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La psicologia del migrante: il supporto psicologico Caratteristiche specifiche del supporto psicologico ai migranti
L'articolo " La psicologia del migrante: il supporto psicologico" parla di:
- Impatto psicologico dell'esperienza migratoria
Il lutto della separazione Aiuto psicologico per il paziente migrante
Articolo: 'La psicologia del migrante: il supporto psicologico Caratteristiche specifiche del supporto psicologico ai migranti'
INDICE: La psicologia del migrante: il supporto psicologico
- Introduzione
- L'impatto psicologico del trasferimento all'estero
- La scelta di partire per un altro paese: separazione
- L'arrivo e il rapporto con l'incognito
- Ricercare aiuto psicologico all'estero
- Riflessioni in ambito terapeutico nella cura del paziente migrante
- Conclusioni
- Bibliografia
- Altre letture su HT
Introduzione
L'uomo, in quanto mammifero, inizia la sua storia evolutiva da nomade. I nostri antenati erano soliti spostarsi in gruppo, alla ricerca
di cibo e sostentamento. Fu solo grazie allo sviluppo dell'agricoltura che le prime tribù iniziarono a insediarsi stabilmente in un
territorio, costruendo un sistema di vita sociale e pratica basata sulla stanzialità invece che sulla mobilità.
La complessità politica, sociale e psicologica che caratterizzava le popolazioni di allora è largamente aumentata, fino ad
arrivare allo scenario odierno in cui il territorio nel quale viviamo è delimitato da confini e regole che influiscono enormemente
sulle nostre vite.
Nonostante i grossi cambiamenti culturali che ci separano dal nostro lontano passato, ancora oggi l'uomo è portato a spostarsi per
aumentare le sue probabilità di sopravvivenza, andando a ricercare in territori diversi fonti di sostentamento non presenti nel
territorio in cui è nato.
È dunque così che guerre, crisi economiche, cambiamenti politico-sociali, così come desiderio di evolvere, di
migliorare le proprie condizioni di vita, portano gli individui ad abbandonare il luogo di nascita per emigrare in un altro paese.
Emigrare è un comportamento fisico che implica un cambiamento del luogo nel quale un individuo risiede. Può essere stabile,
ma anche provvisorio. Ciò che spesso non viene considerato - quando si parla di emigrazione - è il cambiamento che porta a
livello psicologico ed emotivo nella persona che decide di intraprendere questo percorso.
Molto spesso, infatti, l'espatrio pone la persona di fronte a sfide importanti, talvolta imprevedibili, che sono fonte di stress e che
richiedono grande resilienza per essere affrontate.
Come professionisti che lavorano nel campo della salute psicologica è molto importante essere a conoscenza di queste tematiche,
proprio perché possono presentarsi nelle storie di vita dei nostri pazienti, essendo a volte causa scatenante di problemi clinicamente
rilevanti.
Questo articolo si pone l'obiettivo di fornire un piccolo contributo al tema dell'impatto psicologico della emigrazione-immigrazione,
basandosi sull'esperienza pratico-clinica sviluppata in questi anni di lavoro all'estero con pazienti con disturbi diversi ma che
condividono una storia di immigrazione.
L'impatto psicologico del trasferimento all'estero
Quasi cinque milioni - per la precisione 4.636.647 (Anagrafe degli Italiani Residenti all'Estero - AIRE - 2015) - gli Italiani
che risiedono stabilmente all'estero.
Un numero impressionante di persone che ha deciso, per varie ragioni, di intraprendere una scelta di vita importante e radicale: vivere in
un paese diverso da quello di nascita.
Germania, Francia e Svizzera le mete che primeggiano all'interno della Comunità Europea; America e Argentina per quanto riguarda i
paesi Extra Europei (Fondazione Migrantes).
Sebbene non esista una storia di migrazione uguale a un'altra, alcune tematiche si sovrappongono in chi decide di fare questa scelta di
vita, creando un corollario di vissuti comuni.
Emigrare è prima di tutto un cambiamento.
