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La follia a due: folie à deux, il caso della psicopatologia condivisa

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La follia a due: folie à deux, il caso della psicopatologia condivisa

L'articolo "La follia a due: folie à deux, il caso della psicopatologia condivisa" parla di:

  • Le caratteristiche del disturbo e del nucleo psicotico
  • La personalità del dominante e del dominato
  • Aspetti terapeutici della folie à deux
Psico-Pratika:
Numero 188 Anno 2022

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Articolo: 'La follia a due: folie à deux, il caso della psicopatologia condivisa'

A cura di: Rebecca Farsi
    INDICE: La follia a due: folie à deux, il caso della psicopatologia condivisa
  • Introduzione
  • Le caratteristiche del disturbo e del nucleo psicotico
  • La personalità del dominante e del dominato
  • Il contesto relazionale della follia a due
  • Il nucleo psicotico e il "terrore dell'esterno"
  • Il contenuto del delirio
  • Le varianti della follia condivisa e l'isteria di massa
  • Aspetti terapeutici della folie à deux
  • Bibliografia
  • Altre letture su HT
Introduzione

I primi a parlare di follia contagiosa sono stati gli psichiatri francesi Ernest Lasègue e Jules Falret, i quali, nel 1877 (Berrios, 1998), riferirono questa etichetta patologica ad un'idea persecutoria che ripercorre le caratteristiche pervasive, incoercibili e dispercettive di un delirio psicotico.
I concetti non sono tuttavia totalmente sovrapponibili. Nella follia condivisa si riscontra un elemento patologico differenziante rispetto al più ampio genus dei disturbi psicotici, specificamente identificabile nella condivisione collettiva dell'idea delirante. Si tratta dunque di un pensiero irrazionale, resistente all'esperienza, sostenuto con vigore incoercibile da due o più soggetti, che se ne lasciano contaminare sotto l'aspetto comportamentale, cognitivo ed emozionale.

Le caratteristiche del disturbo e del nucleo psicotico

Il principale elemento patologico di questo disturbo è la natura simbiotico-fusionale della relazione che ne favorisce l'insorgenza; i confini esistenziali dei soggetti coinvolti simili vengono ridotti a una massa egoica indistinta, in cui le rispettive volontà individuali si mescolano in una totalità pericolosamente indifferenziante.
L'ulteriore caratteristica patologica di questa relazione - spesso si tratta di un legame a due - è una marcata asimmetria di posizioni, che si esplicita con una netta gerarchizzazione dei rispettivi ruoli. Lo stesso delirio psicotico che costituisce il focus del disturbo, per quanto condiviso collusivamente anche dall'altro, viene infatti generato, nella maggior parte dei casi, dalla personalità che nella coppia mostra un accento dominante. Ma non si tratta di un'imposizione mal tollerata dall'altro: è necessario precisare come il dominato mostri un atteggiamento adesivo con la visione psicotica del dominante, di cui riflette il pensiero e l'agito mediante un asservimento totalmente acritico. La contaminazione cognitiva è totale ed egosintonica: è possibile parlare di scenari presi in prestito, per testimoniare come il dominato si lasci completamente incistare dal contenuto psichico del dominante pur non avendolo direttamente prodotto. La personalità più fragile subisce una sorta di de-individualizzazione: viene ridotta a un oggetto Sé sulla quale il dominante si riflette con intento invasivo e colonizzante (Arnone et al. 2006).
Il contesto che fa da sfondo ad un disturbo di follia condivisa presenta connotati relazionali scarsamente evoluti. È possibile identificarlo come un gruppo primario, nel quale le interazioni appaiono ridotte, appiattite, stereotipate, e i meccanismi di difesa, a loro volta frutto di una dimensione egoica deficitaria, si mostrano immaturi e primitivi.
Il nucleo della follia a due è una piccola comunità di soggetti che nella simbiosi di un legame primitivo evacua i lati più sincretici e ingestibili delle rispettive personalità. Lo scopo dei comportamenti psicotici è quello di gestire un'aggressività endogena che solo attraverso l'immediatezza e la non riflessività della proiezione difensiva può trovare una possibilità di esteriorizzazione, e dunque di controllo.
Regrediti a una posizione schizoparanoide, i soggetti vivono una condizione di angoscia costante direttamente correlata alla convinzione che il mondo sia popolato di "nemici", pronti a tradire, a minacciare, ad attaccare. Questo terrore del mondo esterno sottende in realtà un'angoscia di differenziazione in cui la separazione dall'altro viene vista come un attentato al Sé, e dunque come un'autentica minaccia esistenziale (Ogden, 1986). A sua volta, il massiccio meccanismo proiettivo tipico del disturbo paranoide consente di spostare la fonte dalla minaccia da un contesto endogeno ad uno esogeno, aumentando la percezione di controllo della stessa.
Il legame simbiotico che ne deriva viene strenuamente difeso da tutti i componenti del nucleo psicotico, a tutela della sopravvivenza di un Sé duale che soltanto nell'unione indifferenziata con l'altro può sperimentare coesione e sicurezza. La diade diventa come una sorta di membrana autistica, costruita con finalità difensiva, in cui i membri costruiscono una dimensione psichica basata sul processo primario, sul pensiero allucinatorio e su difese autoplastiche finalizzate a minimizzare l'impatto traumatico col mondo esterno (Ferenczi, 1929).

