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Progetto: l'intervento psico-educativo a scuola Il caso Omar
L'articolo " Progetto: l'intervento psico-educativo a scuola" parla di:
- Intervento dello psicologo nel contesto scolastico
Osservazione cognitiva, emotiva, motoria e durante il gioco L'intervento individuale e nel gruppo classe
Articolo: 'Progetto: l'intervento psico-educativo a scuola Il caso Omar'
INDICE: Progetto: l'intervento psico-educativo a scuola
- Introduzione
- 1. Il "caso" Omar, dati anagrafici
- 2. Richiesta da parte delle insegnanti
- 3. Osservazione: Omar in classe
- 4. Osservazione: area cognitiva, emotiva e motoria
- 5. Osservazione: Omar e la maestra di matematica, quale relazione?
- 5.1 Uscire dalla disfunzionalità relazionale: il modello A-B-C
- 6. Osservazione e valutazione: Omar "attraverso" il gioco
- 6.1 I disegni di Omar
- 6.2 Il gioco di ruolo: Omar nei panni di ...
- 7. Dalla valutazione alla stesura del progetto di intervento
- 8.Progetto di intervento: destinatari, finalità, obiettivi e metodologia
- 9.Progetto di intervento: strumenti, fasi e tempi
- Conclusioni
- Appendice
Oltre l'intervento scolastico: ipotesi di lavoro terapeutico
- Bibliografia
Introduzione
Il lavoro dello psicologo all'interno del contesto scolastico, prevede diversi livelli di intervento:
- con il bambino,
- con le insegnanti,
- con la famiglia.
All'interno di questo contesto, le parti citate, possono essere definite sistemi in interazione tra loro.
Questi sistemi si presentano in relazione di interdipendenza molto stretta.
Il lavoro di intervento psicologico può essere svolto quindi in continuità circolare; le possibilità di diminuire
il disagio vissuto dal bambino possono aumentare, intervenendo su più livelli: con le insegnanti, con la famiglia e con il bambino stesso,
individualmente e all'interno del sistema classe.
Il lavoro dello psicologo nella scuola prevede un'attenzione specifica al contesto all'interno del quale è posta la domanda e
un'analisi di quelle che sono le dinamiche in gioco.
L'intervento psico-educativo si dovrebbe porre l'obiettivo di favorire il benessere psico-fisico del bambino, attivando, all'interno
del contesto di crescita dello stesso, le risorse necessarie a favorirne il percorso di sviluppo.
In questo articolo riporterò il "caso" di un bambino che ho seguito all'interno del contesto scolastico, durante uno stage formativo
organizzato dal CIRPS Consortium - CIRID "La Sapienza" di Roma e patrocinato dalla Provincia di Roma.
Questo stage prevedeva le seguenti attività:
- Un corso teorico "Scuola e bisogni speciali: sentieri di continuità per la prevenzione precoce dei disturbi dello sviluppo",
per la durata di 60 ore.
- Formazione in classe delle insegnati dell'asilo nido, della scuola materna e primaria all'interno del corso dal titolo "Prevenzione
precoce della disabilità degli apprendimenti. Strumenti in continuità didattica".
- Osservazione di un bambino, ed eventuale progettazione dell'intervento sul sistema classe, strutturato soprattutto alla luce dei bisogni
psico-educativi del bambino.
In questa esperienza di stage, le persone coinvolte sono state:
- La psicologa scolastica, la mia tutor, che si occupava della gestione e del coordinamento delle varie attività di lavoro, monitorate
attraverso una relazione da presentarle settimanalmente e una riunione anche con gli altri colleghi dello stage.
La psicologa svolgeva il compito di mediare le richieste della famiglia del bambino, delle insegnati e della dirigente scolastica. La psicologa
gestiva, inoltre, i colloquio all'interno dello sportello psicologico. Questo spazio d'ascolto psicologico era disponibile una volta a settimana,
aperto alle insegnanti, ai familiari e ai bambini. Io potevo assistere ai colloqui tenuti dalla psicologa scolastica.
- Le insegnanti, in particolar modo la maestra di matematica, con la quale mi sono confrontata direttamente, soprattutto durante l'intervento
all'interno della classe.
- Il bambino, con il quale ho lavorato in classe, attraverso attività di potenziamento cognitivo e di supporto alle attività
didattiche, e separatamente in un'altra aula, attraverso attività di sostegno emotivo e psicologico.
In questo articolo vi racconterò la storia di Omar, illustrando di paragrafo in paragrafo, le diverse aree osservate e gli aspetti
che hanno destato il mio interesse. Il mio ruolo all'interno della classe è stato inizialmente di osservatrice attiva. Successivamente
mi sono impegnata attivamente nelle attività di intervento sul sistema classe, sostegno individuale e potenziamento cognitivo, coordinata
dalla tutor. In aula ero comunque da sola nello svolgimento delle attività.
Sulla base delle osservazione fatte, ho strutturato un possibile intervento a diversi livelli, individuale e sul gruppo classe, in modo da
rispondere ad una domanda complessa, come quella sollevata da questo "caso".
Il progetto di intervento, che presenterò in quest'articolo, è una mia ipotesi di lavoro, strutturato alla luce dei dati
e delle osservazioni fatte.
