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Crisi adolescenziale: analisi psicologica di Lorenzo e Novecento, tra letteratura e cinema
L'articolo " Crisi adolescenziale: analisi psicologica di Lorenzo e Novecento, tra letteratura e cinema" parla di:
- L'isolamento sociale di Lorenzo
L'incapacità di scegliere di Novecento Storie a confronto
Articolo: 'Crisi adolescenziale: analisi psicologica di Lorenzo e Novecento, tra letteratura e cinema'
INDICE: Crisi adolescenziale: analisi psicologica di Lorenzo e Novecento, tra letteratura e cinema
- Introduzione
- Io e te: la storia di Lorenzo e Olivia
- Il valore simbolico: la cantina, le formiche e l'armadillo
- Il sintomo
- La storia di "Novecento": "La leggenda del pianista sull'oceano"
- A livello simbolico: il quadro
- Sintomo
- L'adolescenza
- Il rovescio della medaglia: storie a confronto
- Conclusioni
- Bibliografia
- Filmografia
- Altre letture su HT
Introduzione
Questo articolo nasce dalla lettura di un testo di Alessandro Baricco, "Novecento", che mi è piaciuto particolarmente.
Avevo già visto il film "La leggenda del pianista sull'oceano" del regista Giuseppe Tornatore (che riproduce fedelmente il libro),
e l'avevo trovato bellissimo, nonostante la drammaticità della storia.
La voce narrante della storia di Novecento ci regala questa riflessione: «Non sei fregato veramente se hai una buona storia, e
qualcuno a cui raccontarla».
La storia di Novecento, protagonista di questo romanzo, è la buona storia, che ho scelto di narrare.
Il film "La leggenda del pianista sull'oceano" colora la storia di nuovi particolari. Nel raccontarvi la trama farò riferimento al film
di Tornatore.
Ho iniziato a scrivere questo articolo partendo dall'analisi di "Novecento", ma rileggendolo più volte avevo la sensazione che
mancasse qualcosa.
Quando ho visto il film di Bernardo Bertolucci tratto dal romanzo di Niccolò Ammanniti "Io e te", mi è sembrato di aver
trovato quel tassello mancante, che avrebbe arricchito quanto scritto fino a quel punto. Il protagonista di questa storia è Lorenzo.
In questo articolo si parlerà degli esiti delle crisi adolescenziali mettendo a confronto i protagonisti di questi due film.
Lorenzo è un adolescente, mentre Novecento è un uomo di mezz'età, eppure ritengo che l'uno tratteggi il
rovescio della medaglia dell'altro. Vedremo poi il perché.
Il rovescio della medaglia rappresenta, a livello simbolico, le due facce della stessa situazione, i pro e i contro di un evento. L'età
adolescenziale è notoriamente definita un periodo di "crisi", perché è un momento della vita ricco di cambiamenti fisici,
ormonali, cognitivi, relazionali ed emotivi.
Da questa crisi, ognuno cerca di uscire, scoprendo le proprie carte e attingendo alle proprie risorse. L'esito di questa fase è il
superamento di una serie di compiti, che portano la persona alla formazione dell'identità personale.
Io e te: la storia di Lorenzo e Olivia
"Io e Te" è il romanzo di Niccolò Ammanniti (2010) da cui è stato tratto il film omonimo (2012) del registra Bernardo
Bertolucci.
"Io e te" è la storia di Lorenzo, un ragazzo di quattordici anni che ha difficoltà nelle relazioni interpersonali.
Lorenzo è introverso e passa la maggior parte del tempo da solo, ad ascoltare musica o a giocare ai videogame. Non ha amici e tratta
gli altri in maniera scontrosa e diffidente. Per queste difficoltà relazionali, Lorenzo va dallo psicologo.
Un pomeriggio come tanti Lorenzo, tornando a casa da scuola, dice alla madre di voler andare in gita scolastica con i compagni di scuola.
La madre è molto contenta di questa notizia e si commuove al pensiero che il figlio, a dispetto delle difficoltà relazionali
avute negli anni passati, sia cambiato a tal punto da sentirsi pronto a partire per una gita con i compagni.
Probabilmente nel fare quella gita Lorenzo voleva provare a se stesso e agli altri di poter essere uno del gruppo classe, di essere come loro.
Dopo aver ottenuto dalla madre i soldi per andare in gita, Lorenzo ci ripensa. Nel film il regista Bertolucci sosta a lungo sul volto del
protagonista, quasi in attesa della sua decisione, come per capire i pensieri e le motivazioni che spingono un adolescente a scegliere
l'isolamento alla compagnia; nel film, tuttavia, i motivi e le riflessioni che muovono il protagonista a questa scelta non sono palesati.
Lorenzo vorrebbe partire, ma ha paura.
Sceglie di passare la settimana nascosto nella cantina di casa sua, pur di non andare in gita con i compagni di classe.
La cantina viene descritta come "buia, accogliente e dimenticata", e si trova nel seminterrato del palazzo dove Lorenzo abita con i genitori.
