della WISC-III in un caso clinico

L'articolo "La Valutazione Cognitiva nei Disturbi dell'Apprendimento" parla di:

  • L'indagine cognitiva: misurazione oggettiva
  • Osservazione e valutazione: analisi qualitativa
  • Risultati e definizione di strategie di apprendimento
Psico-Pratika:
Numero 101 Anno 2013

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Articolo: 'La Valutazione Cognitiva nei Disturbi dell'Apprendimento
Somministrazione e valutazione della WISC-III in un caso clinico'

A cura di: Ranaida
    INDICE: La Valutazione Cognitiva nei Disturbi dell'Apprendimento
  • Introduzione
  • I Disturbi Specifici dell'Apprendimento (DSA)
  • Le Scale Wechsler
  • Un caso clinico: somministrazione e valutazione della WISC-III
  • Colloquio di valutazione e osservazioni comportamentali
  • Analisi dei dati clinici WISC-III
  • Descrizione del quadro clinico e proposta di intervento
  • Conclusioni
  • Bibliografia
Introduzione

Il presente lavoro si propone di promuovere una riflessione su una delle possibili applicazioni delle Scale Wechsler, uno tra i più conosciuti test di intelligenza, al fine di evidenziare la ricchezza di informazioni che è possibile raccogliere dalla sua analisi clinica.

Nello specifico verrà presentato un caso di valutazione cognitiva di un bambino di 10 anni, con difficoltà nell'apprendimento.

L'indicazione specifica del Q.I. (Quoziente Intellettivo), che permette di discriminare fra un Disturbo Specifico dell'Apprendimento e un Ritardo Mentale, è solo il più diretto tra i dati clinici che possiamo utilizzare al fine di condurre una corretta valutazione diagnostica.

L'analisi delle singole abilità esplorate nella somministrazione delle prove di un test d'intelligenza come la Wechsler permette, infatti, di avere informazioni preziose sullo stile di apprendimento del singolo soggetto.

I Disturbi Specifici dell'Apprendimento (DSA)
La Valutazione Cognitiva nei Disturbi dell'Apprendimento

Il Disturbo Specifico di Apprendimento si presenta in soggetti con un deficit o danno neurobiologico che rende difficile l'acquisizione di alcuni automatismi legati a specifiche abilità scolastiche.

Tale disturbo non è riconducibile a un ritardo cognitivo o a difficoltà emotive o ad altre difficoltà che possano compromettere le capacità di apprendimento e rendimento scolastico del bambino.

La principale caratteristica di questa categoria diagnostica è la sua specificità, ovvero il disturbo interessa una specifica abilità (lettura, scrittura, calcolo), lasciando intatto il funzionamento intellettivo generale.

I DSA possono presentarsi in diverse forme:

  • Dislessia è un disturbo di decodifica della lettura, in cui è compromessa l'abilità di velocità e accuratezza.
  • Disortografia è un disturbo della scrittura, in cui è compromessa l'abilità di cifratura, ossia il bambino commette innumerevoli errori nella traduzione del linguaggio parlato in forma scritta, specie sotto dettatura (confonde i suoni, non scrive le doppie, omette confonde il verbo avere con le proposizioni ad esempio: ha - a, etc.).
  • Disgrafia è un disturbo della scrittura, in cui è compromessa l'abilità di realizzazione grafica. La grafia è irregolare, disarmonica e spesso illeggibile.
  • Discalculia è un disturbo del calcolo, in cui è compromessa l'abilità di cognizione numerica e funzioni esecutive.

La diagnosi segue un percorso multidisciplinare di valutazione che coinvolge diverse figure professionali quali il Neuropsichiatra infantile, il Logopedista, lo Psicologo.

