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Il burnout del docente: quando insegnare diventa un "peso"

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Il burnout del docente: quando insegnare diventa un "peso"

L'articolo "Il burnout del docente: quando insegnare diventa un "peso"" parla di:

  • Ruolo del docente come guida
    Sfide e burnout degli insegnanti
    Conseguenze e soluzioni per il burnout
Psico-Pratika:
Numero 209 Anno 2024

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Articolo: 'Il burnout del docente: quando insegnare diventa un "peso"'

A cura di: Rebecca Farsi
    INDICE: Il burnout del docente: quando insegnare diventa un "peso"
  • Introduzione
  • Burnout: definizione e sintomatologia
  • Il burnout "sul campo": aspetti specifici e dati statistici
  • Le prime normative e le necessità future
  • E per risolvere lo stress legato al burnout?
  • Bibliografia
  • Risorse informatiche
  • Altre letture su HT
Introduzione

La funzione educativa della scuola si inserisce a pieno titolo nel processo evolutivo dell'allievo, segnandone, talvolta anche in maniera sostanziale, il corso e la direzione.
Questo assunto ha contribuito ad assimilare, nel corso del tempo, il ruolo di docente a quello di una sorta di "guida". Un adulto autorevole che, esattamente come un genitore, supporta gli studenti lungo le fasi del percorso di crescita, rendendosi un punto di riferimento, e non soltanto una fonte trasmissiva di contenuti nozionistici.
All'insegnante, nel modo in cui lo si intende oggi, è richiesta una versatilità che gli consenta di gestire i molteplici aspetti in cui viene declinata la sua funzione. Mente razionale e mente emotiva devono confluire in un'unica direzione per raggiungere obiettivi didattici, istituzionali e formativi, e consentirgli di differenziarsi di volta in volta, sulla base dei microcosmi - plurimi e variegati - con cui viene chiamato a confrontarsi: allievi in primo luogo, ma anche genitori, colleghi, amministrazione scolastica in senso ampio.
In questo alternarsi di stabilità e adattamento, è necessario che il docente si trasformi e si reinventi continuamente, pur restando aggrappato all'autorevolezza di un ruolo che deve costituire la sua unica, incrollabile certezza. Una sorta di vocazione, alla quale è necessario dedicarsi con fermezza e profonda motivazione. Malgrado le possibili difficoltà.

All'inizio è facile. I giovani insegnanti varcano la soglia della professione muniti di entusiasmo e buone intenzioni, certi di poter svolgere al meglio la propria missione, nonostante le inevitabili ed evidenti criticità.
La discrepanza tra realtà e aspettative in un primo tempo sembra colmabile attraverso doti di impegno, collaborazione, empatia. Ogni ostacolo appare risolvibile, persino i più insormontabili. Ma con il tempo le speranze lasciano il posto a un graduale scoramento. Provate da opposizioni e impedimenti, le certezze iniziali si spengono per lasciare il posto a prese di coscienza rassegnate, dietro cui è possibile intravedere un graduale disinvestimento motivazionale.
Gli obiettivi prefissati appaiono sempre più irraggiungibili, e l'inadeguatezza delle condizioni di lavoro genera uno stress deflagrante e trasversale, che rende intollerabile la stessa professione. In particolare:

  • la mente emozionale e quella razionale si mescolano in un coacervo indistinguibile, mentre un disagio professionale, silenziosamente invasivo, contagia sempre di più il benessere psicofisico;
  • la docenza, prima considerata una sorta di missione, viene degradata all'adempimento di un obbligo esecutivo, perlopiù legato a ragioni di utilità economica o di senso del dovere (Agosta, Mancini, Naldi, 2021);
  • il docente si sente inutile, sottostimato e privo di incentivi;
  • lo stato di frustrazione si tramuta in un profondo nucleo depressivo, mentre lo scoraggiamento diventa un senso di sconfitta oceanica, di perdita e fallimento, talvolta persino di opposizione verso una professione che ha deluso, desertificato, letteralmente distrutto le risorse interiori;
  • quello che prima costituiva un progetto motivante diviene un'esperienza mortificante, in grado di generare un profondo vuoto esistenziale. È l'inizio del burnout: una condizione di disagio psicofisico generato da vissuti di stress, delusione e insofferenza reiterati verso la propria professione, tanto da renderne impossibile lo svolgimento.
Burnout: definizione e sintomatologia
Il burnout del docente: quando insegnare diventa un peso

