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Terremoto e stress: conseguenze sulle popolazioni, quali interventi?

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Terremoto e stress: conseguenze sulle popolazioni, quali interventi?
Dalla distruzione alla ricostruzione: Defusing, Debriefing e EMDR

L'articolo "Terremoto e stress: conseguenze sulle popolazioni, quali interventi?" parla di:

  • Crollo degli edifici, delle sicurezze, dell'integrità del sé
  • Dallo stress al Disturbo Post Traumatico acuto e cronico
  • Il soccorso psicologico sul campo, "a caldo" e "a freddo"
Psico-Pratika:
Numero 86 Anno 2012

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Articolo: 'Terremoto e stress: conseguenze sulle popolazioni, quali interventi?
Dalla distruzione alla ricostruzione: Defusing, Debriefing e EMDR'

A cura di: Irene Bellodi Autore HT
    INDICE: Terremoto e stress: conseguenze sulle popolazioni, quali interventi?
  • L'emergenza traumatica
  • La prima fase: il Disturbo Acuto da Stress
  • Intervento a caldo: Defusing
  • La seconda fase: adattamento o Disturbo Post Traumatico da Stress?
  • Intervento a freddo: Debriefing
  • EMDR (Eye Movement Desensitization and Reprocessing)
  • Conclusioni
  • Bibliografia
  • Sitografia
  • Altre letture su HT
L'emergenza traumatica

Gli eventi catastrofici legati al recente sciame sismico avvenuto in Emilia hanno portato clinici e persone comuni a fronteggiare le conseguenze psicologiche che un tale evento naturale crea nelle popolazioni.

Il concetto di trauma che nella Psicologia viene usato e declinato in svariate accezioni, in questo contesto, denominato "Psicologia dell'emergenza", assume un significato specifico e ben incasellato.

Il significato della parola trauma - dal latino Tràuma, dal greco Trayma -, ferita o lesione del corpo prodotta da cause esterne sia taglienti o laceranti sia contundenti, ci introduce al concetto di qualcosa che lede l'integrità della persona, sia a livello fisico che psicologico, e che ne altera lo stato.

Il trauma che un terremoto crea intacca qualcosa di profondo, qualcosa che è legato all'identità delle persone e dei popoli, alle certezze di una vita, a una quotidianità che non esiste più, all'incertezza sul futuro. Le crepe nelle case e negli edifici hanno moltissime similitudini con le crepe create all'interno delle persone.

In questo tipo di situazione, la risposta a un evento traumatico è di enorme stress; l'individuo si trova a dover fronteggiare una situazione inattesa, dolorosa, faticosa e drammaticamente nuova, senza essere preparato e con tutte le difficoltà intrinseche in una condizione non voluta.

La condizione di stress che si crea in una persona è, in un primo momento, normale e fisiologica. Il nostro organismo necessita di una riorganizzazione, sia in termini fisiologici che psicologici, e lo stress ci aiuta in questo, sollecitando l'attivazione di tutta una serie di azioni volte a ripristinare la condizione iniziale.

In condizioni di emergenza come quelle causate dal terremoto, le fasi di risposta che si susseguono sono diverse e caratterizzate da diversi step.
Di seguito verranno illustrate le fasi naturali di risposta allo stress causato dal terremoto e le modalità più indicate per affrontarle e gestirle dal punto di vista clinico, nello specifico il Debriefing, il Defusing e l'E.M.D.R. (Eye Movement Desensitization and Reprocessing).

La prima fase: il Disturbo Acuto da Stress
«Quando passi lungo le strade avvolte dalla polvere dei crolli, fra il rumore assordante del terremoto ti sembra di assistere ad un film drammatico, poi, ad un certo punto, ti piacerebbe uscire dal cinema ma non è possibile, purtroppo tu sei uno degli attori, no, solo una comparsa... anzi, è tutto vero!
Si ricomincia, si cerca di dominare la paura, si comprende che la vita non sarà più come prima, sono cambiate le priorità. Si dovranno ricostruire le case, le fabbriche, torri e campanili per sentire di nuovo suonare le campane.
E quando il suono delle campane scandirà il tempo della nostra giornata le ferite dell'anima si staranno rimarginando e saremo orgogliosi di quello che avremo ricostruito fuori e dentro di noi».
(C.B.)