L'iter diagnostico in genere prevede:

  • anamnesi;
  • valutazione della presenza/assenza di patologie primarie come deficit visivi e/o uditivi;
  • prove standardizzate del funzionamento cognitivo generale;
  • valutazione neuropsicologica;
  • prove specifiche (memoria visiva e uditiva, attenzione, competenza visuo-spaziale, funzioni esecutive, competenza linguistica, lettura, scrittura, calcolo comprensione del testo).

È importante inoltre specificare che la diagnosi certa non può essere effettuata prima della fine della terza elementare.

Le Scale Wechsler

Le Scale Wechsler rappresentano, secondo la mia esperienza, la migliore risposta all'indagine cognitiva nei soggetti con sospetto DSA.

Secondo David Wechsler, ideatore e sviluppatore del test, l'intelligenza «è una capacità globale che fa riferimento al modo in cui l'individuo comprende e affronta la vita quotidiana».

Fanno parte delle Scale Wechsler:

  • la Wechsler Preschool and Primary Scale of Intelligence (WPPSI), per bambini di età compresa fra i 4 ed i 6 anni e mezzo;
  • la Wechsler Intelligence Scale for Children (WISC), per bambini e ragazzi dai 6 ai 17 anni;
  • la Wechsler Adult Intelligence Scale (WAIS) per adulti.

Nel caso che sarà presentato è stata somministrata la WISC-III, in congruità con l'età del soggetto valutato.

La WISC-III è composta da 13 subtest, divisi in:

  • subtest verbali: Informazione, Somiglianze, Ragionamento Aritmetico, Vocabolario, Comprensione, Memoria di cifre;
  • subtest di performance: Completamento di figure, Cifrario, Storie figurate, Disegno con i cubi, Ricostruzione di oggetti, Ricerca di simboli, Labirinti.

Ogni singolo subtest indaga una specifica capacità:

  • Completamento di figure valuta la capacità di analisi e riconoscimento visivo;
  • Informazione indaga la capacità di acquisire informazioni dal contesto circostante;
  • Cifrario indaga la capacità di apprendimento di schemi visuo-motori;
  • Somiglianze esplora la capacità di individuare le caratteristiche comuni fra diversi elementi;
  • Storie figurate indaga la capacità di cogliere ed organizzare visivamente dei dati in una struttura d'insieme;
  • Ragionamento aritmetico valuta la capacità del soggetto di utilizzare le competenze matematiche per affrontare i problemi quotidiani;
  • Disegno con cubi sonda la capacità di pianificazione e di astrazione;
  • Vocabolario sonda le capacità apprese dal contesto scolastico e familiare;
  • Ricostruzione di oggetti indaga la capacità di organizzare gli stimoli in una struttura dotata di significato;
  • Comprensione indaga la capacità di acquisire informazioni utili dal contesto, per usarle in modo socialmente appropriato;
  • Ricerca di simboli valuta la capacità di scanning di memoria e l'attenzione;
  • Memoria di cifre indaga la capacità del di attenzione e concentrazione del soggetto;
  • Labirinti valuta la capacità di previsione e pianificazione.

L'interpretazione dei punteggi ottenuti alle Scale Wechsler richiede l'integrazione di diversi elementi, quali: il comportamento del soggetto al test, i risultati ottenuti, il contesto d'intervento.

L'interpretazione del Q.I. Totale (QIT) consente di valutare l'abilità intellettiva generale, presente in tutte le attività mentali, ed è dato dal rapporto tra Q.I. Verbale (QIV) e Q.I. di Performance (QIP).

Il suo significato è attribuito in senso statistico, in quanto il valore ottenuto dal soggetto viene confrontato con la media dei soggetti della stessa età. Un'interpretazione complessiva non può però escludere un'analisi di tipo "qualitativo" delle risposte date al test.

