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Tesina in Terapia Psicoanalitica: L'Alleanza Terapeutica come Custode della Psicoterapia

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Tesina in Terapia Psicoanalitica: L'Alleanza Terapeutica come Custode della Psicoterapia

scritto da:

Giacomo Mancini

- Psicologo Psicoterapeuta

Parla di:
- Transfert e Alleanza Terapeutica
- Ambivalenza e Motivazione
- Alleanza Terapeutica con i Genitori

articolo tratto da psico-pratika - Guarda tutti gli articoli

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Tesina in Terapia Psicoanalitica: L'Alleanza Terapeutica come Custode della Psicoterapia

Tesina in Terapia Psicoanalitica: L'Alleanza Terapeutica come Custode della Psicoterapia
Tesina gentilmente concessa dal CiPsPsia (Centro Italiano di Psicoterapia Psicoanalitica per l'Infanzia e l'Adolescenza)
L'ALLEANZA TERAPEUTICA CON I GENITORI

Il bambino e' espressione della metafora di coppia, dell'illusione generativa di coppia, costituita dall'insieme degli investimenti, dei progetti, delle fantasie, dei bisogni, delle collusioni su cui la coppia si e' incontrata e da cui e' scaturita l'idea di avere un figlio.
Considerando questa premessa generale, si puo' affermare che il sintomo espresso dal bambino non e' mai strettamente solo del bambino, ma fa parte della relazione coppia-madre/bambino (tanto piu' quanto il bambino e' piccolo).
Poiche' la sofferenza del bambino e' l'espressione di un vuoto che si e' prodotto nella relazione e che viene riempito proprio dal disturbo del bambino che ci viene portato in consultazione, e' necessario che i genitori siano sempre inclusi e coinvolti sia nel processo diagnostico che nel percorso terapeutico.

    'L'alleanza con i genitori, oltre che con il bambino, e' il pre-requisito essenziale della terapia, quindi va sempre salvaguardata.
    Ci sono genitori che si colpevolizzano, che accusano gli altri, che delegano, ecc.
    Il terapeuta ha il compito di adattarsi a questi atteggiamenti dei genitori, senza mai colludere con le loro aspettative (tranne che nei casi specifici in cui e' necessario attivare una collusione consapevole, come, ad es., di fronte a genitori che colpevolizzano gli altri, situazione in cui e' opportuno tradurre questo atteggiamento in una preoccupazione nei confronti del proprio bambino)'.
    (Crocetti, 2003)

Adattarsi significa entrare in sintonia con i genitori, restando contemporaneamente aderenti al proprio progetto interno.
Solo in questo modo e' possibile lavorare con il bambino.
I genitori svolgono un ruolo fondamentale rispetto alla possibilita' di intervento in eta' evolutiva.
Parafrasando un concetto espresso da Anna Freud (1965) si puo' affermare che nessun bambino giunge alla consultazione per un serio disagio psicologico se i genitori non lo consentono e che, a maggior ragione, nessun progetto terapeutico puo' essere realizzato senza il loro sostegno.
Se i genitori non accettano di venire a parlare del figlio l'intervento psicologico e' impossibile.
Incontrare i genitori significa esaminare prima di tutto la loro motivazione, le aspettative, la personalita', gli eventuali aspetti patologici, l'immagine di se stessi come genitori, come considerano la gravita' del disturbo del bambino, il transfert generico precostituito (vale a dire il modo in cui siamo vissuti dai genitori e in quale ruolo ci collocano rispetto all'intervento sul bambino).

ALCUNE RIFLESSIONI SULLA SEGNALAZIONE

Particolare importanza assume il momento della segnalazione: molto spesso i bambini vengono segnalati quando il sintomo appare ormai strutturato e l'arresto evolutivo e' il riflesso di una patologia permanente e interiorizzata.
Ci si deve chiedere: come mai proprio adesso? Perche' questi genitori non sono arrivati prima? Una delle ragioni e' che di frequente i bambini vengono segnalati quando si manifesta qualche difficolta' nell'affrontare dei momenti sociali specifici, come l'ingresso nella scuola, mentre prima non si presta sufficiente attenzione alle loro problematiche.
Anche in seguito ad una sorta di filosofia ingenua relativa all'eta' evolutiva, secondo cui certi disturbi scompaiono con il tempo, man mano che il bambino cresce.
In realta', come sostiene Anna Freud (1965) e' importante differenziare i conflitti caratteristici della fase evolutiva che il bambino sta attraversando e che devono, in qualche modo, essere vissuti ed elaborati (con un inevitabile coinvolgimento di energie psichiche) da quelli che ostacolano la crescita psicologica.