L'evento è appena accaduto, sensazioni di smarrimento, irrealtà, ottundimento, sono normali, fisiologiche e servono per adattarci a ciò che avverrà.

Questa fase, che prende il nome di Disturbo Acuto da Stress, è caratterizzata da elementi ben specifici ed elencati dal DSM IV-TR:

  1. La persona è stata esposta a un evento traumatico in cui erano presenti entrambi i seguenti elementi:
    1. la persona ha vissuto, ha assistito o si è confrontata con un evento o con eventi che hanno comportato la morte, o una minaccia per la vita, o una grave lesione, o una minaccia all'integrità fisica, propria o di altri;
    2. la risposta della persona comprende paura intensa, sentimenti di impotenza, o di orrore.
  2. Durante o dopo l'esperienza dell'evento stressante, l'individuo presenta tre (o più) dei seguenti sintomi dissociativi:
    1. sensazione soggettiva di insensibilità, distacco o assenza di reattività emozionale;
    2. riduzione della consapevolezza dell'ambiente circostante (per es., rimanere storditi);
    3. derealizzazione;
    4. depersonalizzazione;
    5. amnesia dissociativa (cioè incapacità di ricordare qualche aspetto importante del trauma).
  3. Marcato evitamento degli stimoli che evocano ricordi del trauma (per es., pensieri, sensazioni, conversazioni, attività, luoghi, persone).
  4. Sintomi marcati di ansia o di aumentato arousal (per es., difficoltà a dormire, irritabilità, scarsa capacità di concentrazione, ipervigilanza, risposte di allarme esagerate, irrequietezza motoria).
  5. Il disturbo causa disagio clinicamente significativo o menomazione del funzionamento sociale, lavorativo o di altre aree importanti, oppure compromette la capacità dell'individuo di eseguire compiti fondamentali, come ottenere l'assistenza necessaria o mobilitare le risorse personali riferendo ai familiari l'esperienza traumatica.
  6. Il disturbo dura al minimo 2 giorni e al massimo 4 settimane e si manifesta entro 4 settimane dall'evento traumatico.
  7. Il disturbo non è dovuto agli effetti fisiologici diretti di una sostanza (per es., una droga di abuso, un farmaco) o di una condizione medica generale, non è meglio giustificato da un Disturbo Psicotico Breve e non rappresenta semplicemente l'esacerbazione di un disturbo preesistente di Asse I o Asse II.

Il DSM IV-TR elenca una serie di sintomi che sono molto comuni nelle persone colpite da eventi naturali come i terremoti e, anche se non presenti in maniera totalizzante, molti di questi sintomi vengono sperimentati subito dopo l'evento catastrofico e devono essere considerati come una normale reazione.

È proprio in questa fase che l'intervento di professionisti della Psicologia dell'emergenza è di cruciale importanza per determinare l'evoluzione migliore per l'individuo in termini sintomatologici.

Intervento a caldo: Defusing

L'intervento nella fase iniziale dell'evento traumatico prende il nome di "Defusing".

Il defusing è una tecnica di gestione dello stress da evento critico e viene usata a "caldo", spesso anche sul campo, e prevede alcune fasi specifiche per aiutare gli individui a gestire l'emotività, e non solo, legate alla situazione.

Tale tecnica può essere applicata sia individualmente che in gruppi di 6 o 8 persone.

Le fasi di defusing sono tre:

  1. Introduzione
  2. Esplorazione
  3. Informazione

La prima fase consiste nella presentazione del professionista alla persona che necessita di supporto e "nell'aggancio" della persona, si spiegano le motivazioni dell'intervento e le informazioni di base relative alla riservatezza.

Nella fase di esplorazione, si indagano e si stimolano le persone a parlare dell'esperienza traumatica vissuta e a definirne i contorni, sia emotivi che situazionali, per spronare una condivisione, una creazione semantica del vissuto che sarà concreto e tangibile.

