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I fondamenti antropo-filosofici della psicoterapia basata sull'enneagrammaL'articolo "I fondamenti antropo-filosofici della psicoterapia basata sull'enneagramma" parla di:
Articolo: 'I fondamenti antropo-filosofici della psicoterapia basata sull'enneagramma'A cura di: Barbara Castiglione
I fondamenti antropo-filosofici della psicoterapia basata sull'enneagramma
PERSONALITÀ ED ESSENZAL'essenza è ciò che è suo. La personalità è ciò che non è suo... ciò che gli è venuto dall'esterno, quello che ha appreso. Nel lavoro su di sé vi è un momento molto importante: quello in cui l'uomo incomincia a distinguere tra la sua personalità e la sua essenza. Il vero "Io" di un uomo, la sua individualità, può crescere solo a partire dalla sua essenza. Ma per consentire all'essenza di crescere è innanzitutto indispensabile attenuare la pressione costante che la personalità esercita su di essa, perché gli ostacoli alla crescita dell'essenza sono contenuti nella personalità. Ma per essere capaci di giungervi o perlomeno di intraprendere questa via, l'uomo deve morire. Questo vuoi dire che deve liberarsi da una moltitudine di attaccamenti e identificazioni che lo mantengono nella situazione in cui è. Nella sua vita egli è attaccato a tutto, attaccato alla sua immaginazione, attaccato alla sua stupidità, attaccato persino alle sue sofferenze, forse più alle sue sofferenze che a ogni altra cosa. Egli deve liberarsi da questo attaccamento. Ma come si possono far morire? Svegliarsi significa realizzare la propria nullità, cioè realizzare la propria meccanicità, completa e assoluta,
e la propria impotenza, non meno completa, non meno assoluta. Fintanto che un uomo non si fa orrore, non sa niente di se stesso. «Un uomo ha visto in se stesso qualcosa che lo inorridisce; decide di respingerlo, di ostacolarlo, di liberarsene. Tuttavia, per quanti sforzi faccia, sente che non lo può, che tutto rimane come prima. Vede così la sua impotenza, la sua miseria, la sua nullità; o ancora, quando comincia a conoscere se stesso, vede che non possiede niente, tutto ciò che ha considerato come suo, le sue idee, i suoi pensieri, le sue convinzioni, le sue tendenze, le sue abitudini, le sue stesse colpe e i suoi vizi, niente di tutto questo gli appartiene: tutto si è formato per imitazione, oppure è stato copiato da qualche parte, tale e quale. Nel sistema si dice che l'uomo è composto di due parti: la personalità e l'essenza. La personalità viene qui intesa nel senso latino del termine, quello di "persona" o "maschera" indossata dall'attore.
Essa esiste per filtrare ciò che proviene dal mondo esterno a favore dell'essenza e si sviluppa attraverso l'educazione e l'acculturazione. La condizione dell'essere umano contemporaneo è spesso caratterizzata dalla divergenza tra essenza e personalità e dallo sviluppo della falsa personalità, una sorta di corazza caratteriale con funzione difensiva che si sviluppa molto precocemente e che impedisce all'essenza di emergere e di crescere. Le nostre scuole non ci insegnano a conoscere noi stessi e spesso persino ci impongono ruoli non collegati alla nostra essenza. Più ci allontaniamo dall'essenza, più scivoliamo nel mondo della meccanicità e maggiore è il numero delle leggi a cui siamo sottoposti. In realtà la personalità dovrebbe servire l'essenza e non il contrario: quando le leggi si sovvertono la crescita dell'essenza si arresta. È per questo che nel sistema della Quarta Via si afferma che l'anima non è innata ma va acquisita attraverso il lavoro su di sé. Alcuni individui hanno personalità troppo sviluppate e piccole, nascoste essenze. Altre persone, cresciute più a contatto con la natura e con livelli di istruzione più bassi, hanno maggiori probabilità di aver preservato la loro essenza ma, ciononostante, non avranno maggiori possibilità di lavoro dei primi. Per sostenere lo sviluppo dell'essenza è necessario che la personalità si sviluppi in una certa misura, che essa sia in grado di sostenere il lavoro intrapreso e di favorire la sostituzione della falsa personalità con quella vera. Ogni tentativo di cambiamento in tal senso, che non provenga al momento giusto e da una consapevole intenzionalità, è destinato a fallire e, nel caso della psicoterapia, ad allontanare le persone che a noi si rivolgono. IL PRESENTEIl passato parla di noi, è il contenitore delle nostre esperienze, ma spesso ci rifugiamo in esso e in esso troviamo giustificazioni per ciò che nel presente non riusciamo a fare. Carichi di emozioni negative e di risentimento, tendiamo così, ad esempio, ad attribuire i nostri fallimenti attuali ai nostri genitori o all'ambiente in cui siamo cresciuti, non rendendoci conto che questa è solo una costruzione della nostra mente meccanica e che esiste la reale possibilità di agire, qui e subito: basta solo volerlo davvero. Il presente è l'unica realtà che esiste, esiste solo il qui e ora e solo ciò che viviamo nella presenza ha veramente un senso per il nostro sviluppo. Tuttavia molti di noi vivono nel ricordo del passato che è già stato o nell'attesa carica di aspettative di un futuro che non è ancora. È in questa tensione che spesso si sviluppa il disagio psichico: da un lato cerchiamo di risolvere i nostri problemi con risposte già sperimentate ma che contribuiscono ad alimentare il problema; dall'altro immaginiamo un futuro magicamente libero da conflitti, di cui però non ci assumiamo la responsabilità e che deleghiamo al lavoro del medico o dello Psicologo. Ma l'uomo che può "fare" è solo quello che sta nel presente, che non si affida a risposte precostituite del passato