Lorenzo compra 7 pezzi di ogni alimento: 7 scatolette di tonno, 7 succhi di frutta, 7 merendine, 7 lattine di Coca Cola... per sopravvivere
alla settimana da solo.
Nei giorni successivi si preoccupa di portare in cantina tutto quello che gli occorre: cibo, libri, computer, giochi.
La mattina della partenza per la gita, come ogni giorno, la madre accompagna il figlio a scuola, ma a metà strada Lorenzo inizia a
urlare dicendo che vuole raggiungere la scuola da solo. Il figlio si mostra molto insistente e aggressivo, tanto che la madre lo lascerà
scendere dalla macchina e proseguire a piedi, con lo zaino e la tavola da sci in spalla.
Arrivato davanti a scuola, si nasconde dai suoi compagni e subito dopo torna a casa ed entra in cantina, senza farsi vedere né dal
portiere, né dalla madre appena uscita dal palazzo.
Lorenzo ha organizzato la sua "settimana bianca" alla perfezione e nei minimi dettagli, ma, come spesso accade, la vita soffia sui fogli
impilati con tanta cura e le pagine si disperdono nel vento.
Nella vita di Lorenzo arriva Olivia, la sorellastra venticinquenne, che lui non vedeva da diversi anni.
Nella seconda giornata di permanenza in cantina, Olivia entra nel seminterrato per riprendersi un oggetto personale riposto in una scatola
con tutte le sue cose.
Qualche anno prima Olivia, figlia del padre di Lorenzo e nata da un precedente matrimonio, andava abitualmente in casa loro. Successivamente,
a causa di una lite con la madre di Lorenzo, Olivia non aveva più frequentato la casa paterna.
Tutte le sue cose erano state riposte in cantina e Lorenzo non aveva più saputo niente di lei fino a quel giorno.
La sera successiva a quell'incontro, Olivia ritorna in cantina dal fratellastro, chiedendo ospitalità per la notte. Lorenzo non
è assolutamente contento di ospitarla, perché la cantina è troppo piccola per due e soprattutto lui vuole stare da solo.
Olivia alla fine riesce a farsi ospitare con la promessa che starà lì una sola notte e con il ricatto che altrimenti avrebbe
avvisato i genitori di Lorenzo del fatto che lui si era nascosto in cantina.
La permanenza di Olivia in cantina sarà tuttavia per un tempo maggiore del previsto; la sorellastra sta cercando di disintossicarsi
dall'eroina e non ha nessuno che può aiutarla.
I continui sbalzi d'umore e i sintomi della crisi di astinenza dall'eroina sono così accentuati che Olivia è obbligata a ricorrere
a dei sonniferi per dormire e non sentire dolore.
Durante una discussione Lorenzo, dopo aver detto per l'ennesima volta alla sorellastra di andare via, la strattona e Olivia cade a terra.
La paura che lei possa essere morta per la caduta lo spaventa molto; vederla a terra sola e disperata, rompe qualcosa dentro di lui:
«dentro di me qualcosa si è spezzato. Il gigante che mi teneva contro il suo petto di pietra mi aveva liberato».
Lorenzo si lascia andare al pianto, abbracciando la sorella.
L'incontro-scontro con Oliva obbligherà Lorenzo a uscire dal suo nascondiglio a livello emotivo e relazionale.
Nonostante siano fratellastri, i due ragazzi praticamente non si conoscono. Lentamente, Olivia e Lorenzo si raccontano e imparano a
conoscersi; Lorenzo riesce ad avvicinarsi alla sorella e ad aiutarla nel suo momento di difficoltà.
Impara a prendersi cura di lei, a custodirla in quella "tana", in cui "era protetta, nascosta" e "nessuno poteva farle del male", impara a
rimboccargli le coperte e augurarle "fai bei sogni".
In questa avventura, Lorenzo scopre anche perch&ecute; la sorella non è più venuta a casa loro. Infatti Olivia racconta che ha
cercato di uccidere la madre di Lorenzo tirandole un sasso in testa, forse perché era "gelosa di lei", che le aveva portato via il padre.
L'ultima sera in cantina, Olivia e Lorenzo si fanno la promessa di cambiare la direzione delle loro vite.
Quella sera Lorenzo balla con Olivia anche se lui odia ballare:
«e mentre ballavo una sensazione nuova, di essere vivo, mi toglieva il fiato. Tra poche ore sarei uscito da quella
cantina. E sarebbe stato di nuovo tutto uguale. Eppure sapevo che oltre quella porta, c'era un mondo che mi aspettava e io potevo parlare con
gli altri come fossi uno di loro. Decidere di fare le cose e farle.»
Nella scena finale del film, Lorenzo e la sorella lasciano il loro rifugio di mattina molto presto per non essere visti da nessuno.
Dopo avere risistemato la cantina, escono e si salutano; metaforicamente ognuno prende la sua strada arricchito da quell'incontro.
Il film lascia aperti diversi finali, terminando con un primo piano sul volto di Lorenzo che sorride al mondo.
