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DAP: come approcciarsi al paziente con Disturbo da Attacchi di Panico
L'articolo " DAP: come approcciarsi al paziente con Disturbo da Attacchi di Panico" parla di:
- Attacco di panico con o senza agorafobia
Psicoeducazione, gestione dell'ansia, diario Terapia degli attacchi di panico (CBT, EMDR, ...)
Articolo: 'DAP: come approcciarsi al paziente con Disturbo da Attacchi di Panico'
INDICE: DAP: come approcciarsi al paziente con Disturbo da Attacchi di Panico
- Introduzione
- L'evento precipitante
- Attacco di panico con o senza agorafobia
- E se mi ritorna?
- Come ci lavoriamo?
- Bibliografia
- Altre letture su HT
Introduzione
Nella professione di uno Psicologo prima o poi arriva la persona che racconta di essersi sentita le "gambe di pastafrolla" e aver pensato
di morire.
L'attacco di panico è qualcosa con cui prima o poi uno Psicologo si ritrova a doversi confrontare.
Secondo il DSM-5 (Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali, quinta edizione), un attacco di panico è definito come un
improvviso episodio di intensa paura o disagio che raggiunge un picco entro pochi minuti, durante il quale si verificano quattro (o
più) dei seguenti sintomi:
- Palpitazioni, battito cardiaco accelerato o tachicardia
- Sudorazione
- Tremori fini o a grandi scosse
- Sensazioni di fiato corto o di soffocamento
- Sensazione di soffocamento
- Dolore o fastidio al petto
- Nausea o disturbi addominali
- Sensazioni di vertigine, instabilità, testa leggera o svenimento
- Brividi o sensazioni di calore
- Parestesie (sensazioni di torpore o formicolio)
- Derealizzazione (sensazione di irrealtà) o depersonalizzazione (essere distaccati da se stessi)
- Paura di perdere il controllo o di impazzire
- Paura di morire
Un evento del genere che arriva all'improvviso quando ad esempio si è in fila al supermercato o, peggio, in autostrada, non è
qualcosa che può lasciare indifferenti, per questo le persone arrivano spesso spaventate e con senso di urgenza.
L'evento precipitante
Il primo attacco di panico coglie spesso alla sprovvista e tende a spaventare moltissimo.
Spesso segue la corsa al pronto soccorso o dal medico perché l'idea è quella di un problema fisico (infarto tipicamente).
Per una diagnosi di disturbo di panico, gli attacchi devono essere ricorrenti e inaspettati, e devono essere seguiti da almeno un mese di
preoccupazione persistente per nuovi attacchi, preoccupazione per le conseguenze degli attacchi o un significativo cambiamento nel comportamento
correlato agli attacchi.
Questo è già un fattore importante da identificare.
Spesso, infatti, i pazienti dicono di aver avuto un attacco di panico quando invece si è trattato di un disturbo d'ansia dovuto a una
causa specifica (ad esempio una litigata con il fidanzato, una lite sul lavoro, una brutta discussione con la moglie, ...).
Durante un attacco di panico, segnali percepiti come pericolosi arrivano all'amigdala che scatena la risposta di emergenza del corpo.
La corteccia prefrontale, che gestisce il pensiero logico, può riconsiderare la minaccia e calmare l'allarme.
Tuttavia, se questa reazione si verifica troppo spesso, l'amigdala può diventare iperattiva, portando a frequenti attacchi di panico.
Attacco di panico con o senza agorafobia
Una delle conseguenze tipiche dell'attacco di panico è l'evitamento della situazione che ha generato l'attacco, ad esempio
il supermercato.
Ciò può portare all'agorafobia, la paura di trovarsi in luoghi da cui è difficile scappare rapidamente in caso di attacco
di panico (ad esempio supermercato o autostrada o aereo).
Questo riduce chiaramente l'autonomia della persona e limita le attività quotidiane. L'attacco di panico può quindi essere
inquadrato come con o senza agorafobia.
E se mi ritorna?
La paura di avere paura, conosciuta anche come circolo vizioso del panico, arriva quando le reazioni fisiche dell'attacco di panico
vengono interpretate come minacce serie, aumentando ulteriormente la paura e riducendo l'autonomia.
Un po' come se la persona dicesse: "ho talmente paura che possa ricapitarmi un attacco di panico che ho il pensiero fisso che ciò
possa accadermi".
Questo chiaramente porta a guardare con ansia al futuro: viaggi, feste, uscite, gite, trasferte di lavoro il pensiero è fisso sulla
paura che potrebbe accadere magari al lavoro, durante un esame, con i propri amici durante un viaggio di laurea; ovviamente con conseguenze
percepite come catastrofiche.
Come ci lavoriamo?
I diversi approcci terapeutici forniscono strumenti e linee guida diversi per il trattamento dell'attacco di panico ma vediamo quali
possono essere i primi strumenti, dopo averlo inquadrato, per poterci lavorare:
- Psicoeducazione sul panico: la prima cosa da spiegare è che il Disturbo da Attacchi di Panico, sebbene possa generare
un'intensa paura di morire, non uccide e di ansia non si muore. Occorre poi spiegare che l'attacco di panico altro non è che
un'interpretazione catastrofica, spesso inconsapevole, di uno stimolo neutro. In altre parole, il cervello di fronte a uno stimolo di per
sé non pericoloso, lo associa a qualcosa che in passato ha percepito come pericoloso. Ad esempio una persona che ha un attacco di
panico al supermercato può essere andata a fare la spesa contenta e felice ma, per storia personale, potrebbe aver imparato che quando
si rilassa troppo succedono catastrofi. Così il cervello, percependo una situazione di quiete, può attivarsi a seguito di
quell'esperienza passata.