Un'interpretazione dei dati, all'interno di una valutazione cognitiva per soggetti con DSA, permette di porre l'attenzione su alcuni specifici indicatori:

  • il Quoziente Intellettivo Totale, espresso dal rapporto tra Quoziente Intellettivo Verbale e Quoziente Intellettivo di Performance, permette di discriminare la tipologia dell'intelligenza, verbale o concreta, fornendo uno dei dati clinici che contribuisce alla definizione di una diagnosi di Disturbo Specifico dell'Apprendimento.
    In questi soggetti il Quoziente Intellettivo di Performance è significativamente più alto del QI Verbale, in presenza di un QIT nella media.
  • La rappresentazione su un grafico dei punteggi dei singoli subtest, che misurano specifiche abilità, fornisce nel complesso un profilo cognitivo del soggetto utile a definire punti di forza e punti di debolezza del soggetto su cui basare l'intervento riabilitativo.
Un caso clinico: somministrazione e valutazione della WISC-III

La situazione clinica che qui presento si svolge presso un'associazione onlus del territorio, che si occupa di fornire servizi socio-sanitari ai soggetti in età evolutiva con disagio psico-sociale, in un'ottica di autonomia e integrazione del servizio sanitario.

Il modello operativo, che l'associazione segue nella presa in carico dei soggetti, prevede una prima fase di valutazione psicodiagnostica e una seconda fase di stesura di un progetto educativo individualizzato, al fine di costruire un percorso riabilitativo il più funzionale possibile.

L'équipe che si occupa della fase psicodiagnostica è costituita da un Neuropsichiatra infantile, uno Psicologo clinico, un Logopedista e un Assistente sociale.

La fase di definizione del progetto educativo e della sua realizzazione è invece gestita da Psicoterapeuti, Psicologi, Educatori, Fisioterapisti, e diversi operatori di pet-therapy, musicoterapia, arte terapia e altro.

In qualità di Psicologa clinica e Psicoterapeuta, io mi occupo della valutazione psicologica dei soggetti che fanno richiesta di accesso alle attività dell'associazione e della eventuale presa in carico di soggetti che richiedono un percorso di supporto psicologico e/o di Psicoterapia.

In questo caso ci troviamo nell'ambito della fase psicodiagnostica di un bambino di 10 anni, M., che è preso in carico dall'associazione sulla base della richiesta effettuata dalla madre di poter inserire suo figlio in un percorso di logopedia.

Un primo colloquio, effettuato dal Neuropsichiatra infantile con la madre del bambino, evidenzia "faticabilità" e facile "distraibilità", che non permettono a M. di seguire un percorso di apprendimento soddisfacente. L'invio successivo alla Logopedista ha lo scopo di valutare le abilità di apprendimento di M. per meglio chiarire il quadro clinico.

A questo punto si pone la necessità di una valutazione cognitiva, richiesta dalla Logopedista poiché ha necessità di integrare le informazioni raccolte nel suo screening, con una valutazione del Quoziente di Intelligenza, per discriminare quello che sembra essere un Disturbo Specifico dell'Apprendimento da una situazione di Ritardo Mentale e/o Inibizione affettiva.

Decido così di utilizzare la WISC-III, come strumento di misurazione del Q.I., in quanto l'interpretazione clinica fornisce elementi utili alla discriminazione degli elementi diagnostici da indagare.

Colloquio di valutazione e osservazioni comportamentali

La valutazione cognitiva, che ho condotto, si è svolta all'interno di tre incontri: il primo volto a esplorare la co-partecipazione del minore al percorso proposto, nonché la comprensione del significato dello stesso; mentre gli ultimi due sono stati dedicati alla somministrazione del reattivo.

Il primo colloquio ha evidenziato difficoltà nella gestione ed espressione del proprio potere-volere individuale. Alla richiesta di descrivere le sue difficoltà, il bambino risponde con brevi e secche risposte: «Non mi piace studiare!», «Mi stufo!».

Si è inoltre evidenziata una tendenza all'accettazione passiva del potere-volere dell'altro. Alla richiesta di esprimere come stava vivendo la fase di valutazione, M. risponde con una chiara risposta di adeguamento: «Lo devo fare!».

