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Tesina in Terapia Psicoanalitica: L'Alleanza Terapeutica come Custode della Psicoterapia

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Tesina in Terapia Psicoanalitica: L'Alleanza Terapeutica come Custode della Psicoterapia

scritto da:

Giacomo Mancini

- Psicologo Psicoterapeuta

Parla di:
- Transfert e Alleanza Terapeutica
- Ambivalenza e Motivazione
- Alleanza Terapeutica con i Genitori

articolo tratto da psico-pratika - Guarda tutti gli articoli

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Tesina in Terapia Psicoanalitica: L'Alleanza Terapeutica come Custode della Psicoterapia

Tesina in Terapia Psicoanalitica: L'Alleanza Terapeutica come Custode della Psicoterapia
Tesina gentilmente concessa dal CiPsPsia (Centro Italiano di Psicoterapia Psicoanalitica per l'Infanzia e l'Adolescenza)
INTRODUZIONE

La relazione del paziente con il terapeuta e' un misto di relazione transferale e di relazione reale.

Quest'ultima e' stata definita alleanza terapeutica (Zetzel, 1956) o alleanza di lavoro (Greenson, 1965).

Freud (1912a) descrisse originariamente questo aspetto del trattamento come una componente del transfert

    'capace di giungere alla coscienza e irreprensibile (...) ed e' in psicoanalisi portatrice del successo, esattamente come in altri metodi di cura'.

Egli era cosciente di come i pazienti non fossero facilmente in grado di utilizzare l'interpretazione, a meno che non fosse stato instaurato un rapporto adeguato (Freud, 1913).
Greenson, successivamente, noto' che tutta una serie di situazioni di stallo in analisi venivano prodotte dal fallimento dell'analista nello sviluppare l'alleanza di lavoro, che egli defini' come

    'il rapporto relativamente non nevrotico, razionale, che il paziente ha con il suo analista'.
    (1965)

Lipton (1977) argomento' che il modello dell'analista silenzioso, rigido, contratto, che e' stato definito classico, e' una grave distorsione del modo nel quale Freud effettivamente lavorava.
Dagli appunti di Freud sul "caso dell'uomo dei topi" emerge la relazione reale, cordiale di Freud con i suoi pazienti.

Questa relazione calda e sincera formava un involucro attorno alla tecnica psicoanalitica, all'interno della quale si svolgeva il processo terapeutico.

Importanti ricerche sull'alleanza terapeutica hanno dimostrato l'influenza che essa ha sul processo e sull'esito della psicoterapia, che e' correlato, a livello predittivo, con la natura dell'alleanza stabilita dal paziente nella fase iniziale del trattamento.
Un'applicazione di queste estese ricerche e' che in tutte le psicoterapie, indipendentemente dalla loro collocazione sul continuum espressivo-supportivo, i terapeuti devono, fin dall'inizio, prestare attenzione all'instaurarsi e al perdurare dell'alleanza terapeutica.
Il che significa aiutare il paziente ad identificare precocemente gli obiettivi terapeutici ed allearsi con i suoi aspetti egoici sani, al fine di una collaborazione.
Qualora sentimenti transferali negativi entrino nel processo, essi potranno essere esaminati nel contesto dell'alleanza terapeutica, in modo da non permettere che ostacolino la terapia.
Quando si lavora, attraverso una terapia di sostegno, con pazienti che hanno un Io fragile, l'alleanza terapeutica e' piu' difficile da instaurare e da mantenere:

    'le relazioni transferali caotiche del paziente borderline, ad es., interferiscono pesantemente con la formazione di un'alleanza ed e' un notevole successo terapeutico per il paziente l'essere infine in grado di percepire l'analista come una persona che collabora per raggiungere obiettivi comuni'.
    (Adler, 1979)

PERCHE' ADOTTARE UN MODELLO TEORICO MISTO

Cosa dire del processo clinico della psicoterapia psicoanalitica?

