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Lutto e identità personale di chi resta

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Lutto e identità personale di chi resta
Il lutto e la dimensione dello spazio, del tempo, del corpo e del mondo

L'articolo "Lutto e identità personale di chi resta" parla di:

  • L'immagine di sé interiorizzata del bambino
  • Lutto e mutamento dell'identità personale
  • Il modo di percepire lo spazio, il tempo, il sé e l'altro
Psico-Pratika:
Numero 212 Anno 2024

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Articolo: 'Lutto e identità personale di chi resta
Il lutto e la dimensione dello spazio, del tempo, del corpo e del mondo'

A cura di: Rita Imbrescia
    INDICE: Lutto e identità personale di chi resta
  • Introduzione
  • La dimensione dello spazio: come cambia l'orizzonte esistenziale
  • La dimensione del tempo: come cambia l'orologio interno
  • La dimensione del corpo: come cambia la percezione di sé
  • La dimensione del mondo: come cambia la relazione con l'altro da sé
  • Conclusioni
  • Bibliografia
  • Altre letture su HT
Introduzione

"Scrivere del lutto è dunque un cominciare a ritrovare e guardare da vicino ciò che resta di un tempo della propria vita che forse era appena ieri, o forse un millennio fa. Non si sa più quando. Anche il tempo è sovvertito. È un viaggiare tra quello che non c'è più, ed è ancora più intensamente vivo proprio perché non c'è più. Nella lacerazione della nostalgia, del dolore, della colpa, della rabbia, dell'amore e della gratitudine" (Maria Luisa Algini, 2011)

A volte la storia della persona che arriva al nostro studio ha a che fare con l'esperienza del lutto e della perdita. Come Psicologi e come Psicoterapeuti, iniziamo a preparare il terreno per avvicinarci al vissuto della persona in lutto chiedendoci in quali luoghi sconosciuti ci scaraventa la perdita di una persona cara. Questa esperienza di perdita si intreccia profondamente con l'immagine che si ha di sé.
L'esperienza che facciamo di noi stessi, la persona in cui ci riconosciamo e con cui siamo identificati si struttura fin dai primi momenti e acquisisce un senso di solidità nel corso della vita attraverso lo sguardo dell'altro significativo.
Il bambino forma l'immagine di sé attraverso quello che lo sguardo dei suoi genitori gli rimandano quando si relazionano con lui. Quello sguardo congiunto è per lui lo sguardo del mondo nei primissimi anni di vita e getta le basi perché possa costruire o meno, una percezione e un riconoscimento di se stesso come persona viva e visibile.
Crescendo quello sguardo verrà confermato o disconfermato dalle sue esperienze relazionali salienti che potranno contribuire a irrobustire questa prima immagine interiorizzata sulla quale si innesta il nucleo identitario, ovvero il riconoscimento di sé come persona amata e amabile.
È chiaro quindi che quando un altro significativo muore, l'immagine che ci eravamo costruiti di noi stessi e del mondo si incrina, e ci rendiamo conto che tutto ciò che fino a quel momento consideravamo ovvio, non può più esserlo. Chi rimane è perciò costretto a stabilire innanzitutto un nuovo rapporto con se stesso: "il mondo diventa un altro. La vita un'altra vita. L'identità un'altra identità" (Maria Luisa Algini, 2011).

Se la comprensione del mutamento dell'identità personale è l'uscio che ci fa intravedere il vissuto della persona in lutto, per entrarci dentro ci soffermeremo rispettivamente su come cambia il modo di percepire lo spazio, il tempo, il corpo e il mondo.

La dimensione dello spazio: come cambia l'orizzonte esistenziale

Lo spazio è una delle dimensioni dell'esistenza che nell'esperienza del lutto si modifica. La perdita cambia il modo in cui la persona lo percepisce sia dentro di sé che intorno a sé.

Lo spazio interno - quello in cui le immagini interiorizzate, le esperienze vissute, le memorie corporee ed emotive trovano posto e continuano ad avere un ruolo pregnante nei diversi momenti di vita - subisce una contrazione potente e sarà tanto più brusca e traumatica quanto più la perdita è avvenuta in maniera improvvisa, violenta e del tutto inaspettata. È comprensibile dunque che se lo spazio dentro di sé è contratto, la persona si avvicinerà allo spazio intorno a sé in un modo diverso: come se per accedervi di nuovo dovesse uscire da una strettoia che riduce il panorama all'interno del quale può svolgersi, da quel momento in poi, la propria quotidianità. Di conseguenza l'orizzonte verso cui rivolgersi per dare un'intenzione alla vita e sentire di viverla, si ripiega su sé stesso rendendo per la persona in lutto molto faticoso e impervio intravedere una via sulla quale camminare.