La personalità del dominante e del dominato
La follia a due: folie à deux, il caso della psicopatologia condivisa

Di solito il membro dominante della coppia risulta affetto da disturbi affini allo spettro schizofrenico, o più raramente mostra una psicosi affettiva o un disturbo secondario a demenza. Si riscontrano tuttavia anche i tratti di una personalità narcisistica, fondata su un iperinvestimento del Sé in ragione del quale, all'interno del legame simbiotico, l'altro viene considerato soltanto in funzione dell'utilità concreta che può apportare al Sé del dominante. Il soggetto dominante presenta un deficit di capacità empatiche, di mentalizzazione e funzione riflessiva; anche il pensiero simbolico si mostra carente, e la dimensione emotiva è ridotta a un paesaggio siderale in cui non v'è spazio per un investimento affettivo autentico.
Oltre a causare l'utilizzo massiccio di meccanismi di difesa proiettivi, i tratti paranoidi tipici della personalità dominante lo spingono a un fraintendimento della realtà piuttosto marcato, per quanto limitato alla sola area interessata dal delirio. A fronte di una capacità percettiva preservata fa da contraltare una distorta capacità attributiva: ogni dato, ogni informazione ambientale viene pertanto assimilata - in un certo senso posta a servizio - di schemi affettivo-cognitivi a loro volta dominati da processi di pensiero primario.
La personalità del dominato, debole e insicura, risulta bisognosa di una figura autoritaria in grado di sostenerne i marcati bisogni anaclitici. Per quanto possano mostrarsi inizialmente non patologici, tali soggetti sono infatti portatori di una pulsione dipendente che li costringe ad appoggiarsi a una figura di riferimento, solida e volitiva. Tale tendenza ocnofila consente l'instaurazione di un legame identificativo-abdicativo, in seguito al quale il dominato si identifica totalmente negli aspetti egoici del dominante e ne introietta le caratteristiche in una modalità adesiva (Ogden, 1986).
Con un atto di autoimpoverimento l'IO decide di privarsi della proprie individualità per assumere quelle di un oggetto idealizzato, dando vita a un annientamento del Sé in funzione del dominante, che diviene l'unico elemento imperante nel rapporto.
Nella dimensione egoica del dominante vanno a convergere connotazioni del Super-Io e dell'Ideale dell'IO del dominato, che si sente legato all'altro in virtù di un'inferiorità totalmente collusiva. Si verifica a questo punto la creazione di un Sé per due in cui la componente idealizzante svilisce ogni possibilità di ambivalenza, relegando nell'inconscio eventuali vissuti aggressivi nei confronti del dominante e sostituendoli con una devozione ego sintonica, che costituisce anche l'unico modo per costruire e mantenere un indispensabile legame affettivo con lui.

Il contesto relazionale della follia a due

Queste relazioni morbose e non passibili di recisione, vedono spesso protagonisti individui facenti parte del medesimo nucleo familiare, o comunque legati da un rapporto di parentela che ne comporta la convivenza.
La statistica conferma questi dati: in più del 95% di tutti i casi di disturbo psicotico condiviso sono coinvolti due membri della stessa famiglia; in un terzo circa dei casi si tratta di due sorelle; in un altro terzo di marito e moglie oppure madre e figlio/a. Più rari sono i coinvolgimenti di una diade fraterna. Nel 25% circa di tutti i casi, l'individuo sottomesso presenta un'invalidità fisica, come sordità, malattie cerebro-vascolari o altre invalidità che aumentano la potenzialità di dipendenza dal dominante.
Il disturbo psicotico condiviso si mostra più comune nei soggetti di basso livello socioeconomico ed è più diffuso tra le donne. In questi casi si ritiene che il rapporto di dipendenza venga favorito da fattori ambientali compiacenti, in ragione dei quali il potere spetta inevitabilmente a colui che detiene anche una superiorità economica, sociale o legale (Bariselli, 2007). La posizione gerarchica del dominante può dunque trovare, in elementi contestuali opportunistici, il proprio fattore di mantenimento, risultando una sorta di messa in dipendenza (Reale, 2016).

