HT: La Psicologia per Professionisti Processi di memoria tra psicoanalisi e neuroscienze | |||||||
Home Psico-Pratika | Articoli PsicologiaPsicologia ClinicaPsicologia del LavoroRisorse Psy | ||||||
HT Psicologia Network
Psicologia-Psicoterapia.it
CIPsPsIA - Centro Italiano di Psicoterapia Psicoanalitica per l'Infanzia e l'Adolescenza Corso di alta formazione in Psicoterapia Psicoanalitica per l'Infanzia e l'Adolescenza - Roma e Online CMP: Centro Medicina Psicosomatica - Gruppo Prometeo Corso intensivo di Ipnosi in Sessuologia - Milano Institute of Constructivist Psychology srl - Scuola di Psicoterapia Costruttivista Scuola di specializzazione in Psicoterapia - Padova e Bolzano APL - Psicologi della Lombardia
Master di Psicomotricità clinica e della riabilitazione neuropsicologica - Online PsicoCitta.it
|
Processi di memoria tra psicoanalisi e neuroscienzeL'articolo "Processi di memoria tra psicoanalisi e neuroscienze" parla di:
Articolo: 'Processi di memoria tra psicoanalisi e neuroscienze'A cura di: Luciana Morelli
PremessaSono molto interessata ai processi di memoria, soprattutto di quella del trauma psichico, che ho qui cercato di cogliere nell'interfaccia tra psicoanalisi e neurobiologia. Dall'arte della memoria alle scienze della memoria: primi modelliL'arte della memoria - come ars memorativa, memoria tecnica, mnemotecnica - ha avuto un ruolo centrale fino al Rinascimento, per tramontare
poi nell'età illuminista.
L'approccio neurologico, teso alla collocazione delle diverse facoltà nelle varie parti cerebrali, è stato inaugurato, nel 1861, da Broca a cui si deve la nascita della scienza anatomica della memoria. Ebbinghaus, nel 1885, applicando alla memoria umana il metodo sperimentale, ne ha studiato invece i meccanismi della rievocazione e dell'oblio, segnando la nascita della scienza statistica della memoria. Contemporaneamente Ribot affrontava lo studio psicologico delle patologie della memoria come la dimenticanza e l'amnesia, compresa quella traumatica, formulando la legge omonima da lui definita di "regressione". Nella dissoluzione della memoria, individuava infatti "una regressione dal complesso al semplice, dal volontario all'automatico, dal meno organizzato al meglio organizzato" (Ribot 1881, p.164) per cui i ricordi più instabili sono quelli recenti. Con un tratto di sensibilità moderna, sottolineava già allora come anche ciò che abbiamo dimenticato sia importante nel formare il nostro carattere, la nostra personalità. A questi tre approcci ottocenteschi si sono aggiunti, nel XX° secolo, anche quello biologico e quello della memoria informatica, nelle varie branche della scienza cognitiva, associata a teorie influenzate dallo sviluppo ed uso del computer e dal nuovo linguaggio dell'elaborazione dell'informazione. L'approccio di Ebbinghaus ha dominato lo studio della memoria fino agli anni '60 in Nord America dove più viva era la preoccupazione
per il controllo sperimentale. Note storico-critiche sul concetto di memoria nell'opera di FreudLa psicoanalisi nasce intorno alla memoria, al problema del ricordo. Nello stesso periodo descrive il complesso snodarsi delle catene mnestiche nei percorsi a ritroso delle associazioni mentali relative ai ricordi delle scene traumatiche (Freud, Breuer 1892-95) Freud distingue quattro tipi di ricordi:
Nel sottolineare l'importanza patogena di eventi ed impressioni traumatici della prima infanzia, dimenticati perché rimossi, ma capaci
di lasciare tracce indelebili nella nostra mente, Freud "sembra intuire il concetto di memoria implicita", come ha notato Mancia,
anche se vi si riferisce per validare la sua ipotesi di rimozione, fondante l'inconscio. In vari decenni la concezione freudiana della memoria si evolve poi da una visione prevalentemente economico-energetica, centrata sul ruolo dei neuroni e sulla trasmissione reciproca dei segnali ad una visione sostanzialmente topica che presuppone l'esistenza di sistemi. Nelle opere di Freud la memoria si presenta a volte statica, localizzata, basata su tracce mnestiche fisse che si attivano nei ricordi, altre volte è invece dinamica, organizzata in modo distribuito e capace di continue ricategorizzazioni, anticipando le più recenti teorie e acquisizioni. Legato alla concezione del suo tempo, ritiene possibile il recupero del ricordo risalente a qualsiasi periodo di vita. Oggi ciò non è sostenibile perché sappiamo che la memoria è un insieme di sistemi diversi fra loro e scaglionati