- Controllo dell'ansia: è importante aiutare la persona a riprendere il controllo su di sé e sul proprio corpo attraverso
esercizi di gestione dell'ansia. Di seguito, ne propongo un paio che possono essere insegnati facilmente ai pazienti:
- L'esercizio di rilassamento muscolare progressivo inizia trovando un ambiente tranquillo e indossando abiti comodi. Dopo alcuni
respiri profondi per calmarsi, si passa a tendere e rilassare vari gruppi muscolari del corpo. Si comincia dai piedi, puntando le dita verso
di sé e mantenendo la tensione per 5-7 secondi, poi si rilascia improvvisamente e si nota la sensazione di rilassamento per 10-15 secondi.
Si procede con i polpacci, tendendo e rilassando nello stesso modo. Successivamente si contraggono i muscoli delle cosce stringendo le ginocchia,
poi si rilassano. Si passa quindi all'addome, contraendo i muscoli e poi rilasciandoli. Si continua con il petto e le spalle, inspirando e
contraendo i muscoli per poi espirare e rilassarli. Si conclude con le braccia e le mani, stringendo i pugni e rilassando le dita, poi si
contraggono i muscoli delle braccia per poi rilassarli, e infine il collo e il viso, contraendo i muscoli e poi rilasciando la tensione. Questo
esercizio aiuta a distinguere tra tensione e rilassamento, promuovendo una sensazione generale di calma.
- La respirazione quadrata è una tecnica di respirazione ritmica utilizzata per calmare la mente e ridurre lo stress. Coinvolge
un ritmo di respirazione equilibrato in cui ogni fase del respiro (inspirazione, trattenimento, espirazione, trattenimento) è condotta
per lo stesso numero di tempi, solitamente quattro secondi. Questo ritmo regolare aiuta a centrare l'attenzione e a promuovere un senso di calma
e benessere.
- Condurre una buona anamnesi. Per comprendere a fondo quali siano gli stimoli che la persona percepisce come minacciosi occorre
comprendere a fondo la sua storia di vita con focus importante su eventi traumatici sia legati alla perdita o al rischio di perdita
della propria o altrui incolumità (ad esempio lutti, malattie, incidenti, rapine, ...) sia legati a traumi relazionali (separazioni,
divorzi, trascuratezza genitoriale, bullismo caratterizzato da screditamento, ...). Questo aiuta a comprendere quali siano stati gli stimoli
effettivamente minacciosi che ci sono stati nella vita della persona e che possono essere stati associati a qualcosa di neutro. Gli stimoli
possono essere anche credenze su di sé. Ad esempio la persona che si è sentita in trappola avendo vissuto in una famiglia
trascurante da cui non poteva allontanarsi può avere un attacco di panico in aereo quando il portellone si chiude perché il
cervello sperimenta ancora quel senso di trappola.
- Può essere utile chiedere alla persona di tenere un diario settimanale in cui registrare gli eventi ansiogeni. Nel trattamento
dell'attacco di panico è importante, infatti, che la persona possa prendere consapevolezza di cosa ha attivato il panico; quale sia stato
lo stimolo neutro percepito come minaccioso. Aiutare la persona a collegare il sintomo agli stimoli esterni restituisce un grande senso di
controllo.
Il trattamento specifico sugli attacchi può essere intrapreso a seconda dei diversi approcci.
La terapia cognitivo comportamentale (CBT), ad esempio, aiuta a riconoscere e modificare i pensieri disfunzionali.
La terapia EMDR, attraverso il movimento oculare, tende a ridurre l'impatto del panico aiutando la persona risolvere la paura legata al
primo attacco di panico, l'ultimo e il peggiore per poi andare a desensibilizzare lo stress legato a eventi passati che possono averlo creato.
Al di là dell'approccio, comunque, la prima cosa veramente importante è comprendere e aiutare a comprendere il "libretto delle
istruzioni" del panico della persona.
Bibliografia
- David H. Barlow, Michelle G. Craske (2006). Mastery of Your Anxiety and Panic: Workbook
- Michael W. Otto, Mark H. Pollack (2007). The Cognitive Behavioral Treatment of Panic Disorder: A Step-by-Step Protocol
Altre letture su HT
- Alessia Bruno, "Il panico di Jane:
un caso di Disturbo Post Traumatico da Stress", articolo pubblicato su HumanTrainer.com, Psico-Pratika n. 96, 2013
- Luisa Fossati, "Che ansia! Ho un paziente con l'ansia!",
articolo pubblicato su HumanTrainer.com, Psico-Pratika n. 159, 2019
- Luisa Fossati, "Disturbo post traumatico da stress: il
lavoro della psicoeducazione nel lavoro con il trauma", articolo pubblicato su HumanTrainer.com, Psico-Pratika n. 198, 2023
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