Secondo il modello teorico di Rampazzi e Di Pietro (1997) il burnout è determinato dalla compresenza di quattro fattori, la cui influenza reciproca crea una sorta di effetto domino:
1) contesto socio operativo disfunzionale;
2) vulnerabilità dell'individuo inserito nel contesto;
3) inadeguate modalità di reazione e tolleranza alla stress;
4) disagio gradualmente degenerato in una situazione patologica.

Dunque il burnout si origina dall'interazione disfunzionale tra una dimensione individuale e una socio-ambientale, in cui la presenza di deficit a livello logistico, strutturale e burocratico vanno a impattare con vulnerabilità soggettive (mancanza di skills assertive come resilienza, assertività, capacità comunicativa, soglia di tolleranza allo stress, decision making e problem solving, locus of control interno, autostima e autoefficacia percepita) causando la degenerazione implosiva di un disagio latente (Tranchina, 2023).

Gli effetti sono trasversali: nella sua configurazione clinica, il burnout mostra un aspetto sintomatologico che lo accomuna a una vera e propria patologia, in grado di danneggiare ogni aspetto del benessere psicofisico (Galli, 2019).

Nello specifico, sotto un punto di vista somatico possono verificarsi:

  • disturbi gastrointestinali;
  • disfunzioni a carico del Sistema Nervoso Centrale (emicrania, cefalea, astenia);
  • disturbi sessuali (frigidità, impotenza, calo del desiderio);
  • malattie della pelle (acne, dermatite, eczema, afte);
  • disturbi del sistema respiratorio (asma e allergie, debito di ossigeno, senso di soffocamento);
  • disturbi del sonno (difficoltà di addormentamento, risvegli frequenti o precoci);
  • disturbi dell'appetito e del metabolismo in generale;
  • diminuzione delle difese immunitarie, con conseguente esposizione all'insorgenza di disturbi autoimmuni, diminuita immunità generale, infezioni frequenti, allergie;
  • disturbi neuroendocrinologici (diabete, difficoltà tiroidee, problemi e irregolarità mestruali, irregolarità ormonali);
  • danni al sistema riproduttivo (diminuzione della libido, impotenza, vaginiti, sterilità idiosincratica);
  • disturbi cardiovascolari (disfunzioni della pressione, aritmie cardiache, vertigini, palpitazioni, angina);
  • coinvolgimenti muscolari, con dolori artitrici e articolari;
  • disturbi all'apparato neurologico (tic nervosi, tremori, bruxismo, neuropatie);
  • somatizzazioni e disturbi funzionali.

Dal punto di vista cognitivo vediamo l'insorgenza di:

  • scarsa memoria, difficoltà di attenzione e concentrazione;
  • scarsa abilità di problem solving;
  • indecisione;
  • confusione;
  • pensieri irrazionali;
  • immagine negativa di sé;
  • fuga o blocco delle idee;
  • perfezionismo;
  • doverizzazione;
  • intolleranza dell'errore;
  • distraibilità.

Ovviamente si presentano sintomi di natura emotiva, quali:
- senso di isolamento e stagnazione;
- perdita di godimento per quelle attività, anche extra professionali, che in precedenza risultavano appaganti;
- mancanza di entusiasmo, cinismo, svuotamento interiore;
- deficit motivazionale, a scuola e nella dimensione esistenziale;
- caduta dell'autostima;
- disregolazioni emotive, che generano sintomi di disorganizzazione e discontinuità del Sé;
- sfiducia, svogliatezza, impotenza verso individuale e relazionale;
- negativismo generalizzato, da cui un senso di sfiducia verso il Sé, verso il mondo e verso il futuro, che a sua volta genera un inevitabile nucleo depressivo;

e infine sintomi professionali:
- percezione di fallimento nello svolgimento dei compiti e nel raggiungimento degli obiettivi;
- senso di oppressione, estraneità e inutilità, rispetto a quanto si sta svolgendo;
- demotivazione e mancato coinvolgimento durante le lezioni;
- scarsa considerazione e indifferenza, talvolta persino ostilità, nel rapporto con allievi, colleghi e genitori;
- prestazioni professionali scadenti, cui si associano assenze immotivate, condotte oppositive verso il sistema burocratico, atteggiamenti non rispettosi delle regole, affaticamento o insofferenza durante la lezione;
- dispercezione temporale, che contribuisce a far apparire interminabile lo svolgersi della giornata lavorativa.