Contrariamente alla chiusura difensiva osservata in questo primo colloquio, durante gli incontri dedicati alla somministrazione del test, M. si è mostrato collaborativo e curioso rispetto agli stimoli presentati.

Il bambino non ha rifiutato nessun compito, si è impegnato molto nelle prove di performance, come i cubi e i puzzle, chiedendo dove poteva comprare questi giochi, mentre nelle prove verbali, ha più volte espresso rammarico per gli insuccessi:
«Non sono stato bravo qui!», «Queste cose non le so fare!».

Si osserva dunque una disponibilità al confronto, che lascia ipotizzare la presenza di un'implicita motivazione personale alla partecipazione attiva a un percorso riabilitativo, ancora poco consapevole e sicuramente di difficile espressione.

L'atteggiamento insicuro e svalutativo nei confronti di se stesso, oltre a essere collegato a un chiaro disagio per le difficoltà nell'espressione verbale, lo porta ad arrendersi ancor prima di provare, restando bloccato a un livello più basso di quello che potrebbe esperire.

Analisi dei dati clinici WISC-III

L'osservazione clinica del soggetto, durante la somministrazione della Scala, costituisce parte integrante e fondamentale della valutazione cognitiva.
È importante, infatti, considerare tutte le variabili che possono concorrere al risultato ottenuto al test.

Le nostre performance sono sempre influenzate dalla percezione che abbiamo delle nostre capacità (autostima), dall'approccio che abbiamo nella risoluzione di un compito (capacità di problem solving), dal background socio-culturale in cui viviamo, tutti aspetti che contribuiscono a determinare il nostro percorso di crescita e sviluppo.

L'integrazione di tutti gli elementi clinici osservati consente di dare significato al dato statistico - il Q.I. - permettendo di rilevare un dato soggettivo da un valore oggettivo, che restituisce un focus centrato sulla persona e un approccio globale all'intervento di valutazione.

M. nell'esecuzione del test ha evidenziato un atteggiamento ambivalente:

  • rispetto ai subtest verbali ha mostrato uno scarso interesse, deducibile dall'atteggiamento passivo e statico: non chiede di ripetere un compito che non comprende, rimane in silenzio di fronte a compiti a cui non trova soluzione, resta immobile e con lo sguardo perso nel vuoto fino a quando non è presentato un nuovo stimolo;
  • rispetto ai subtest di performance ha mostrato un maggior interesse, deducibile dalla partecipazione attiva: procede per tentativi ed errori quando non riesce subito, esprime un coinvolgimento emozionale corporeo (si alza in piedi per eseguire i compiti, saltella quando riesce e batte i pugni se sbaglia), esprime soddisfazione per i successi e curiosità per gli insuccessi.

Tale discrepanza trova conferma in una differenza significativa tra il QIV (Quoziente Intellettivo Verbale) e il QIP (Quoziente Intellettivo di Performance), il primo di molto inferiore al secondo, da cui si può ipotizzare una preferenza per modalità di apprendimento che usufruiscono di oggetti e schemi visivi rispetto all'uso di parole e simboli.

Rispetto ai singoli subtest, è degna di nota la presenza di una difficoltà nel ragionamento verbale: M. ha difficoltà a descrivere il significato delle parole, spesso si limita a dire una frase che le contiene.

Inoltre, mostra una marcata difficoltà nella comprensione dei significati degli eventi della vita quotidiana: M. sembra avere difficoltà a indicare il tipo di comportamento da tenere in determinate situazioni, e spesso riferisce di non sapere cosa fare e che chiederebbe aiuto, il che lascia ipotizzare la presenza di un limitato campo esperienziale.

Sembrerebbe inoltre essere presente una difficoltà nella capacità di organizzare gli elementi a disposizione in strutture dotate di significato: M. riesce con difficoltà a ricostruire il senso logico delle storie.