e che non rimanda a domani ciò che potrebbe fare oggi. IL RICORDO DI SÉ
Il primo passo verso l'acquisizione della liberazione consiste in un accurato lavoro di "risveglio"; l'individuo deve cioè rendersi pienamente conto che allo stato attuale sta dormendo. Come abbiamo già osservato, lo stato che normalmente definiamo di coscienza è in realtà uno stato di sonno in cui operiamo in modo meccanico. Abbiamo anche visto come il più grande ostacolo al risveglio consista nel fatto che noi pensiamo già di essere coscienti, proprio come i protagonisti di Matrix. Lo sforzo di ricordarci di noi stessi nell'arco della giornata ci permette di vedere come siamo fatti e in quale stato viviamo tutti i giorni; serve a farci comprendere che durante il giorno "dormiamo" e di conseguenza non siamo mai coscienti di noi. Il "ricordo di noi stessi" ci permette di evitare di lasciar scorrere nell'inconsapevolezza la nostra esistenza quotidiana, ci permette di vivere in salute e in sintonia con il resto dell'universo e di riconoscerlo dentro di noi. È difficile spiegare a parole in cosa consista, anche perché si sviluppa attraverso l'esercizio pratico e non è limitato a uno stato mentale, bensì si espande, attraverso l'attivazione del centro emotivo superiore, a tutto il nostro essere. È l'Ars Regia di cui parlano gli alchimisti, il processo di "cottura a fuoco lento" a cui deve essere sottoposta la materia
per ottenere la sua trasformazione in oro. Gli esercizi proposti dalla Quarta Via possono sembrare all'inizio laboriosi e impegnativi: spesso potranno verificarsi degli insuccessi o dei cali di energia e ci accorgeremo rapidamente di come sia difficile mantenere attiva la nostra coscienza mentre agiamo nel mondo ma ciò che conta, almeno inizialmente, non è il risultato bensì l'intenzione. Durante gli esercizi impariamo intanto a esercitare l'attenzione divisa, cioè la capacità di prestare attenzione a ciò
che stiamo facendo e contemporaneamente a noi stessi. L'energia così liberata aumenta la frequenza vibratoria del nostro essere: se non siamo seguiti da qualcuno che è più avanti di noi nel percorso potremmo rischiare di utilizzare malamente le nostre energie, ad esempio, facendole risucchiare dalla personalità, rendendola ipertrofica e rendendo inutile, se non dannoso, il lavoro svolto fino a quel momento. Se opportunamente supportati, potremmo invece scoprire quanto è semplice liberarci dai pregiudizi che abbiamo introiettato circa noi stessi e il mondo che ci circonda; potremmo intimamente realizzare la connessione (l'entanglement di cui parla la fisica contemporanea) di tutte le cose del creato e agire con coscienza ed efficacia. È importante sottolineare che il ricordo di sé può operare solo attraverso lo stare nel mondo e l'esperienza quotidiana concreta e diretta: il ricordo di sé non è una memoria depositata nel nostro cervello, un semplice gioco intellettuale fine a se stesso ma l'accesso a una nuova funzione che apre le porte a una più elevata forma di consapevolezza. Come dice Jung, il percorso di individuazione è un percorso che non ha mai fine. LA FRIZIONE«Fusione, unità interiore, sono ottenute nell'uomo per "frizione" per mezzo della lotta tra il Sì e il No. Se un uomo vive senza lotta interiore, se in lui tutto accade senza opposizione, se va sempre seguendo la corrente o come il vento lo spinge, allora resterà com'è. Ma se una lotta interiore ha inizio in lui e soprattutto se questa lotta ha una linea definita, allora gradualmente certe caratteristiche permanenti cominciano a formarsi in lui, egli comincia a "cristallizzare". Ma se la cristallizzazione è possibile su una base giusta lo è anche su una base sbagliata». Quello che in Psicologia viene normalmente descritto come "conflitto", nel sistema della Quarta Via trova la propria definizione nel concetto di "frizione". In fisica la frizione è l'energia che si genera attraverso un'azione di sfregamento tra due parti che generano attrito. Questo effetto, che sprigiona energia, è causato dal fatto che una delle due parti si oppone al movimento. Anche la vita dell'essere umano è spesso caratterizzata dall'attrito tra le sue parti interne, oppure si sviluppa nella sua relazione con il mondo esterno. La frizione si genera in modo automatico quando i nostri gruppi di Io entrano in contraddizione tra di loro o con quelli dei nostri interlocutori. Molte delle persone che si rivolgono a uno Psicoterapeuta si trovano proprio in questa condizione e necessitano di capire cosa in loro generi