Il burnout "sul campo": aspetti specifici e dati statistici

"Non esiste altra professione in cui il rapporto con l'utenza - e per giunta la medesima utenza - avvenga in maniera così insistita, reiterata e protratta per tutti i giorni, più ore al giorno, 5 giorni alla settimana, 9 mesi all'anno, per cicli di 3/5 anni. In questa particolarissima e unica tipologia di rapporto con l'utenza, per di più, l'insegnante invecchia, mentre lo studente (col rinnovarsi dei cicli di studio) ringiovanisce: una sorta di "effetto Dorian Gray capovolto" (Lodolo D'Oria, in Amato, 2019).

La professione di insegnante richiede un impegno motivazionale, emotivo e cognitivo di notevole intensità. E questo accade per anni, ogni giorno, ponendo il docente di fronte a una serie di richieste che non è sempre in grado di soddisfare. La conseguenza è ovvia e sconfortante: alla fine le risorse individuali vengono letteralmente esaurite, e non sono più in grado di rigenerarsi.
Non è un caso se l'insegnamento viene ricompreso tra i c.d. "emotional jobs", professioni in cui è richiesto un elevato carico di partecipazione emotiva, unito a capacità accudenti, empatiche e contenitive in grado di creare uno stabile equilibrio tra mente emotiva e mente relazionale (Agosta, Mancini, Naldi, 2021). Lo stress del burnout debilita questa facoltà "sintetica" tra realtà e aspettative, rendendo il docente incapace di svolgere la professione nelle modalità in cui, in origine, si era prospettato. In particolare, le situazioni considerate a più elevato rischio stressogeno sono:

  • classi numerose;
  • presenza, all'interno delle classi, di studenti con bisogni educativi speciali;
  • eccessivo carico lavorativo, spesso non adeguatamente retribuito;
  • disservizi riconducibili alla disorganizzazione scolastica e ai deficit di organico;
  • impossibilità di raggiungere obiettivi professionali o di avanzare nella carriera;
  • necessità di posporre gli obiettivi personali rispetto a quelli dell'amministrazione scolastica;
  • iperinvestimento nei ritmi didattici, nelle contingenze istituzionali e socio ambientali, a scapito del contenuto motivazionale;
  • assenza di agency e potere decisionale - che spingono a condotte di mera adesività verso obiettivi etero imposti ed etero gestiti (Meniconi, 2015);
  • impossibilità di contatto diretto con le istituzioni, con cui la relazione viene spesso frustrata da ragioni di natura logistica;
  • mancanza di sostegno da parte dei colleghi: il supporto dell'ambiente professionale è stato identificato come una delle componenti protettive di maggior valore contro l'insorgenza del burnout (Agosta, Mancini, 2020);
  • difficoltà nella gestione dei rapporti coi genitori, le cui condotte si mostrano o eccessivamente deleganti verso l'istituzione scolastica, o troppo collusive con i comportamenti dei figli, o assolutamente indifferenti rispetto agli stessi.