Il valore simbolico: la cantina, le formiche e l'armadillo
Il film è ricco di contenuti simbolici. La trama del racconto presenta un contenuto manifesto, il racconto di due giovani alle prese
con le difficoltà della loro età, e un contenuto latente, pieno di oggetti-simbolo.
La cantina è il luogo della casa in cui sono conservati oggetti non usati quotidianamente. Lorenzo decide di nascondersi proprio
in cantina; a livello simbolico l'ambientazione della storia richiama alla mente l'indifferenza di Lorenzo nei confronti degli altri e quella
degli altri verso Lorenzo.
Il protagonista si auto-ripone in un luogo sicuro, prendendosi una pausa dal mondo che sembra essere troppo "rumoroso" per lui.
Un altro elemento simbolico nel film è costituito da un formicaio, all'interno di una teca di vetro, che Lorenzo acquista con
i soldi della gita scolastica in un negozio di animali, insieme alle provviste di cibo per l'intera settimana.
Attraverso il vetro della teca è possibile osservare il lavoro meticoloso delle formiche.
In una colluttazione tra Lorenzo e la sorella, il formicaio cade a terra, la teca si rompe e le formiche si sparpagliano.
Metaforicamente la vita di Lorenzo è organizzata all'interno di una scatola in vetro, una prigione che il ragazzo si è creato
intorno.
La gabbia di Lorenzo è il suo isolamento sociale, mentre quella di Olivia è la dipendenza dall'eroina.
L'irruzione di uno nella vita dell'altro e la relazione tra loro creerà un incontro-scontro che li farà uscire dai loro
schemi e scoprire modi alternativi di vivere.
Un ulteriore elemento simbolico è l'armadillo in gabbia, in vendita nel negozio di animali dove Lorenzo compra la teca con il
formicaio. In gabbia l'armadillo percorre in modo ripetitivo un percorso intorno a delle ciotole.
Con il suo tragitto forma un otto rovesciato, che nel linguaggio matematico riconduce al concetto d'infinito. L'armadillo ripete il suo percorso
e sembra non aver bisogno di nessun altro.
Il percorso ripetitivo dell'armadillo rispecchia in parte la vita di Lorenzo, che continua a percorrere il suo otto-infinito, senza incontrare
nessuno sul suo cammino.
Anche Bertolucci probabilmente vuole cogliere attraverso le sue riprese il valore simbolico di certi oggetti e il cambiamento di Lorenzo.
Il film inizia con il primo piano di Lorenzo, con la testa piegata in avanti, che parla con lo psicologo.
Con i cappelli davanti agli occhi, Lorenzo esclude gli altri dalla sua vista. La seduta terapeutica termina e Lorenzo esce dalla stanza,
infilandosi velocemente le cuffie per rifugiarsi nuovamente nella musica e nel suo mondo.
L'ultima scena del film è un primo piano sul viso di Lorenzo, che guarda per la prima volta diritto nella macchina da presa e
sorride al mondo.
Il cambiamento avviene per Lorenzo entrando forzatamente in contatto con la sorellastra e apprendendo per la prima volta il significato della
parola "relazione".
Tra la scena iniziale e quella finale, il film racconta la complessità del mondo adolescenziale e quello dei giovani, alle prese con
il difficile compito di trovare una propria strada e costruire la propria identità.
Il sintomo
Premessa: la trama presente a inizio articolo costituisce una breve ossatura; ho voluto condensarne il racconto per non appesantire
l'articolo e per lasciare al lettore il gusto di guardare il film. Ne consiglio la visione in quanto contiene altri aspetti importanti; inoltre
sono utili per comprendere appieno il presente capitolo.
Disturbo narcisistico. Nella storia lo psicologo convoca i genitori e comunica loro che il figlio ha un "disturbo narcisistico".
Esaminiamo la diagnosi solo come un'ipotesi letteraria, in quanto la diagnosi di un disturbo di personalità sull'asse II secondo i criteri
del DSM-IV presuppone il compimento del diciottesimo anno di età, mentre Lorenzo è minorenne.
Lo psicologo definisce il sé di Lorenzo "grandioso", tanto da non sentire il bisogno di relazione e quasi da sentirsi superiore
all'altro.
Questo spiega perché Lorenzo decide di passare un'intera settimana in cantina piuttosto che affrontare la fatica di relazionarsi con
il mondo.
Rispetto alla diagnosi di disturbo di personalità Narcisistica trovo solamente i seguenti tratti che possono essere riconoscibili
in Lorenzo e che emergono in alcune parti del film:
- ha la sensazione che tutto gli sia dovuto, ad esempio l'irragionevole aspettativa di trattamenti di favore o di un'automatica adesione
alle sue aspettative;
- sfruttamento interpersonale, ad esempio si serve degli altri per raggiungere i propri scopi;
- mancanza di empatia, in quanto è incapace di riconoscere e sentire i sentimenti e i bisogni degli altri.
La nonna sembra essere per Lorenzo una figura emotivamente importante, a dispetto di un padre completamente assente e di una madre con la
quale ha difficoltà di relazione e di dialogo.