Le modalità e gli strumenti, nonché le fasi e i tempi, sono frutto di una mia valutazione finalizzata a rispondere nel modo
più adeguato possibile alle esigenze delle maestre e ai bisogni del bambino. Non c'è stato il tempo di mettere in pratica in modo
sistematico il progetto; io tuttavia mi sono potuta sperimentare autonomamente, e in diverse occasioni, nel lavoro sulle emozioni con il gruppo
classe e nel lavoro di potenziamento cognitivo e di sostegno emotivo con il bambino.
Infine nella parte conclusiva dell'articolo è presente un'appendice, dedicata ad un'ipotesi di lavoro e di intervento con la
famiglia, al di fuori del contesto scolastico.
1. Il "caso" Omar, dati anagrafici
Nome: Omar
Età: 6 anni
Classe: prima elementare
Nazionalità: Senegalese
Dati significativi: il bambino è stato adottato all'età di 4 anni, insieme al fratellino di 3
Composizione del nucleo familiare: padre, madre, Omar e il fratellino (5 anni)
Ambiente familiare e socioculturale: medio-alto
Per motivi di privacy i dettagli relativi ai dati del bambino sono stati inventati.
2. Richiesta da parte delle insegnanti
La maestra di matematica segnala alla preside della scuola e alla psicologa scolastica una difficoltà nel gestire la dinamica
relazionale con Omar. Rispetto a questo viene per tanto indetta una riunione, al fine di rendere partecipi i genitori del comportamento del
figlio.
La riunione viene, quindi, richiesta dalla dirigente scolastica, su sollecitazione dell'insegnante di matematica, proprio per parlare del "caso"
Omar.
L'insegnante di italiano, in vista di questa riunione, si è presentata allo sportello di ascolto; aveva bisogno di un riscontro sulla
gestione della dinamica relazionale con Omar.
La maestra è preoccupata che il bambino sia stato etichettato dalla collega di matematica come un "problema" e teme che l'obiettivo sia
quello di mandarlo via, o cambiarlo di sezione. Secondo l'insegnante di matematica, infatti, il bambino è estremamente "problematico":
è difficile da gestire, disturba e si comporta male in classe. Inoltre ritiene che il bambino non sia molto curato dal punto di vista
dell'igiene personale.
Quello che emerge è la differenza di gestione della dinamica relazionale con il bambino e la diversa prospettiva tra le due
colleghe.
La richiesta delle insegnanti è, quindi, diversificata: la maestra di italiano si presenta allo sportello di ascolto con la
psicologa scolastica per chiedere un supporto e il suggerimento di strategie alternative al fine di gestire in maniera più funzionale
il rapporto con Omar; la maestra di matematica, invece, utilizza il tempo in cui la psicologa scolastica è in classe per lamentarsi del
rendimento del bambino, mostrandogli i quaderni rovinati (con grosse orecchie e senza copertina) e poco ordinati. Mostra inoltre con disappunto,
come si rileva dall'espressione del viso accigliata, il comportamento di Omar. Durante questo scambio il bambino, mentre la maestra parla con
la psicologa, è in piedi, saltella con un fischietto in bocca e richiama i compagni.
La richiesta esplicita da parte della maestra di italiano è la ricerca di strategie per la gestione di Omar, che si attua
attraverso una richiesta di aiuto diretta; questa maestra si mostra più ansiosa, ma anche effettivamente più preoccupata e
attenta alle esigenze del bambino e alle difficoltà della famiglia.
La richiesta della maestra di matematica è meno diretta e passa attraverso l'elenco dei comportamenti che non vanno bene. La sua
richiesta implicita è a mio avviso la ricerca di una conferma che il bambino possa essere effettivamente un problema, in quanto
di difficile gestione.
Anche durante il mio inserimento nella classe, la maestra di matematica rimanda alla continua delega di presa in carico di Omar. La maestra,
infatti, mi ha chiesto più volte la disponibilità di accompagnarli in gita, proprio per stare vicino al bambino. In un'altra
occasione mi dice che con Omar, ci vuole «polso duro» e che è necessario che tutti usino la stessa linea
d'intervento; aggiunge inoltre che visto che io sono nuova potrebbe approfittarsi di me.
Infine mi presenta alla classe con un ruolo normativo, in quanto mi affida il compito di avvisarla quando qualcuno si comporta male.
Vista la richiesta dell'insegnanti sono stata inserita, in qualità di tirocinante - psicologa, all'interno del contesto classe per
l'osservazione di Omar e delle dinamiche relazionali del bambino con i compagni e con l'insegnante.
Gli strumenti utilizzati per la rilevazione dei dati sono i seguenti:
- Osservazione del bambino nel contesto classe, in diversi momenti scolastici (nell'attività didattica, nell'attività ludica,
durante la ricreazione) e in palestra;
- Confronto con le maestre su determinate aree problematiche e punti di forza del bambino;
- Confronto con la psicologa scolastica.
3. Osservazione: Omar in classe
Alla prima osservazione Omar è molto vivace, in quanto è sempre in movimento: o gira per i banchi, o va dalla maestra per fare
vedere il compito. Anche quando rimane al suo posto gioca con i giocattoli o con le matite.