Rilevazioni statistiche evidenziano che la percentuale di docenti colpita da burnout è maggiore rispetto a quella di altre professioni a carattere umanitario-educativo: nello specifico il 38% dei docenti contro il 28% degli impiegati nei centri di prima accoglienza e il 21% degli operatori sanitari (Lodolo D'Oria, 2019). Gli insegnanti a rischio burnout in Italia sono il 73%, e in questa percentuale, gli individui ritenuti maggiore causa di stress sono, nell'ordine: allievi, (26%), colleghi (20%), genitori (20%); il restante 32% rappresenta invece la somma di tutte le relazioni.
È un campanello di allarme che dovrebbe spingere a una maggiore sensibilizzazione da parte dell'opinione pubblica e delle autorità competenti, cui spetta il compito di mobilitare specifiche risorse logistico-organizzative per evitare l'espandersi di quella che si sta trasformando in una questione di indubbio interesse sociale.
Di fatto, il burnout scolastico non sta risparmiando nessun paese europeo, a testimonianza della connotazione cultur free del disagio che ne è alla base.
In Inghilterra la categoria dei docenti presenta un rischio suicidario del 40% superiore a quello della popolazione generale (dati 2012 della National Union Teacher). Uno studio condotto in Germania ha evidenziato che la maggioranza dei pre-pensionamenti tra i professori per malattia è dovuta a disturbi psichiatrici. Anche in Spagna i dati sono in forte aumento (Sindrome di burnout in professori, Arraz, 2018), mentre in Francia la percentuale dei docenti che si dichiarano stressati dalla gestione quotidiana della classe è pari al 59%.

In Italia, lo studio "Inidoneità dei docenti: le patologie che la determinano" del Dott. Lodolo D'Oria (Amato, 2019) ha valutato che fra i docenti non idonei all'insegnamento l'83% soffre di psicopatologie, soprattutto il genere femminile, con età media di 55 anni e 30 anni di anzianità di servizio. Sono le maestre elementari a riportare la maggiore percentuale di esperienza diretta di patologie psichiatriche, seguite dalle insegnanti delle superiori, medie e della scuola dell'infanzia, a testimonianza che nessun ordine scolastico può dirsi risparmiato dall'usura psicofisica.

Un dato preoccupante che ha spinto i docenti a invocare l'inserimento formale del burnout tra le malattie professionali, attraverso l'impiego di strumenti preventivi che prevedano, oltre al coinvolgimento scolastico, l'intervento del settore medico specialistico, del contesto sociale e degli organismi legislativi.

Il Rapporto Eurydice (2021) riferisce che, per quasi la metà dei docenti Europei, un elevata fonte di stress lavorativo si riflette sul benessere psicofisico, alterandone funzionamento e stabilità: "Il benessere può riguardare diversi aspetti della professione docente: il carico di lavoro, gli ambienti di lavoro, le condizioni di servizio, il senso di sicurezza, il sostegno dei propri pari e delle istituzioni, gli aspetti relazionali con gli studenti, i genitori, i colleghi e gli altri soggetti coinvolti nella scuola e, naturalmente, l'apprezzamento della comunità nel senso più ampio del termine. Se questi aspetti sono fonti di esperienze negative, gli insegnanti possono trovarsi in uno stato di esaurimento fisico ed emotivo, stress e burnout, e la loro salute mentale e fisica può risentirne" (Rapporto Euriydice, 2021, p. 211); e ancora: "... la mancanza di benessere professionale incide significativamente sull'attrattività della professione e sulla difficoltà dei sistemi educativi di trattenere buoni insegnanti" (Rapporto Eurydice, 2021, p. 15).
Le ricadute sono di notevole impatto. Pressati da un carico stressogeno crescente, non sono pochi i docenti che scelgono di abbandonare l'insegnamento, tentando l'approccio a carriere meno impegnative e più appaganti. Quanti non compiono questa scelta si rassegnano a svolgere una professione le cui qualità prestazionali, proprio a causa del graduale disinvestimento emotivo-motivazionale e dell'insostenibile carico stressogeno, subiscono uno scadimento qualitativo che va a ripercuotersi sullo stato motivazionale degli studenti, compromettendone le capacità di apprendimento e il benessere individuale. A tal proposito, uno studio svolto da Oberle e Schonert-Reichl (2016) ha rilevato come il disagio emotivo degli insegnanti sia in grado di influenzare il livello stressogeno degli studenti, aumentandone di fatto l'intensità.
Il benessere dei docenti si riflette su quello dei ragazzi, creando un circolo vizioso che val la pena arginare e prevenire.

Le prime normative e le necessità future

A livello nazionale alcuni passi sono stati già mossi: la nuova normativa sulla tutela della salute dei docenti prevede l'obbligo dei dirigenti scolastici di provvedere all'incolumità psicofisica del lavoratore, prendendo in considerazione lo stress correlato al lavoro e l'età del medesimo (art.28 D. Lgs 81/08).