Oltre "l'etichetta diagnostica", è importante evidenziare le problematiche in ambito relazionale e il bisogno di isolamento, che sono
atipiche nella fase adolescenziale.
Un altro aspetto "patologico" che deve essere segnalato è il contesto familiare di riferimento: un padre completamente assente, una
madre iper-controllante e protettiva, i rapporti invischiati tra madre e figlio, che rappresentano la coppia di fatto del film e una mancanza
di confini tra loro.
La madre, inoltre, non è capace di contenere la rabbia del figlio e rimane in balia dei suoi continui sbalzi d'umore.
In famiglia c'è difficoltà di comunicazione: il padre non parla mai con il figlio, neanche al telefono; madre e figlio si
scontrano e litigano di continuo, il figlio non è al corrente della sua storia familiare e non conosce le motivazioni per le quali la
sorella è stata allontanata.
La scarsa comunicazione familiare contribuisce a rendere Lorenzo completamente solo.
Il disagio del protagonista si manifesta con forti esplosioni di rabbia soprattutto nei confronti della madre, che sembra essere incapace di
sostenere il figlio nelle tappe evolutive e contenere il suo vissuto.
Inoltre, nella vita di Lorenzo manca la normale frequentazione del gruppo di coetanei, che è tipica del periodo adolescenziale.
Fratello e sorella cercano di fuggire dalla sofferenza; Lorenzo sceglie di non scegliere e di non mettersi in gioco, mentre Olivia si rifugia
nella sostanza.
Alla fine della proiezione del film ho avuto la sensazione che mi mancassero dei tasselli per completare il puzzle. Probabilmente il regista,
nel voler empatizzare con un adolescente, ha cercato sulla pellicola di rendere la complessità frammentata come il protagonista la vede
attraverso i suoi occhi.
La potenza di questo film, che consiglio ai colleghi di vedere, è di cogliere pienamente il mondo come Lorenzo lo vede e di trasmettere
all'osservatore proprio la sensazione di mancanza di nessi causali con la quale l'adolescente vive la sua esperienza.
La storia descrive, infatti, un periodo nel quale la costruzione dell'identità ancora in corso non rende sempre facile la narrazione di
sé.
Bertolucci è riuscito, sulla scia del racconto fatto da Ammaniti, a rendere sulla pellicola e nel racconto della storia proprio questi
frammenti di emozioni, pensieri e comportamenti che non sempre sembrano godere di un legame logico.
Sta all'osservatore, all'occhio clinico esperto, dare continuità e fluidità a tutti gli elementi.
Se arrivasse in terapia un adolescente come Lorenzo che parla di sé a fatica, che racconta pochi episodi della sua vita, con difficoltà
a riconoscere le proprie emozioni, a parlare e a relazionarsi, il terapeuta deve prima di tutto lavorare sull'alleanza.
La relazione terapeutica deve avere l'obiettivo di diventare per l'adolescente un porto sicuro che possa rendere visibile l'invisibile, dire
il non detto e dare voce alla sofferenza, alla rabbia del ragazzo seduto a testa bassa davanti a noi.
Il terapeuta ha il compito di rimandare a lui e alla sua famiglia cosa non funziona nei ruoli che hanno assunto, nella mancanza di comunicazione,
nell'assenza della figura paterna, nell'iper-protezione della madre e comprendere il sintomo del ragazzo alla luce di tutto questo, nonostante
i pochi elementi a disposizione e la scarsa collaborazione del minore. In poche parole, la relazione terapeutica deve rompere gli schemi
attraverso un legame completamente diverso che dia voce alla sofferenza.
Consiglio ai colleghi che vogliono lavorare con gli adolescenti di vedere questo film per studiare il "problema" da diverse angolazioni e
provare a rapportarsi alla frammentarietà della realtà adolescenziale.
La storia di "Novecento": "La leggenda del pianista sull'oceano"
"Novecento" è un monologo, come lo definisce Alessandro Baricco, da cui è stato tratto il film "La leggenda del pianista
sull'oceano" di Giuseppe Tornatore, uscito nel 1998.
La storia è raccontata da una voce narrante, un trombettista Jazz assunto come musicista all'interno del Virginian, un piroscafo
che negli anni tra la prima e la seconda guerra mondiale faceva la tratta Europa - America.
La nave accoglieva passeggeri di estrazione sociale molto differente tra loro. Ogni sera su questa nave le persone potevano ascoltare la
performance di un pianista straordinario, di nome Novecento. La storia di quest'uomo veniva sussurrata nei corridoi della nave.
Anche a terra i passeggeri continuavano a parlare delle sue doti come pianista, tanto che la sua figura si trasformò in leggenda.
Si diceva che Novecento fosse nato sulla nave e dalla nave non era mai sceso: «a essere precisi, Novecento non esisteva nemmeno
per il mondo... non aveva patria, non aveva data di nascita, non aveva famiglia».