La psicoanalisi oggi e' caratterizzata da una proliferazione di approcci teorici e di modelli alternativi, ciascuno con le sue definizioni, il suo linguaggio e le sue prospettive.
Nonostante le loro differenze, tutte le teorie contemporanee affrontano uno stesso problema: come trattare, nella pratica clinica, l'importantissima questione delle relazioni con gli altri.
Poiche' e' estremamente difficile separare i dati clinici dalla teoria, il modo in cui uno psicoterapeuta osserva il suo paziente, come ne descrive le difficolta', il tipo di categorie diagnostiche che utilizza, dipendono dal suo modello teorico.
Inoltre, le scelte compiute a livello di opzioni teoriche hanno un effetto profondo sul modo in cui si concettualizza cio' che si fa a livello tecnico.
Quindi, il punto di vista soggettivo sulla natura dell'esperienza e del comportamento umano e' determinante per la comprensione della situazione del paziente e per la scelta degli strumenti da adottare nel processo analitico.

Un orientamento psicoanalitico capace di integrare il modello pulsionale della psicoanalisi (in cui il ruolo terapeutico del transfert consegue dall'importanza della possibilita' di rendere conscio l'inconscio attraverso lo strumento fondamentale dell'interpretazione che produce insight) e quello relazionale (che sottolinea l'importanza della relazione analitica in cui l'interpretazione si inserisce come momento di cambiamento nella relazione stessa) prevede che la qualita' della relazione tra terapeuta e paziente sia un pre-requisito all'interpretazione (che rimane uno strumento terapeutico essenziale ma che, per raggiungere il bersaglio, implica una relazione significativa e profonda consolidata).

IL "LAVORO" DI GREENSON

Il concetto di alleanza di lavoro introdotto da Greenson (1965) rappresenta uno sviluppo di questa concezione.
Egli comincia col distinguere, nel corso della relazione fra paziente e analista, due dimensioni principali: il transfert e l'alleanza di lavoro.
Mentre il transfert sarebbe costituito da uno spostamento nella situazione analitica delle prime relazioni oggettuali del paziente, alla ricerca della soddisfazione di un bisogno, l'alleanza si formerebbe con la nascita di una nuova relazione oggettuale, basata sulla collaborazione fra l'Io ragionevole del paziente e l'Io analizzante dell'analista.
Si tratterebbe, cioe', di una relazione reale costruita sulle percezioni realistiche delle particolari qualita' e limitazioni dell'analista, come persona umana e partecipativa.
Greenson sostiene che, perche' si dia un'interpretazione, deve esistere un'alleanza di lavoro.
In seguito all'esperienza clinica, a partire da questa visione dell'alleanza come pre-requisito alla funzione interpretativa, l'autore sostiene che il paziente e' in grado di sviluppare l'alleanza soltanto in seguito ad un'efficace analisi della resistenza al transfert.
Quello che sembrava essere un pre-requisito, diventa ora una conseguenza, ossia il prodotto dell'interpretazione del transfert.
Dal momento che l'interpretazione del transfert modifica la relazione tra paziente e analista, offrendo materiale per ulteriori interpretazioni, si puo' concludere che l'alleanza non e' indipendente dal transfert e che insight e relazione si condizionano a vicenda in modo complesso.

RAPPORTO TERAPEUTICO E SETTING MENTALE

Parlare di alleanza terapeutica (o di lavoro) significa parlare di un rapporto clinico, tra terapeuta e paziente.
Alleanza terapeutica, alleanza di lavoro e rapporto terapeutico sono termini che vengono considerati come equivalenti in letteratura.
E' importante soffermarsi a riflettere su questo concetto, in quanto non e' facile far capire una realta', cosi' importante all'inizio del percorso terapeutico, a persone che non hanno mai fatto esperienza di una terapia.

    'Si tratta di un rapporto fondamentale che va curato cosi' come ci si prende cura di un bambino prima del suo concepimento'.
    (Crocetti, 2003)

Questo rapporto ci conduce a riflettere sul significato del setting, soprattutto sul setting mentale del terapeuta.
Esso ha anche a che fare con la relazione, una relazione in cui il terapeuta e' profondamente implicato.