Ulteriori riferimenti normativi li troviamo nel D.Lgs. 81/2008 "Attuazione dell'art. 1 della Legge 3 agosto 2007 n. 123 in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro", che incarica il datore di lavoro di valutare tutti i rischi per la salute e la sicurezza dei lavoratori, compresi rischi "particolari", quali quelli inerenti allo stress lavoro-correlato (art. 28).

In attesa di un intervento socio-istituzionale che sia in grado di costruire, anche normativamente, un ambiente di lavoro strutturato e sostenibile, è dovere del singolo istituto scolastico tutelare il benessere psicofisico dei docenti, garantendo, prima di tutto, un contesto lavorativo organizzato, empatico e attento alle esigenze del singolo. Un primo passo può essere l'organizzazione di percorsi supportivi che interessino - anche con finalità preventiva - ogni ambito della vita del docente, da quella privata a quella professionale: (Farber, 2000). Nello specifico:

  • Sotto un punto di vista individuale: l'insegnante dovrà strutturare una dimensione emotiva più funzionale e assertiva, favorendo ritmi di vita maggiormente improntati alla calma e ad una buona gestione del tempo (Chirico, Catena 2014). Dovrà imparare a dire di no a richieste di lavoro per cui sente di non possedere risorse adeguate, senza timore di deludere le aspettative; dovrà inoltre deresponsabilizzarsi di fronte a insuccessi e obiettivi falliti, evitando al contempo valutazioni catastrofiste. Sarà necessario ridurre la condizione di stress percepito, cercando di potenziare life skills come regolazione emotiva, decision making, problem solving, competenza relazionale (Sferrazzo, 2020). No alle pianificazioni a lungo termine, iperdettagliate e convulsive. Muoversi passo dopo passo, in una situazione stressante, è più che sufficiente. Potrebbe mostrarsi d'aiuto una maggiore concentrazione sul qui e ora, che aiuti ad allentare i vissuti ansiogeni legati alla pianificazione degli impegni futuri, dei programmi e degli obiettivi didattici (Pellegrini, Esposito, 2019). Nella sfera personale sarà appropriato dare maggior spazio ai propri interessi, aumentando la quantità di tempo libero a disposizione. Usufruire di uno spazio dedicato al Sé potenzia la capacità di fronteggiare gli eventi critici e incrementa lo sviluppo di pensieri positivi. Non lasciarsi coinvolgere eccessivamente dalle criticità professionali è egualmente utile: meglio creare e mantenere una giusta distanza tra la dimensione personale e quella lavorativa, in modo che le problematiche dell'una non vadano a influire negativamente nell'altra; sarà infine opportuno il raggiungimento di uno stato di calma interiore e consapevolezza del Sé attraverso l'applicazione di tecniche di rilassamento, quali Mindfullness, Yoga, Training Autogeno, il cui intervento può mostrarsi utile anche nel trattamento della sintomatologia psicosomatica legata al burnout;
  • Sotto un punto di vista cognitivo servirà debellare ambizioni perfezionistiche, aspettative eccessivamente pretenziose e vissuti di rigida doverizzazione, che condannano all'intolleranza dell'errore e alimentano vissuti di squalifica e colpevolizzazione (Meazzini, 2023); potranno per questo essere organizzati corsi finalizzati a una maggiore conoscenza degli obblighi professionali e ad un più consapevole svolgimento delle rispettive mansioni. Importante garantire anche la costruzione di uno stile relazionale improntato sulla simmetria, sull'equilibrio, sul dialogo condiviso e collaborante: tutti fattori positivamente correlati con vissuti di ottimismo, identificazione organizzativa e soddisfazione di vita, ma anche migliore percezione del Sé, strategie di coping più adeguate e buona regolazione emotiva (Castelli, 2015);
  • Da un punto di vista organizzativo-contestuale lo stress del docente può essere supportato attraverso una più equa distribuzione del carico lavorativo, una maggiore capacità di controllo sull'orario professionale, una più ampia possibilità di interazione con i coordinatori, che si traduca nella possibilità di esprimere dubbi e incertezze, di fare domande, di risolvere produttivamente i conflitti: il tutto attraverso la costruzione di una rete comunicativa capillare, che preveda l'intensificazione del contatto reciproco e della motivazione collaborante non solo tra i colleghi, ma anche tra insegnanti e quadro istituzionale. La percezione di un potere decisionale nella dimensione lavorativa aiuterà a non sentirsi meramente agiti dagli organi dirigenti, e contribuirà a ridurre il senso di frustrazione appannaggio dei costrutti di agency e locus of control interno, grazie ai quali anche il carico stressogeno apparirà meno subissante (Sferrazzo, 2020).
E per risolvere lo stress legato al burnout?
  • Utile l'organizzazione di sedute di supervisione psicologica, personale o di gruppo, aventi la finalità di gestire il disagio sperimentato durante situazioni professionali critiche e di rielaborare le emozioni negative alle stesse collegate (Falcone, 2016).
  • Produttivi anche spazi di riflessione e condivisione del malessere attraverso l'impiego di tecniche empatiche, collaborative, reciprocanti - ad esempio confidarsi con un collega o usufruire di uno sportello di ascolto psicologico (Monticone, 2015).
  • Buona la diffusione e l'effetto dei gruppi Balint, generalmente utilizzati in ambito medico, e aventi il compito di sostenere, rivalutare e confermare l'identità professionale nei suoi aspetti contenutistici e motivazionali; il tutto attraverso l'esposizione, a un gruppo di colleghi, di esperienze professionali difficili o particolarmente impattanti, nelle quali l'apporto del pensiero di gruppo può mostrarsi risolutivo dell'impasse emotiva, empatica e riflessiva opposta dal singolo (Agosta, Mancini, Naldi, 2021). I risultati consentono di rafforzare quegli aspetti di fiducia nel Sé motivazionale che il burnout va a scompensare, garantendo una rielaborazione emotiva versatile e multiprospettica che, pur generata dalla presenza del gruppo, non invade la sfera delle autonomie personali.
  • Utili anche i gruppi esperienziali condotti con la tecnica dello Psicodramma analitico, finalizzati alla gestione delle dinamiche relazionali, all'elaborazione funzionale del conflitto, all'acquisizione di strumenti di comunicazioni simmetrici e assertivi, per implementare la capacità di lavorare in équipe; nello specifico, una tecnica drammaturgica guidata e gestita in gruppo consente un incanalamento adattivo della della funzione emotiva, a sua volta in grado di ridurre aggressività, disregolazioni, acting out, intolleranza di stress e frustrazioni (Moreno, 1985).