In altri casi la segnalazione puo' riguardare aspetti sintomatologici del bambino (disturbi del sonno, psicosomatici, compulsioni, ecc.) che causano disagio ai genitori, i quali non sanno come gestirli e si sentono, contemporaneamente, infastiditi, spaventati e preoccupati.

SEGNALAZIONE E PERSONALITA' DEI GENITORI

La segnalazione puo' giungere da parte di genitori abbastanza adeguati che riconoscono la sofferenza del figlio, lo vivono come un oggetto separato e ne sono preoccupati in maniera sana.
Questi genitori sono capaci di riconoscere ed accettare i loro limiti senza sentirsi colpevoli e di chiedere aiuto ad un professionista qualificato.

Piu' spesso, ci si trova di fronte ad adulti sufficientemente adeguati come persone, ma non come genitori, per i quali le caratteristiche (reali ed immaginarie) del figlio costituiscono un'area primitiva e non integrata nella loro personalita'.
Per es. una coppia che usa modelli di relazione di tipo razionale piuttosto che affettivo incontra serie difficolta' a regredire nel momento in cui nasce un figlio; questo puo' causare seri problemi di interazione.
Oppure, quando notiamo delle discrepanze evidenti tra lo stato di buona salute psichica del bambino e delle preoccupazioni genitoriali non congruenti, possiamo ipotizzare la presenza di fantasie, aspettative o problematiche conflittuali che, a livello inconscio o preconscio, vengono spostate o proiettate sul figlio.
In tutti questi casi abbiamo a che fare con adulti adeguati con un'area di non funzionamento a livello genitoriale che si incontra con la sintomatologia del figlio.
E' cosi' possibile allearsi con la parte sana dei genitori per condurre una consultazione insieme a loro.
Lasciare tempo e spazio ai genitori affinche' manifestino le loro fantasie, nei differenti significati consci e inconsci, significa costruire quella iniziale alleanza di lavoro, indispensabile per la comprensione clinica e l'eventuale trattamento del bambino.

Ci sono invece casi molto piu' gravi in cui i genitori non riescono a considerare il figlio come un oggetto differenziato da loro e il disagio del bambino e' profondamente mescolato e con-fuso con quello dei genitori (che puo' essere piu' o meno riconosciuto).
La tendenza a mettersi dalla parte del bambino e', in queste situazioni, un rischio reale che puo' minare il lavoro terapeutico: solo se i genitori vengono adeguatamente accolti, ascoltati e compresi e' possibile aiutare il bambino.
D'altra parte, questi genitori patologici non vengono a richiedere un aiuto per se stessi: anche se il contesto lascia pensare che sarebbe meglio avere in terapia i genitori piuttosto che il figlio, il terapeuta ha il compito, nel proporre un intervento, di tenere presenti gli aspetti di realta', non di negarli.

Stabilire una buona alleanza significa anche valutare quanto i genitori sono pronti ad acconsentire e/o partecipare ad un progetto di intervento terapeutico sul bambino.
Il terapeuta puo' trovarsi ad affrontare problemi di tipo narcisistico e di autostima nei genitori ed e' necessario che egli comprenda che questi ultimi devono essere in grado di affidare il compito di prendersi cura di un aspetto del figlio.

E' importante spiegare loro che tale affido non va confuso con la sostituzione del terapeuta nel ruolo di genitore.

ELEMENTI IMPORTANTI DA CONSIDERARE PER STABILIRE UNA BUONA ALLEANZA CON I GENITORI

1. Verificare se i genitori sono a conoscenza dell'intensita' e durata del trattamento psicoanalitico.
A volte si mostrano sorpresi e spaventati dall'impegno sul lato pratico (come trovare il tempo per inserire la terapia nell'insieme delle attivita' (spesso numerose) del bambino e nelle proprie (potro' accompagnarlo?).
Sono difficolta' che non vanno trascurate in quanto, oltre a rappresentare possibili resistenze, possono colorarsi di aspetti emozionali e affettivi che potrebbero influire negativamente sul trattamento.

2. Quando emerge un'angoscia relativa all'associazione che i genitori fanno tra la durata e intensita' della terapia e la possibile gravita' del disturbo del figlio, e' importante comunicare che esiste una parte sana del bambino che funziona adeguatamente sulla quale poter contare per una ristrutturazione della parte conflittuale.