Questo singolare personaggio, protagonista della storia di Baricco, viene trovato sul Virginian ancora neonato da Danny Boodman, un marinaio
di colore che gli farà da padre. Il marinaio trova il bambino in una scatola di cartone abbandonata da qualcuno sopra un pianoforte a
coda. Sul bordo del cartone c'era scritto T.D. Lemon. Il marinaio decise, così, di chiamare il bambino con il suo nome: Danny Boodmann
e di unire a questo la scritta T.D. Lemon. Chiamò il bambino Danny Boodman T.D. Lemon Novecento, in quanto il piccolo era stato trovato
il primo giorno del nuovo secolo.
Il marinaio muore quando il bambino ha otto anni a causa di un incidente durante una tempesta. Alla morte del padre acquisito, il comandante
decide di affidare il bambino alle autorità, ma Novecento scompare per diversi giorni, non volendo scendere dalla nave. Quando ritorna,
qualche giorno dopo, sbalordisce tutti nel suonare meravigliosamente il pianoforte.
Nessuno riuscì mai a spiegarsi dove Novecento avesse imparato a suonare in quel modo.
Danny Boodman T.D. Lemon Novecento viene descritto dal narratore come un uomo con grandi capacità musicali e in grado di rubare l'anima
della gente. La voce narrante racconta che, nonostante Novecento non fosse mai sceso dal Virginian, ha potuto respirare il mondo negli occhi
delle persone che salivano sulla nave. Mentre suona il pianoforte, Novecento si annulla completamente e viaggia con la mente verso terre lontane
che di fatto non ha mai visto, ma:
«erano ventisette anni che lui, su quella nave (...) spiava il mondo. Sapeva ascoltare. E sapeva leggere (...), sapeva leggere
la gente. I segni che la gente si porta addosso: posti, rumori, odori, la loro terra, la loro storia... ogni giorno aggiungeva un piccolo pezzo
a quell'immensa mappa che stava disegnandosi nella testa, immensa, la mappa del mondo intero, da un capo all'altro.»
Questo uomo vive tutta la sua vita sospeso sul mare di fronte al pianoforte, conoscendo il mondo solo attraverso i racconti dei passeggeri
della nave.
A livello simbolico: il quadro
Questa è la vita di Novecento fino al punto in cui cade il quadro.
Fran!
«A me ha sempre colpito questa faccenda dei quadri. Stanno su per anni, poi senza che accada nulla, ma nulla dico, fran,
giù, cadono. Stanno lì attaccati al chiodo, nessuno gli fa niente, ma loro a un certo punto, fran, cadono giù, come sassi.
Nel silenzio più assoluto, con tutto immobile intorno, non una mosca che vola, e loro, fran. Non c'è una ragione. Perch&ecute;
proprio in quell'istante? Non si sa. Fran. Cos'è che succede a un chiodo per farlo decidere che non ne può più? C'ha
un'anima, anche lui, poveretto? Prende delle decisioni? Ne ha discusso a lungo col quadro, erano incerti sul da farsi, ne parlavano tutte le
sere, da anni, poi hanno deciso una data, un'ora, un minuto, un istante, è quello, fran. O lo sapevano già dall'inizio, i due,
era già tutto combinato, guarda io mollo tutto tra sette anni, per me va bene, okay allora intesi per il 13 maggio, okay, verso le sei,
facciamo sei meno un quarto, d'accordo, allora buonanotte, 'notte. Sette anni dopo, 13 maggio, sei meno un quarto, fran. Non si capisce. È
una di quelle cose che è meglio che non ci pensi, se no ci esci matto.»
La caduta del quadro può rappresentare nella vita di ogni uomo una presa di coscienza, una consapevolezza nuova, che di solito si
accompagna all'azione. È un insight, che ci aiuta ad aprire gli occhi.
«Quando cade un quadro. Quando ti svegli un mattino, e non la ami più. Quando apri il giornale e leggi che è scoppiata
la guerra. Quando vedi un treno e pensi io devo andarmene da qui. Quando ti guardi allo specchio e ti accorgi che sei vecchio.»
Così un giorno Novecento comunica al suo amico che ha deciso di scendere dalla nave, perché vuole vedere come si vede il
mare dalla terra ferma.
Novecento si prepara e quando la nave attracca sulle coste americane, lui inizia a scendere le scale con tutto l'equipaggio che lo saluta.
Novecento scende qualche scalino e si ferma. Rimane lì immobile per un po' a contemplare la città che si estende di fronte a lui.
A quel punto tira il cappello nell'acqua, risale la scala e torna sulla nave.
Racconterà delle motivazioni che l'hanno spinto ad agire in questo modo solo al suo amico, molti anni più tardi.
Il trombettista jazz lascerà la nave 6 anni dopo che ci era salito; l'ultima sera lui e Novecento si salutano suonando insieme e,
attraverso quella melodia, comunicano tra loro pensieri e parole che negli ultimi anni non erano riusciti a dirsi.
Novecento e la voce narrante sono comunque destinati a rincontrarsi di nuovo diversi anni dopo, quando arriva al trombettista la notizia
della decisione di far esplodere il Virginian, ormai fatiscente per via della guerra.