Da un punto di vista psicologico, questo cambiamento può avere impatti diversi a seconda dell'individuo che lo affronta, generando
vissuti psicologici differenti che possono anche portare a problematiche emotive gravi, aventi come trigger proprio il trasferimento in un
altro paese.
In letteratura, nonostante l'argomento non sia stato ancora sviluppato in modo dettagliato, si individuano temi ricorrenti che fanno
riferimento ai concetti di separazione, partenza, viaggio, arrivo e rapporto con l'incognito. Queste tematiche sono parte dell'esperienza
migratoria comune e possono creare situazioni di ansia, producendo, inoltre, la rottura di equilibri prestabiliti (A. Goussot).
La scelta di partire per un altro paese: separazione
Maturare la scelta di partire per un altro paese significa scontrarsi con il concetto e con il vissuto di separazione. Ci si separa dal
contesto familiare, affettivo, sociale e culturale originario e questa scelta provoca una rottura dell'equilibrio preesistente nella vita
della persona che decide di emigrare.
Questa fase costituisce un momento contraddittorio di sofferenza, unita ad aspettative più o meno fantasiose, rivolte verso il nuovo
Paese e la nuova vita.
La partenza e la separazione provocano la necessità di elaborare queste esperienze proprio come un lutto: il lutto della separazione
dal gruppo originario, dai legami costruiti durante l'infanzia, dalla famiglia, dagli amici, dalle abitudini, ma anche dalla lingua e dalla
cultura di appartenenza.
La partenza e le condizioni nelle quali avviene, i motivi stessi della scelta intrapresa, sono importanti perché condizionano tutta
la traiettoria dell'esperienza migratoria. Traiettoria che non è solo geografica, ma anche mentale ed emotiva.
Come accennato in precedenza, non esistono storie di migrazione uguali le une alle altre, questo perché ogni individuo affronta,
elabora ed integra la propria storia di vita all'interno della propria storia di migrazione, andando a creare vissuti univoci.
La scelta di partire è il punto di partenza emotivo del migrante. Può essere una scelta più o meno maturata nel tempo
o frutto di eventi contingenti gravi che spingono la persona a decidere di allontanarsi in poco tempo.
Le condizioni che spingono a decidere di emigrare sono fondamentali nel vissuto della persona poiché ne determinano la
traiettoria emotiva. Scegliere di partire per sfuggire ad una guerra - quindi per mettere in salvo la propria vita - è profondamente
diverso da scegliere di partire per migliorare la propria carriera lavorativa. Nel primo caso, infatti, le emozioni ed i vissuti sono di
paura, terrore, impotenza, disperazione, mentre nel secondo caso troviamo vissuti più differenziati, che possono fare riferimento a
rabbia e delusione, intraprendenza, ottimismo.
La partenza è anche il momento che segna il passaggio dal "prima" al "dopo". Nel momento in cui si parte, si lascia una parte di
sé per acquisirne una nuova, ancora sconosciuta. Questo aspetto del cambiamento psicologico non è sempre chiaro nel migrante
e può portare, in un secondo momento, a vissuti ambivalenti ed estranianti.
Ciò che ero, in condizioni diverse, muta e si trasforma acquisendo competenze nuove, affrontando sfide non previste, sopravvivendo a
condizioni impervie. Questo cambiamento può talvolta risultare estraniante e portare a vissuti dissociativi, stati ansiosi e vere e
proprie crisi esistenziali.
In terapia l'aspetto della partenza va indagato con grande attenzione. Approfondire le cause che hanno spinto la persona a emigrare,
insieme alle aspettative di cambiamento sia pratico che psicologico, forniscono un buon modo per inquadrare dove può essere scaturita
la dissonanza psicologica che ha portato l'individuo a richiedere aiuto psicologico.
L'arrivo e il rapporto con l'incognito
Così come la partenza, anche le aspettative e le condizioni dell'arrivo nel Paese estero sono altrettanto importanti.
Il primo impatto può condizionare tutto il percorso futuro nel nuovo Paese ed è importante fare particolare attenzione,
soprattutto in sede di colloquio e consulenza, ai primi momenti e alle prime esperienze vissute appena si mette piede nella nuova vita.