La terza fase, quella definita di informazione, serve per normalizzare e accogliere le esperienze e i vissuti degli individui.

Lo scopo di questa fase è quello di rassicurare le persone sulle angosce e sulle reazioni, anche quelle più intense, che sono inquadrate come normali e reattive alla situazione stressante.

Inoltre, vengono valorizzate tutte quelle azioni positive messe in atto dagli individui (come ad esempio la ricerca di gruppi informali creati dopo l'evento utili per condividere e affrontare le emozioni negative) per rafforzare la percezione del senso di efficacia individuale che non è stato perso, nemmeno in una situazione incontrollabile come una catastrofe naturale.

Il defusing, essendo una tecnica usata "a caldo" può avere diversi gradi di strutturazione, oscillando da interventi singoli con cadenza specifica a momenti improvvisati in spazi di tempo non organizzati.

Spesso non è possibile creare un setting adeguato per mettere in atto le fasi specifiche descritte sopra, peculiari nell'intervento di defusing, si rende quindi necessaria una strutturazione inferiore e un adattamento della tecnica a un setting più informale, come un campo della Protezione Civile, una panchina o una fila per la mensa.

In questi casi, la tonalità dell'intervento è più colloquiale e meno impostata, ma i risultati possono essere altrettanto funzionali.

La seconda fase: adattamento o Disturbo Post Traumatico da Stress?

Dopo una primissima fase di sperimentazione di forte stress e paura, l'individuo inizia a compiere una serie di azioni volte a ristabilire un'idea, la propria idea, di normalità.

«Speriamo di tornare il più presto alla normalità...».
(Anonimo)

La ridefinizione stessa del concetto di normalità è un percorso che si deve intraprendere dopo un terremoto e richiede tempi diversi per ognuno di noi.

Gli individui si trovano a dover gestire una nuova routine fatta di tempi, oggetti e spazi che sono diversi da quelli di "prima"; la vita, la nostra e quella degli altri intorno a noi, è ora divisa in due, c'era un "prima" e ora c'è un "dopo" il terremoto.

Il processo di adattamento a questo solco apparentemente invalicabile è forse il nucleo centrale e il fine ultimo di ogni intervento attuato nella Psicologia dell'emergenza.

Le capacità di adattamento degli esseri umani in situazioni di emergenza sono talvolta sorprendenti, le risorse che vengono utilizzate sono incredibili e spesso sconosciute agli stessi individui che le attuano.

La mente e i comportamenti si ri-sintonizzano su nuovi equilibri, là dove c'era una società individualista e il singolo funzionava senza problemi, sorge una piccola comunità che si affida e si lascia guidare dalle norme di condivisione e supporto reciproco.

La capacità di automedicazione reciproca nel gruppo sorge spontaneamente all'interno di nuclei formati quasi per caso, magari di vicini di casa che prima non si salutavano nemmeno.

«Il terremoto è molto democratico, non guarda mica a certe cose».
(P.B.)

L'adattamento è un percorso e allo stesso tempo un obiettivo degli individui, talvolta è favorito da situazioni sorte spontaneamente, altre volte deve essere incoraggiato e supportato da professionisti.

È in ogni momento del processo di adattamento che può avvenire un evento che devia il corretto percorso di risoluzione e portare a una delle conseguenze più temute nei casi di catastrofe naturale, il Disturbo Post Traumatico da Stress.

La letteratura (Molteni, 2009) riporta che dopo una catastrofe naturale come un terremoto, l'incidenza del Disturbo Post Traumatico da Stress è del 11%.

Come indicato dal DSV-IV TR, i criteri per questo disturbo sono:

  1. La persona è stata esposta a un evento traumatico nel quale erano presenti entrambe le caratteristiche seguenti:
    1. la persona ha vissuto, ha assistito o si è confrontata con un evento o con eventi che hanno implicato morte, o minaccia di morte, o gravi lesioni, o una minaccia all'integrità fisica propria o di altri;
    2. la risposta della persona comprendeva paura intensa, sentimenti di impotenza, o di orrore.