La prima volta che sono entrata in classe lui è venuto da me a portarmi la sedia e dopo avermi fatto vedere tutti i suoi giochi, libri
e quaderni, mi ha "tirato" in giro per la classe per farmi conoscere i suoi compagni.
I compagni e la maestra lo definiscono il "giullare", in quanto attira su di sé l'attenzione con comportamenti ludici e
giocherelloni. Non sempre si applica nello svolgimento dell'attività didattica. Molto spesso si rifiuta in maniera svogliata di scrivere,
preferisce giocare con qualche gioco portato da casa o girare per la classe per recuperare il materiale che gli occorre: matite, gomma, colla.
Il suo astuccio è vuoto.
Durante la lezione il bambino alterna comportamenti in cui si mostra molto attento e partecipe a momenti in cui invece non segue, ma gioca o
svolge attività non conformi al piano didattico. Nei casi in cui segue in maniera attenta, chiede di essere chiamato dalla maestra,
alzando la mano.
Quando mette in atto comportamenti non idonei alle regole scolastiche (ad esempio si alza senza permesso), si ferma solo alla "minaccia" di
avvertire la madre.
In diverse occasioni la maestra di matematica "utilizza" questo "ricatto" per farlo stare fermo; Omar di solito si ferma imbronciato e ricerca
conforto in altre figure: una volta è venuto da me e mi ha abbracciato.
Ricerca affetto in maniera continua mettendo in atto comportamenti che possono risultare aggressivi, ad esempio stringendo l'altro in un
abbraccio molto stretto.
Porta con sé a scuola tutti i quaderni finiti e l'astuccio vuoto. Questi quaderni sono spesso buttati per terra insieme all'astuccio.
4. Osservazione: area cognitiva, emotiva e motoria
- Area dell'intelligenza: buone capacità cognitive, svolge le attività didattiche senza problemi di comprensione. Risulta
leggermente più lento rispetto ai compagni nella lettura. Scrive in stampatello e in corsivo anche se per il corsivo gli occorre un po'
più di tempo. Mostra di seguire una logica personale nello svolgimento delle attività (ad esempio nel raggruppamento di oggetti,
non segue un ordine consequenziale). È in grado di svolgere le operazioni di addizione e sottrazione a mente o avvalendosi della linea
dei numeri riportata su cartelloni appesi in aula.
- Area degli interessi: ama molto le figurine degli animali, e le pistole; all'interno della classe, ha una migliore amica.
- Area dell'autonomia: il bambino ha raggiunto gli obiettivi conformi all'età: mangia da solo, sa indossare gli indumenti in
maniera autonoma, sale e scende le scale, conosce il posto del materiale scolastico in classe e se è necessario apre l'armadio e prende
i fogli e ciò che gli occorre.
- Area affettiva: il bambino manifesta il bisogno di affetto e conferme soprattutto da parte degli adulti significativi. La sicurezza
dell'aver fatto bene passa attraverso la conferma da parte dell'adulto significativo (la maestra, la madre, ecc.).
Contemporaneamente mette in atto comportamenti al di fuori delle regole, sfidando l'adulto attraverso atteggiamenti aggressivi (mi ha pestato
un piede, punto con la punta della matita, mi ha preso a testate, e allontana alcuni compagni quando sta svolgendo un'attività di gioco
da solo). Tuttavia in generale ha buone capacità relazionali ed è socievole, si circonda soprattutto di amicizie femminili.
- Area della motricità: Omar risulta adeguato nello svolgimento delle attività motorie rispetto ai compagni. Corre e non
ha alcuna difficoltà nei percorsi ad ostacoli; in palestra il bambino è in grado di compiere movimenti di coordinazione nelle
attività fini, ad esempio nel tiro al canestro. Anche in classe non ha difficoltà nell'uso delle forbici e nelle attività
manuali.
- Area comportamentale: difficilmente riesce a seguire attività senza distrarsi, infatti durante la lezione tende a non stare al
passo con i tempi degli altri, a meno che non sia gratificato dalla presenza di un adulto significativo che lo segue. Quando invece siede vicino
alla maestra per svolgere le operazioni, mostra una maggiore capacità di risolvere i problemi in tempi brevi, in linea con i compagni.
Dimostra di non riuscire a sopportare ritardi nella gratificazione; dall'osservazione in palestra emerge, infatti, che Omar tenta, in più
occasioni, di anticipare il suo turno per tirare a canestro senza rispettare la fila dei compagni e le regole del gioco.
Gli riesce difficile rimanere fermo durante la spiegazione dell'attività o seguire un comando. In palestra ad esempio quando tutti sono
in fila per tornare in classe, va a tirare a canestro ed è l'ultimo ad uscire.
5. Osservazione: Omar e la maestra di matematica, quale relazione?
Il rapporto con la maestra di matematica si muove all'interno della stessa ambivalenza, che si riscontra nella richiesta, da parte
di Omar, di affetto e di sfida.
Il bambino mostra diversi comportamenti in cui ricerca contatto fisico, si siede sulle ginocchia, abbraccia l'adulto e richiama la sua
attenzione; ad esempio vuole spesso svolgere le schede vicino alla maestra. A questo, come ho già detto, alterna modalità
aggressive. Dall'osservazione appare che il comportamento aggressivo è sempre finalizzato alla richiesta di attenzione e non è
mai fine a se stesso. Sembra un comportamento per mettere alla prova l'adulto.