Quando si parte per intraprendere un'avventura come quella di vivere all'estero si gioca un'importante partita nella gestione dell'imprevedibile
e dell'incognito e questo può creare ansia.
Una certa dose di ansia è naturale e ci aiuta ad attivare e predisporre tutti quei fattori che possono determinare una buona riuscita
della nostra esperienza estera, come trovare un luogo dove vivere, cercare lavoro, cercare persone con cui condividere le proprie esperienze.
Anche l'arrivo è da considerarsi come un momento delicato nel vissuto psicologico della persona: spesso è proprio durante i
primi istanti di vita nel nuovo paese che si vivono emozioni dolorose e possono emergere i primi sintomi.
L'arrivo è spesso caratterizzato da momenti di forte solitudine e isolamento uniti ad altri di ansia e smarrimento che possono
risuonare con i vissuti personali passati dell'individuo, come ad esempio esperienze passate di abbandono non completamente elaborate.
La gestione e l'accettazione di queste emozioni sono un processo fondamentale per aiutare l'individuo ad attraversare questi primi momenti,
anche se spesso ciò non è sufficiente e si può esperire l'esordio del disturbo.
È possibile, infatti, che poco dopo l'arrivo nel paese ospitante la persona sviluppi attacchi di panico e sintomi depressivi, che possono
poi evolvere in un disturbo depressivo vero e proprio.
In questo contesto l'individuo può anche decidere - nei casi in cui ciò sia possibile - di ritornare indietro nel paese di
origine. Se questa scelta non è percorribile, la crisi e i livelli di stress che caratterizzano l'arrivo nel nuovo Paese possono essere
molto difficili da gestire e possono portare alla ricerca di aiuto professionale.
Ricercare aiuto psicologico all'estero
La ricerca di aiuto avviene quando le emozioni riguardanti il trasferimento all'estero diventano ingestibili o influenzano il normale
svolgimento della vita quotidiana.
La comparsa di sintomi quali attacchi di panico, sensazioni di forte estraniamento, perdita cronica di attenzione, disturbi del sonno,
vissuti di tristezza e pianto, possono essere segnali d'allarme che indicano il bisogno di ricercare un aiuto specifico.
Purtroppo sono ancora pochi i servizi di aiuto psicologico in lingua italiana presenti in territorio straniero. Facendo eccezione per
qualche caso presente nelle grandi capitali Europee quali Londra e Berlino, l'offerta in ambito psicologico rimane confinata a servizi in
lingua straniera, anche se vi è un andamento verso la differenziazione linguistica dei servizi di aiuto psicologico.
Riflessioni in ambito terapeutico nella cura del paziente migrante
L'approdo del paziente migrante in terapia può avvenire in diversi momenti della sua storia di migrazione e derivare da diverse
tematiche psicologiche individuali.
Il momento dell'accesso alla terapia è molto importante, poiché dà un'indicazione rispetto a dove si trova
il paziente nella sua storia di emigrazione. Se, infatti, è appena arrivato nel Paese ospite, avrà a che fare con
emozioni e stress di adattamento diverse rispetto ad un paziente che vive nel Paese ospite da anni.
L'analisi della domanda si intreccia, quindi, con lo stato dell'esperienza migratoria, diventandone parte integrante.
L'esperienza migratoria diventa, dunque, una tematica che fa da sfondo al percorso terapeutico, attraverso la quale può configurarsi
anche un percorso terapeutico mirato.
Il terapeuta deve essere in grado di fornire al paziente non solo un supporto professionale relativo ai sintomi clinici, ma integrare il
percorso di guarigione nel contesto di appartenenza della persona, coerentemente con il suo status di migrante.
La conoscenza del territorio in cui vive è molto importante per permettere di integrare aspetti relativi al nuovo contesto nella vita
del paziente. Così l'invio a gruppi di supporto in lingua, corsi di lingua, orientamento al lavoro, gruppi di auto aiuto può
servire come duplice supporto: quello di esposizione ad un evento temuto (in casi di panico o di fobia sociale) e, allo stesso tempo,
integrazione della persona nel nuovo contesto.