      Nota: Nei bambini questo può essere espresso con comportamento disorganizzato o agitato.
  2. L'evento traumatico viene rivissuto persistentemente in uno (o più) dei seguenti modi:
    1. ricordi spiacevoli ricorrenti e intrusivi dell'evento, che comprendono immagini, pensieri, o percezioni.

      Nota: Nei bambini piccoli si possono manifestare giochi ripetitivi in cui vengono espressi temi o aspetti riguardanti il trauma.
    2. Sogni spiacevoli ricorrenti dell'evento.

      Nota: Nei bambini possono essere presenti sogni spaventosi senza un contenuto riconoscibile.
    3. Agire o sentire come se l'evento traumatico si stesse ripresentando (ciò include sensazioni di rivivere l'esperienza, illusioni, allucinazioni, ed episodi dissociativi di flashback, compresi quelli che si manifestano al risveglio o in stato di intossicazione).

      Nota: Nei bambini piccoli possono manifestarsi rappresentazioni ripetitive specifiche del trauma.
    4. Disagio psicologico intenso all'esposizione a fattori scatenanti interni o esterni che simbolizzano o assomigliano a qualche aspetto dell'evento traumatico.
    5. Reattività fisiologica o esposizione a fattori scatenanti interni o esterni che simbolizzano o assomigliano a qualche aspetto dell'evento traumatico.
  3. Evitamento persistente degli stimoli associati con il trauma e attenuazione della reattività generale (non presenti prima del trauma), come indicato da tre (o più) dei seguenti elementi:
    1. sforzi per evitare pensieri, sensazioni o conversazioni associate con il trauma;
    2. sforzi per evitare attività, luoghi o persone che evocano ricordi del trauma;
    3. incapacità di ricordare qualche aspetto importante del trauma;
    4. riduzione marcata dell'interesse o della partecipazione ad attività significative;
    5. sentimenti di distacco o di estraneità verso gli altri;
    6. affettività ridotta (per es., incapacità di provare sentimenti di amore);
    7. sentimenti di diminuzione delle prospettive future (per es. aspettarsi di non poter avere una carriera, un matrimonio o dei figli o una normale durata della vita).
  4. Sintomi persistenti di aumentato arousal (non presenti prima del trauma), come indicato da almeno due dei seguenti elementi:
    1. difficoltà ad addormentarsi o a mantenere il sonno;
    2. irritabilità o scoppi di collera;
    3. difficoltà a concentrarsi;
    4. ipervigilanza;
    5. esagerate risposte di allarme.
  5. La durata del disturbo (sintomi ai Criteri B, C e D) è superiore a 1 mese.
  6. Il disturbo causa disagio clinicamente significativo o menomazione nel funzionamento sociale, lavorativo o di altre aree importanti.

    Specificare se:
    Acuto: se la durata dei sintomi è inferiore a 3 mesi.
    Cronico: se la durata dei sintomi è 3 mesi o più.

    Specificare se:
    A esordio ritardato: se l'esordio dei sintomi avviene almeno 6 mesi dopo l'evento stressante.

Un esempio di questa sintomatologia si manifesta, nelle persone colpite dal terremoto, in comportamenti tipici come ad esempio una aumentata allerta verso rumori forti, un calo dell'attenzione in compiti semplici, dovuta al fatto che tutti i sensi sono impegnati nel captare segnali di pericolo, una diminuita capacità di prendere sonno soprattutto all'interno dell'abitazione.

Come indicato dal DSM-IV TR, esiste una differenziazione tra acuto e cronico ed esistono degli interventi che possono essere messi in atto per evitare che il disturbo si cronicizzi.

Intervento a freddo: Debriefing

Il debriefing è una tecnica di soccorso emotivo a "freddo", si attua dopo il defusing, a circa una settimana dall'evento catastrofico, si struttura in uno o più incontri della durata di circa due o tre ore, può coinvolgere un numero ampio di persone, da uno a venti, ed è più strutturata e articolata che il defusing.

L'obiettivo del debriefing è quello di offrire alle persone una spazio per esternare e confrontare con altri i pensieri, i ricordi e le emozioni più disturbanti, in modo tale da comprenderli e normalizzarli, ridurne l'impatto emotivo e contenerne le reazioni, combattere le convinzioni erronee e favorire il recupero della funzionalità delle persone e del gruppo.