In questa dinamica, la maestra di matematica sembra effettivamente poco incline a rispondere all'esigenza del bambino di essere visto;
nell'episodio nel quale i bambini dovevano leggere a turno su chiamata della maestra, Omar ha alzato ripetutamente la mano, prima di essere
chiamato.
La maestra si mostra inoltre estremamente svalutante e normativa nei confronti del bambino; utilizza più volte comandi
e frasi del tipo «hai sbagliato, smettila, non ... fare il giullare». Anche quando il bambino gli ha portato il libro
con delle pagine fatte in più, la maestra gli ha detto «hai sbagliato, non hai capito niente».
Questa modalità si alterna a giornate in cui la dinamica relazionale è differente.
Ad esempio, in un'altra occasione Omar si avvicina alla maestra, che lo coinvolge nell'attività didattica, chiedendogli di consegnare
delle schede ai compagni. Omar consegna le schede e poi si sistema vicino alla cattedra per svolgere a sua volta la scheda.
Omar svolge tutti gli esercizi da solo; cerca il mio aiuto solo quando la maestra si allontana da lui, per finire le ultime operazioni e
io cerco di motivarlo sul fatto che ce la può fare e, infatti, finisce la scheda. Nella lezione risulta attento e partecipe infatti la
maestra è piacevolmente sorpresa del fatto. La conseguenza di questa interazione termina con un rinforzo positivo della maestra, che
gli mette 10.
Ho chiesto a Omar se fosse contento, lui mi fa vedere tutto soddisfatto il quaderno con il voto e mi dice: «non me lo sono mai
meritato il 10».
In questo episodio, la relazione tra Omar e la maestra comporta soddisfazione per entrambi; la situazione può essere analizzata attraverso
una griglia di lettura, presa in prestito dalla teoria cognitivo comportamentale.
5.1 Uscire dalla disfunzionalità relazionale: il modello A-B-C
L'analisi di qualsiasi dinamica relazionale può essere fatta attraverso l'osservazione degli antecedenti e i conseguenti del
comportamento di Omar, al fine di comprendere quali fattori agevolano positivamente il rapporto tra Omar e la maestra.
Il presupposto teorico della tecnica si basa sul cosiddetto "Modello A-B-C", in cui B (Behaviour) è il comportamento target da
modificare, A (Antecedente) è la situazione che porta ad attivare il comportamento B, e C (Conseguente) è l'effetto che deriva
da B. Il conseguente C ha un effetto di rinforzo sul comportamento B, causando il mantenimento del comportamento, anche se problematico.
L'ipotesi prevede che modificando antecedenti e conseguenti di un comportamento poco funzionale si può modificare il comportamento in
questione.
In questo caso si utilizza il modello solo per avere un osservazione più chiara e precisa di ciò che avviene solitamente, quando
le interazioni tra la maestra e il bambino sono "sufficientemente buone".
Dall'analisi degli antecedenti, Omar si avvicina alla maestra e la maestra lo coinvolge nell'attività didattica, chiedendogli
di consegnare delle schede ai compagni (A).
Omar svolge tutti gli esercizi da solo e nella lezione risulta attento e partecipe (B).
La conseguenza di questa interazione termina con un rinforzo positivo della maestra, che gli mette 10 (C).
In questa situazione la maestra dice frasi del tipo «oggi gli gira bene» e rivolgendosi a lui gli dice
«non ti ci abituare, capito signorino?» (si riferisce al fatto di stare vicino a lei in cattedra), lui annuisce.
Nelle interazioni poco funzionali, invece, gli antecedenti sono diversi: la maestra ad esempio si mostra più svalutante e poco
incline ad accogliere il bisogno del bambino; Omar di conseguenza si mostra più distante emotivamente e non svolge l'attività
didattica.
Il Lavoro sulle sequenze di azione può aiutare gli adulti a vedere quale comportamento, da loro messo in atto, contribuisce
ad attivare nel bambino comportamenti funzionali al contesto e a favorire l'interazione.
6. Osservazione e valutazione: Omar "attraverso" il gioco
La valutazione di Omar è proseguita attraverso l'analisi dell'osservazione del bambino, durante l'attività di disegno
e durante il gioco di ruolo. Le ipotesi formulate nascono nell'ambito di una valutazione personale alla luce di quanto precedentemente
osservato e degli elementi a mia disposizione. Per queste ragioni sono proposte come possibili interpretazioni del comportamento di Omar.
Per quanto riguarda l'ipotesi di valutazione del disegno ho utilizzato i criteri generali del "Test della figura umana", test grafico, che
può essere utilizzato nella diagnosi di personalità all'interno di una batteria di test più ampia, al fine di valutare
alcune aree della personalità del soggetto.
6.1 I disegni di Omar
Nel primo incontro con Omar, alla richiesta di disegnare qualcosa, disegna se stesso e me. Il tratto si presenta molto marcato, anche la
fisionomia facciale dei personaggi è molto rigida (la bocca grande, il naso spigoloso, le pupille e gli occhi rimarcati, ecc.).
Per fare il disegno ha fatto prima dei puntini e poi li ha uniti, attraverso un sistema che gli insegnato il papà. Il disegno presenta
dei tratti cancellati. Anche i capelli sono a punta e il tratto nero è molto rimarcato.