    'Non e' soltanto il paziente ad essere in relazione al terapeuta, ma anche viceversa.
    Il terapeuta e' in relazione al paziente come persona psicofisica nella sua totalita', per cui parti di se' passano nella relazione, entrano in gioco nella relazione, fanno rapporto.
    Quando si parla di setting, pertanto, non si intende soltanto l'arredamento dello studio o la presenza fisica del terapeuta, ma anche il suo modo di concepirsi, vale a dire la sua identita' (stabile, ma capace di adattamento) il senso di se' (o concetto di se') e l'esperienza di se' (l'interezza psicofisica di elementi libidici, aggressivi e sociali) vale a dire le tre aree fondamentali attorno alle quali ogni persona costruisce il senso della propria storia.
    Tutto cio' fa parte del setting, esattamente come gli oggetti concreti presenti nello studio, come la scrivania, la poltrona, i quadri...
    Pertanto il modo in cui il terapeuta si mette in gioco nel rapporto facilita o impedisce l'alleanza terapeutica, facilita o impedisce il transfert del paziente che prevede sempre il terapeuta e il modo in cui questi sperimenta la propria identita'.
    Il setting, dunque, non e' solo un fatto fisico, ma anche profondamente psichico e mentale.
    Per questo motivo il lavoro dello psicoterapeuta prevede una buona gestione di se'.
    Il che non significa idealizzare l'immagine di un terapeuta come persona serena, appagata, felice e contenta, ma parlare di una persona reale che ha un sufficiente controllo delle proprie difficolta' piu' intime, delle proprie fragilita' ed una stabilita' tale che gli permetta di incontrare la diversita' senza andare in angoscia e senza attivare meccanismi di fuga.
    Il paziente ha bisogno di incontrare un essere umano, che puo' sbadigliare in seduta o che si puo' permettere di farsi una risata, non saprebbe che farsene di una persona completamente risolta e realizzata'.
    (Crocetti, 2003)

L'INTUIZIONE DI FREUD

Il concetto di alleanza terapeutica ha sofferto molto il peso del concetto di transfert, dato che Freud non aveva differenziato i due aspetti.
Questo ha fatto si' che, fino agli anni '40, ci fosse molta confusione riguardo ai fenomeni transferenziali, poiche' non si sapeva bene se si stava parlando di transfert o di rapporto terapeutico.
Quando Freud ha cominciato a descrivere il transfert, all'inizio del suo lavoro, prima del caso di Dora (dove si ha la definizione piu' bella e completa del termine) ne parlava in questi termini:

    'trasferire sentimenti, emozioni, da una situazione del passato sulla figura presente del terapeuta'.

Egli distingueva, inoltre un transfert positivo (costituito da amore, affetto, esigenze erotiche che andavano sul terapeuta) da un transfert negativo (ostilita', odio e aggressivita' verso il terapeuta).
Nonostante in questo periodo il transfert fosse ancora considerato come una resistenza al lavoro clinico e non come uno strumento indispensabile, Freud aveva gia' cominciato, senza saperlo, a parlare del rapporto terapeutico.
Questa intuizione si ritrova nel seguente passaggio, in cui Freud scrive:

    '(...) c'e' il bisogno di legare il paziente in un rapporto con il medico'.

Oggi diremmo anche che

    'c'e' la necessita' di legarlo alla terapia ed alle vicissitudini dell'andamento clinico, per poter superare le difficolta' che emergono con l'instaurarsi del transfert e dei fenomeni transferenziali, affinche' egli possa sostenere l'intensita' degli affetti implicati nel transfert (l'odio, il coinvolgimento erotico, ecc.).
    Nel momento in cui emerge nel transfert un desiderio erotico del paziente sulla figura del terapeuta, questi non accoglie il movimento, ma da un limite che fa vivere al paziente una frustrazione.
    Se non c'e' un legame sufficientemente solido, quella frustrazione rompe la relazione terapeutica, fa saltare la terapia'.
    (Crocetti, 2003)

E' importante non confondere i due tipi di realta', la parte propria del rapporto affettivo che lega reciprocamente il paziente e il terapeuta e cio' che emerge di inconscio, di conosciuto e non pensato e che attiene alla storia del paziente che viene messo sul terapeuta o portato nella relazione con lui.



Leggi la parte 2: L'evoluzione del concetto di alleanza terapeutica
(Tesina in Terapia Psicoanalitica: L'Alleanza Terapeutica come Custode della Psicoterapia )
Giacomo Mancini

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