È strutturato in sette fasi:

  1. Introduzione,
  2. Fatti,
  3. Pensieri,
  4. Reazioni,
  5. Sintomi,
  6. Formazione,
  7. Del reinserimento e della conclusione.

Il debriefing è un percorso che parte dalla superficie e affonda le radici nella profondità dell'esperienza traumatica cercando di ricompattare la frammentazione emotiva-cognitiva creata dall'evento.

Nella fase di introduzione, come nel defusing, vi è la presentazione degli obiettivi e del significato della tecnica usata e delle regole del gruppo.

La fase dei fatti rappresenta la parte più superficiale dell'intervento e consiste nella descrizione dei fatti (cosa è successo, quando, con che modalità si è presentato il terremoto, etc.) e il ruolo che ognuno ha avuto nell'evento (quali sono state le azioni messe in atto, con chi si è parlato, chi si è cercato di raggiungere telefonicamente, etc.), c'è un momento di condivisione dell'esperienza e del proprio punto di vista.

La fase dei pensieri porta a un livello un po' più profondo di elaborazione del fatto, aggiungendovi i pensieri, in particolare quelli negativi, avuti durante e immediatamente dopo l'evento. Si sollecita ogni elemento del gruppo a trovare il particolare, un pensiero centrale che ha dominato l'esperienza.

Questa fase è il ponte di collegamento tra quello che è l'esperienza cognitiva dell'evento e quella più profonda, ovvero quella emotiva.

La fase della reazione implica la verbalizzazione delle emozioni e delle reazioni emotive avute durante l'evento, gli aspetti emotivi con cui è stato più difficile convivere dopo l'evento, la complessità e la difficoltà dell'esperienza traumatica.

Questa è naturalmente la fase più carica di contenuti emotivi e più delicata da gestire per il clinico, poiché piena di sofferenza e carica emotivamente di tematiche che possono essere importanti anche per il Terapeuta stesso.

Questa fase tocca il livello più profondo del trauma e porta alla consapevolezza della fase successiva, ovvero quella dei sintomi.

La fase dei sintomi ha l'importante compito di normalizzare e rendere noti i sintomi specifici relativi alle reazioni a un trauma; può essere utile portare articoli e riviste scientifiche da condividere con i partecipanti.

Dopo la fase "reazione" l'individuo raggiunge la consapevolezza che i sintomi che manifesta sono il risultato "normale" della combinazione del trauma e dell'emotività scatenata da esso. Il/i sintomo/i acquistano un significato contestualizzato e di senso condiviso.

La fase di formazione segna il primo passo di risalita del percorso che va dal superficiale al profondo e dal profondo alla risoluzione del problema.

La formazione implica un processo di educazione e insegnamento di tecniche di gestione dell'emotività, dello stress (distrazione, razionalizzazione) e tecniche di rilassamento (Training autogeno o rilassamento progressivo di Jacobson) atte a ristabilire un buon equilibrio psicofisico.

L'ultima fase, reinserimento e conclusione, segna la conclusione e la fine del percorso di risalita. Viene utilizzata per dare spazio a eventuali domande, si forniscono informazioni relative alla possibilità di proseguire altri percorsi di intervento sul territorio, si danno ulteriori indicazioni su come combattere stress, tensione e traumi.

Il percorso di reinserimento, che consiste nell'aiutare le persone a ritornare nei propri domicili, tornare a lavorare o riprendere quei comportamenti evitati a causa della paura e del trauma, è lungo e può avere tempistiche diverse per i partecipanti.

È in questa fase che si prendono accordi per eventuali successivi incontri o, in caso di complessità ulteriore, invio a interventi più specifici e individualizzati.

EMDR (Eye Movement Desensitization and Reprocessing)

Tra gli interventi utilizzati nell'ambito della Psicologia del trauma e dell'emergenza c'è anche l'uso della tecnica dell'EMDR. È una tecnica versatile, che può essere utilizzata sia a poche ore dal trauma che dopo diverse settimane.

