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Il Cambiamento terapeutico tra mente e corpo:

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Il Cambiamento terapeutico tra mente e corpo:
cos'e' e cosa significa cambiare in terapia

L'articolo "Il Cambiamento terapeutico tra mente e corpo:" parla di:

  • Schemi neuronali disposizionali
  • Modalita' di risposta
  • Cambiare in terapia
Psico-Pratika:
Numero 52 Anno 2010

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Articolo: 'Il Cambiamento terapeutico tra mente e corpo:
cos'e' e cosa significa cambiare in terapia'

A cura di: Giorgia Pizzuti
    INDICE: Il Cambiamento terapeutico tra mente e corpo:
  • Schemi neuronali disposizionali
  • Modalità di risposta
  • Cambiare in terapia
Schemi neuronali disposizionali

Che cos'è il cambiamento terapeutico e soprattutto cosa significa cambiare in terapia?

Cominciamo innanzitutto col prendere in prestito le parole di un famoso neuroscienziato, Antonio Damasio, il quale afferma che "Gli schemi di scarica neurali sono prodotti dal rafforzamento o dall'indebolimento delle sinapsi cioè dei collegamenti tra due neuroni, a loro volta risultato di cambiamenti funzionali a livello microscopico entro le ramificazioni dei neuroni stessi (vale a dire assoni e dentriti)".

Questi ultimi, a lungo andare, contribuiscono alla costruzione di cosiddetti schemi neuronali disposizionali, ossia di predisposizioni all'eccitazione da parte di specifici gruppi di neuroni. A questo punto vi starete chiedendo cosa c'entri tutto questo con il cambiamento terapeutico.
Bene, andiamo per gradi.

Tutti, dallo scienziato all'uomo comune, concordano ormai sul fatto che ogni nostra azione, ogni pensiero o emozione abbia un preciso correlato neurobiologico.
Nel corso dell'esperienza, inoltre, sviluppiamo schemi neurali disposizionali (alcuni sono innati) che, come già accennato, suscitano una determinata attività neurale con una conseguente attivazione che potremmo definire "cognitivo-emotiva".

In altre parole ad una data eccitazione neurale corrisponde una precisa configurazione di emozioni-pensieri.
Non è un caso quindi se uno dei libri più famosi di Damasio si intitoli appunto "L'errore di Cartesio" vale a dire la convinzione, a lungo dominante nella nostra cultura e ormai ampiamente falsificata, che emozioni e pensieri appartengano a due realtà ben distinte e distinguibili.

Modalità di risposta

Se dunque esistono dei circuiti di attivazione disposizionali, cioè potenziali, che sviluppiamo nel corso della vita, analogamente sarà possibile modificarli nel corso di una terapia.
Stiamo cioè sostenendo che il cosiddetto cambiamento terapeutico altro non sia che il risultato o meglio la manifestazione fenomenologica di un dato cambiamento "biologico" più profondo.

Purtroppo quando parliamo di cambiamento terapeutico troppo spesso finiamo per avere la sensazione di parlare di qualcosa di aleatorio, intangibile, non osservabile. Ma la realtà è ben diversa.

Quando sosteniamo che un paziente è cambiato, infatti, significa che egli sente, pensa e si comporta diversamente anche nella vita di tutti i giorni e non solo nella stanza di terapia. Tale cambiamento è stato a sua volta reso possibile da un precedente, progressivo e lento cambiamento neurale, vale a dire da una modificazione prima sinaptica, quindi disposizionale, infine di schemi di eccitazione neurale.

Se quindi fino a qualche anno fa il ritrovarsi in una data situazione attivava nel soggetto uno specifico schema di eccitazione neurale, e quindi una certa costellazione di azioni-pensieri-emozioni, in seguito e grazie alla costituzione di nuovi collegamenti sinaptici, all'indebolimento e/o al rafforzamento di altri, quella stessa situazione attiva ora in lui un altro schema di eccitazione e quindi, un modello di risposta emotivo-cognitiva-comportamentale diverso.

Non stiamo affermando che, come direbbe L. Lubrosky emerito psicoanalista e studioso del processo psicoterapeutico, quel dato Tema Relazionale Conflittuale Centrale scompaia del tutto; piuttosto ciò che cambia nel soggetto è la modalità di risposta ad un dato contesto relazionale, il livello di sofferenza che gli procura e l'intensità o modalità della sua reazione patologica.
A livello neurologico potremmo dire che quella rete neurale probabilmente non si auto-distrugge piuttosto cambia forma, si modifica e con essa anche i livelli di pensiero, sentimento e azione che ne derivano.

Cambiare in terapia

Per rispondere alla domanda iniziale occorre, dunque, porsi ad un livello meta; solo così possiamo, infatti, comprendere come un cambiamento psicologico altro non sia che l'epifenomeno di un cambiamento avvenuto a livello inferiore, biologico inteso in senso ampio.

Nell'ambito più propriamente psicoanalitico si è soliti affermare che un paziente è cambiato quando le rappresentazioni mentali di sé e dell'altro sono cambiate, quando attraverso la ri-narrazione della sua storia è stato in grado di co-costruire assieme al terapeuta una nuova interpretazione, una ri-narrazione appunto, di quanto accadutogli in passato.

Ma cosa significa che un paziente, alla fine di un'analisi, è stato in grado di attribuire "nuovi significati"?

Ecco che anche in questo caso quando sosteniamo che attraverso la psicoterapia il soggetto impara a ridefinire, a guardare con occhi diversi ad una data relazione o ad un dato evento, passato, presente o immaginato nel futuro, non stiamo parlando di un qualcosa di completamente avulso da una dimensione più strettamente neurobiologica, tutt'altro. Parlare di cambiamento psicologico e cambiamento biologico significa esprimersi a partire da livelli di realtà diversi ma non parlare di realtà differenti.

È come se osservassimo uno stesso fenomeno da due punti di vista diversi, l'uno più interno, l'altro più esterno, macro e micro.
L'oggetto osservato è il medesimo e tutte le volte in cui ci interroghiamo sul se e come sia possibile cambiare in terapia è importante tenerlo bene a mente.

Si tratta, dunque, soltanto di livelli, di prospettive differenti.
Ed ecco perché quando molti affermano che "con la psicoterapia non si cambia" viene spesso da rispondere "allora significa che non siamo mai in grado di cambiare", perché quello che accade durante un percorso terapeutico per certi versi non è molto diverso da quello che accade nel corso della vita di tutti i giorni.

Impariamo, sperimentiamo oppure ripetiamo sempre gli stessi errori, facciamo sempre le stesse cose: alla fine, in tutti questi casi si tratta sempre di circuiti di attivazione neurali che rimangono stabili o viceversa si modificano, cambiano, evolvono e noi con loro.

Il cambiamento terapeutico come qualsiasi altra forma di cambiamento, altro non è che una diversa espressione di una modificazione biologica.
E fare una simile affermazione non significa ridurre il mentale al fisico: "la parziale spiegazione della complessità per mezzo di qualcosa che è meno complesso non significa impoverimento".

Piuttosto significa elevare corpo e mente ad un livello in cui finalmente si riconosce la loro profonda interconnessione, il loro legame inscindibile troppo a lungo ignorato e che così come può essere fonte di grandi sofferenze allo stesso tempo, e per fortuna, può essere fonte di grandi gioie e risorsa di importanti cambiamenti.

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