La dimensione del tempo: come cambia l'orologio interno
Lutto e identità personale di chi resta

Quando parliamo del tempo come dimensione esistenziale ci riferiamo alla modalità con cui la persona vive gli accadimenti che la riguardano inserendoli dentro un periodo che ha un inizio, uno svolgimento e una fine. È così che creiamo nessi di significato tra i momenti vissuti (il passato), le situazioni di oggi (il presente) e tutto ciò che immaginiamo sia ancora da vivere (il futuro). È inserendo questi punti di contatto tra le pieghe della nostra storia che le esperienze possono avere per noi un prima e un dopo e darci la sensazione tangibile che qualcosa accade.

Nell'esperienza del lutto questa trama invisibile, che silenziosa fa da sfondo agli eventi e dona loro un senso intimo, profondo ed esprimibile, si sfila. I momenti allora iniziano a susseguirsi senza una collocazione comprensibile, non solo per la persona direttamente coinvolta ma anche per quanti le ruotano intorno in quel frangente: i suoi gesti così familiari prima di quella perdita diventano sconnessi, privi di una sequenzialità orientata a uno scopo, la notte pare allungarsi e non passare mai, i minuti del giorno sembrano dilatati all'infinito e contemporaneamente il dolore che li pervade sembra urlare l'urgenza di fare qualcosa, qualunque cosa pur di trovare pace, pur di decelerare i battiti del cuore che sembra voler uscire dal petto con prepotenza. Le ore che passano aggiornano soltanto il tempo che è trascorso per gli altri, per la persona in lutto non si susseguono più, ritornano eternamente uguali a se stesse come se ogni momento fosse la ripetizione senza scampo del precedente.
Anche l'attenzione è disorganizzata, la capacità di concentrarsi e di canalizzare le proprie risorse su un compito preciso presenta delle interruzioni che ricalcano da fuori la spaccatura che è dentro di sé. All'interno di questo scenario la prospettiva si perde assieme alla dimensione temporale della speranza che ad essa è inevitabilmente legata.

La dimensione del corpo: come cambia la percezione di sé

Un concetto chiave rispetto alla dimensione esistenziale del corpo è quello evidenziato da Galimberti (Galimberti, 2003) quando ci ricorda che è attraverso il movimento del corpo che impariamo a governare l'orientarci nel mondo. Se immaginiamo un bambino intento a esplorare per la prima volta l'ambiente attorno a sé e lo vediamo procedere gattonando ci renderemo facilmente conto del fatto che impara come fermarsi e quando farlo in base alla lunghezza e ampiezza dei movimenti che attraverso le sue ginocchia e le sue mani compie sul pavimento. Quando si sposterà nelle volte successive, il suo corpo, che è lo strumento attraverso cui esplora, gli fornirà le memorie utili a riconoscere le distanze e lo aiuterà così a evitare di sbattere o incespicare.
Se dunque il corpo è il tramite che ci permette di percepire lo svolgersi della vita in un tempo e in uno spazio, il lutto, stravolgendo la percezione di sé, mina temporaneamente nella persona che resta la capacità di accedere senza alcuno sforzo volontario a quelle memorie corporee e implicite cui fa riferimento implicitamente il bambino per ri-conoscere il mondo, non proponendolo più ai suoi occhi come un posto sicuro e ancora abitabile.

La dimensione del mondo: come cambia la relazione con l'altro da sé

È esperienza comune constatare come in base a quello che stiamo vivendo in un dato periodo ci sentiamo più o meno aperti al mondo e disponibili a incontrare persone e relazionarci con loro. Ci sono momenti in cui ci chiudiamo e momenti in cui ci riaffacciamo al mondo ed è proprio questa danza naturalmente ciclica tra isolamento e relazione che si interrompe nella persona in lutto. Secondo Perls (Perls, 1951) noi percepiamo la realtà in base al principio figura/sfondo: un'immagine o un oggetto (interno o esterno) sono in primo piano e una volta soddisfatto, quel bisogno passerà sullo sfondo lasciando il primo piano libero per altre attività.
Perché questa dinamica avvenga fluidamente c'é bisogno della nostra disponibilità a cogliere ciò che ci arriva dal mondo interno (figure) e si distingue (dallo sfondo) in termini di emozioni che salgono in superficie, sensazioni che affiorano nel corpo, pensieri che si fanno largo, desideri che arrivano e/o ritornano. Quando la persona vive un lutto, soprattutto nei primi tempi, il primo piano è sempre occupato. Non c'è posto per figure diverse da quella di chi abbiamo perduto. Rabbia, dolore, nostalgia colonizzano ogni angolo della mente rendendo fissa la scena del "senza di te" che blocca l'avanzamento della pellicola nel film della propria storia personale.