Allo stesso tempo è possibile evidenziare una tendenza di M. a eseguire velocemente il compito, soprattutto quando trova difficoltà come in questo caso, senza fare dei tentativi di risoluzione, ma dando una risposta casuale.

Questa modalità sembra indicare un atteggiamento insicuro e svalutante che potrebbe condizionare l'esito delle prove, bloccando M. a un livello più basso di quello che potrebbe esperire.

Il quoziente intellettivo totale, che valuta la capacità generale del soggetto di capire e far fronte al mondo circostante, è di 78 quindi corrispondente a una leggera difficoltà cognitiva.

Siamo in presenza di una misurazione che sembrerebbe escludere la presenza di un Disturbo Specifico di Apprendimento, in quanto in questi soggetti il Q.I. è nella norma (Q.I.>85); allo stesso tempo il punteggio inserito in un range di poco inferiore alla media, lascia aperte possibili interpretazioni sulla motivazione alla base del risultato ottenuto, che porta in primo piano il significato degli elementi clinici raccolti.

Descrizione del quadro clinico e proposta di intervento

Il quadro clinico emerso sembra circoscrivibile a un'inibizione cognitiva di tipo affettivo, in presenza di un lieve ritardo mentale, che determina nel soggetto una percezione di inefficacia e una relativa sensazione di vergogna e disagio, meritevole di ulteriori indagini.

I vissuti di vergogna e disagio sembrano essere infatti il dato clinico più significativo, in quanto hanno caratterizzato tutte le fasi dell'intervento e l'esplorazione della loro origine potrebbe fornire indicatori utili per il completamento del quadro clinico.

Potrebbe essere opportuno eseguire un'anamnesi sulle diverse aree di crescita e sviluppo di M., quali lo sviluppo psico-motorio, l'intervento educativo, la storia familiare, con un'attenzione particolare alle relazioni significative, che maggiormente determinano lo sviluppo del proprio Sé, attraverso colloqui con i genitori e con il bambino stesso.

Rispetto al piano educativo individualizzato, obiettivi prioritari di intervento sembrano essere:

  • un rafforzamento dell'autostima, attraverso un percorso parallelo di riabilitazione cognitiva e affettivo-relazionale;
  • un approfondimento diagnostico, al fine di esaminare la specifica natura della difficoltà intellettiva rilevata.

A tal fine è possibile strutturare diversi ambiti di intervento:

  • uno spazio educativo, in cui definire un metodo di studio personalizzato;
  • uno spazio terapeutico di gruppo, in cui esprimersi all'interno di una cornice relazionale protetta e facilitante;
  • una esplorazione diagnostica, attraverso altri reattivi di intelligenza, meno influenzati dal percorso educativo, quali le Matrici di Raven, una valutazione neuropsicologica, unitamente a test che esplorino indicatori di contenuto in riferimento a vissuti emozionali, come i test proiettivi.

In seguito alla mia valutazione, la famiglia non ha accettato l'approfondimento diagnostico e la presa in carico globale di M., accogliendo esclusivamente lo spazio educativo, riconosciuto come principale problema del figlio.

M. continua a frequentare l'associazione, partecipando a occasionali eventi che vedono la realizzazione di momenti di aggregazione sociale, che sembrano favorire una graduale apertura e fiducia della famiglia verso la struttura e i suoi operatori.

Un primo passo è stato fatto, sperando nella possibilità di farne altri, al fine di favorire il miglior risultato possibile.

Conclusioni

L'esperienza professionale qui proposta rientra nella prospettiva clinica di una presa in carico globale della persona e non del disturbo, al fine di favorire un approccio multidisciplinare nel percorso dalla diagnosi all'intervento.

Nel caso di M. risulta evidente come il quadro clinico, che si evince dalla definizione della valutazione diagnostica, integri punti di vista di diverse professionalità e di diversi strumenti diagnostici.