in tempi differenti. Ma quella transgenerazionale rappresenta anche una forma agìta di memoria dove contenuti, spesso traumatici, sono trasmessi e incorporati, senza la possibilità di essere assimilati e trasformati. Penso quindi che costituisca un'importante chiave di comprensione di patologie in cui l'incapacità di simbolizzare si manifesta con un materiale non elaborato dal genitore o dalla coppia parentale. I ricordi del trauma, fissati nel corpo come memorie fisico-emozionali, possono passare alle generazioni successive, in una forma agìta di memoria, non elaborata, né simbolizzata nei suoi contenuti. È il caso delle memorie implicite, dei vissuti precoci cioè di cui non c'è ricordo esplicito che, riattivandosi inconsapevolmente nella situazione di accudimento, determinano la trasmissione di schemi comportamentali dai genitori ai figli. L'aprirsi della psicoanalisi a setting come i gruppi, le coppie, le famiglie ha permesso di rivisitare la concezione della memoria del trauma rivelando elementi traumatici non espressi attraverso le parole e non elaborati che, invece di essere assimilati, si ripetono e riattualizzano in acting out, si trasmettono transgenerazionalmente, si depositano sotto forma di segreti familiari patogeni. Anche il contributo della teoria dell'attaccamento nel mettere in luce i modelli che i genitori, senza esserne consapevoli, adottano nell'accudire e porsi in relazione con il bambino, ha evidenziato l'importanza delle memorie implicite di chi se ne prende cura, memorie dissociate e non integrate con il resto dell'esperienza. Memoria state-dependentLo stesso stimolo è trattato in modi diversi dalla stessa persona a seconda dello stato soggettivo, emozionale che è attivo
in quel momento e che influenza la formazione del ricordo. Lo stimolo ricevuto in un determinato stato o situazione si ricorda meglio quando
si ripresenta questo stesso stato, possiamo cioè dire con Bower, che è dipendente da esso. Lo stato emotivo costituisce di solito anche la ragione per cui un ricordo dimenticato può riaffiorare ed essere recuperato. I ricordi spesso emergono quando si creano stati d'animo o umori che in origine erano collegati al momento in cui si era formato il ricordo (...) Ma lo stimolo più potente per far riaffiorare un ricordo traumatico è (...) uno spunto percettivo". Percezioni visive, uditive sono occasioni per far emergere ricordi sepolti, per segnalare sprazzi di esperienze passate. Tali memorie dipendono
da condizioni particolari, vengono cioè rivissute in situazioni che ripropongono stimolazioni affettive simili. La memoria traumatica è quindi "state - dependent", nel senso che uno stato di accresciuta attivazione fa riemergere ricordi relativi all'esperienza traumatica, scatenando stati affettivi ed immagini visive associati ad esso. Anche Van der Kolk sostiene che i ricordi sono riattivati quando una persona è esposta ad una situazione o si trova in uno stato somatico che richiama quello presente al momento in cui il ricordo traumatico originario è stato immagazzinato. Ricerche in psicologia cognitiva sulla memoria "state-dependent" hanno confermato che affetti e cognizioni sono immagazzinati insieme. Quindi, per trattenere un'impressione, un affetto penoso fuori della consapevolezza, anche gli elementi cognitivi devono esserne mantenuti fuori. Un modo per farlo è quello di trattare i ricordi come fossero quelli di qualcun altro, come accade negli episodi dissociativi oppure come se l'evento, l'esperienza non fossero accaduti del tutto, come nell'amnesia traumatica. Contributo della neurobiologia allo studio della memoria traumaticaL'approccio neurologico allo studio della memoria ha molto risentito dei progressi tecnologici del XX° secolo che hanno permesso ricerche
inimmaginabili nel secolo precedente. Riguardo in particolare allo studio della memoria in relazione alle emozioni, va ricordata, a metà
del XX° secolo, la teoria del "sistema limbico" proposta e sistematizzata da Mac Lean nel corso di quasi mezzo secolo (1949-1990)
e abbracciante i risultati di neuroscienze, psicologia, psichiatria. Secondo la teoria del "cervello trino" (1990), l'organizzazione cerebrale riflette una sequenza evolutiva dalle parti più semplici e arcaiche a quelle più complesse e recenti: il primo cervello "rettiliano" per le funzioni istintuali, riflesse (tronco encefalico), il "paleomammifero" per le funzioni appetitivo-emotive (diencefalo) e il terzo cervello "neomammifero" per le funzioni cognitive superiori (neocorteccia) sempre più sviluppato nei primati e soprattutto nell'uomo. Il "secondo cervello" sarebbe appunto costituito dalle strutture del sistema limbico, luogo anatomo-fisiologico dell'attivazione emozionale. Tale teoria così duratura e fortunata è stata messa in discussione quindici anni fa dal neurobiologo LeDoux, il cui testo sul
cervello emotivo (LeDoux 1996) ho trovato significativo e stimolante come confluenza di diversi livelli di ricerca e di molteplici motivi