Il trombettista jazz si mise in viaggio al più presto per cercare Novecento, sapendo benissimo che non era mai sceso dalla nave.
Una volta salito sulla nave, poche ore prima dell'esplosione, il trombettista utilizza la musica per far uscire Novecento dal suo nascondiglio,
facendo risuonare nei corridori e nelle sale del piroscafo, ormai abbandonato, le note dell'unica melodia che Novecento aveva inciso molti anni
prima.
In quell'occasione, Novecento racconta all'amico i motivi che gli avevano impedito di scendere le scale del piroscafo e mettere radici sulla
terra ferma. Li vedremo in seguito.
Sintomo
Il sintomo è l'indicatore di qualcosa che non funziona. Porta con sé un messaggio e assume nella vita del soggetto una funzione
specifica.
Novecento racconta il suo disagio, che consiste nell'incapacità di scegliere, per la troppa paura di sbagliare, trovandosi davanti alle
infinite opportunità della vita.
Il protagonista vive la sua vita sulla barca, sul mare, senza mai scendere a terra, e su quella barca decide di morire.
«Tutta quella città, non se ne vedeva la fine... Ma poi... primo gradino, secondo gradino, terzo gradino... primo gradino,
secondo gradino, terzo gradino... Primo gradino, secondo. Non fu quello che vidi che mi fermò, fu quello che non vidi...»
«La cercai... la cercai ma non c'era, in tutta quella sterminata città c'era tutto ma non c'era una fine. Quello che non
vidi è dove finiva tutto quello. La fine del mondo...»
Novecento, arrendendosi ad una vita che ha troppa paura di vivere, sceglie la nave, di nuovo e per sempre.
Questa scelta gli costerà la rinuncia a una parte di sé, ai suoi sogni, ai suoi desideri, alla possibilità di vivere una
vita "normale".
Possiamo immaginare che questo viaggio sul piroscafo rappresenti la nostra infanzia e adolescenza; la nave e il mare sono la nostra famiglia
e le sicurezze. Novecento ha passato una vita a sperimentarsi in un luogo protetto, come fa l'adolescente quando cerca di mettersi in gioco,
vestendosi d'identità diverse, arriva a casa e fa le prove con i propri genitori; la famiglia è il modello attraverso il quale
misura il suo mondo di bambino.
A un certo punto della nostra vita, chi prima e chi dopo, prova a emanciparsi dalla famiglia e a "scendere da quella scala"... primo, secondo,
terzo gradino... si arriva a terra. L'adolescente ha davanti a sé infinite possibilità e il mondo con la sua bellezza e i
suoi pericoli, che attraverso la buona palestra familiare prova ad affrontare.
Una volta sceso solitamente è consapevole del fatto che, in caso di necessità, può girarsi e trovare dietro di s&ecute; i
suoi genitori, una barca a cui far ritorno nei momenti di difficoltà.
Novecento, invece, non ce la fa. Sviluppa un sintomo, che lo porta alla morte.
Novecento sceglie di non avere più desideri e con questo riesce a fermare l'infelicità, perché la sua filosofia è
di non desiderare altro che quello che ha.
Questa scelta, tuttavia, lo porta all'impossibilità di cambiare la sua vita, non avendo una rotta, rimane bloccato tra la prua e la
poppa di una nave e per la paura, sceglie il suicidio.
L'adolescenza
L'adolescenza è un periodo caratterizzato da una molteplicità di cambiamenti, a diversi livelli: fisico, cognitivo, psicologico
e relazionale.
Gli adolescenti sviluppano una maggiore capacità cognitiva, un uso più appropriato della logica, del ragionamento e una
comprensione più profonda della realtà nonch&ecute; la possibilità di pensare in termini astratti oltre a quelli legati
alla contingenza pratica.
Jean Piaget, psicologo e pedagogista, definisce questo periodo la fase del "pensiero operativo formale".
L'egocentrismo adolescenziale tende a viziare gli schemi di pensiero comportando:
- una visione distorta di sé, al centro della scena sociale;
- il mito dell'invincibilità, rispetto alle leggi della mortalità;
- il mito personale, sentendosi destinati a grandi cose;
- la creazione di un pubblico immaginario, che li osserva e giudica perennemente;
- una propensione a condannare l'immoralità maggiormente negli altri piuttosto che in se stessi.
Secondo Erik Erickson, psicologo e psicanalista, il compito principale dell'adolescenza è di trovare una propria identità.
Questo comporta momenti di crisi e di esplorazione e l'assunzione di impegni; si possono così delineare quattro stati di identità,
con difficoltà specifiche:
- preclusione, quando l'individuo assume degli impegni imitando quelli familiari, ma non esplora in maniera autonoma e questo comporta una
definizione prematura dell'identità;
- identità negativa, opposta a quella che la società o la famiglia si aspetta da lui;
- identità diffusa, alla ricerca della quale i giovani si mostrano completamente indifferenti, non assumono impegni e non vivono
momenti di crisi o esplorazione;
- una moratoria di identità, ne sperimentano tante senza fermarsi su nessuna in particolare.