Il disegno potrebbe rivelare una componente ansiosa e l'esigenza di controllare la propria rabbia e aggressività. Il fatto che Omar
non abbia disegnato le dita, e il disegno delle mani e dei piedi si presenta molto stilizzato, potrebbe indicare anche un livello di angoscia
latente e una difficoltà nell'espressione e nella gestione delle rabbia e dei sentimenti negativi.
Nonostante Omar utilizzi colori allegri, il tratto sembra tormentato e poco preciso (nel colorare esce spesso dai contorni del disegno).
La sua immagine è molto rigida soprattutto a livello delle spalle e non si è disegnato il collo. Inoltre mi ha chiesto di scrivere
il suo nome e poi lui l'ha riscritto e mi ha detto: «questa è il falso me-, indicando il nome scritto da me -, e
questa è quello vero», indicando il nome scritto da lui.
Questa frase potrebbe rivelare la necessità del bambino di mostrare agli altri un'immagine di sé, che non rispecchia
completamente come lui è in realtà. Deve fare ad esempio il "pagliaccio" per essere accettato.
Questa duplicità gli richiede un grande controllo e una rigidità, che il bambino mostra nella rappresentazione grafica: nelle
spalle, rigide e spigolose a differenza delle mie spioventi, nel disegno di altre parti del corpo (bocca, occhi ... spigolosi), nella
modalità di tratteggiare i contorni in modo rimarcato e seguendo uno schema, e nell'esigenza di cancellare e correggere più volte
quanto disegnato.
Durante l'intervento sul sistema classe è stato chiesto al bambino di disegnare un episodio in cui si è sentito arrabbiato; il
bambino mi ha risposto che lui non si arrabbia mai.
Alla fine della lezione ha consegnato alla maestra un foglio: Omar ha disegnato se stesso come re e la maestra di matematica come regina. Inoltre
ha disegnato un drago, da uccidere con una spada.
Nel disegno ci sono diverse cancellature, che possono indicare un'insicurezza e molti tratti ricalcati più volte e con forza. Questo
potrebbe rilevare un'aggressività, che comunque il bambino manifesta spesso nel gioco e nella relazione con gli altri.
6.2 Il gioco di ruolo: Omar nei panni di ...
In diverse occasioni ho avuto modo di osservare il bambino mentre gioca con i compagni.
Di seguito riporto gli episodi più significativi.
Una volta durante la ricreazione Omar e due bambine fanno un gioco di ruolo, nel quale ognuno dei bambini interpreta due personaggi.
I ruoli scelti da Omar sono quelli del padre e del figlio. Rimane più tempo nel ruolo del padre che si allena incessantemente per essere
più forte.
Ogni tanto rientra nel ruolo di bambino per richiedere affetto dalla "madre", una delle due bambine.
Quando la "madre" gli dice che deve continuare a fare il padre, lui dice no, perché «il padre è morto»,
spiega.
Nei panni del padre dirà alla "figlia" che devono parlare e che si merita uno schiaffo per quello che ha fatto. Alla richiesta della
motivazione da parte mia, lui risponde «perché sì».
Nel gioco simbolico alterna il personaggio del padre forte, che si allena e fa i pesi, al bambino che richiede le coccole e le attenzioni
da parte della "madre"; si mette nei panni di due personaggi opposti, il padre forte e il figlio che ricerca affetto. Tale duplicità
era emersa a mio avviso, anche nel disegno in cui aveva scritto il nome due volte, uno in relazione al vero sé, l'altro al falso, come
lui stesso aveva detto.
In seduta individuale con me mostra le stesse dinamiche nel gioco con le marionette: la figura maschile si dimostra alquanto critica,
svalutante e aggressiva nei confronti della marionetta bambino; esprime comandi senza dare spiegazioni e minaccia schiaffi e discorsetti di
chiarificazione sul comportamento del figlio.
La figura femminile è invece più accogliente e si prende cura del bambino.
Tale differenziazione di ruoli non rispecchia la realtà familiare: il padre, infatti, sembrerebbe più affettuoso della madre, che
invece è maggiormente rigida con il bambino.
Non ho avuto modo di conoscere i genitori, queste notizie sono quindi informazioni ottenute dal colloquio informale con le maestre e il riscontro
con la psicologa scolastica.
7. Dalla valutazione alla stesura del progetto di intervento
Come accennavo nell'introduzione, il progetto nasce come un'esercitazione personale all'interno dello stage; la psicologa scolastica (mia
tutor), mi ha chiesto di ipotizzare un progetto di intervento alla luce degli elementi osservati in aula. Ho steso io stessa il progetto, ma i
tempi dello stage (tre mesi) e l'avvicinarsi della fine dell'anno scolastico non hanno permesso di attuare sistematicamente il progetto, in ogni
sua parte. Mi sono quindi potuta sperimentare attivamente in alcune attività, di volta in volta concordate con la psicologa scolastica,
rispetto all'intervento sul gruppo classe e con il bambino.