Conclusioni

È all'interno della profonda comprensione del modo in cui le dimensioni dell'esistenza umana (spazio, tempo, corpo, mondo) cambiano quando si vive l'esperienza della perdita, che possiamo avvicinarci alla persona in lutto senza che lei ci percepisca come corpi estranei che cercano di tirarla fuori dalla sofferenza. La persona in lutto sente sulla propria pelle la difficoltà di far capire a un altro da sé, seppur familiare e conosciuto, quello che sta vivendo, che senso ha per lei quella perdita, che conseguenze produce e produrrà nella strada sulla quale lei cammina. La possiamo aiutare a mettere parola al suo indicibile vissuto quando noi per primi siamo disposti ad appoggiare i piedi sul suo terreno e a camminare insieme a lei, con la sua propria andatura emotiva, sopra le macerie e dentro ad ogni aspetto della sua vita che quella morte ha fatto crollare.
"Si continua a cercare un punto, un piccolo punto, dove il contatto possa durare un po' più di un istante: una piccola terra di mezzo, una metafora, un'immagine, un racconto, perfino una fiaba o qualsiasi cosa possa fungere da schermo protettivo (...) gli altri quelli che hanno saputo accompagnarti nel terremoto della morte (...) fungono da interlocutori interni (...) quando le emozioni cessano di turbinare, qualcosa dentro e fuori si salda, e si avverte come quel viaggio ci abbia nutriti e tenuti in vita" (Maria Luisa Algini, 2011)

Bibliografia
  • Algini M.L. (2011), Il tempo dell'orizzonte corto. Sull'amore e il lutto, Casa editrice Robin, Roma
  • Bowlby J. (1969), Attaccamento e perdita. Vol. 1: L'attaccamento alla madre, (Schwarz L.; Schepisi M. A. Trad.), Casa editrice Bollati Boringhieri, Torino, 1999
  • Borgna E. (2005), L'attesa e la speranza, Casa editrice Feltrinelli, Milano
  • Crozzoli Aite L. (2002), Il travaglio del lutto, Gruppo Eventi, Roma
  • Galimberti U. (2003), Il corpo, Casa editrice Feltrinelli, Milano
  • Imbrescia R. (2015), Col lutto nell'anima : il coraggio di ri-nascere a una nuova vita, Rivista INformazione. Psicoterapia, Counselling, Fenomenologia (28), pp. 45-69
  • Kaplan L.J. (1995), Voci dal silenzio. La perdita di una persona amata e le forze psicologiche che tengono vivo il dialogo interrotto, Casa editrice Raffaello Cortina, Milano, 1996
  • Kast V. (1996), L'esperienza del distacco. Per trasformare una perdita o un distacco in un'occasione di crescita, Casa editrice Red, Milano, 2005
  • Kübler-Ross E. (1976), la morte e il morire, Casa editrice Cittadella, Assisi, 2013
  • Mazzei S. (2010), Ti vedo, ti sento, ti accompagno. In cerca di risposte nell'esserci empatico, Rivista INformazione. Psicoterapia, Counselling, Fenomenologia (16), Roma
  • Minkowsky E. (1971), Il tempo vissuto: fenomenologia e psicopatologia, Prefazione di Enzo Paci. (G. Terzian, Trad.), Casa editrice Einaudi, Torino, 2004
  • Perls F., Hefferline R.F., Goodman P. (1951), Teoria e Pratica della Terapia della Gestalt. Vitalità e accrescimento nella personalità umana, Casa editrice Astrolabio, Roma, 1997
  • Quattrini G.P. (2007), Fenomenologia dell'esperienza. Lezioni di Gestalt a orientamento fenomenologico esistenziale, Casa editrice Zephiro, Milano
  • Simmons B., Vivere è separarsi, Fonte senza data - sito I.G.F.
  • Stanghellini G., Imbrescia R. (2011), Il tatto come organo di senso che ci orienta nelle relazioni sociali. Da Gadamer a Derrida, Rivista Comprendre. Archive International pour l'Anthropologie et la Psychopathologie Phénoménologiques (21), pp. 266-291
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