Secondo l'autore, l'acquisizione dell'identità può essere agevolata se i valori familiari sono saldi e se la famiglia e il
contesto sociale hanno fornito strutture e consuetudini stabili e in grado di sostenere l'individuo.
I genitori svolgono un ruolo fondamentale, soprattutto se lo scarto generazionale tra genitori e figli non diviene un divario incolmabile.
I conflitti, che sono normali nel periodo adolescenziale, sembrano accentuati:
- da uno stile familiare autoritario o totalmente permissivo piuttosto che da uno stile autorevole, improntato al dialogo;
- nella prima fase dell'adolescenza;
- nelle famiglie più numerose e con un reddito più basso (i genitori tendono a non dare molta importanza ai problemi dei figli);
- con i primogeniti (gli altri figli hanno la strada spianata);
- sotto la pressione di fattori esterni (un contesto più povero fornisce minori stimolazioni e dispone maggiormente ai pericoli) e
interni (aspettative da parte dei genitori) al sistema famiglia.
I coetanei sostengono l'adolescente nella formazione dell'identità, svolgono un ruolo di aiuto e sostegno nella comune "lotta con
gli adulti", favorendo la formazione dell'identità personale.
I genitori e gli amici devono svolgere un ruolo complementare per la sana crescita dell'individuo.
Nonostante la maggior parte degli adolescenti viva questo periodo di transizione verso l'età adulta nei limiti della normalità,
alcuni devono affrontare, oltre ai normali problemi evolutivi, episodi negativi che possono aggravare fortemente la situazione, soprattutto
se sono correlati a fattori quali la vulnerabilità genetica, danni prenatali, disarmonia in famiglia.
Tuttavia, al di là di quanto detto, nessun percorso si presenta totalmente irreversibile e ogni adolescente, vista la sua carica di
originalità, forza e apertura al nuovo, può affrontare con successo le sfide che la vita gli presenta.
Il suicidio in adolescenza è di solito causato da una percezione fortemente negativa di sé, da tratti tendenti all'autolesionismo,
alla depressione e alla forte emotività, nonché allo scarso successo della comunicazione familiare.
Il rovescio della medaglia: storie a confronto
Cosa accomuna Novecento e Lorenzo, apparentemente così diversi tra loro?
Questi due personaggi hanno età diverse, appartengono a epoche diverse, conseguono scelte opposte.
Entrambi, tuttavia, si sono costruiti un "rifugio" dove nascondersi dal mondo: la nave per Novecento, la cantina per Lorenzo,
la musica per tutti e due.
Ambedue sembrano vivere una fase pre-adolescenziale; Lorenzo perché ha 14 anni, Novecento perché rimane al sicuro nella tranquillità
del "grembo materno" sulla grande nave e decide di non affacciarsi al mondo.
Nella vita di entrambi non sembra possibile tollerare la novità, non c'è spazio al cambiamento, non c'è spazio
per l'altro e le infinite strade delle vita sono ridotte, in quanto possono essere presi solo percorsi che proteggono i protagonisti dal
mondo e dalla relazione. Novecento cerca di spiegare questa sua paura partendo da ciò che conosce:
«Prova a immaginare un pianoforte...:i tasti iniziano, i tasti finiscono. Tu sai che sono 88 e su questo nessuno può
fregarti... Non sono infiniti loro, Tu sei infinito e su quegli 88 tasti infinita è la musica che puoi suonare... Questo a me piace,
questo sì, si può vivere.»
E parlando del mondo oltre la "nave", aggiunge:
«Ma se salgo su quella scaletta e davanti a me si srotola una tastiera con milioni di tasti, milioni e miliardi di tasti, che
non finiscono mai e questa è la verità, che non finiscono mai... beh, allora quella tastiera è infinita... ma se quella
tastiera è infinita non c'è musica che puoi suonare... ti sei seduto sul seggiolino sbagliato: quello è il pianoforte su
cui suona Dio.
Ma le vedevi le strade???? Anche solo le strade, ce n'erano a migliaia... come fate voi laggiù a sceglierne una??? A scegliere una donna...
Una casa che sia la vostra, un paesaggio da guardare, un modo di morire... Tutto quel mondo addosso che nemmeno sai dove finisce... o quanto ce
n'è... Ma non avete paura, voi altri, a finire in mille pezzi solo a pensarla quell'enormità??...a viverla...
Io sono nato su questa nave... ed anche qui il mondo passava, ma a non più di duemila persone per volta... E di desideri ce n'erano,
sì... ce n'erano ma non più di quanto possano stare su di una nave fra una prua ed una poppa... Suonavi la tua felicità su
di una tastiera che non era infinita... Io ho imparato a vivere così... la terra, quella è una nave troppo grande per me. È
un viaggio troppo lungo. È una donna troppo bella. È un profumo troppo forte. È una musica che non so suonare.»