Nella descrizione della valutazione l'accento è stato posto sull'importanza di saper integrare l'utilizzo di uno strumento diagnostico quale la Scala Wechsler - ovvero una misurazione oggettiva come il Q.I. - con una analisi qualitativa, che la arricchisce di dati clinici, significati che ne chiariscono applicazioni e funzionalità.

Nella mia esperienza professionale, ho potuto apprezzare l'utilità di soffermarmi sull'analisi clinica delle Scale Wechsler nella stesura di profili cognitivi completi che, oltre a dare indicazioni utili alla definizione di una area di personalità del soggetto, risultano fondamentali nel campo di applicazione qui presentato.

La conoscenza del profilo cognitivo in soggetti con DSA, oltre a fornire un'utile indicazione diagnostica, fornisce la possibilità di individuare le abilità da utilizzare come canale privilegiato per l'apprendimento, e dunque si rivela utilissimo nella definizione di efficaci strategie di apprendimento.

Nel caso di M., l'interpretazione clinica della somministrazione della WISC-III - che integra la valutazione del quoziente intellettivo (Q.I.T.) con osservazioni comportamentali, colloquio clinico e altre indagini specifiche - ha permesso di specificare il quadro diagnostico, escludendo l'ipotesi iniziale di Disturbo Specifico dell'Apprendimento, orientando l'indagine verso l'esplorazione dell'area emotivo-relazionale, che purtroppo non è stato possibile svolgere, in quanto i genitori non hanno accettato di proseguire l'iter diagnostico.

Bibliografia
  • Boncori L., "Teoria e tecniche dei test", Bollati Boringhieri, Torino, 1993
  • Padovani F., "La WISC-III nella consultazione clinica", Giunti Editore, Firenze, 2006
  • Padovani F., "La WISC-III. Contributo alla taratura italiana", Giunti Editore, Firenze, 2009
  • Tressoldi P.E., Vio C. (a cura di), "Diagnosi dei disturbi dell'apprendimento scolastico", Edizioni Erickson, Trento, 1998
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Commenti: 3
1 Bernardina alle ore 19:03 del 13/11/2014

ne vorrei sapere di più per poter leggere le diagnosi che mi giungono a scuola

2 Chiara alle ore 15:56 del 09/01/2016

Salve, sono molto interessata all'argomento DSA perché lavoro come insegnante di sostegno in una scuola elementare in provincia di Bologna. Attualmente seguo un bambino di 8 anni che frequenta la terza elementare e che mostra difficoltà persistenti di apprendimento della lettura, della scrittura e del calcolo. La psicologa a cui si sono rivolti i genitori gli ha somministrato un test standardizzato da cui è emerso un QI di 68. Successivamente la stessa psicologa ha somministrato le prove per la valutazione delle prestazioni di lettura, scrittura e calcolo rilevando un livello significativamente inferiore a quello atteso in base all'età di tutte queste prestazioni. La psicologa ha fatto quindi tale diagnosi: "M. presenta un disturbo specifico della lettura (dislessia), un disturbo specifico della compitazione (disortografia) e un disturbo specifico delle abilità aritmetiche (discalculia). Mi chiedo se il modo di procedere della psicologa sia stato del tutto corretto o presenti qualche errore, dato che io seguo il bambino e vorrei aiutarlo nel miglior modo possibile. Qualunque suggerimento o consiglio mi sarà utile. Grazie. Chiara

3 Lisa alle ore 10:08 del 10/11/2016

Mia figlia di nove anni ha ottenuto un q.i. Verbale di 134 mentre un qip nella norma. Si è rilevato un problema di discalculia e disortografia. Io non so fino a che punto mi devo preoccupare e se il qiv piuttosto alto è un bene o un male. Adesso farà un tutoraggio a supporto del suo problema. Mi impensierisce un po' questa discrepanza tra i due valori. Il QI totale e 110.

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