dibattuti a lungo in vari contesti disciplinari, dalla neurobiologia alla psicologia, dall'evoluzionismo e l'etologia alla filosofia. Dopo una
trentennale ricerca sui meccanismi cerebrali delle emozioni e in particolare della paura, iniziata quando pochi altri neuroscienziati se ne
interessavano, LeDoux critica il concetto di sistema limbico proposto da MacLean, alla luce delle conoscenze empirico-sperimentali acquisite
nel periodo seguente. Però rimane valida l'idea che le emozioni possano provenire dal cervello, considerato nella prospettiva dell'evoluzione. D'altra parte
anche se, come afferma LeDoux, non esiste il sistema limbico, esistono molteplici strutture che sono rilevanti per i processi emotivi, anche se
connesse in modo più complesso a livello orizzontale e verticale, invece che in un solo sistema. In particolare, una di queste strutture,
l'amigdala, vi ha un ruolo fondamentale, come archivio della memoria emozionale, relativo in particolare alla paura. Nella lunga ricerca
che ha portato a questa scoperta, LeDoux ha studiato le due vie indipendenti che un segnale associato ad una situazione di pericolo percorre dal
talamo verso l'amigdala oppure verso la corteccia. La prima via, la "low road", l'inferiore, la subcorticale talamo-amigdala e poi
amigdala-ipotalamo è un sistema di elaborazione veloce e impreciso, volto ad attivare le risposte somatiche e quindi con un immediato
valore di sopravvivenza. Sistemi di memoriaCiò che la neurobiologia ha insegnato è che la memoria umana non è un deposito da cui prelevare pezzi, un magazzino statico di dati, quale la memoria fissa di un computer; al contrario è un processo dinamico, è una memoria categoriale e ritrascrittiva, come sostenuto negli anni '90 da Edelman ma del resto già intuito più di un secolo fa da Freud. Elemento che trovo molto importante nella teoria psicoanalitica della rappresentazione è infatti la Nachträglichkeit, termine che
può essere tradotto in italiano come "posteriorità" e che si può intendere come revisione di un evento traumatico,
non elaborato ed integrato al momento in cui è avvenuto, revisione effettuata in periodi successivi dello sviluppo evolutivo, secondo
Freud spesso al raggiungimento della maturità sessuale. Una famosa esemplificazione di questo costrutto la ritroviamo nel caso dell'uomo dei lupi, in cui è ricostruita un'ipotetica
scena primaria, osservata dal paziente all'età di un anno e mezzo e riattivata da un sogno all'età di quattro anni. In realtà nel nostro cervello non ci sono ricordi specifici, ma solo i mezzi per riorganizzare eventi ed impressioni passati come
messo in evidenza dal concetto di mappe di memoria. La teoria della selezione dei gruppi neuronali (TSGN), teoria biologica della mente
nota come darwinismo neuronale proposta da Edelman (1989), ha contribuito alla comprensione delle basi biologiche, neurali dei fenomeni
psicologici e della coscienza tenendo globalmente conto dei dati della neurofisiologia e della psicologia. La visione attuale della memoria umana come processo attivo, complesso e flessibile, in una "plasticità neuronale", è ben diversa
dalla concezione rigida della mente umana come passivo ricettore di stimoli, propria di un secolo fa. In seguito, negli anni '70, è stata descritta la suddivisione della MLT in memoria semantica e memoria episodica. Negli ultimi decenni, particolare attenzione è stata dedicata alla distinzione tra memoria dichiarativa e procedurale introdotta
da Cohen e tra memoria esplicita ed implicita che si deve a Schacter. La memoria implicita, non verbale, è mediata da molti sistemi tra cui quello della paura che comprende amigdala e aree collegate, la cui attività risulta nell'espressione di risposte emotive di difesa, è più precoce e tende a lasciare un'impronta indelebile. "L'innesco appreso" - attraverso il sistema dell'amigdala - "apre la diga dell'eccitazione emotiva, accende le risposte fisiche associate alla paura e alla difesa. I ricordi traumatici inconsci di paura, stabiliti attraverso l'amigdala e le sue connessioni, sembrano impressi a fuoco nel cervello ed è probabile che ci accompagnino per tutta la vita". La memoria esplicita, dichiarativa, di tipo verbale, mediata dal solo lobo temporale, opera attraverso circuiti sensoriali che conducono all'ippocampo e poi alla corteccia e si forma verso i tre anni. Sono scarsi i ricordi dichiarativi, narrativi prima di quest'età. I dati provenienti dalle ricerche delle neuroscienze tenderebbero a confermare quindi l'amnesia infantile di cui per primo parlò
Freud. Bibliografia
Cosa ne pensi? Lascia un commento
|
||||||
P.IVA 03661210405 © 2001-2024 |
HT Psicologia - Processi di memoria tra psicoanalisi e neuroscienze |