Il burnout è un disagio che può assumere connotati patologici su larga scala, e le risorse impiegate al fine di contrastarne la diffusione, soprattutto data l'importanza del contesto in cui lo stesso trova sviluppo, non sono mai eccessive.
La scuola di oggi formerà gli adulti di domani, e investire sui suoi protagonisti equivale a investire sul futuro.

Bibliografia
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  • Amato S. (2020), Il caso dell'insegnante in difficoltà: un parere di Vittorio Lodolo D'Oria, in www.professioneinsegnante.it/old/index.php/news/731-il-caso-dell-insegnante-in-difficolta-un-parere-di-vittorio-lodolo-d-oria-esperto-di-burnout-e-stress-da-lavoro-correlato-2, consultato in data 23 settembre 2023
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Risorse informatiche
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    eurydice.indire.it/wp-content/uploads/2022/04/QUADERNO_EURYDICE_51_insegnanti.pdf
  • Redazione Universo Scuola (2023), Burnout Insegnanti. Valditara sul sostegno psicologico per i docenti. (2023) in www.orizzontescuola.it, consultato in data 1 ottobre 2021
  • www.scuola7.it/2022/283/insegnanti-in-europa/
  • www.orizzontescuola.it/burnout-insegnare-logora-docenti-ignorano-schiacciati-da-stereotipi-lavorano-mezza-giornata-e-fanno-3-mesi-di-vacanza-intervista-al-dottor-vittorio-lodolo-doria/
  • www.tecnicadellascuola.it/docenti-stressati-da-cosa-gestione-dellordine-in-classe-e-genitori-ai-primi-posti-allestero-carico-di-lavoro-maggiore
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