3. Tenendo conto della capacita' di comprensione affettiva e cognitiva dei genitori, si cerchera' di offrire loro un'idea chiara di come si svolgera' il lavoro con il bambino, spiegando che e' difficile e delicato parlare di se', delle proprie emozioni, che ci vuole del tempo per costruire una relazione di fiducia e che, a questo scopo, serviranno le parole, ma anche il gioco, il disegno, la drammatizzazione, gli interessi preferiti del bambino.
Che sara' accettata ogni sua modalita' per comunicare aspetti di se' e del proprio mondo interno.

4. E' importante sottolineare che si e' piu' interessati al mondo interno del bambino che non agli aspetti di realta', per rassicurare soprattutto quei genitori che potrebbero preoccuparsi del trapelare di episodi di una vita familiare non ideale e quindi sentirsi giudicati e valutati in merito.

5. Nel definire le regole del setting esterno, occorre comunicare con chiarezza due aspetti: il diritto-dovere dei genitori di essere informati sugli sviluppi del trattamento, dato che hanno deciso di affidare il loro figlio; l'importanza della confidenzialita' nel rapporto con il bambino.

6. La necessita' di mantenere un contatto con i genitori, parallelamente alla terapia del bambino, per poterli aiutare ad accettare i cambiamenti che avvengono nel figlio, solitamente molto temuti in quanto minacciano l'omeostasi del sistema familiare che includeva il disturbo del bambino.
L'ambiente di coppia, infatti, tende a mantenere il bambino nel sintomo, nella soluzione che il bambino si e' dato per far fronte al conflitto, tanto che questo puo' organizzarsi in modo stabile.

7. La flessibilita' nel complesso rapporto genitori-bambino-terapeuta.
Di volta in volta i conflitti tra aspetti esterni (ad es. genitori che devono accompagnare il figlio in seduta, ritardi per impegni del bambino o dei genitori, ecc.) e spazio del trattamento (ad es. pagamento delle sedute mancate, periodi di vacanza del terapeuta, ecc.) dovranno essere risolti evitando che i genitori (ai quali manca lo spazio per l'interpretazione, poiche' non sono loro in terapia) vivano il nostro seguire le regole come un atteggiamento sadico troppo rigido o incomprensibile.
A volte, non si puo' fare a meno di attivare delle collusioni consapevoli, in cui si viene un po' manipolati...

CONCLUSIONI

Dunque, abbiamo visto come il concetto di alleanza tra paziente, genitori e terapeuta sia estremamente complesso e articolato nei suoi diversi significati e come acquisti sfumature differenti a seconda che si riferisca ad una fase diagnostica piuttosto che al processo terapeutico vero e proprio (ammesso che sia plausibile una distinzione netta fra questi due momenti dell'incontro clinico).

L'alleanza, come rapporto emotivo che si stabilisce tra terapeuta e paziente e che implica la capacita' di trovare un oggetto comune di lavoro, puo' essere condizionata da molteplici fattori, quali la psicopatologia del paziente, la sua capacita' di mantenere dei rapporti interpersonali, un suo atteggiamento di sfiducia e diffidenza (magari derivato da precedenti esperienze cliniche) ma anche eventuali limiti nella personalita' del terapeuta.

La possibilita' di instaurare o meno un'alleanza, quindi, non rappresenta soltanto un dato clinico fondamentale per la comprensione delle dinamiche interne al paziente, ma si rivela decisiva per formulare una previsione sull'esito positivo o negativo della terapia.
Parafrasando la famosa frase di Freud riguardo la funzione dei sogni nei confronti del sonno, si puo' affermare che una buona alleanza terapeutica diventa il custode del percorso di ogni psicoterapia.

RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI

Prof. G. Crocetti, "Lezioni Scuola di Specializzazione in Psicoterapia per l'Infanzia e l'Adolescenza, Anno Accademico 2003"

Freud S. (1932), "Introduzione alla psicoanalisi", OSF vol. 10, Boringhieri, 1967-1980

Nagera, "I concetti fondamentali della psicoanalisi", Boringhieri, 1978

Greenberg, Mitchell, "Le relazioni oggettuali nella teoria psicoanalitica", Il Mulino

Gabbard, "Psichiatria psicodinamica", Cortina, 1995

Zetzel, Meissner, "Psichiatria psicoanalitica", Boringhieri, 1978

Brenner, "Breve corso di psicoanalisi", Martinelli, 1967

Etchegoyen, "I fondamenti della tecnica psicoanalitica", Astrolabio, 1990

Lacan, "Scritti", Einaudi, 1974

Lis, "Il bambino, l'adolescente e lo psicologo clinico", Boringhieri, 1993

Sandler, Tyson, Kennedy, "La tecnica della psicoanalisi infantile, seminari con Anna Freud", Boringhieri, 1983



Giacomo Mancini

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