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La Psicoanalisi ed Erich Fromm
Intervista a Romano Biancoli

L'articolo "La Psicoanalisi ed Erich Fromm" parla di:

  • Da Fromm al significato della Psicoanalisi oggi
  • L'approccio integrato fra Psicoterapia e farmacologia
  • Ascolto e presenza per essere un "buon" terapeuta
Psico-Pratika:
Numero 3 Anno 2003

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Articolo: 'La Psicoanalisi ed Erich Fromm
Intervista a Romano Biancoli'

A cura di: Redazione
    INDICE: La Psicoanalisi ed Erich Fromm
  • Romano Biancoli
  • Intervista
  • Altre letture su HT
Romano Biancoli

Fondatore dell'Istituto di Psicoanalisi Erich Fromm di Bologna, Biancoli ha diffuso il pensiero umanistico, psicoanalitico e socio-psicologico di Fromm, di cui è stato uno fra i più insigni studiosi e principali traduttori. Per HumanTrainer.com ha curato la rubrica Spazio Psicoanalisi.

Intervista
Dottor Biancoli, ci potrebbe raccontare la sua storia e come ha scoperto la Psicoanalisi?
Negli anni '60 ero attivo politicamente.
Ad arroventare i dibattiti di allora intervennero anche la Psicologia, la Psichiatria e la Psicoanalisi.

Come già negli anni '20 e '30, di nuovo si proponeva il rapporto tra Psicoanalisi e Marxismo, in termini spesso difficili da comprendere, e per difficoltà intrinseche e per confusione concettuale.

Mi parve di uscire dal polverone che si levava su questi temi, leggendo "Marx e Freud" di Erich Fromm.
Una volta ho sentito dire da un collega che Fromm è stato sottovalutato, soprattutto dalle Università. Lei cosa ne pensa?
La notorietà toccò Fromm nel 1941, quando pubblicò "Fuga dalla libertà".
Iniziò per lui una lunga serie di successi editoriali mondiali.
Tuttora le sue opere godono del favore del pubblico.

Diverso invece è il suo gradimento negli ambienti accademici.
Pensatore scomodo, non inquadrabile in nessuna Scuola ben definita, socialista umanista sia antisovietico che critico del consumismo occidentale, già esule perché ebreo ricercato dai nazisti, pagò il prezzo della sua liberazione da due ortodossie, quella ebraica e quella freudiana.

Finì col trovarsi fuori dalle convenzioni accademiche e dal giro delle citazioni reciproche che legittimano le carriere scientifiche. Lui stesso forse privilegiò il rapporto coi suoi lettori e trascurò le convenienze del prestigio e del potere.

Tuttavia, è facile dimostrare attraverso la comparazione dei testi che le tesi frommiane anticipano spesso di vari anni acquisizioni psicoanalitiche largamente accolte in seguito. Peraltro riviste rigorose e prestigiose come "International Forum of Psychoanalysis", "Contemporary Psychoanalysis", "The Journal of American Academy of Psychoanalysis" ospitano non di rado paper sul pensiero di Fromm, dando così luogo a una letteratura psicoanalitica di ispirazione frommiana.
Con tutte le terapie brevi che sono state inventate, qual è il significato oggi della Psicoanalisi?
Credo che la formula "inattuale attualità" compendi oggi il ruolo della Psicoanalisi.
L'ossimoro è dovuto alla tensione tra esigenze pragmatiche, che vogliono la scomparsa del sintomo quale doloroso intralcio all'efficienza, e la contrastante sete di senso avvertita dall'essere umano contemporaneo.

Così, cercare senso in quanto accade, interrogare un sintomo, si può vedere come il vessillo non ammainato di una umanità che veglia su di sé e non si arrende alla odierna deriva mercantile e idolatrica.
Lei cosa ne pensa di un approccio alla malattia mentale integrato tra Psicoterapia e farmacologia?
Il nostro compito è di prenderci cura del dolore morale.
Talora basta chinarsi su di esso, interrogarlo, ascoltarne le ragioni per lenirlo dandogli senso umano e valore comprensibile.
Talaltra la sua intensità è disumanizzante, è barriera al contatto e al rapporto.

Pietas vuole che disponendo di un farmaco lo si somministri.
Non ci sono solo ragioni strettamente sanitarie.
L'approccio integrato, la Psicoterapia insieme alla molecola, possono fare del farmaco uno strumento di libertà.

Il paziente deve sentire che il terapeuta sente il suo dolore e sente il suo placamento dovuto al farmaco, in una condivisione di consapevolezza non solo intellettuale. La libertà sta nel rapporto umano, prima base di ogni terapia.
Come vede il futuro professionale dei giovani colleghi?
Lo vedo arduo. Richiede coraggio.
La società è sempre più complessa, competitiva, generatrice di idoli svianti.

Umanamente - e anche nel nostro specifico professionale - si salvano coloro che non si stancano di chiedersi "chi sono" e "cosa vogliono", a cosa aspirano loro, proprio loro intimamente, non ingannati dalla meteora del momento, che si propone modello splendente e suadente, e appena prima di scomparire promette successo, prestigio, denaro.

Se uno sa che la sua via è quella che rispetta la sua identità, può riconoscere meglio le alternative reali e concrete, distinguerle da quelle illusorie o inadatte, dire anche di no, battersi per i suoi valori e costruire, da solo o con altri, una prospettiva che senta degna.
Cosa rende oggi uno Psicologo un buon terapeuta?
Direi l'umiltà dell'ascolto.
Chinarsi su una persona che soffre e farle spazio dentro di sé.

L'arte di ascoltare è sentire risuonare in sé l'umanità dell'altro.
Sentirne l'interezza palpitante e viva, non solo accolta intellettualmente ma riconosciuta e sperimentata sensibilmente, emotivamente.

Senza ascolto il dialogo è illusorio, cioè monologo narcisistico.
Ascoltare un paziente come si ascolta una musica, cioè con interiore attività e reattività.

Il paziente sente la vitalità della presenza del terapeuta, addestrato a porre l'accento della sua attenzione ora su quanto sta avvenendo nella persona che gli sta di fronte e ora su quanto sta avvenendo dentro di sé.

Le battute del dialogo sono eventi che sgorgano dall'intimo e investono la globalità delle persone, le loro parole, i loro pensieri, i gesti, i muscoli, i toni muscolari, i toni e i timbri della voce, la luce degli occhi, i tessuti del viso, la mimica, le pieghe agli angoli della bocca, e quanto aperta, serrata, porgente la bocca...
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