un conflitto e perché, nonostante i loro sforzi, questo non venga superato ma, casomai, rinforzato. In genere questa condizione è inoltre accompagnata da un vissuto emotivo negativo che non permette di prendere in considerazione gli elementi positivi che ogni crisi porta con sé. Il termine "crisi", che trova la propria radice etimologica nel greco krinéin=distinguere, separare, parla infatti delle potenzialità evolutive dell'essere umano e contiene in sé il germe del cambiamento. È proprio nel conflitto che possiamo imparare qualcosa di nuovo su noi stessi e sulla nostra relazione con il mondo esterno e, se riusciamo a comprendere tutto ciò, allora saremo in grado di dare una nuova direzione alle nostre energie e di utilizzarle in modo da accrescere il livello del nostro essere. Ogni volta che rispondiamo a un conflitto in modo meccanico, pescando nel repertorio delle risposte stereotipate immagazzinate nei nostri centri inferiori non facciamo che peggiorare la situazione. Quando impariamo a mettere una distanza tra la frizione e la nostra reazione, quando utilizziamo l'attenzione divisa e non ci identifichiamo con ciò che ci accade possiamo allargare il repertorio delle nostre risposte e scoprire cosa si intende per falsa personalità. Le difficoltà del momento si trasformano allora in opportunità di crescita della consapevolezza e, quindi, nello sviluppo dell'essenza e della corretta personalità. A un livello più evoluto, la frizione non è semplicemente qualcosa che accade e che cerchiamo di combattere ma una condizione
che l'uomo può ricercare attivamente. ATTENZIONE DIVISAQuasi tutte le persone pensano al cambiamento in termini di inclusione, ma solo coloro che sono saggi sanno che l'Insegnamento opera anche per esclusione: l'esclusione degli elementi che rendono l'uomo cieco e sordo. Quando osservo qualcosa, la mia attenzione è diretta su ciò che osservo: IO --------------------> il fenomeno osservato Quando, sempre osservando, tento di ricordarmi di me, la mia attenzione è diretta contemporaneamente verso l'oggetto osservato e verso me stesso: IO <-------------------> il fenomeno osservato Pëtr Demianovic Ouspensky Dallo sviluppo dell'attenzione divisa traiamo la materia necessaria per portare avanti il lavoro su noi stessi. Nel sistema della Quarta Via si intende con questo termine non solo la capacità di osservare un dato fenomeno ma anche la capacità di osservare contemporaneamente se stessi. In particolare, osservare noi stessi ci permette, ad esempio, di capire quali gruppi di Io agiscono in noi, quale centro e quale sua parte sono in gioco quando forniamo una data risposta. Come abbiamo visto in precedenza, ogni centro è infatti suddiviso al suo interno in parti motorio-istintive, parti emotive e parti intellettuali. Nel sistema si utilizza spesso l'analogia con le figure delle carte per spiegare questo concetto: usare il fante significa allora rispondere con la parte istintivo-motoria del centro; la regina corrisponde alle risposte reattivo-emotive, mentre il re è coinvolto in tutte quelle azioni che richiedono l'attenzione focalizzata. Riflettere sulle parti che agiscono in noi è un esercizio di comprensione molto utile e ci apre alla possibilità di utilizzare in modo corretto i centri e le loro funzioni e di combattere la meccanicità delle risposte stereotipate. Questo non significa che ogni nostra azione debba essere compiuta con il re, cioè con la parte intellettuale: alcune azioni, come ad esempio guidare l'automobile, sono efficaci solo se eseguite con il fante, mentre altre, come l'apprendimento di un nuovo concetto, richiedono uno sforzo di attenzione supplementare e l'utilizzo del re del centro intellettuale. Riconoscere il luogo in cui si formano le nostre risposte ci permette di scegliere la risposta di volta in volta più adeguata, di essere più efficaci nelle nostre azioni e di risparmiare energia utile alla prosecuzione del Lavoro e del Ricordo di sé. È importante far notare che l'uso dell'attenzione divisa è un espediente utilizzato per differenziare e comprendere il proprio funzionamento ma l'obiettivo non è separare, dividere, bensì riunire il tutto all'interno di un contenitore più ampio attraverso l'espansione della nostra consapevolezza. GLI SCOPILo scopo fondamentale del Lavoro è connesso al Ricordo di sé. La formulazione dello scopo agisce su un magnete che orienta le nostre azioni, permettendoci di discriminare ciò che ci avvicina o
ci allontana da esso. Perseguire lo scopo significa allora utilizzare al meglio le nostre energie senza sprecarle in azioni inutili o dannose. A tal fine è sempre utile confrontarsi con altre persone di cui ci fidiamo che sono già in cammino, che ci possano sostenere, guidare e che, eventualmente, ci aiutino a non perdere l'orientamento nei momenti di scoraggiamento. Percorrere la via in vista dello scopo significa attraversare il deserto e diventare ciò che siamo. GLI AFORISMI DI GURDJIEFF
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