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Come fare per sentirsi pronti a fare gli Psicologi?L'articolo "Come fare per sentirsi pronti a fare gli Psicologi?" parla di:
Articolo: 'Come fare per sentirsi pronti a fare gli Psicologi?'A cura di: Luisa Fossati
Le ansie che portano fuori stradaMolto spesso quando uno/a psicologo/a si abilita all'esercizio della professione, e talvolta anche qualche anno dopo essersi abilitato/a,
può avere la tendenza a soffrire della "sindrome del non formato". Chiaramente è una metafora ma indica efficacemente quella
paura che a volte gli psicologi hanno di non essere abbastanza competenti per avere successo nella professione. La sindrome del non formato e la paura della concorrenza possono avere un effetto negativo sulla progettualità di uno psicologo e certe volte spingere a desistere ricercando attività professionali poco in linea con i propri studi ma percepite come più stabili sul piano economico. Nulla di male se si trattasse di situazioni provvisorie, ma purtroppo ho osservato in più di un'occasione che la stabilità, anche se legata a un lavoro che non piace, può mettere a tacere i sogni legati alla propria realizzazione professionale. Oltre alla maggior probabilità di desistere, un'altra conseguenza delle paure sopra indicate può essere quella di intraprendere molti percorsi di formazione, troppi! Questo avviene talvolta con l'obiettivo di avere più competenze da spendere nel mondo del lavoro e nella speranza che la vocina: "non ne sai abbastanza!" si plachi. Nulla di male anche in questo caso; purtroppo però capita spesso che si continui a non sentirsi abbastanza formati o abbastanza competitivi sul mercato con il risultato che si rischia di diventare "collezionisti di titoli". Tuttavia, sia nella scelta di desistere che nella scelta di fare corsi su corsi, si può correre il rischio di cadere in una trappola:
fare scelte guidate dall'ansia (derivante dalla sindrome del non formato o dalla paura della concorrenza) piuttosto che guidate dalle
proprie motivazioni profonde. Quali sono i vostri talenti al di là di ciò che il mercato richiede? Una riflessione sul tuo talentoInnanzi tutto, cos'è il talento? Prova a rispondere al di là delle definizioni accademiche. Si tratta di qualcosa che ti fa agire con piacere e che da sempre, magari in modi diversi nel tempo, ti riesce bene. Adesso, traccia una linea che rappresenta la tua vita e collocaci quelli che consideri i tuoi successi (evita colpi di fortuna come aver
vinto a una lotteria; quello non è un vero e proprio successo); non essere prolisso, bastano una data e un evento. Non importa che si tratti
del Nobel! Può essere considerato un successo anche l'essere riusciti a superare un esame particolarmente ostico. Gli aspetti che hai messo a fuoco sono una costante che appartiene a te e al tuo modo di essere. Bene, adesso che hai individuato alcune costanti positive che ti caratterizzano, ti invito a una seconda riflessione. Il talento è
riconoscibile da cinque fattori: Le caratteristiche personali che hai precedentemente individuato hanno questi cinque fattori? Oltre a quelle che hai individuato nell'esercizio
precedente, quali altri caratteristiche personali ti vengono in mente con questi cinque fattori? Se ti stai abbattendo perché non riesci a individuare nemmeno un talento, ti dico con certezza che non hai riflettuto abbastanza o c'è qualche visione negativa di te che ti sta bloccando. Ciascuna persona ha almeno un talento. Rifletti ancora, c'è qualcosa che non stai vedendo. Terza riflessione: nella tua storia di vita quanto sono stati riconosciuti e valorizzati i tuoi talenti dalle persone che hai incontrato? A volte non riusciamo a vedere un talento perché non è stato valorizzato o, purtroppo, è stato screditato oppure non è considerato un talento importante. Nei miei percorsi di orientamento o consulenza di carriera, mi capita spesso di incontrare clienti che mi raccontano di genitori o insegnanti che tendevano a screditare o scoraggiare l'espressione di certi talenti; mi viene in mente una giovane manager con un naturale talento musicale, inibito da genitori e insegnanti che le ripetevano: "non si vive con la musica". Esperienze di questo tipo possono avere un forte impatto sulle scelte delle persone che possono essere condizionate nell'intraprendere strade che non sentono proprie ma che soddisfano le aspettative di qualcuno. Ti propongo a questo punto una riflessione finale: come puoi mettere i talenti che hai individuato a disposizione della tua professione? Rifletti bene perché questo passaggio è quello che può fare la differenza fra te e gli altri colleghi. Potrai pensare che ti manchino alcune conoscenze pratiche per realizzarti nella tua professione, che ti manchi l'esperienza ma un conto è scegliere di intraprendere un corso di formazione per il solo fatto che "in quel settore c'è mercato" o perché "è bene imparare un po' di tutto", un conto è intraprendere un corso perché è in linea con te, con ciò che ti riesce, ti piace e ti dà soddisfazione. Un aneddotoA questo punto, visto che le tue riflessioni le hai fatte, posso raccontarti una cosa: uno dei miei talenti è la creatività. In un percorso formativo fatto di esami "a crocette" (eravamo tanti e spesso gli esami si svolgevano con questa modalità) e in vari contesti di vita dove i talenti valorizzati erano quelli relativi all'apprendere metodi e tecniche e saper ragionare con i numeri, potevo scegliere di fare due cose: mettere da parte la mia indole creativa e adeguarmi alle "richieste di mercato"; costruire la mia identità professionale facendo più affidamento sui miei punti di forza piuttosto che arrancare nel tentativo di intraprendere strade in cui potevo migliorare ma in cui non sarei mai stata eccellente perché non sentivo mie. Dopo aver imboccato qualche strada sbagliata alla fine ho scelto la seconda opzione. Non che i metodi e il lavoro con i numeri non siano importanti nel mio lavoro ma di certo non ho centrato la mia attività su questi aspetti. Da lì ho iniziato a sentirmi davvero realizzata ed efficace come professionista. Altre letture su HT
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