Il nucleo psicotico e il "terrore dell'esterno"

I nuclei familiari coinvolti dal disturbo presentano una natura agglutinata (Bleger, 1994), in cui ogni tentativo di scissione della simbiosi patologica viene visto come una inaccettabile minaccia abbandonica. L'individuo viene coinvolto massivamente nel gruppo familiare o nella coppia; in assenza di un adeguato clivaggio tra il Sé e la realtà esterna questo si tramuta in una totale assenza di differenziazione infragruppo, da cui si origina la collusione patologica del pensiero delirante e la creazione di una massa egoica fagocitante (Bleger, 1994).
A questa simbioticità e dipendenza dall'altro fa da contraltare uno stile relazionale schizoide, basato su interazioni scarse, fredde e distanti, caratterizzate da scarso sharing emotivo, a loro volta compensate da uno stile razionale ipertrofico, basato su attività maniacali e di marcato controllo reciproco (Minuchin, 1974). Si direbbe che i componenti del nucleo psicotico, per quanto indispensabili l'uno all'altro, non mostrino in realtà un autentico attaccamento affettivo, la cui formazione è ostacolata da componenti patologiche narcisistiche - per quanto riguarda il dominante, e dipendenti per quanto riguarda il dominato - unite a una componente alessitimica di base.
Anche lo stile comunicativo è strutturato sulla base di un pensiero operatorio emotivamente appiattito, non mentalizzante, dominato dal processo primario e limitato al contenuto dispercettivo dell'idea delirante. Il restringimento del campo della coscienza impedisce la coltivazione di qualsiasi rapporto estraneo al gruppo psicotico, da cui nessuno dei componenti può differenziarsi, distanziarsi in un conato affermativo delle propria soggettività, dato il patto di lealtà inviolabile che vige imperante, per quanto silenzioso, tra gli stessi. Casi di follia condivisa sono stati non a caso riscontrati in contesti caratterizzati da un eccessivo isolamento sociale e da un'assenza totale di relazione con l'esterno, cui si accompagna una forte dipendenza reciproca tra i componenti e la presenza di una personalità dominante nel gruppo.
In tutti i soggetti del nucleo psicotico si riscontra un funzionamento psichico essenzialmente primitivo, non evoluto o comunque regredito, in cui domina la dicotomia tra oggetto buono - identificato con stati fisici ed emotivi positivi - e oggetto cattivo, associato a contesti di malessere, di frustrazione e privazione. Questo stato di cose è conforme a un'esperienza egocentrico - narcisistica, in cui gli aspetti positivi rievocanti l'oggetto buono sono attribuiti al Sé, mentre quelli negativi incarnanti l'oggetto cattivo vengono proiettati all'esterno, al Non Sé. Tutto ciò che appare diverso dal Sé, e quindi esterno, è negativo, mentre solo ciò che è interno al Sé viene percepito come positivo e salvifico.
Oltre al narcisismo primario è evidente il predominio arcaico di un meccanismo di difesa introiettivo-proiettivo costruito, sulla base dello schema orale in cui ciò che è buono e piacevole viene incorporato, mentre ciò che è cattivo e frustrante viene espulso (Blos, 1976).

Il contenuto del delirio

Il contenuto del pensiero delirante risulta spesso affine ad una dimensione di corporeità, specificamente riguardante un maniacale controllo della sfera somatica: è frequente lo sviluppo di sintomatologie allucinatorie riguardanti il funzionamento corporeo, alternate dallo svilupparsi di deliri ipocondriaci, di contaminazione, di contagio.
La difesa del corpo sottende in realtà la necessità di stabilire i propri confini somatici, percepiti come fragili, destrutturati e in balia dell'invasione di oggetti incistanti e distruttivi. Al contempo, l'angoscia fusionale espressa mediante il terrore di venir invasi da presenze estranee, simboleggia il terrore di presenze potenzialmente intromissorie nel rapporto simbiotico.
Oltre ai deliri paranoidi, di cui si è fatto accenno in precedenza, sono frequenti anche deliri di carattere religioso o moralizzante inseriti in un contesto fatto di regole, schemi comportamentali rigidi e inflessibili, a loro volta espressione di un Super-io persecutorio e sabotante con cui si cerca di dominare parti scisse o non integrate del Sé (Zapparoli Torrigiani, 1994).