Anche la cultura e la lingua madre del terapeuta sono molto importanti. Solitamente, anche in casi di conoscenza molto buona della
lingua, i pazienti preferiscono un terapeuta che condivida la lingua madre parlata e la cultura di appartenenza. Una terapia con un terapeuta
connazionale allevia la pressione di saper "trovare la parola giusta" per definire i propri vissuti, ma crea anche una base culturale condivisa
entro cui inquadrare il proprio vissuto di migrante e contemporaneamente di paziente che sta vivendo un momento di difficoltà emotiva.
Come gestire i sintomi portati dai pazienti? Il primo passo verso la gestione dei sintomi portati dai pazienti consiste nel differenziare
i vissuti e le emozioni derivanti dall'esperienza migratoria dai vissuti derivanti dalla propria storia personale. Questo non è sempre facile
o possibile e deve configurarsi come un primo passaggio di scissione emotiva, che ha come obiettivo, in un secondo momento, l'integrazione.
La fase di scissione emotiva - ovvero il senso di smarrimento derivante dal sentimento di lontananza ed estraniamento verso i propri vissuti
emotivi - implica un forte processo di normalizzazione emotiva rispetto ai vissuti specifici del cambiamento. Aiutare il paziente a comprendere
che è normale sentirsi soli, sentirsi in ansia, sentirsi estraniati nel non comprendere la lingua è un primo passo verso la
comprensione e la normalizzazione dei vissuti.
Il compito del terapeuta, però, è anche quello di valutare attentamente dove si trova la linea di confine tra un disturbo
passeggero di adattamento a una nuova situazione e l'esordio di un disturbo clinicamente rilevante.
In questi casi l'uso di testistica, unito a un monitoraggio dell'andamento del paziente nel tempo, aiuta molto nell'indirizzare la valutazione.
La raccolta della storia di vita personale del paziente è importantissima per valutare i vissuti personali passati che possono entrare
in risonanza con quelli esacerbati dal cambiamento di Paese.
Pazienti con tematiche di controllo, timore dell'incertezza, forte dipendenza dal contesto sociale, possono facilmente sviluppare disturbi
di natura ansiosa, mentre pazienti con storie di vissuti di abbandono, traumi e perdite possono evolvere in disturbi di natura depressiva.
Conclusioni
In un'era in cui spostarsi, per svariate ragioni e per periodi di tempo più o meno lunghi, è diventato parte del percorso di
vita di molti, è importante essere a conoscenza dei complessi meccanismi psicologici a cui una persona va incontro nel momento in cui
decide di mettere in atto questo cambiamento.
Come professionisti che si trovano ad agire nell'ambito della salute mentale, è importante essere a conoscenza dell'impatto che una
storia di migrazione può avere sul paziente che abbiamo di fronte. Sempre più pazienti accedono a un supporto psicologico
specifico a causa di problemi derivanti dal cambiamento di Paese, ma è anche possibile entrare in contatto con pazienti che approdano
alle cure con motivazioni diverse e che hanno una storia di migrazione alle spalle che deve essere gestita e validata in modo appropriato.
Bibliografia
- Fondazione Migrantes: "Rapporto italiani nel mondo", ottobre 2016
www.chiesacattolica.it/pls/cci_new_v3/V3_S2EW_CONSULTAZIONE.mostra_pagina?id_pagina=84393&rifi=guest&rifp=guest
- Il Fatto Quotidiano: "Rapporto Migrantes 2015, oltre 4,6 milioni di italiani all'estero. Germania e Regno Unito le mete principali",
6 ottobre 2015
www.ilfattoquotidiano.it/2015/10/06/rapporto-migrantes-2015-oltre-46-milioni-di-italiani-allestero-germania-e-regno-unito-le-mete-principali/2099060/
- Dati statistici sugli italiani nel mondo, Ricerca del Dossier Statistico Immigrazione della Caritas, emigrati.it, 2000
www.emigrati.it/Emigrazione/DatiStatItalMondo.asp
- Goussot A., "Disagio psichico e immigrazione", progetto regione istituti penitenziari, Emilia Romagna
sociale.regione.emilia-romagna.it/documentazione/pubblicazioni/altro/disagio-psichico-e-immigrazione
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