Alla luce di quanto osservato e di quanto richiesto dalle insegnanti, si predispone un progetto d'intervento, strutturato come segue:
- destinatari e finalità del progetto
- obiettivi
- metodologia
- strumenti
- fasi e tempi
In chiusura di questa parte dell'articolo ho inserito un'appendice in cui presento una ipotesi di intervento, oltre il contesto scolastico,
dedicata al sostegno individuale e al lavoro terapeutico che potrebbe essere svolto con la famiglia e con il bambino. L'ipotesi presentata prende
spunto dalla bibliografia in merito all'adozione.
8. Progetto di intervento: destinatari, finalità, obiettivi e metodologia
Il progetto propone uno spazio di lavoro individuale con Omar e un intervento sul sistema classe. La classe è composta da 26 bambini,
di cui 14 femmine e 12 maschi. Nella mia ipotesi di lavoro l'intervento poteva essere svolto sempre da me, alternando settimanalmente il lavoro
individuale a quello del gruppo classe, per rispettare quanto più possibile i tempi didattici e non interferire troppo con le
attività della classe, evitando inoltre di uscire troppe volte con Omar per il lavoro individuale. Per questo motivo l'alternanza
settimanale mi sembra l'ipotesi di intervento più funzionale.
La finalità dell'intervento individuale è di migliorare e potenziare le capacità cognitive e attentive del
bambino.
Il progetto sul sistema classe si propone la finalità di promuovere un'adeguata percezione ed espressione delle emozioni proprie ed
un riconoscimento delle emozioni degli altri. Inoltre si propone di aiutare i bambini nella risoluzione di problemi interpersonali.
In merito agli obiettivi quelli che il progetto si pone con il bambino sono:
- migliorare i tempi di attenzione;
- lavorare sulla capacità di lettura e potenziamento di alcune capacità cognitive;
- aumentare la possibilità espressiva del bambino dal punto di vista emozionale;
- migliorare l'immagine che il bambino ha di sé;
- aumentare l'autostima e il senso di autoefficacia personale.
A livello di gruppo classe, gli obiettivi invece sono:
- migliorare la dinamica relazionale tra i compagni;
- lavorare sulla capacità di espressione della propria emotività;
- riconoscere il proprio vissuto emotivo e quello altrui;
- gestire le proprie emozioni;
- favorire nei bambini l'ascolto e la comprensione dei sentimenti altrui;
- aiutare nella risoluzione di problemi interpersonali.
Tale lavoro sul sistema classe è finalizzato ad accogliere e a dare risposta alle richieste emotive di Omar.
Alla luce delle osservazioni fatte si può ipotizzare che un lavoro sull'emotività all'interno del sistema classe possa
favorire l'integrazione del bambino, eviti l'utilizzo di etichette e predisponga all'espressione emotiva e alla capacità di gestire i
propri sentimenti di disagio e di conflitto interpersonale.
La metodologia adottata prevede una serie di interventi che operano a diversi livelli:
- un intervento di potenziamento cognitivo e di lavoro sul comportamento del singolo;
- un lavoro di riconoscimento ed espressione dell'emotività, attuato sul sistema classe.
La proposta di interventi a vari livelli (sul singolo e sul sistema classe, schema 1) può aumentare la possibilità di Omar
di sperimentarsi in un contesto protetto, come il gruppo classe.
Schema 1
9. Progetto di intervento: strumenti, fasi e tempi
Le attività possono essere svolte un giorno a settimana, una volta all'interno del contesto classe, e una volta, se possibile, in un
contesto dove viene favorita l'interazione diadica con il bambino soprattutto per l'intervento di potenziamento cognitivo.
Gli strumenti, che possono essere utilizzati, sono:
- Schede di lavoro per il potenziamento.
- Giochi di parole su temi di interesse del bambino.
- Lavoro sul ragionamento che il bambino fa nella risoluzione del compito, iniziare a pensare ad alta voce, avvalendosi dell'esempio di una
persona adulta, per poi operare in modo autonomo.
Il lavoro a livello comportamentale prevede in particolare un premio per i comportamenti adeguati, attuati dal bambino e un'ammonizione
rispetto ai comportamenti disfunzionali. Questo può avvenire sempre in forma di gioco utilizzando la tecnica del semaforo (cerchio rosso
per i comportamenti non adeguati e verdi per quelli adeguati) o l'utilizzo di cartelloni dei comportamenti (già presente in classe), con
i nomi di tutti i bambini.
L'utilità nell'impiego di tale cartellone è subordinata alla spiegazione dei comportamenti che sono ritenuti, dalla maestra e dai
bambini, come non adeguati.
Al fine di rendere il cartellone più funzionale si potrebbero utilizzare le seguenti accortezze:
- il cartellone delle regole dovrebbe essere posto vicino al cartellone di valutazione del comportamento;
- le regole dovrebbero essere scritte insieme al bambino;
- le regole dovrebbero essere poste in forma positiva, in modo che il bambino possa imparare un comportamento adeguato in alternativa a
quello proibito (es. «NON correre in classe» potrebbe essere sostituito da «all'interno della classe si
cammina»).
Il lavoro sul comportamento con Omar prevede inoltre l'introduzione di pause che spezzino i momenti di studio e di lavoro. Queste pause,
proposte al bambino dall'adulto, saranno finalizzate a rendere funzionale il bisogno del bambino di muoversi, sulla base di un compito assegnato
(buttare la carta, consegnare le schede ai compagni).