Entrambi, Lorenzo e Novecento, hanno bisogno delle certezze e delle rassicurazioni di una vita metodica e tutta uguale: la vita di
Novecento è "suonata" sugli 88 tasti del pianoforte; quella di Lorenzo vivibile solo in contesto in cui tutto è controllabile,
scandita dalla monotonia di giornate tutte uguali.
Entrambi sono ossessionati dai numeri e meticolosamente attenti ai particolari.
Entrambi sono ingabbiati nella metafora dell'otto-infinito: Lorenzo è paragonato all'armadillo; Novecento nonà mai una tratta
diversa da quella compiuta dal piroscafo, avanti e indietro dall'America per infinite volte, suonando sugli 88 tasti del suo pianoforte.
Finché un giorno cade il quadro.
Lorenzo, a differenza di Novecento, decide che vale la pena scendere dalla nave.
Lorenzo è un adolescente, mentre Novecento è un uomo di mezz'età, eppure ritengo che l'uno rappresenti il rovescio
della medaglia dell'altro.
La "medaglia" è rappresentata dall'adolescenza e l'esito si contraddistingue dalla possibilità di ognuno di uscire a testa alta
da questa fase di crisi.
Lorenzo affronta la sfida a modo suo, passando dall'isolamento all'appiattimento sociale ad una relazione affettivamente sincera con la sorellastra.
Possiamo immaginare che questo rapporto permetterà a Lorenzo di avvicinarsi diversamente al mondo degli adulti e alla relazioni
sociali in generale.
Possiamo dire che Lorenzo è la parte di medaglia vincente, in quanto dopo la crisi affronta la vita "a testa alta".
Novecento invece non ce la fa a lasciare le sicurezze "familiari", non riesce a scendere dalla nave, dalla famiglia, e rimane intrappolato in
una crisi adolescenziale, che nonostante la sua tarda età sembra non aver mai superato.
Anche Lorenzo è invischiato in un contesto familiare, al quale reagisce con rabbia, ironia e disperazione.
Nonostante questa morsa del ragno che attanaglia entrambi, Lorenzo sceglie la vita, mentre Novecento rincorre la morte.
Conclusioni
A conclusione di questo articolo mi viene in mente quello che la Mamma di Forest Gump (film del 1994 interpretato da Tom Hanks), diceva
sempre: «la vita è uguale a una scatola di cioccolatini: non sai mai quello che ti capita!»
Particolari, dettagli, avvenimenti che si intrecciamo in modo casuale fino a diventare un percorso di vita con epiloghi differenti: da una
parte la faccia della medaglia, dall'altro il suo rovescio, altrettanto complicato, ricco di significati, di motivazioni, di sogni e aspettative,
dove scelte diverse delineano percorsi diversi e ricchi di cambi di scena.
La vita è un palcoscenico di questa intramontabile commedia, dramma, romanzo o tragedia, che è la nostra esistenza, nel momento
in cui tessiamo i fili della nostra tela.
Bibliografia
- Ammaniti N., Io e te, Trento, Einaudi, 2010.
- Baricco A., Novecento. Un monologo, Milano, Feltrinelli, 1997.
Scheda libro
Titolo: Io e te
Autore: Niccolò Ammaniti
Casa editrice: Einaudi
Anno: 2010
Pagine: 116
Scheda libro
Titolo: Novecento. Un monologo
Autore: Alessandro Baricco
Casa editrice: Feltrinelli
Anno: 1997
Pagine: 62
Filmografia
- Bertolucci B., Io e te, 2012.
- Tornatore G., La leggenda del pianista sull'oceano, 1998.
Scheda Film
Anno: 2012
Durata: 97 minuti
Sceneggiatura: Bernardo Bertolucci, Niccolò Ammaniti, Umberto Contarello e Francesca Marciano
Regia: Bernardo Bertolucci
Cast: Jacopo Olmo Antinori, Tea Falco, Sonia Bergamasco, Pippo Delbono, Veronica Lazar
Genere: Drammatico
Scheda Film
Anno: 1998
Durata: 165 minuti
Sceneggiatura: Giuseppe Tornatore
Regia: Giuseppe Tornatore
Cast: Tim Roth, Pruitt Taylor Vince, Bill Nunn, Clarence Williams III, Peter Vaughan, Niall O'Brien, Gabriele Lavia, Harry Ditson, Vernon Nurse,
Angelo Di Loreta, Alberto Vazquez, Kevin McNally, Cory Buck et al.
Genere: Drammatico
Altre letture su HT
- Irene Bellodi, "Recensione libro: Il Ballo",
articolo pubblicato su HumanTrainer.com, Psico-Pratika nr. 73, 2012
- Redazione, "Stress da
isolamento sociale: risposte neuronali diverse tra maschi e femmine", articolo pubblicato su HumanTrainer.com, Psico-Pratika nr. 131, 2016
- Redazione, "Adolescenti e salute mentale: report
dell'AGIA", articolo pubblicato su HumanTrainer.com, Psico-Pratika nr. 145, 2018
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