L'EMDR (desensibilizzazione e rielaborazione attraverso i movimenti oculari) consiste nell'utilizzare i movimenti oculari o altre forme di stimolazione alternata destro/sinistra, provocando così una migliore comunicazione tra gli emisferi cerebrali.

L'EMDR vede la patologia come informazione immagazzinata in modo non funzionale e si basa sull'ipotesi che c'è una componente fisiologica in ogni disturbo o disagio psicologico.

Quando avviene un evento "traumatico" viene disturbato l'equilibrio eccitatorio/inibitorio necessario per l'elaborazione dell'informazione. Sulla base di tale ipotesi si può affermare che questo provochi il "congelamento" dell'informazione nella sua forma ansiogena originale, ossia nello stesso modo in cui è stato vissuto.

Questa informazione "congelata" e racchiusa nelle reti neurali non può essere elaborata e quindi continua a provocare patologie come il Disturbo da Stress Post Traumatico (PTSD) e altri disturbi psicologici, in particolare dove è presente un trauma, come nelle depressioni o nelle fobie specifiche.

I movimenti oculari saccadici (movimento rapido e volontario dell'occhio, da destra a sinistra) e ritmici abbinati con l'immagine traumatica, con le convinzioni negative a essa legate e con il disagio emotivo, facilitano la rielaborazione dell'informazione fino alla risoluzione dei condizionamenti emotivi.

Il paziente dovrà quindi raccontare l'evento traumatico mentre il professionista stimolerà i movimenti oculari.

Nella risoluzione adattiva l'esperienza è usata in modo costruttivo dalla persona ed è integrata in uno schema cognitivo ed emotivo positivo.

L'EMDR ha una durata di circa mezz'ora, può essere effettuata sia singolarmente che in gruppo e si può attuare in una o più sedute.

Nel 1995 il Dipartimento di Psicologia Clinica dell'American Psychological Association ha condotto una ricerca per definire il grado di efficacia di questo metodo terapeutico, concludendo che l'EMDR è non solo efficace nel trattamento del Disturbo da Stress Post Traumatico, ma che ha addirittura l'indice di efficacia più alto per questa categoria diagnostica.

Conclusioni

Le conseguenze apprezzabili visivamente dopo un terremoto sono solitamente la distruzione di edifici storici, memoria di una popolazione, e crepe e incrinature all'interno delle abitazioni, memoria bibliografica di persone, famiglie e di storie.

Esattamente nello stesso modo, un terremoto causa la distruzione e lo sgretolamento di pezzetti di memoria collettiva e crepe e incrinature all'interno del sé delle persone.

La metafora della distruzione è complementare alla metafora della ricostruzione, così come gli edifici si mettono in sicurezza e si ricostruiscono, così le memorie vengono rispolverate e riempite di nuove; così come le crepe vengono sistemate, così le fratture del sé vengono ricucite.

«Le crepe nelle case e negli edifici dei nostri paesi sono piccole grandi crepe alla nostra identità. Ricostruire un paese è ricostruire una parte della nostra anima, nel farlo, alcune ferite si rimarginano, altre lasceranno per sempre il segno, ma saranno segni da mostrare orgogliosi a chi chiede: "Come si fa a tornare a vivere dopo un terremoto?"».
(I.B.)
Bibliografia
  • American Psychiatric Association, "DSM-IV-TR Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders", Fourth Edition, Text Revision, Edizione Italiana, Masson, Milano, 2000
  • Molteni G., Implicazioni psicosociali di un disastro naturale: uno studio sul terremoto dell'Abruzzo, in "Psicologia dell'emergenza e dell'assistenza umanitaria", 5, pagg. 51-75, rivista edita da Federazione Psicologi per i Popoli, Trento, 2011
  • Pietrantonio F., De Gennaro L., Di Paolo M.C., Solano L., The impact of event scale validation of an Italian version, in "Journal of psychosomatic research", 55, pagg. 389-393, Elsevier, 2003
Sitografia
  • Federazione Italiana Società Scientifiche di Psicologia (F.I.S.S.P.), http://www.emdritalia.it/
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