Per il lavoro sull'espressione emotiva, gli strumenti da utilizzare possono essere i seguenti: letture di storie e racconti, disegno,
al fine di elaborare il vissuto emotivo relativo al tema trattato, confronto di gruppo.
All'interno di questo lavoro è possibile utilizzare la metodologia del Problem Solving (soluzione di problemi): inteso come processo
psicologico relazionale che rende disponibile una varietà di alternative di risposta ai problemi quotidiani (es. un bambino mi distrae
mentre io sto cercando di seguire la lezione, cosa posso fare?) e aumenta la possibilità di scegliere la risposta più efficace
tra le varie alternative.
Si possono utilizzare le seguenti fasi:
- identificare il problema;
- generare soluzioni alternative;
- riflettere sulle possibili conseguenze;
- selezionare una soluzione.
La soluzione scelta non deve essere decisa dall'adulto, ma nascere dalle riflessione di tutti gli alunni e dovrebbe rappresentare la scelta
del gruppo-classe. Proprio questa riflessione sulle conseguenze di un'azione, che si realizza senza giudizi e valutazioni, aiuta i bambini a
vedere la realtà sotto diversi punti di vista, attivando un comportamento responsabile.
Esemplificazione dell'intervento sul sistema classe; esempio di intervento sul tema della rabbia:
- Tema: rabbia
- Sollecitazioni sul tema e capacità di riconoscere la rabbia: espressione del viso arrabbiato e racconto di episodi in cui il bambino
si è sentito arrabbiato.
- Problem solving: scegliere un problema emerso nella discussione precedente e discutere sui possibili modi per risolverlo.
- Racconto di una storia a tema.
- Elaborazione del tema e riscontro sul piano personale: disegno dell'episodio in cui si sono sentiti arrabbiati.
- Conclusione: come ti senti oggi?
Conclusioni
Ritengo che l'esperienza formativa svolta all'interno dello stage, mi abbia regalato molto in termini di crescita professionale, permettendomi
di sperimentare l'esperienza di conduzione dell'intervento all'interno del sistema classe, di sostegno psicologico ed emotivo con il bambino, e
la realizzazione di un progetto d'intervento in tutte le sue fasi.
L'esperienza formativa, inoltre, mi ha arricchito molto dal punto di vista umano ed emotivo, rendendomi consapevole di alcuni miei punti forza,
da utilizzare come risorsa, e di punti di debolezza, sui quali è possibile lavorare.
La possibilità di sperimentarsi e mettersi in gioco è avvenuta all'interno di un contesto "protetto", arricchito dal
confronto continuo con la psicologa scolastica e i colleghi del corso. Rispetto al lavoro con Omar, ho trovato molto utile l'inserimento di
pause durante lo svolgimento dell'attività didattica, dopo aver fatto una certa quantità di lavoro. Attraverso questo lavoro,
a mio avviso, il bambino riusciva a concentrarsi meglio e a dilazionare con meno frustrazione il tempo durante il quale doveva stare seduto
a scrivere.
Naturalmente un comportamento per essere acquisito deve essere praticato in maniera costante e possibilmente generalizzato all'interno di
diversi contesti. Sarebbe stato funzionale estendere la stessa modalità di comportamento anche a casa e ancora meglio se fosse praticata
da tutte le insegnanti. Come si è visto nell'esempio riportato sopra, quando la maestra di matematica ha coinvolto Omar nella consegna
delle schede ai compagni, il bambino ha avuto meno difficoltà a concentrarsi sul compito e l'interazione tra i due è stata molto
positiva e funzionale. Il bambino sembra avere bisogno di attenzione, coinvolgimento e contenimento del suo comportamento disfunzionale
all'interno di attività, strutturate per lui dall'adulto.
Appendice
Oltre l'intervento scolastico: ipotesi di lavoro terapeutico
Al di fuori del contesto scolastico si potrebbe ipotizzare un lavoro terapeutico con la famiglia e con il bambino (vedi schema 2), che porti
avanti in parte gli stessi obiettivi descritti nel progetto, ma che, nel caso di Omar e della sua famiglia, tenga conto della necessità
di elaborare un duplice "lutto": quello dei genitori, che molto probabilmente devono fare i conti con l'impossibilità di avere
un figlio proprio, e quello del bambino, che porta con sé la ferita di essere stato abbandonato dai genitori naturali.
Omar, infatti, è un bambino adottato. L'adozione tocca direttamente la sfera intima, sia per il bambino, che ha vissuto la dimensione
dell'abbandono, sia per la coppia, che vede l'adozione come opportunità di formare un nucleo familiare.
Ovviamente quanto verrà descritto di seguito prende spunto da un'ipotesi interpretativa di lavoro tratta dalla letteratura in
merito all'adozione. Tutte le ipotesi prospettate di seguito dovrebbero essere convalidate attraverso il colloquio clinico con la famiglia.
Non ho infatti dati in merito a come la famiglia stia gestendo e formulando il "patto adottivo". Attraverso i comportamenti aggressivi
e le continue richieste di affetto, Omar mostra l'esigenza di essere riconosciuto e accettato. Inoltre sollecita l'attenzione dell'adulto, nel
supporto per le attività e ricerca sostegno e approvazione.