Le varianti della follia condivisa e l'isteria di massa

La follia imposta non va confusa con la follia simultanea né con quella indotta: in entrambi i predetti casi, ci troviamo infatti in presenza di una patologia psicotica pregressa che, posta in relazione più o meno continuata con quella di altri individui, se ne lascia consapevolmente potenziare, creando una contaminazione accrescitiva della gravità del disturbo originario. Ma in ambedue le situazioni patologiche fa difetto una velleità di fusione identificativa, né esiste un rapporto di dominanza tra i soggetti coinvolti.
Diversa dalla follia imposta è anche l'isteria di massa, fenomeno che, soprattutto in passato, era provocato dal diffondersi improvviso di una paura collettiva all'interno di una comunità ristretta e caratterizzata dalla presenza di ruoli fortemente gerarchizzati, con incredibile effetto contagioso e destabilizzante per l'equilibrio psicologico dei soggetti coinvolti (Sims e Oyebode, 1992). Si ricordano a tal proposito le isterie di masse verificatesi nei conventi femminili tra il cinque e il seicento, i disturbi manifestati dai componenti delle sette millenaristiche medievali e le malattie epidemiche diffusesi all'interno delle fabbriche all'alba della rivoluzione industriale, i cui sintomi tipici - iperventilazione, cefalea, vertigini, svenimenti nausea, dolori alla schiena e all'addome - colpivano alcuni soggetti della popolazione gruppale per poi propagarsi in una modalità endemica anche a tutti gli altri.

Aspetti terapeutici della folie à deux

La diagnosi primaria per il soggetto dominante è spesso quella di schizofrenia o disturbo schizoaffettivo, disturbo paranoide o narcisista, laddove nel caso della personalità dominata è spesso possibile diagnosticare un disturbo delirante con contenuto bizzarro, meno significativo dal punto di vista clinico, per quanto bisognoso di trattamento (Giubbolini, 2008).
Dal punto di vista terapeutico è prima di tutto necessario perseguire un contenimento dei pensieri deliranti e delle condotte comportamentali che ne derivano; la sintomatologia psicotica potrà essere trattata con un piano farmacologico specifico per schizofrenie e psicosi, integrato a una psicoterapia riabilitativa cognitiva avente ad oggetto la rieducazione del pensiero, delle abilità cognitive e dell'esame della realtà.
Importante anche una rivalutazione del funzionamento sociale, che favorisca la creazione di legami relazionali esterni volti a sciogliere la simbiosi patologica del Sé a due. Soprattutto programmi terapeutici più datati ponevano la separazione diadica come unico e sufficiente strumento di terapia, in grado di ripristinare da solo la funzionalità del pensiero del dominato e di costruire una identità differenziata nei componenti (Giubbolini, 2008). Oggi, forse più appropriatamente, si ritiene adeguato somministrare anche a quest'ultimo un trattamento farmacologico riabilitativo, in grado di contenere i sintomi psicotici indotti, di sciogliere il legame libidico patologico col soggetto dominante e de-investire da questo la propria pulsione affettivo-esistenziale, per orientarla in una direzione differenziante e autoconsapevole.

Bibliografia
  • Arnone D., Patel A., Ming-Yee Tan G. (2006), The nosological significance of Folie à Deux: a review of the literature, in Annals of General Psychiatry, vol. 5, 8 agosto 2006, pp. 11, doi: 10.1186/1744-859X-5-11, consultato il 2 novembre 2021
  • Bariselli A. (2007), La follia a due, contenuto in inprimapersona.it, consultato il 15 dicembre 2021
  • Berrios G.E. (1998), Folie à deux, Classic Text No.35. History of Psychiatry, vol. 9, pp. 383-395
  • Bleger J. (1994), Psicoigiene e psicologia istituzionale. Psicoanalisi applicata agli individui, ai gruppi e alle istituzioni, La Meridiana, Bari
  • Blos P. (1967), L'adolescenza. Un'interpretazione psicoanalitica, Franco Angeli, Milano
  • Ferenczi S. (1929), Principio di distensione e neocatarsi. Fondamenti di Psicoanalisi, vol. 3 Ulteriori contributi (1908-1933). Guaraldi, Rimini, pp. 378-396
  • Gabbard G.O. (2015), Psichiatria psicodinamica, Raffaello Cortina, Milano
  • Giubbolini F. (2007), Follia a due di Lasegue e Falret, contenuto in studiopsicoterapia.si.it/follia-a-due, consultato in data 23 giugno 2021
  • Minuchin S. (1974), Famiglie e terapia della famiglia, Astrolabio, Roma
  • Ogden T.H. (1986), The Matrix of the Mind: Object Relations and the Psychoanalytic Dialogue, NJ Press
  • Reale E. (2016), Maltrattamento e violenza sulle donne. Vol. II - Criteri, metodi e strumenti dell'intervento clinico, Franco Angeli, Milano
  • Resnik S. (1986), L'esperienza psicotica, Bollati Boringhieri, Torino
  • Segal H. (1981), Scritti psicoanalitici. Un approccio Kleiniano alla pratica clinica, Astrolabio, Roma
  • Sims A., Oyebode F. (1992), Introduzione alla psicopatologia descrittiva, Raffaello Cortina, Milano
  • Zapparoli G.C., Torrigiani G. (1994), La realtà psicotica, Bollati Boringhieri, Torino, 1994
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1 MARINA alle ore 08:56 del 05/07/2022

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