Questo atteggiamento si riscontra spesso nei bambini adottati, che mettono in atto una serie di comportamenti, naturali in una situazione
post-trauma, per verificare la veridicità di quanto effettivamente gli stanno dicendo i nuovi genitori.
Il comportamento di Omar potrebbe far presupporre una ritualizzazione del trauma originario, legato alla perdita, ravvisabile nelle ricorrenti
azioni aggressive, chiusure e provocazioni. Tuttavia tale comportamento, oltre ad avere una funzione di verifica, può creare nel bambino
il senso di colpa e la paura di un ulteriore abbandono. Per questo Omar tende ad alternare comportamenti aggressivi, alla richiesta esagerata
d'affetto.
Schema 2
La paura di un nuovo abbandono è frequente nei bambini adottati, in quanto l'inaffidabilità dei genitori naturali
porterà il bambino a percepire con un certa sfiducia e titubanza anche i nuovi genitori.
I "nuovi" genitori devono aiutare il bambino a percepirsi come persona capace di agire autonomamente. Il bambino si percepirà in modo
positivo, se i genitori risponderanno ai suoi bisogni di sostegno e autonomia, permettendogli di esplorare il mondo.
Le aspettative molto elevate dei genitori e dell'ambiente (come ad esempio del contesto scolastico) rispetto al bambino, lo porteranno
ad una valutazione negativa di sé e questa percezione potrebbe aggravarsi nel caso ci sia l'impossibilità di elaborare il lutto
di essere stato abbandonato dalla famiglia d'origine.
Le aspettative eccessive da parte del genitore sul piano affettivo e su quello del rendimento scolastico, possono gravare, anche in seguito,
sulle possibilità di Omar di essere autonomo; le sue scelte saranno condizionate dalle mete imposte dal genitore.
La valutazione che il bambino fa di sé, in termini positivi o negativi, passa quindi attraverso gli occhi dei genitori. Come si è
visto, negli episodi raccontati, Omar ricerca spesso conferma e riconoscimento delle proprie capacità, attraverso l'approvazione degli
adulti significativi.
Un altro aspetto da considerare è legato all'età in cui Omar è stato adottato: intorno ai tre anni. Tra i sei e
gli otto mesi, i comportamenti di attaccamento (ricerca di prossimità, comportamenti di richiamo, ricerca di protezione) si organizzano
in un sistema coerente, verso una figura specifica, che di solito è la madre. Qualsiasi adozione successiva a questa fase, potrà
risentire di un maggiore disagio da parte del bambino.
In generale il periodo in cui il bambino adottato comincia ad andare a scuola può essere alquanto difficile da affrontare. Il confronto
con i coetanei e la paura di fare brutta figura, spinge i genitori a cercare un legame maggiormente orientato alla coercizione, al fine di aumentare
il rendimento scolastico, piuttosto che sul piano affettivo di accoglienza del bisogno emotivo.
Omar sta frequentando proprio il primo anno di scuola elementare e si potrebbe presumere che stia vivendo una situazione analoga, nei termini
di una maggiore attenzione da parte dei genitori a quello che è il suo comportamento e il rendimento scolastico, piuttosto al bisogno
di attenzione e affetto.
Inoltre, nell'età scolare, il bambino inizia a rendersi conto del rapporto tra l'essere stati adottati e l'abbandono; è
in questo momento che il bambino si pone le prime domande sul perché è stato abbandonato. La gestione di questo primo periodo
è fondamentale nella possibilità successiva del bambino di mettere insieme le parti della sua storia.
A scuola, Omar porta con sé tutti i suoi libri e i quaderni finiti, molto rovinati, senza copertina, quasi a voler esprimere il bisogno
di doversi portare tutto con sé e fermarsi su quello che ha. Il bambino adottato rompe il legame di attaccamento primario, cambia il suo
cognome ed è sradicato dal posto in cui è nato e vissuto; nel caso di Omar, inoltre, il bambino si trova in un contesto culturale
e sociale diverso.
I nuovi genitori devono sostituire i genitori naturali, fornendo al bambino una base sicura. L'esperienza dell'abbandono potrebbe aver marcato
profondamente l'esistenza di Omar che, se pur confortato dall'affetto dei nuovi genitori, sente il bisogno di metterli alla prova.
Molto probabilmente i genitori di Omar dovranno iniziare a raccontare al figlio la verità sulle origini e favorire il processo
d'individuazione. Tale processo del bambino è imprescindibile dalla necessità del bambino stesso di essere informato sulla sua
condizione di adottato, per integrare la sua storia ed elaborare il trauma dell'abbandono.
Rispetto a questo tuttavia non ho informazioni in merito a cosa i genitori abbiano raccontato al figlio rispetto all'adozione, né se il
bambino sappia di essere stato adottato.
Il vissuto relativo all'origine del bambino è spesso un argomento complicato da affrontare. Far crescere il bambino con la
consapevolezza della sua origine, tuttavia, permette di percepire l'adozione come evento naturale.
Per esplorare il vissuto degli adulti e del bambino, il lavoro terapeutico con le famiglie e il sostegno emotivo al bambino può essere
fondamentale soprattutto nei periodi di maggiore criticità, come l'entrata del bambino nella scuola primaria.
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